Tutti sapevano che era il Signore
In effetti, l’intesa tra persone che hanno vissuto una intimitá profonda (come Gesú con i suoi apostoli) o sperimentato insieme situazioni esaltanti (i miracoli, la trasfigurazione…) o molto dolorose (la passione e morte di Gesú), non hanno bisogno di molte parole per capirsi. Si capiscono anche solo con lo sguardo e “si servono” (si mettono a disposizione dell’altro). Gesú prepara da mangiare ai suoi apostoli: non chiede niente, non recrimina niente. Tutti lo avevano abbandonato (eccetto Giovanni), eppure Gesú non fa distinzioni. Tutti godono delle sue preferenze.
Forse é proprio questo atteggiamento di Gesú che non fa discorsi sul perdono, ma perdona; che non esige amicizia incondizionale ma la da; che non aspetta che lo servano e lo ringrazino, ma prepara e offre il banchetto, quello che convince gli apostoli a diventare testimoni capaci di darlo tutto per Lui. “Noi… vi avevamo proibito di parlare di quel Nome… Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini…” (dice la prima lettura). La paura e la vergogna mostrate durante la passione di Gesú, si trasformano in coraggio. Coloro che, allora, si nascosero, ora affrontano gli stessi autori che mandarono a morte Gesú. Contraddicono le loro affermazioni, accettano il castigo inflitto e si sentono felici di poter anunciare, anche attraverso le percosse e le intimidazioni, il messaggio di Gesú.
Cosa significano per noi queste letture? Che tipo di rapporto c’é tra noi e Gesú. Ci capiamo senza tante parole e “costruiamo effettivamente il suo regno” o ci affidiamo a lunghi discorsi, a massive celebrazioni, a professioni di fede altisonanti, ma vuote di azioni concrete? Dice Gesú: “non chi dice Signore, Signore… ma chi fa la volontá del Padre mio..”
Mi pare che il Signore, invece di chiederci di stare tutto il giorno a ripetere le nostre scuse per gli sbagli che commettiamo, ci inviti a gesti concreti di riconciliazione e unitá. E questo vale sia nel nostro rapporto con Lui come con le altre persone. Quanto spesso noi aspettiamo il “primo passo” degli altri. Loro mi hanno offeso, sono stati ingiusti, non sono stati riconoscenti…. Gesú era stato “offeso” dai suoi amici, abbandonato, negato… eppure, per tutti loro prepara “fuoco, pane e pesce” senza chiedere che si scusino per quello che avevano fatto. Quanto spesso nella nostra societá (famiglia, luoghi di lavoro, scuola, comunitá religiose) si vive separati, disgustati per questa incapacitá di “dimenticare” i torti e le offese subite.
Certamente non si tratta di chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie, alla corruzione, alle disonestà; si deve lottare per superare e vincere tutto questo male, ma farlo cominciando da noi, dando esempio e rimettendoci anche, qualche volta, affinché l’esito sia positivo per tutti.
Un altro aspetto che ci offrono, la lettura di oggi e le letture del Vangelo nel tempo di Pasqua é che Gesú va incontro ai suoi, in qualsiasi luogo: nel cenacolo, sulla strada di Emmaus, sul posto di lavoro, come in questo caso. Per Gesú non esistono posti privilegiati di incontro con Lui. Il tempio é importante per le celebrazioni sacramentali, per il raduno della comunità che prega insieme… ma non é l’unico posto nel quale possiamo incontrarlo.
Dove ci sono persone, lí c’é il tempio vivo e la presenza di Cristo. Dopo Gesú, anche gli apostoli sono andati, non sono rimasti a predicare, solo nel tempio di Gerusalemme, sono andati nei paesi vicini, non solo hanno annunciato agli ebrei, ma anche ai pagani. Cosí la salvezza si é diffusa nel mondo.
La chiesa, noi cristiani, dobbiamo seguire lo stesso esempio; andare sui vari posti di lavoro e manifestare Cristo, anche con la Parola, ma soprattutto con i gesti concreti (come abbiamo visto all’inizio).
La Chiesa é sacramento universale di salvezza e non puó rimanere rinchiusa dentro strutture chiuse e soffocanti o isolata dal mondo (luogo di salvezza). É universale, senza limiti né fisici né spirituali. Si dice oggigiorno in America Latina, ma credo valga anche per l’Europa e gli altri continenti, che c’é un grande abisso tra ciò che dice la Chiesa ufficiale e la vita che vivono i cristiani. Si é persa la capacitá di comunicazione e trasmissione del messaggio. Non sono loro che devono venire a noi, siamo noi che dobbiamo andare da loro e cercare di capire. Gesú parlò il linguaggio della vita quotidiana “avete qualcosa da mangiare?.... Tirate la rete alla destra della barca e troverete…
Oltre i gesti concreti dell’amore, ci vuole anche un linguaggio comprensibile. Mi pare che potrebbe essere interpretato così ciò che diceva il Beato Allamano: ameranno una religione che oltre che parlare di Dio li aiuta a vivere meglio la vita quotidiana…
Interessamento per gli altri, azioni concrete, linguaggio comprensibile. La ricerca e la messa in pratica di questi elementi ci aiuterá ad essere missionari efficaci nel mondo di oggi (cfr. AG,10), testimoni veri della risurrezzione e della nuova Vita che Cristo ci ha offerto.
At 5, 27b-32. 40b-41;
Sal 29;
Ap 5, 11-14;
Gv 21, 1- 19