XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

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Pietro sull’acqua

1 Re 19,9a.11-13a

Rm 9,1-5

Mt 14,22-23

 

Dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani la gente voleva prendere Gesù per proclamarlo re, e perché anche gli apostoli non fossero presi da illusioni pericolose dice loro di salpare verso l’altra sponda.

Mentre i discepoli sono in barca, Gesù congeda la folla e poi sale sul monte a pregare (ma la gente ritornando a casa, continuava a sperare che Lui, di cui non c’era eguale sulla terra, divenisse loro re).

Gesù sta solo sulla montagna a pregare. L’orazione notturna e solitaria, sul monte, dopo il successo della moltiplicazione dei pani, rappresenta la presa di distanza di Gesù rispetto ad un messianismo trionfante, che percorre la via del successo e del plauso, in favore invece della scelta del difficile cammino che lo porterà al dono pieno di sé, nel rifiuto e nella morte.

La folla lo vuole prendere per farlo re, ma Gesù non vuole essere un re terreno; Egli è venuto per dare la sua vita, non per imporre il suo dominio (Gv 6,14). Perciò sale sul monte a pregare “lo Spirito Santo, lui solo conosce le profondità di Dio e come Cristo sia totalmente rivolto verso il Padre e interamente esistente per gli uomini” (H. U. von Balthasar).

Gli apostoli saliti sulla barca per ordine di Gesù, dopo essere stati con Gesù e di avere beneficiato del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, sono ora in grado di navigare verso l’altra riva – sono attesi da una rivelazione del Signore.

Mentre Gesù prega, i discepoli sono alle prese con la traversata del lago, che si rivela più difficile del previsto. Il forte vento che si abbatte sul lago, favorito dal grande dislivello tra la vetta dell’Hermon e la superficie dell’acqua collocata ad oltre 200 metri sotto il livello del mare, scatena una tempesta che impedisce la traversata, ed anzi mette in serio pericolo la loro incolumità.

Per l’evangelista Matteo la barca è figura della comunità dei discepoli, della Chiesa, messa alla prova nel cammino della storia; quindi è la Chiesa che lotta in mezzo alle tempeste della storia; Gesù sembra lontano, ma sta pregando (come Mosè che pregava sul monte, con le mani alzate, mentre gli Israeliti combattevano contro gli Amaleciti (Es 17, 8).

Se Egli non li soccorre subito non è per indifferenza, ma perché è necessario il tempo dell’attesa quale tempo di purificazione, in quanto, proprio nella crisi, i discepoli potranno prendere coscienza della loro poca fede e della necessità di crescere nella fiducia; li ha fatti attendere tutta la notte proprio perché possano comprendere che senza di Lui non possono fare nulla e che la loro unica forza starà esclusivamente nel fidarsi di Lui.

Gesù prega, parte sempre dall’incontro col Padre per poi raggiungere noi, e ci raggiunge anche per vie non tracciate, per vie suggerite dall’amore.

Difatti verso la fine della notte ecco apparire Gesù, camminando sulle onde del mare, come solo Dio era capace di fare (Gb 9,8). I discepoli, vedendolo avvicinarsi lo ritengono un fantasma, sono presi da tale paura “che si misero a gridare dalla paura”, ma c’è una Parola che soccorre e che libera: “coraggio, sono io, non abbiate paura”. Gesù viene da loro nell’ultima veglia della notte, sul far del mattino perché in quell’ora Dio aveva liberato Israele dall’Egitto – e i Padri vedono che era l’ora in cui risorgerà.

Gesù che cammina sul mare, si fa riconoscere e li rassicura “sono io”. Credevano di vedere un fantasma, invece Gesù è vero uomo che calpesta la nostra terra, dalla stirpe ebrea “secondo la carne”; anch’Egli respira la nostra aria, mangia il nostro pane, beve la nostra acqua e il nostro vino. San Giovanni dirà di avere tutti i sensi colpiti dalla umanità di Gesù “quello che i nostri occhi hanno visto, le nostre orecchie hanno udito, le nostre mani hanno toccato, ve lo annunziamo” (1 Gv 1, 1).

Pietro nel suo amore e generosità per il Signore domanda che anche lui possa camminare sul mare per raggiungere il Signore. Dalle parole di Pietro traspare il timore di essere vittima di una propria illusione, ma anche quello di chi ha la coscienza dell’essenziale e sa di poter andare da Gesù esclusivamente se sorretto dalla sua parola, come sospeso ad essa: “Signore, se sei Tu, comanda che io venga da te sulle acque”. Pietro non sta chiedendo miracoli, ma sta chiedendo di poter sperimentare la forza di quella parola, quale unica àncora di salvezza così come dice il salmista “io spero nel Signore, l’anima mia spera nella sua parola” (Sal 130,5).

Gesù l’accontenta “vieni”. Caso unico nel Vangelo: Gesù permette di fare a un suo apostolo ciò che fa Lui, un miracolo su se stesso, il cammino sulle acque. Matteo pone Pietro in una luce, in cui nessuno degli altri apostoli viene a trovarsi, viene evidenziata la singolarità della persona di Pietro, la cui piena pienezza è il suo primato sul collegio apostolico e sulla Chiesa, la Chiesa raffigurata in quella barca in preda alle onde, ma sicura con Gesù a bordo (ben cinque volte si nomina la barca con significativa insistenza).

Gesù gli ha detto “vieni”, Gesù accetta la sfida di Pietro e sfida Pietro; non se lo fa ripetere due volte, ma poi il vento che infuria lo sgomenta e incomincia ad affondare perché dubita. Finché Pietro accetta questa condizione di sospensione alla “Parola” egli sperimenta di poter camminare sulle acque, quando però smette di affidarsi totalmente a questa “Parola” per contare maggiormente su se stesso e sulle proprie forze, ecco che allora inizia subito ad affondare (Santa Caterina Labouré ebbe anche la grazia di vedere Gesù nell’Eucaristia al momento della Comunione e durante l’Esposizione, ma quando dubitava non vedeva più niente).

Pietro è un uomo capace di avere gli impeti più vigorosi della fede e i vuoti più profondi del dubbio – è lo stesso uomo che dopo aver protestato la sua fedeltà a Cristo fino alla morte, rinnegherà di conoscerlo, intimorito da una serva pettegola. È l’altalena di contraddizioni sulla quale un po’ tutti ci troviamo; l’importante è che, alla fine, vittoriosa resti sempre la fede e l’anima si riposi in essa.

San Tommaso d’Aquino dice che siccome Pietro doveva divenire Pastore, doveva sperimentare sia la forza sia la debolezza.

Ma Pietro non perde il contatto con Gesù che lo afferra e dice “uomo di poca fede perché hai dubitato?”. È la fede che ci tiene in piedi: già il profeta Isaia diceva “se non crederete non avrete stabilità” (Is 7,9) – “chi crede, non vacillerà” (Is 28,16).

Di solito Gesù compie i miracoli come segni non solo di potenza ma di misericordia, anche in questo miracolo del camminare sull’acqua Gesù si rivela come colui che è presente per salvare i suoi nel momento di pericolo.

Se siamo cristiani, non mediocri ma generosi, ci viene di prendere delle iniziative particolari, non dobbiamo allora rinunciare alle nostre iniziative per paura delle difficoltà che potremmo incontrare. Il Singore ci aiuterà, talvolta anche in modo miracoloso. Così potremo realizzare la sua opera nel mondo (Albert Vanhoye).


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