III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

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Dalla Galilea il sole

Is 8,23b-9,1-3

1 Cor 1,10-13.17

Mt 4,12-13

 

Il Vangelo di oggi ci dice che Gesù, avendo saputo dell’arresto di Giovanni Battista, si ritira nella Galilea, una regione lontana da Gerusalemme, una regione dove Egli può stare più tranquillo. Giovanni è messo in carcere – gli uomini possono incatenare i giusti, ma il piano di Dio per la salvezza del mondo procede inesorabilmente. L’arresto di Giovanni diventa per Gesù il segnale divino per dare inizio alla propria missione – dal momento che è messo in carcere, Giovanni non può più predicare, Gesù lo viene a sapere e proprio allora decide di iniziare la sua vita pubblica.

 

Matteo precisa che Gesù lascia Nazareth e va ad abitare, sempre in Galilea, a Cafarnao, presso il lago. L’evangelista Matteo, prima di essere chiamato da Gesù a seguirlo, era esattore di tasse presso il posto di dogana di Cafarnao. Gesù incomincia la sua attività qui dalla Galilea, e dopo al sua risurrezione convoca qui i suoi apostoli per inviarli in tutto il mondo (Mt 28,16). Cafarnao è a quaranta chilometri da Nazareth, era una città dove convenivano genti da tutte le parti – un incontro di razze, religioni, culture diverse – quindi Gesù scegliendo come centro della sua predicazione questa città dà un senso universale al suo messaggio.

Gesù inizia l’annuncio del Regno in una regione reli146 giosamente sottosviluppata. Il fatto di essere della Galilea sarà uno degli argomenti che verranno portati contro la messianicità di Gesù: “il Cristo viene forse dalla Galilea?” (Gv 7,41) – e a Nicodemo che voleva difendere Gesù “sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea” (Gv 7,53).

È significativo che l’attività di Gesù cominci proprio in una regione disprezzata. Questo corrisponde all’orientamento di tutto il suo ministero: Gesù è sempre andato verso i più piccoli, i più umili, i più bisognosi. Quest’inizio dell’attività di Gesù viene presentato da Matteo come adempimento di una profezia di Isaia. Il profeta Isaia che viveva a Gerusalemme nell’ottavo secolo avanti Cristo aveva intonato un canto di speranza, aveva annunciato una luce splendida per quella terra lontana e desolata “il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce: su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata” (Is 9,1).

Gesù è la grande luce, perché è Dio che visita la sua terra e i peccati dell’uomo, cancella il male con la grazia, rinnova tutte le cose con il fuoco dell’amore. Nella vita di Gesù tutto è compimento di promesse e profezie divine, a sigillo di suprema autenticità (nel Vangelo di Matteo ce ne sono una cinquantina di queste profezie dell’Antico Testamento). La Galilea assurge così a simbolo di tutte quelle realtà che umanamente sono giudicate irrecuperabili, ma che diventano i destinatari privilegiati dell’annuncio della salvezza da parte del Signore: “non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati” (Mt 9,12).

 

Ecco allora che in quella terra dove la religione di Israele è a stretto contatto con il paganesimo risuona il messaggio decisivo: “convertitevi perché il Regno dei Cieli è vicino”. Il suo nuovo messaggio è per tutti gli uomini, deve giungere al cuore di ogni uomo, non im147 porta a quale popolo appartenga. Di solito ci fermiamo alla faccia esterna della persona, e invece c’è lo spazio interiore che ci apparenta, dove tutti ci troviamo a gioire o a soffrire a seconda che c’è le tenebre o la luce, l’oppressione o la libertà, la morte o la vita – è a questo uomo che Gesù si rivolge quando dice “convertitevi perché il Regno di Dio è vicino”, Gesù dicendo così aveva davanti due scenari: quello dominato dalle tenebre, in terra e ombra di morte – quello della luce, dove ci si libera da ogni oppressione; dice “convertitevi” da uno scenario all’altro. “Convertitevi” era il tema dei Profeti: ritornare a Dio ascoltando la sua parola e compiendo il suo volere in modo da poter ricevere i doni della salvezza.

 

Gesù sembra ripetere l’annuncio del Battista “convertitevi”. La conversione del cuore, cioè di tutto se stesso, è la risposta che l’uomo deve a Dio, dopo che egli ha pronunciato le sue ultime parole con le labbra del Figlio, sul cui volto è possibile scoprire il volto stesso del Padre (Gv 14,9) e dal cui costato trafitto si riversano sul mondo l’acqua e il sangue della redenzione (Salvatore Garofalo).

Gesù non dice “convertitevi perché siete dei miserabili” ma “convertitevi perché il Regno dei Cieli è vicino”. “Regno dei Cieli” una espressione che risuona ben trentatrè volte in Matteo, essa indica la signoria attiva di Dio, la sua azione salvifica che si rivela e si attua nella storia attraverso la parola, l’azione e la persona di Gesù. Il primo invito che riceviamo, è quindi quello della fiducia in un Signore che ci guida e ci sostiene, che viene incontro a noi e alla nostra storia per renderla luminosa e aperta all’eterno.

Questo Regno dei Cieli nella sua verità più concreta ed esauriente è lo stesso Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso per noi e risorto. “Cristo è il Regno di Dio in mezzo a noi” (Origene). A rendere vicino il Regno dei Cieli è proprio Gesù perché il Regno è Lui stesso, ed è perciò proprio a Lui che occorre convertirsi. Gesù chiede di seguirlo, mostra di desiderare di essere accolto e amato. Nel giovane profeta di Galilea Dio si fa vicino agli uomini e cerca il loro amore. Gesù predica nella fiducia di trovare una rispondenza di amore. Prima che cambiamento di vita in senso morale, la conversione cui invita Gesù è cambiamento del proprio modo di pensare per accogliere Dio come di fatto si rivela nel suo Figlio, e non secondo le proprie attese – il cambiamento morale deriverà da questa apertura a Dio.

Per i primi discepoli convertirsi è stato seguire Gesù; ma anche in seguito nel racconto dei Vangeli, convertirsi ha significato sempre volgersi a Lui, seguirlo, entrare nella sua amicizia, far proprio gradualmente il suo stesso stile di vita. La vita cristiana è fatta di successive e progressive conversioni, a partire dalla prima che coincide con il battesimo; la conversione porta a diventare simile a Gesù che è l’uomo perfetto.

 

Anche per noi convertirci significa seguire il Signore, andargli dietro e restare con Lui, vivere alla sua presenza, farne il riferimento unico ed essenziale della nostra esistenza, in una parola “amarlo”. Santa Gemma Galgani “Oh Gesù, unico amore di tutte le creature”. Santa Teresa de los Andes “Dio ci manifesta il suo amore più di tutte le creature; ad ogni istante si ricevono segni del suo amore infinito; c’è una fusione tra le nostre piccolissime anime e un Dio infinito”.

Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni: “il Regno di Dio è vicino” – passando vicino a loro si sviluppa una forza irresistibile di attrazione che scioglie tanti vecchi legami e ne costruisce di nuovi – in realtà chi è passato era Gesù di Nazareth, non poteva far capire meglio che Gesù è Lui stesso il Regno di Dio.


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