Attorno alla Parola - XXIX C

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{mosimage}Oggi tutta la Chiesa cattolica è rivolta agli operatori del mondo missionario: si celebra la giornata missionaria. È stata proposta dal nostro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano. È una giornata di sensibilizzazione, di preghiera, di offerta che impegna ogni cristiano ed ogni comunità parrocchiale. Potremmo riassumere gli obiettivi con uno slogan: una mano al cuore e una mano alla borsa…, ma anzitutto poniamo tra le mani la nostra testa per riflettere, per capire dove sta il problema.

Prima di ogni cosa, quindi, renderci conto della situazione del mondo missionario che ci impegna come cristiani e come uomini, figli tutti dello stesso Padre.

Anni or sono, Giovanni Paolo II scrisse al proposito una lettera intitolata “La missione del Redentore”. I giornali, anche laici, la descrissero come un grido di battaglia: “moltitudini”, milioni, miliardi di esseri umani non conoscono ancora il Signore eppure anche loro sono creature di dio, sono suoi figli. Ogni comunità e ogni cristiano deve sentire il dovere di condividere con tutti i popoli non solo i beni materiali, ma anche i beni spirituali di cui godiamo nella fede. La missione, commentava la stampa dell’epoca, secondo Papa Woitiła deve diventare l’assillo quotidiano di ogni credente che così prega: Padre nostro, che sei Padre di tutti gli uomini, dà il pane quotidiano a noi e a tutti i tuoi figli.


Paolo VI scriveva che “ogni uomo mi è fratello” e quindi devo aiutarlo nella necessità; come cristiano ho il grande dono della fede e quindi prego e mi impegno perché a tutti arrivi questo dono della fede.

La giornata missionaria è quindi uno stimolo provvidenziale che tende a risvegliare anno dopo anno la nostra sensibilità e solidarietà umana e la nostra fede ed impegno cristiano.

Giovanni XXIII ci ha insegnato che: “Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il fabbisogno, quando altri mancano del necessario. È del resto l’insegnamento di Gesù: quod superest, quello che avete in sovrappiù, datelo ai poveri; aggiungendo: tutto ciò che avrete fatto ai poveri l’avete fatto a me. Ed è il criterio con cui Egli giudicherà: Venite a me voi che mi avete dato da mangiare, che mi avete dato vestiti, che mi avete dato medicine”.

I popoli della fame ed emarginati interpellano anche oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La Chiesa trasale di fronte a questo grido angosciato. Non è solo un atto di solidarietà che si impone, ma è soprattutto un dovere di giustizia se pensiamo alle enormi capacità produttive della terra bloccate dall’egoismo della civiltà dei consumi.

Ma ciascuno di noi potrebbe obiettare: E io che c’entro con tutto ciò? Come posso oppormi agli egoismi dei potenti, boicottare gli interessi delle multinazionali, convincere i paperon de’ paperoni, scoraggiare i signori della guerra, ridurre le fabbriche degli armamenti e convertire il tutto per debellare la fame?

Concludo allora con una storiella raccontataci da San Luca, l’evangelista. Vi era una vecchierella che all’infuori degli anni non aveva nient’altro. In effetti era poverissima e per di più anche vedova. Or le toccò una buona fortuna. Il caso volle infatti che le capitasse di vivere proprio ai tempi di Gesù. Ed avvenne un fatto assai originale. Gesù se ne stava dunque nel tempio osservando come i ricchi con ostentazione deponevano le loro offerte.

Proprio in quel momento arrivò la nostra vecchierella e vi gettò due monetine e Gesù commentò: Io vi assicuro che questa povera vedova ha deposto più di tutti quei ricchi, perché tutti quei ricchi hanno dato a Dio ciò che hanno in sovrappiù. In cambio, quella poveretta ha dato tutto quello che conservava per vivere.

Una attitudine evangelica quella della vecchietta e Luca ha voluto fermare per noi quell’istante meraviglioso, elogiato dallo stesso Gesù.

Vi è forse qualcuno di noi che può dire di aver dato tutto il sovrappiù e che ha intenzione di offrire il necessario per vivere?

Oggi ricordiamo che al termine di ogni eucaristia il celebrante congeda l’assemblea con le parole “ite missa est”, andate la messa è finita. Tutti devono sentirsi inviati come missionari dell’eucaristia a diffondere il grande dono ricevuto. Chi incontra Cristo nell’eucaristia non può non proclamare con la vita l’amore misericordioso del Signore.

Sulla facciata del duomo di Milano, durante una giornata missionaria, è stato posto un gigantesco striscione con questa scritta: “Loro, i missionari, hanno dato la vita. E tu che fai per loro”. Rinnoviamo il nostro dono, suscitiamo e valorizziamo la cooperazione.

Gesù chiede: “Pregate il Padre celeste” perché infonda in tanti giovani il desiderio di offrirsi per le missioni, temporaneamente o per tutta la vita come religiosi, religiose e sacerdoti. Il campo missionario è vastissimo, ma gli operai sono pochi: “pregate” è la parola di Gesù. Ringraziamo per l’invocazione di molti e molte e affidiamo la nostra preghiera alla Consolata. È Lei che ha suggerito al nostro Fondatore la giornata missionaria. È Lei che in più di cento anni ha suscitato nell’Istituto tanti missionari e missionarie oggi sparsi dall’oriente all’occidente, in numerose nazioni.

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