Attorno alla Parola: IV domenica Avvento – anno A

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{mosimage}Il periodo di avvento assomiglia a una grande sala di aspetto. La liturgia della Parola ci presenta i grandi personaggi biblici che hanno preparato la venuta del Messia. Ed oggi, tra questi personaggi, ecco un giovane ebreo che se ne sta sempre in un angolo, silenzioso. Si direbbe una figura di secondo piano. Eppure è uno dei personaggi più attivi negli ultimi preparativi per la venuta del Messia, pronto a risolvere, anche con sofferenza, situazioni di emergenza. Il Padre eterno ha una fiducia grande in questo giovane e gli affida un compito importante e delicato.

Già l’avete capito. Questo giovane ebreo è Giuseppe, che vediamo nel suo periodo di fidanzamento con una giovinetta ebrea di Nazareth di nome Maria. Un fidanzamento che presso gli ebrei costituiva il primo atto del matrimonio anche se i due promessi sposi rimanevano ancora per un anno separati.

Due gli aspetti evidenziati oggi in Giuseppe e che sono un esempio per noi. Giuseppe è un giovane giusto, cioè pronto a sacrificarsi per amore di Maria. Ed è questo giovane fedelissimo e coraggioso che testimonia e garantisce il miracoloso intervento di dio nel concepimento di Gesù. Egli è il vero uomo della divina provvidenza per preparare e tutelare la venuta del Figlio in una famiglia.


Dura è la prova a cui lo sottopone Dio. Durante il fidanzamento si accorge che Maria è incinta. S’impone una scelta drammatica. Come uomo fedele alla legge dovrebbe ripudiarla, esponendola alla lapidazione. Come uomo di Dio intuisce di trovarsi di fronte ad un evento misterioso e, dopo lunga riflessione, matura una decisione coraggiosa: rimandarla “segretamente” quasi addossandosi davanti alla società tutta la responsabilità. E Maria sarebbe ritornata alla casa paterna per una vita emarginata ed infelice.

E Giuseppe riflette, prega e decide. Ed ecco l’irrompere dell’angelo, simbolo di una rivelazione divina: è l’annunciazione a Giuseppe. È il primo uomo a cui viene rivelato il misterioso concepimento avvenuto senza concorso di uomo e per opera dello Spirito Santo.

Due compiti gli vengono affidati: perfezionare il matrimonio, prendendo con sé Maria sua vera sposa, assumere la paternità legale, imponendo il nome “Gesù” al bambino.

La presenza di Giuseppe nella storia della salvezza è dunque profonda e qualificante. Il ruolo di padre legale inserisce Gesù nel popolo ebreo e ne garantisce la discendenza da Davide, secondo la carne, come aveva promesso per mezzo dei profeti. Il ruolo di sposo tutela la legalità della santa famiglia e la rivelazione ricevuta è la testimonianza di una straordinaria maternità, opera esclusiva di Dio.

“E Giuseppe fece come l’angelo di Dio gli aveva ordinato e prese Maria in casa sua. E Maria partorì un figlio e Giuseppe gli mise il nome Gesù, che vuol dire salvatore”. E così si avverò quello che sette secoli prima aveva predetto il profeta Isaia: Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele, che vuol dire Dio-con-noi.

Gesù, scrive Ravasi, anche se è generato nella pienezza di una maternità, non è frutto di puri e semplici meccanismi biologici. In lui c’è il sigillo del divino ed è a questo che è finalizzata la verginità della madre. Come Giuseppe e Maria, nelle pieghe delle vicende quotidiane gioiose o tristi, non domandiamoci: perché è capitato questo? Come Giuseppe e Maria invochiamo l’illuminazione dello Spirito Santo. Come Giuseppe e Maria, nelle difficoltà della vita, sappiamo essere giusti, cioè sempre disponibili alla volontà di Dio, come servi fedeli.

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