“Maestro noi vogliamo che tu faccia quello che noi ti chiediamo”. Non l’umile espressione di un desiderio, ma una richiesta categorica a scatola chiusa. Denota tuttavia anche il clima confidenziale che Gesù aveva saputo instaurare con quei suoi dodici, coloro che stavano con lui come li definisce Marco.
Gesù, direi, sta al gioco e volentieri accondiscende. E va bene! Dunque, dite che volete?
Non ci mancava altro per accendere il loro entusiasmo. Come i 12 sono quelli che stanno con Gesù e vogliono essere sicuri stargli vicini nella gloria, quando Gesù prederà le leve del potere, chiedono: “Concedici di sedere a fianco a te a destra e a sinistra”. Pretendono una condizione di privilegio senza alcuna considerazione per gli altri dieci discepoli. Ingenuità, ambizione: che avevano capito del discorso di Gesù su sofferenza, passione e morte? Eppure Gesù paziente accoglie il loro desiderio, ma finemente lo vuole purificare, rettificare e per l’ennesima volta indica la pista della sofferenza.
È il secondo momento quello pedagogico, dell’orientamento. Gesù indica i punti che qualificano la missione sua e di chi vuole stare con lui e lo fa con due immagini bibliche: il calice ed il battesimo.
“Potete voi bere il calice che io bevo ed essere battezzati con il battesimo con cui io sono battezzato?”.
Il calice che vuole dire il destino di morte, di distruzione riservato ai peccatori e che Gesù assume su di se: il castigo di Dio per il peccato.
Il battesimo che vuole dire purificazione, immersione nella sofferenza per la redenzione. Calice e battesimo che Gesù affronta per diventare così solidale con il peccatore e liberarlo dal peccato.
La risposta dei due fratelli è pronta e generosa: “Lo possiamo”. E Giacomo morirà martire nel 44 e Giovanni avrà la sua parte di sofferenza nell’esilio.
Battesimo e calice, purificazione e sofferenza devono in qualche modo caratterizzare la nostra vita di cristiani che vogliono stare con Gesù.
Ed ecco il terzo momento, quello Cristologico, quello dell’imitazione di Cristo.
Alla presuntuosa richiesta dei due fratelli fa eco la non migliore reazione dei discepoli. Ed ancora una volta Gesù con pazienza, notate il gesto, chiamateli a se, spiega quello che è il nuovo concetto di autorità: non un potere che è potenza, dominio, ma potere che si esprime nel servizio.
“I grandi esercitano il potere, non così tra voi. Siate servi gli uni degli altri”.
Gesù non è venuto a proporci precetti da eseguire, ma una vita, la sua, da seguire, da imitare.
Chi ha una funzione di responsabilità pur piccola che sia, si curva e si mette a servire come ha fatto lui, come ha voluto proporcelo nell’ultima cena con la lavanda dei piedi.
Le ambizioni, le tentazione del potere e della forza, gli arrivismi si spengono nel discepolo di Cristo e subentra la legge della donazione gioiosa.
Servo, schiavo, una parola che la società oggi ritiene offensiva alla dignità umana, Gesù se l’appropria in una società, la sua, che la madre sua ha inaugurato nell’annunciazione: “Sia fatto di me secondo la tua volontà” e ci addita Cana invitandoci: “Fate quello che egli dirà”.