La Rosa dei Venti di Papa Francesco

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Qualche stralcio dell’interessante discorso che Papa Francesco, il 2 aprile scorso, ha fatto alle autorità civili dell’isola di Malta che stava visitando. Prendendo in prestito l’immagine della rosa dei venti traccia i confini delle sfide che toccano la vita non solo degli abitanti di Malta ma in qualche modo di tutti i paesi del mondo che dovrebbero impegnati nella costruzione di una umanità solidale, rispettosa, inclusiva e attenta ai bisogni di tutti.

Per la sua posizione Malta può essere definita il cuore del Mediterraneo. Ma non solo per la posizione: l’intreccio di avvenimenti storici e l’incontro di popolazioni fanno da millenni di queste isole un centro di vitalità e di cultura, di spiritualità e di bellezza, un crocevia che ha saputo accogliere e armonizzare influssi provenienti da molte parti. Vorrei prendere in prestito proprio l’immagine della rosa dei venti, che posiziona le correnti d’aria in base ai quattro punti cardinali, per delineare quattro influssi essenziali per la vita sociale e politica di questo Paese.

I venti del nord

È prevalentemente da nord-ovest che i venti soffiano sulle isole maltesi. Il nord richiama l’Europa, in particolare la casa dell’Unione Europea, edificata perché vi abiti una grande famiglia unita nel custodire la pace. Unità e pace sono i doni che il popolo maltese chiede a Dio ogni volta che intona l’inno nazionale. 

Ma per garantire una buona convivenza sociale, non basta consolidare il senso di appartenenza; occorre rafforzare le fondamenta del vivere comune, che poggia sul diritto e sulla legalità. L’onestà, la giustizia, il senso del dovere e la trasparenza sono pilastri essenziali di una società civilmente progredita. L’impegno a rimuovere l’illegalità e la corruzione sia dunque forte, come il vento che, soffiando da nord, spazza le coste del Paese. 

La casa europea, che s’impegna nel promuovere i valori della giustizia e dell’equità sociale, è anche in prima linea per la salvaguardia della più ampia casa del creato. A Malta, dove la luminosità del paesaggio allevia le difficoltà, il creato appare come il dono che, fra le prove della storia e della vita, ricorda la bellezza di abitare la terra. Va perciò custodito dall’avidità vorace, dall’ingordigia del denaro e dalla speculazione edilizia, che non compromette solo il paesaggio, ma il futuro. Invece, la tutela dell’ambiente e la giustizia sociale preparano l’avvenire, e sono ottime vie per far appassionare i giovani alla buona politica, sottraendoli alle tentazioni del disinteresse e del disimpegno.

I venti dell'Ovest

Il vento del nord si mescola spesso con quello che spira da ovest. Questo Paese europeo, in particolare nella sua gioventù, condivide infatti gli stili di vita e di pensiero occidentali. Da ciò derivano grandi beni – penso per esempio ai valori della libertà e della democrazia –, ma anche rischi su cui occorre vigilare, perché la brama del progresso non porti a staccarsi dalle radici. Per uno sviluppo sano, è importante custodire la memoria e tessere con rispetto l’armonia tra le generazioni, senza lasciarsi assorbire da omologazioni artificiali e da colonizzazioni ideologiche.

Alla base di una crescita solida c’è la persona umana, il rispetto della vita e della dignità di ogni uomo e di ogni donna. Conosco l’impegno dei maltesi nell’abbracciare e proteggere la vita. Già negli Atti degli Apostoli vi distinguevate per salvare tanta gente. Vi incoraggio a continuare a difendere la vita dall’inizio fino al suo termine naturale, ma anche a custodirla in ogni momento dallo scarto e dalla trascuratezza.

I venti del sud

Proseguendo nella rosa dei venti, guardiamo a sud. Da lì giungono tanti fratelli e sorelle in cerca di speranza. Vorrei ringraziare le Autorità e la popolazione per l’accoglienza loro riservata in nome del Vangelo, dell’umanità e del senso di ospitalità tipico dei maltesi. Secondo l’etimologia fenicia, Malta significa “porto sicuro”. Tuttavia, di fronte al crescente afflusso degli ultimi anni, timori e insicurezze hanno generato scoraggiamento e frustrazione. Per ben affrontare la complessa questione migratoria occorre situarla entro prospettive più ampie di tempo e di spazio. Di tempo: il fenomeno migratorio non è una circostanza del momento, ma segna la nostra epoca. Porta con sé i debiti di ingiustizie passate, di tanto sfruttamento, di cambiamenti climatici e di sventurati conflitti di cui si pagano le conseguenze. Dal sud povero e popolato masse di persone si spostano verso il nord più ricco: è un dato di fatto, che non si può respingere con anacronistiche chiusure, perché non vi saranno prosperità e integrazione nell’isolamento. Il Mediterraneo ha bisogno di corresponsabilità europea, per diventare nuovamente teatro di solidarietà e non essere l’avamposto di un tragico naufragio di civiltà. Il mare nostrum non può diventare il cimitero più grande dell’Europa.

Mentre oggi, nei confronti di chi attraversa il Mediterraneo in cerca di salvezza, prevalgono il timore e “la narrazione dell’invasione”, e l’obiettivo primario sembra essere la tutela ad ogni costo della propria sicurezza, aiutiamoci a non vedere il migrante come una minaccia e a non cedere alla tentazione di innalzare ponti levatoi e di erigere muri. L’altro non è un virus da cui difendersi, ma una persona da accogliere.

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I venti dell'est

C’è, infine, il vento proveniente da est, che spesso soffia all’aurora. Omero lo chiamava “Euro”. Ma proprio dall’est Europa, dall’Oriente dove sorge prima la luce, sono giunte le tenebre della guerra. Pensavamo che invasioni di altri Paesi, brutali combattimenti nelle strade e minacce atomiche fossero ricordi oscuri di un passato lontano. Ma il vento gelido della guerra, che porta solo morte, distruzione e odio, si è abbattuto con prepotenza sulla vita di tanti e sulle giornate di tutti. E mentre ancora una volta qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti, provoca e fomenta conflitti, la gente comune avverte il bisogno di costruire un futuro che, o sarà insieme, o non sarà. Ora, nella notte della guerra che è calata sull’umanità, per favore, non facciamo svanire il sogno della pace.

Una bella statua mediterranea risalente a secoli prima di Cristo raffigura la pace, Irene, come una donna che ha in braccio Pluto, la ricchezza. Ricorda che la pace genera benessere e la guerra solo povertà. E fa pensare il fatto che nella statua pace e ricchezza siano raffigurate come una mamma che tiene in braccio un bimbo. La tenerezza delle madri, che danno al mondo la vita, e la presenza delle donne sono l’alternativa vera alla logica scellerata del potere, che porta alla guerra. Di compassione e di cura abbiamo bisogno, non di visioni ideologiche e di populismi, che si nutrono di parole d’odio e non hanno a cuore la vita concreta del popolo, della gente comune.

Più di sessant’anni fa, a un mondo minacciato dalla distruzione, dove a dettare legge erano le contrapposizioni ideologiche e la ferrea logica degli schieramenti, dal bacino mediterraneo si levò una voce controcorrente, era la voce di Giorgio La Pira, che disse: «La congiuntura storica che viviamo, lo scontro di interessi e di ideologie che scuotono l’umanità in preda a un incredibile infantilismo, restituiscono al Mediterraneo una responsabilità capitale: definire di nuovo le norme di una Misura dove l’uomo lasciato al delirio e alla smisuratezza possa riconoscersi» (Intervento al Congresso Mediterraneo della Cultura, 19 febbraio 1960). Quell’“infantilismo”, purtroppo, non è sparito. Riemerge prepotentemente nelle seduzioni dell’autocrazia, nei nuovi imperialismi, nell’aggressività diffusa, nell’incapacità di gettare ponti e di partire dai più poveri. Oggi è tanto difficile pensare con la logica della pace. Ci siamo abituati a pensare con la logica della guerra. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della guerra, che anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi. Ed è triste vedere come l’entusiasmo per la pace, sorto dopo la seconda guerra mondiale, si sia negli ultimi decenni affievolito, così come il cammino della comunità internazionale, con pochi potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d’influenza. E così non solo la pace, ma tante grandi questioni, come la lotta alla fame e alle disuguaglianze sono state di fatto derubricate dalle principali agende politiche.

Aiutiamoci ad ascoltare la sete di pace della gente, lavoriamo per porre le basi di un dialogo sempre più allargato, ritorniamo a riunirci in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il tema del disarmo, con lo sguardo rivolto alle generazioni che verranno! E gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione.

Guardando ancora ad est, vorrei infine rivolgere un pensiero al vicino Medio Oriente, che si riflette nella lingua di questo Paese, la quale si armonizza con altre, quasi a ricordare la capacità dei maltesi di generare benefiche convivenze, in una sorta di convivialità delle differenze. Di questo ha bisogno il Medio Oriente: il Libano, la Siria, lo Yemen e altri contesti dilaniati da problemi e violenza. Malta, cuore del Mediterraneo, continui a far pulsare il battito della speranza.

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