Una lezione di vita

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La stanza è piccola. Ci sta una branda e poco altro. Il poco altro è costituito da tanti libri, letti e riletti. È il regno di padre Francesco Vaccari, testimone dell’essenzialità della vita e dello spirito di servizio verso i poveri. Accanto, c’è lo studiolo con scrivania, altri libri e alcune foto che richiamano scene della cultura africana. Padre Vaccari è missionario della Consolata, novant’anni portati bene, sessanta dei quali trascorsi ininterrottamente in Kenya. I suoi racconti, attraverso un linguaggio fluido con un simpatico intervallare emiliano di tanti “capissi”, lasciano un segno di memorie profonde. Umanissime.

È originario di Baiso, un paesino del Reggiano. Il fascino nei confronti dei missionari maturò in lui fin da piccolo, quando durante la seconda guerra mondiale conobbe un sacerdote braccato dai nazifascisti. Venne accolto in casa, nonostante i rischi: “Una grande persona, tormentata dalle mie curiosità di ragazzino vivace”. Probabilmente maturò così la sua vocazione, cresciuta tra alti e bassi in un ambiente difficile come quello del seminario negli anni pre-conciliari. Tutti gli studi furono portati a termine a Torino, nella casa-madre dei padri della Consolata.

La disciplina era molto rigida. “Avevo un debole per l’informazione sportiva. Capissi. Ma dovevo leggere i giornali di nascosto, perché erano considerati stampa clandestina. Il mio debole per il Bologna rischiai di pagarlo caro. Uscii di nascosto dal seminario per andare allo stadio di Torino per sostenere la mia squadra del cuore. Capissi che poteva saltare tutto”. Il tifo acceso per i rossoblu è rimasto. Padre Vaccari si concede ancora un po’ di privacy per vedersi le partite del Bologna alla tv. Non ne perde una.

Nel 1959 fu ordinato sacerdote. Finalmente, nei primi anni ‘60, il Concilio Vaticano II aprì la Chiesa alla società. La promozione umana, valorizzata dalla fase post-conciliare, rafforzò la missionarietà: “Puntavo fortissimamente a una destinazione in Africa, peraltro subito accolta. Dopo lo studio dell’inglese, a Londra e successivamente nel Galles, partii in nave da Venezia per il Kenya. Una lunga navigazione. Non si arrivava più. Destinazione Tuthu, nella sede della prima storica missione della Consolata in Kenya. Fu una meta importante per i contatti con la popolazione kikuyu. Entrò subito nella loro mentalità e cultura. Da Tuthu si trasferì a Nyahururu, nel cuore della contea di Laikipia, nella terra delle savane, sulla linea dell’equatore, con il compito di studiare attentamente i sistemi scolastici: “La promozione umana nasce proprio nei banchi di scuola”.

La maturazione dell’attività missionaria avvenne con i tanti anni di parroco a Tetu, nei pressi della città di Nyeri, sugli altopiani centrali. Con l’aiuto delle suore, che costituiscono tuttora una vera forza della natura, ebbe l’opportunità di entrare a contatto con i villaggi dispersi in un territorio vastissimo, in rapporto diretto con le tribù indigene. “Le suore - spiega con il suo dolce sorriso - mi aiutarono a diventare un missionario tra la gente”. Completò così il suo percorso in terra africana. In quel periodo maturarono anche le sue battaglie contro la corruzione, contro i giganteschi conflitti di interesse, contro lo sfruttamento dei lavoratori: “Capissi, non è concepibile lavorare senza tutele per 6/7 mila scellini il mese (pari a una sessantina di euro)”.  Capita che quando vede qualcuno in grave difficoltà, padre Vaccari inventi un lavoro pur di dare un po’ di soldi per vivere. Non vuole fare l’elemosina, ma investire sulla dignità della persona. La sua denuncia continua contro le disuguaglianze sociali: “L’economia del Kenya corre a perdifiato, ma i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri”. 

Per padre Vaccari si aprì anche un posto di superiore della Consolata, a Nairobi. Ma amava stare tra la gente: ormai la sua gente. Così maturò la nuova destinazione, quella a Rumuruti, realtà molto povera. Era venuto a mancare padre Ricchetti, il quale, grazie al grande cuore di tanti benefattori emiliani, aveva costruito pozzi, scuole, dispensari sanitari. Rumuruti nacque dal nulla. Un’area economicamente forte, come quella del distretto emiliano della ceramica, si è stretta attorno ai missionari per sostenerli nelle loro attività. A Rumuruti c’è tanta Italia.

Padre Vaccari ereditò nel 1993 la grande impresa umanitaria avviata da padre Ricchetti. E l’avventura continua anche oggi con l’impegno solidale dell’onlus “Africa nel cuore”, una rete molto estesa di volontariato, con sede a Fiorano Modenese. Scuola, formazione, cultura e sanità sono le parole che costituiscono il motto che trascina tante iniziative. E la strategia di padre Vaccari è precisa: “I poveri devono avere le stesse opportunità dei benestanti. Il diritto allo studio vale per tutti, così come quello alla sanità”.

I cambiamenti sono evidenti e la popolazione locale è pronta per assumersi le proprie responsabilità: “Il futuro è loro. È necessario un nostro passo indietro, perché la terra è degli africani e noi non siamo neo-colonizzatori”. Lui però resterà in Kenya, senza creare imbarazzi: “Non sarò ingombrante, ma non saprei proprio dove andare. Non posso lasciare la mia terra, che ormai è l’Africa”. Sono stati così trovati degli spazi di convivenza: “Io sosterrò sempre le loro attività, senza disturbare”. E indica orgoglioso  la strada maestra: “Il bene della Chiesa è Papa Francesco. Lui ci riporta concretamente al Vangelo”. Ora che ha compiuto un capolavoro lungo sessant’anni, al tramonto si ritira per giocare a carte con gli amici più stretti. E mentre batte il fante trova il modo di raccontare qualche aneddoto di vita vissuta.


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