IL VIAGGIO DEL PAPA IN ASIA E I PONTI DI PACE

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Sono «due i punti di forza» della missione della Chiesa nel continente asiatico: «le attività caritative nel campo della salute e dell’educazione»; e il dialogo tra le religioni che «è fondamentale per la pace oggi nel mondo e che quindi diventa un dovere di tutte le religioni». Lo afferma il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, nell’intervista realizzata dal Centro televisivo vaticano in collaborazione con L'Osservatore Romano alla vigilia del viaggio del Pontefice in Sri Lanka e  Filippine.

 

Papa Francesco ritorna in Asia a cinque mesi dalla visita in Corea, dove ha indicato nel dialogo interreligioso la prima missione della Chiesa nel Continente. Ritiene che anche in questi due Paesi così diversi insisterà su questo punto?

La missione della Chiesa nelle Filippine e nello Sri Lanka è quella della Chiesa in tutto il mondo: annunciare il Vangelo, proclamare la buona notizia di Gesù che è fonte di vita e di speranza per tutti gli uomini. Tenendo conto naturalmente del contesto nel quale essa si trova a vivere e a operare. Un contesto caratterizzato da una molteplicità, quasi da un mosaico di società, di culture e di religioni. Il continente asiatico è la culla delle grandi religioni del mondo. E poi tenendo conto del fatto che la Chiesa è una piccola minoranza, un piccolo gregge in mezzo a questa realtà così vasta. E allora anche questa missione dovrà modularsi in base a queste caratteristiche. Mi sembrano due i punti di forza di questa missione: da una parte l’aspetto delle attività caritative e umanitarie nel campo della salute e dell’educazione che già riscuotono grande apprezzamento presso l’intera popolazione e i Governi dei vari Paesi; e sull’altro versante l’aspetto del dialogo interreligioso: promuovere e consolidare sempre più l’incontro, il rispetto e l’accettazione reciproca, tenendo conto anche di quello che il Papa dice nell’Evangelii gaudium che il dialogo interreligioso è fondamentale per la pace oggi nel mondo e che quindi diventa un dovere di tutte le religioni. Questo sarà un punto nodale, focale dell’attenzione del Papa durante il viaggio.

 

Nello Sri Lanka purtroppo le differenze etniche e religiose continuano a essere motivo di tensione tanto che nel Paese si è sviluppato persino un fondamentalismo buddista. Qual è in questo scenario complesso la missione, il compito dei cristiani?

A me sembra che se c’è un luogo nel quale si deve parlare di una funzione di ponte è proprio nello Sri Lanka. Ed è proprio nella Chiesa nello Sri Lanka. Anche perché la Chiesa è facilitata in questo suo compito dal fatto che raccoglie membri, raccoglie fedeli da entrambe le etnie principali, sia dai tamil sia dai cingalesi, e quindi la Chiesa conosce un po’ quello che c’è nel cuore di ognuno e conosce anche le aspettative; e quindi può svolgere questo compito, questa funzione di riconciliazione, di dialogo e di collaborazione. Però vorrei sottolineare anche il fatto che lo Sri Lanka tradizionalmente ha conosciuto un grande sviluppo di questa armonia religiosa fra le varie religioni, si è sempre caratterizzato per questo incontro, per questo dialogo. Purtroppo, ultimamente sono sorti dei gruppi estremisti che manipolano un po’ l’opinione pubblica e creano tensione utilizzando la religione per scopi che non sono chiari. Noi auspichiamo appunto che questa tradizione che c’è di dialogo interreligioso e di collaborazione possa prevalere su questi nuovi tentativi di destabilizzare la situazione e nello stesso tempo auspichiamo anche che le autorità possano intervenire proprio per preservare questi che sono valori fondamentali della popolazione.

 

Il Papa visiterà anche il santuario di Madhu nella regione a prevalenza Tamil. Qual è l’itinerario che deve seguire il cammino di riconciliazione dopo tanti anni di guerra che hanno seminato numerosissime vittime?

Direi che Madhu è un po’ il simbolo di questa “Chiesa ponte” di cui parlavo, proprio perché è un centro di preghiera ed è anche un centro di incontro. Il santuario di Madhu è conosciuto e apprezzato e frequentato anche da membri di altre religioni, non solo dai cattolici. Ricordiamo poi anche gli episodi legati alla guerra civile, quando Papa Benedetto chiese all’allora presidente della Repubblica di fare di tutto per preservare l’incolumità di quel santuario proprio per questa sua caratteristica: si trovava allora sulla linea del fronte fra i due gruppi che si combattevano, ed era diventato un centro di presenza di molti sfollati da entrambe le parti. Credo che Papa Francesco, come ha fatto l’8 febbraio, quando ha incontrato la comunità srilankese in San Pietro, ricorderà tutti questi episodi dolorosi, le tante lacrime, lui diceva, che sono state versate a causa della violenza e della crudeltà del conflitto. Non tanto per riaprire ferite, quanto piuttosto per lanciare uno sguardo al futuro. Questo impegno di riconciliazione deve caratterizzare tutte le componenti della società dello Sri Lanka. Un impegno di riconciliazione che passa attraverso il riconoscimento della verità. Credo siano queste le tappe: un’attenzione alla giustizia e una collaborazione di tutti per il bene comune.

 

Le Filippine sono l’unico Paese a maggioranza cattolica dell’Asia. Come si può valorizzare la presenza di questa Chiesa giovane e dinamica all’interno del continente?

Mi hanno detto proprio ieri sera dei filippini che sono tornati in questi giorni dal loro Paese, che in queste settimane c’è veramente una preghiera corale intensissima in preparazione alla visita del Papa. Queste sono premesse molto positive. Credo che la valorizzazione passi attraverso il riconoscimento del ruolo che la Chiesa nelle Filippine ha sia nel contesto asiatico e del Sudest asiatico sia nel contesto mondiale. Il Papa vuole con questo viaggio, in continuazione appunto con quello in Corea, concentrare l’attenzione della Chiesa su questa realtà; e nello stesso tempo anche inserirsi in quel cammino di nove anni che ci sta portando alla celebrazione del quinto centenario dell’arrivo del Vangelo nelle Filippine, nel 1521. E quest’anno è l’anno dedicato ai poveri. Allora la centralità deriva dal numero: cioè le Filippine sono uno dei Paesi del Sudest asiatico dove la maggioranza della popolazione è cattolica. Dico uno, perché c’è anche Timor Est, dove il novanta per cento della popolazione è cattolica: non dobbiamo dimenticare anche questo. Le Filippine sono stato anche geograficamente un po’ il centro: basti pensare a quanti incontri importanti vi si sono svolti, a partire dalla visita del beato Paolo VI nel 1970, che poi diede anche origine alla costituzione della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche. Credo che l’altro punto importante sia la centralità delle Filippine per esempio per gli studi di tantissimi giovani che da vari Paesi asiatici limitrofi vengono per approfondire la loro formazione che si dà nelle differenti università cattoliche del Paese. E infine c’è anche l’irradiazione dei filippini nel mondo: sappiamo come i filippini siano presenti in tantissimi Paesi dell’Asia, ma anche dell’America e dell’Europa. Quindi le potenzialità di evangelizzazione delle Filippine sono molteplici, l’importante è che la Chiesa nelle Filippine accolga questo messaggio e questo impulso dato da Papa Francesco a essere una Chiesa in uscita: una Chiesa che sente il compito di evangelizzazione e di annuncio del Vangelo.

 

Il tema sarà misericordia e compassione e Papa Francesco le mostrerà e le chiederà per le vittime dei tifoni e dei terremoti, ma anche per le vittime di povertà, ingiustizie e corruzione…

Questo è un po’ il tema del viaggio: mostrare compassione, mostrare misericordia nei confronti delle tante persone che soffrono, che soffrono per le calamità naturali, soprattutto nelle Filippine; che soffrono per ingiustizie strutturali, come sono la povertà e la corruzione; che soffrono anche per le conseguenze ancora vive del conflitto civile. È una misericordia, una compassione che guarisce, in primo tempo. Quindi è questo un po’ il senso della presenza del Papa: portare un elemento, una dimensione di guarigione e di conforto in questa situazione. E nello stesso tempo — proprio perché in questo senso la misericordia e la compassione sono elementi attivi — richiamare tutti a dare il proprio contributo affinché queste ferite possano essere rimarginate e questi dolori possano essere confortati e soprattutto si possano superare le cause che li hanno provocati.

 


 

Domani mattina, prima di congedarsi dallo Sri Lanka e volare verso le Filippine, Papa Francesco si recherà in preghiera nella Cappella dedicata a “Nostra Signora di Lanka” a Bolawalana. Per un bilancio del viaggio del Papa in questo Paese, a partire da alcuni avvenimenti non previsti, ascoltiamo il direttore della Sala Stampa vaticana, padre

 

Federico Lombardi, al microfono di Silvonei Protz:  

 

Incontro del Papa con l’ex presidente
R. – Sono stati tre avvenimenti semplici, ma significativi, che si sono aggiunti – come spesso avviene – al programma. Il primo è stato la visita di cortesia dell’ex presidente, con suo fratello, che era anche un ministro del governo precedente, e con le rispettive mogli. Siccome questo ex presidente era lui che aveva invitato il Papa a venire in Sri Lanka, era anche giusto e normale che desiderasse salutarlo e dargli un saluto di gratitudine per essere venuto e il suo compiacimento per la buona riuscita della visita. Quindi una visita di cortesia, molto semplice, abbastanza breve, ma che dà un senso anche di armonia, di serenità per il fatto di questo cambiamento che probabilmente non molti prevedevano. Si è svolto in modo così pacifico e così rispettabile, che è un segno certamente di maturità anche per la democrazia e per il Paese dello Sri Lanka e dei suoi responsabili: quindi questo incontro credo che sia un elemento per la popolazione dello Sri Lanka che in gran parte avevano votato anche per questo presidente. Un segno positivo.

 

Visita in un Tempio buddista
D. – C’è stato un incontro anche in un tempio buddista?

R. – Sì. Il Papa aveva incontrato all’aeroporto un autorevole rappresentate di una delle organizzazioni buddiste, che gli aveva detto che desiderava vederlo e che desiderava incontrarlo. Questo personaggio era anche venuto all’incontro interreligioso di ieri, insieme a tutti gli altri monaci buddisti che erano presenti. Il Papa ha colto la possibilità di questo tempo di questa sera per fare una rapida visita al centro, in cui c’è anche il tempio e anche la sala religiosa di preghiera di questa comunità buddista. E’ stato accolto con grande familiarità. Gli è stata spiegata bene la realtà di questo luogo di preghiera e gli è stato mostrato lo Stupa, che contiene reliquie e che è uno degli oggetti sacri che tengono nel tempio, davanti alla statua di Buddha; e lo hanno anche aperto per il Papa, cosa che avviene – sembra – una sola volta l’anno. Quindi è stata una apertura eccezionale in segno di rispetto, di onore, di amicizia per questa grande autorità religiosa che li ha visitati. Mentre aprivano questo contenitore delle reliquie, alcuni giovani monaci che era lì presenti – hanno recitato un canto, una preghiera con molta naturalezza e semplicità. E’ stato un momento breve, ma significativo della naturalezza vorrei dire, dello stile familiare con cui il Papa porta avanti i rapporti con le persone, anche delle altre religioni. E’ un po’ la sua cultura e pedagogia dell’incontro personale che fa andare avanti poi delle grandi cause come quella del dialogo interreligioso. Anche in questo caso lo abbiamo notato. Devo dire che questo personaggio buddista aveva lì esposta una bella fotografia con Papa Benedetto XVI: quindi si vede che è una persona che coltiva il dialogo con le altre religioni ed era stato in Vaticano in occasione di una udienza. C’era una bella foto sua, del 2007, con Papa Benedetto XVI… Quindi non era una persona nuova al rapporto amichevole con i cattolici.

 

L’abbraccio con i vescovi del Paese
D. – Il terzo evento di questo pomeriggio…

R. – Il Papa ha voluto andare, perché non c’era andato ieri, all’arcivescovado. Era in programma ieri mattina, poco dopo l’arrivo, una visita all’arcivescovado per un incontro con tutti i vescovi del Paese e il pranzo con loro: in realtà, poiché il viaggio era stato lungo e sotto il sole, il Papa era stanco e il tempo era ridotto, aveva preferito riposare per essere poi invece in forma per gli incontri del pomeriggio. Cosa che, infatti, è avvenuta… Ma questa sera, che il Papa stava molto bene al termine della giornata e allora ha voluto recuperare anche con un atto di amicizia, di simpatia questa visita ai vescovi. In realtà i vescovi stavano tornando da Madhu, dal nord del Paese, e avevano avuto dei problemi perché erano partiti tardi e c’era già l’oscurità e quindi sono arrivati con ritardo: sono loro, questa volta, che hanno fatto aspettare il Papa… E’ stato un incontro breve, ma cordiale e simpatico.

D. – Una chiacchierata?

R. – Sì, il Papa ha detto due parole e ha anche spiegato il senso di questa canonizzazione, che per lui aveva molto il significato dell’evangelizzazione, perché Vaz è una bellissima figura di evangelizzatore.

 

Canonizzazione di Giuseppe Vaz
D. – Tornando con queste parole all’inizio della giornata del Santo Padre, il grande momento della celebrazione eucaristica e la canonizzazione di Giuseppe Vaz…

R. – Sì, questo era evidentemente l’evento centrale dal punto di vista pastorale di questa visita. E non ha deluso. Tra l’altro è stato preparato pastoralmente veramente molto bene qui dalla Chiesa locale, con una lunga veglia la sera precedente; e con le confessioni, perché hanno fatto tutta una serie di confessionali tutti attorno all’area della preghiera, che sono stati frequentatissimi sia ieri sera durante la veglia, sia questa mattina prima della celebrazione… Il che vuol dire che la gente si è preparata pregando e – diciamo – con un atteggiamento spirituale di attenzione, di accoglienza, di riflessione.

 

La colletta dei fedeli e il dono del Papa
D. – Alla fine della celebrazione, i doni: il dono dello Sri Lanka, dei fedeli al Santo Padre…

R. – Il cardinale ha detto una cosa bella. Ha detto: “Noi siamo un Paese povero, però anche noi vogliamo aiutare la carità del Papa”. E quindi ha dato al Papa un assegno di 70 mila dollari, raccolti dai fedeli. Raccolti dai fedeli proprio come segno di attenzione a questo impegno del Papa per i poveri. La solidarietà fra i poveri, tramite la figura del Papa. E il Papa ha dato al cardinale un antico documento, molto interessante, che riguarda la storia della Chiesa dello Sri Lanka: un decreto del re di Kandy, che era il re buddista al centro dell’isola, che autorizzava il superiore della Congregazione dell’Oratorio del tempo, quella di San Giuseppe Vaz, ad annunciare il Vangelo, a costruire chiese e autorizzava i buddisti del suo regno a convertirsi anche al cristianesimo. E questo alla fine del Seicento. Questo documento è scritto, è inciso su una piccola lastra di rame ed era stato portato da un arcivescovo del Ceylon al Papa Leone XIII. I vescovi dello Sri Lanka si ricordavano che esistesse questo documento e desideravano averlo anche qui, perché è così importante per la loro storia. Quindi hanno chiesto di poterlo riavere: è stata fatta una copia perfetta, che è stata donata a loro questa mattina. E’ un dono che si inseriva molto bene nel contesto della storia dell’evangelizzazione di Vaz ai suoi tempi nel Regno di Candy.

 

Il Papa nel Santuario di Madhu
D. – Il pomeriggio il Santo Padre si sposta a Madhu, al Santuario di Madhu. Giovanni Paolo II non è potuto andare, Paolo VI non è andato… Il primo Pontefice che arriva in questo simbolo di riconciliazione – possiamo dire – del popolo dello Sri Lanka…

R. – Più che un simbolo di riconciliazione è un santuario mariano, un santuario mariano amatissimo. Ora c’è questa cosa straordinaria di chi conosce la profondità della spiritualità mariana nella religiosità cristiana, il santuario è agente di riconciliazione, perché è il luogo dove tutti vanno: anche se sono diversi fra di loro sono attratti dall’amore della Madre comune e vanno da Lei per esserne protetti, per confidarsi, per essere consolati, per essere illuminati. E la Madre porta ad incontrare suo Figlio ed è fonte di consolazione e di pace. Ecco, quindi, è la figura di Maria che unisce. Si tratta di capire questo: non è che uno dice “allora, andiamo a fare un atto di riconciliazione in quel luogo”. Ma “andiamo in quel luogo perché vogliamo tutti bene alla Madonna e naturalmente così ci sentiremo più vicini e capaci di riconciliarci”. Questo è poi il luogo dove il Papa può fare un discorso come quello che ha fatto, che – a mio avviso – era il più impegnativo di questi giorni, sul tema della riconciliazione, perché è quello in cui ha parlato esplicitamente anche del perdono, del chiedere e del dare perdono. Qui siamo un po’ al cuore del messaggio cristiano, del messaggio evangelico e qui si arriva a sanare le radici poi del male, del conflitto, del peccato e della divisione. Quindi non c’era altro luogo migliore di questo per poterlo fare, perché è il luogo dove spontaneamente vanno tutti, i cristiani, i cattolici, i tamil e i singalesi, buddisti, induisti; vanno da una Madre comune, da una figura che sentono protettrice, consolatrice e capace quindi di fare il bene dell’intero popolo.

 

Francesco abbraccia la statua della Madonna
D. – Due momenti interessanti anche di Madhu: il Santo Padre che dona la corona, dona il Rosario e anche a lui è stata regalata una immagine della Madonna; il Santo Padre ha abbracciato, come ha fatto anche con la Madonna in Brasile, come a dire: “Vieni con me”, con una espressione molto bella.

R. – Sì, il Papa vive in prima persona la religiosità popolare cristiana e mariana in particolare. E la esprime con dei gesti molto semplici, come sono naturalmente il baciare l’immagine; fare un atto di venerazione; un dono, come ha fatto oggi, mettendo al collo della Madonna la corona, il Rosario… E poi quando gli danno un’immagine, lui se la tiene in braccio, con un atteggiamento così, diciamo molto confidente, affettuoso, che esprime di per sé proprio un suo atteggiamento del cuore, per cui l’immagine sacra dice la realtà che l’immagine manifesta, cioè la Madonna, la Madonna con il Bambino sono così vicini e presenti al suo cuore e alla sua mente.

 

Straordinario contributo del Papa, superiore alle aspettative
D. – Padre Lombardi, per concludere: questi due giorni intensi in Sri Lanka…

R. – Il Papa ha dato veramente un contributo assolutamente straordinario, direi molto superiore a quello che uno potesse immaginarsi. Aiutato anche da una circostanza in qualche modo inaspettata, che è il fatto che queste elezioni, che erano così temute, si sono svolte poi nella pace e in qualche modo con il cambiamento hanno aperto delle speranze, che fanno pensare che anche nella vita concreta di questa società, questi messaggi, queste parole del Papa di riconciliazione, di costruzione comune di una nuova società riconciliata, possano diventare realtà. E questa è una cosa molto bella e noi speriamo che avvenga. La Chiesa si è dimostrata molto attiva, presente, capace di una preparazione pastorale profonda di questi eventi. Quindi credo che la Chiesa sarà anche capace di portare avanti l’eredità di questo viaggio e dei messaggi che il Papa le ha affidato per il bene della società nel suo insieme.

 

Papa molto contento del viaggio
D. – Il Papa è contento del viaggio?

R. – Certo che è contento! Molto contento! Lui la vive come una grazia di Dio e sente molto l’aiuto della Provvidenza che gli dà le forze per fare delle cose che normalmente una persona della sua età non riuscirebbe a fare e anche gli dà le occasioni di incontrare persone, popoli in una forma così positiva che apre il cuore alla speranza.

 


 

Tagle: Francesco nelle Filippine, centro del viaggio l'incontro coi poveri

 

Papa Francesco lascerà domani lo Sri Lanka per le Filippine, seconda tappa del suo nuovo viaggio in Asia. Arriverà a Manila verso le 10.45 ora italiana. E’ la quarta volta che un Pontefice visita l’arcipelago: il primo fu Paolo VI, 45 anni fa, seguito poi da Giovanni Paolo II nel 1981 e nel 1995. Il viaggio di Francesco, come quello di Papa Montini nel 1970, avviene in un Paese ancora ferito dal recente tifone del dicembre scorso. Il nostro inviato Sean Lovett ne ha parlato con il cardinale Luis Antonio Gokim Tagle, arcivescovo di Manila, che ricorda in modo ancora vivo la visita di Paolo VI: 

 

Il ricordo del viaggio di Paolo VI
R. – The Philippines was just rising…
Le Filippine si stavano appena riprendendo da un tifone in quel momento e i miei ricordi sono ancora nitidi: di alberi spogliati senza neppure una foglia, viali ripuliti velocemente per l’arrivo del Papa, strade ripavimentate e così via… Così, come in questa visita di Papa Francesco, le Filippine erano state devastate da un tifone. Le persone erano entusiaste e accolsero Paolo VI come una grazia dal cielo. Paolo VI volle andare anche dai poveri: visitò le famiglie povere del distretto di Tondo, a Manila, conosciuto per essere una delle aree più povere della zona metropolitana, e lì ancora ricordano quella visita. Quando andai in parrocchia per una festività religiosa, il parroco e altre persone mi indicarono dove si trovava la casa che Paolo VI aveva visitato. I ricordi, le immagini e le conseguenze di quella visita sono ancora lì dopo 45 anni.

D. – Ci sono delle chiare relazioni tra queste visite papali, come il tema della misericordia e del dialogo…

R. – Yes, there is. We need to remind…
Sì, è vero. Dobbiamo ricordare alle persone che quando Paolo VI venne in visita nel 1970, i vescovi dell’Asia andarono ad incontrarlo. E lì, a Manila, con l’incoraggiamento di Paolo VI, nacque la Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia. Quello è stato l’inizio. Il Papa inaugurò anche Radio Veritas Asia nel 1970, così che potesse esserci evangelizzazione attraverso la radio. Queste sono tutte cose che rimangono. In un certo modo, la sua visita è stata come ricevere il Vaticano II in Asia, con la figura del Papa che ci invitava a dialogare e il documento Ecclesiam Suam. Quattro anni dopo, a Taipei, nel 1974, c’è stata la prima assemblea plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia sul tema dell’evangelizzazione in Asia. Secondo Paolo VI, l’evangelizzazione doveva avvenire attraverso il dialogo. Quindi gli eventi sono davvero collegati.

 

Papa Francesco e i poveri
D. – Non sono molti quelli che collegano Paolo VI a Papa Francesco. Lei lo fa?

R. – Oh yes, I do!...
Oh sì, lo faccio! Quando le persone dicono, sia positivamente che negativamente: “Papa Francesco sta facendo una rivoluzione, sta dialogando, abbracciando i poveri”, io dico di averlo già visto in Paolo VI, nel suo percorso, nella sua personalità. Questa intuizione, questa visione che Papa Francesco sembra riprendere e riproporre, l’ho già vissuta come testimone nei miei studi e nel mio incontro con Paolo VI nelle Filippine. I gesti simbolici di Paolo VI sembrano avere aperto la strada a Papa Francesco.

 

No a preparativi costosi
D. – Papa Francesco ha detto che viene per portare un messaggio di compassione ai poveri, alle vittime del tifone e del terremoto e di spendere poco per i preparativi …

R. – Yes, that has been a mark…
Sì, questa è l’impronta delle sue visite papali. E’ stato lo stesso in Corea. I vescovi coreani dissero a noi filippini che eravamo in Corea per la visita, che il Papa non sarebbe stato contento di vedere preparativi vistosi. Anche l’altare doveva parlare della sobrietà, che è il segno di questo Papa, della sua semplicità.  

D. – I filippini sono molto generosi nell’esprimere il loro affetto. E’ stato difficile contenerli?

R. – In a way, yes.…
In un certo modo, sì. Ma poi abbiamo fatto capire alle persone non solo i desideri del Papa, ma i segni dei tempi. Non vogliamo suscitare scandalo. Tutti possono trovare una scusa per dargli un benvenuto sontuoso, dopo tutto è il Papa. Ma dobbiamo essere coscienti delle tante persone che ogni giorno dobbiamo accogliere in mezzo a noi: i poveri e gli affamati. Quindi, tutti i soldi risparmiati per la visita papale, andranno in beneficenza, andranno ai poveri. Ed il Papa è stato molto esplicito su questo.  

 

Tifoni climatici e sociali nelle Filippine
D. – C’è stata molta attenzione da parte del mondo alle Filippine dopo il tifone, ma lei ha spesso parla dei tifoni che quotidianamente colpiscono le Filippine…

R. – Yes, we’re used to having typhoons…
Sì, siamo abituati ad avere tifoni, in media dai 20 ai 22 all’anno. Siamo avvezzi anche ai terremoti di differente magnitudo. Catturano l’attenzione del mondo per la vastità della devastazione. Ma come ho detto in molte occasioni, non dovremmo dimenticare i tifoni giornalieri, i terremoti giornalieri causati dalla povertà, dalla corruzione, dagli accordi commerciali indecenti e dalle pratiche sleali. Anche quando il sole splende, il buio si diffonde nelle vite di così tante persone. Anche durante il Sinodo dei vescovi sulla famiglia ho ricordato alle persone nei piccoli gruppi come, per noi in Asia, la povertà non sia qualcosa di estrinseco alla famiglia: incide sull’essenza, sul tessuto della famiglia. Quando ho visitato una casa di accoglienza per bambini e giovani presi a vagare per le strade durante la notte, mi sono reso conto che i genitori tollerano tutto questo perché sperano che le agenzie del governo possano accogliere i loro bambini e nutrirli nelle case di accoglienza. Non sono genitori che trascurano i propri figli: sono genitori che non hanno nulla da dare loro da mangiare, e allora dicono: “Perché non vai fuori, e quando la polizia ti porta nella casa di accoglienza, non vai con loro? Sarai al sicuro per la notte. Per questa notte, avrai un tetto sulla testa e cibo”.

 

Papa sarà rafforzato nella fede dai poveri
D. – Papa Francesco ha detto di volere che in questo viaggio l’attenzione si focalizzi non su di lui, ma su Gesù nel volto dei poveri. Quali altre linee guida vi ha dato per questa visita?

R. – How can I put it?...
Come posso dire? Non vuole perdere tempo in cose che potrebbero distrarlo dalla sua missione, dal centro della sua missione, che è davvero quello di incontrare i poveri ed ascoltare i poveri. Durante le visite papali, molte persone chiedono: “Possiamo passare un minuto con il Papa? Possiamo offrirgli questo o quello?” Sono tutte belle cose, ma se si hanno solo tre giorni bisogna scegliere. E deve anche risparmiare le sue energie. Questi lunghi voli, il cambiamento climatico, il cambio d’orario, il cambio di cibo e così via, potrebbero esaurire le forze di una persona di 78 anni, che sarebbe meglio fosse usata per focalizzarsi sulla sua missione. Quindi lo stiamo aiutando a concentrarsi. La cosa su cui ci stiamo concentrando sono i suoi incontri con le famiglie e con i giovani di Manila. Ma anche in quegli incontri ascolterà le storie delle famiglie in difficoltà, quelle che nella loro vita hanno subito diversi tifoni, e ascolterà i giovani. C’è un tipo di tifone che, come ho detto, non capita solo in un posto, ma capita ovunque. Il Papa li ascolterà e pero che non solo sarà lui a dare loro una parola di conforto, ma che anche lui, il Papa, sia rafforzato nella sua stessa fede da questa povera gente.

 

Senso di famiglia
D. – Qual è la sfida più grande per lei, come arcivescovo di Manila, nell’organizzare qualcosa di così complesso come questa visita?

R. – It’s really bringing people together…
Sta davvero riunendo le persone. Abbiamo creato un bellissimo gruppo con persone del governo, del settore economico, della Chiesa. E questo è già un frutto della visita papale: il pastore universale crea un senso di famiglia. Ed io sono molto felice. Sono sicuro che anche dopo la visita, questo senso di comunione, di lavoro in collaborazione tutti insieme, continuerà. Voglio mantenere questa collaborazione.

 

Sofferenza e Resurrezione
D. – Cosa pensa caratterizzerà questa visita?

R. – An encounter with a lot of suffering…
Un incontro con tanta sofferenza. Ma il messaggio cristiano non si conclude con la sofferenza, c’è sempre una Resurrezione. E spero che il Santo Padre vedrà questo tra coloro che hanno sofferto e che continuano a soffrire.

 

 

 


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