“Voi direte (parlando ai giovani) abbiamo tempo a farci santi … No, cominciamo subito: la montagna della santità è molto alta e non ci arriverete mai alla cima; non c’è mai stato alcun santo che si sia lamentato d’essersi fatto troppo santo, o troppo presto” (Beato Allamano, Conf. IMC I, 385-386)

Dal 24 luglio al 6 agosto 2023 si terrà in Portogallo la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG). Noi Missionari della Consolata, come abbiamo fatto in edizioni precedenti (soprattutto in Spagna, Brasile e Polonia) vorremmo preparare l’accoglienza e diverse attività per coloro che, legati ai nostri gruppi giovanili, saranno presenti in Portogallo. 

Per noi della Consolata la GMG è composta da due momenti: una prima settimana che faremo fra di noi e una seconda che faremo con tutti a Lisbona. La prima settimana la vorremo dedicata alla formazione e alla celebrazione missionaria: d’accordo al numero di partecipanti staremo in tre delle nostre comunità in Portogallo, poi due giorni tutti assieme a Fatima e da li tutti a Lisbona per la celebrazione ufficiale.

A preparare l’accoglienza sono i nostri missionari animatori insieme ad un folto gruppo di giovani Laici della Consolata e volontari di diversi servizi missionari. Sarà un’occasione di ritrovo e crescita personale, di cammino di fede e di incontro di culture. Ci saranno momenti di festa, dialogo, incontro con missionari, testimonianze di altri giovani del mondo, momenti di ascolto e confronto. Fu il santo papa Giovanni Paolo II a fondare, nel 1984, la GMG. I giovani dovevano essere al centro ed è quello che vogliamo fare nella settimana della Consolata.

Il tema di quest’anno mi sembra specialmente missionario: “Maria si alzò e andò in fretta!” ...per andare dalla cugina Elisabella. (cfr. Lc 1,39) Sono tre gli spunti missionari: la fretta, il cammino e l’incontro.

Iniziamo con la fretta che, funge proprio da apripista della missione. La fretta appartiene alla missione soprattutto dei missionari che sono chiamati a correre, ad incontrare e camminare per arrivare prima possibile a tutti. La fretta di non disperdere e di non sprecare, la fretta di chi vuole solo amare e far crescere le persone.

Il cammino: la missione come viaggio 

L’immagine che caratterizza la missione di Gesù, fin dall’inizio del suo ministero pubblico, è l’itineranza. Lui “percorreva i villaggi d’intorno insegnando” (Mc 6,6). È impossibile riconoscere il suo volto, cogliere realmente i suoi gesti, lasciarsi raggiungere dalle sue parole senza essere per strada con Lui. Da qui, dalla strada, occorre cominciare. 

Se le realtà della fede ci sembrano sfocate, poco significative, di poco impatto sulla nostra vita quotidiana, forse dobbiamo cessare di accusare i tempi cattivi e di puntare il dito sulla mancanza, oggi, di una testimonianza credibile. La causa è più vicina a noi di quanto pensiamo; anzi, è dentro di noi: ci siamo tirati fuori, ci siamo seduti e abbiamo cominciato a fare le nostre analisi per tirare le nostre conclusioni. 

Eppure, l’insegnamento di Gesù, ancora oggi, è inseparabile dalla via polverosa su cui muove i suoi passi. La strada non è diversa da quella su cui ci troviamo quando siamo in movimento con Lui oppure siamo fermi ai margini con la pretesa di capire tutto quello che succede ancora prima di muovere un passo. 

Come interpretiamo lo smarrimento del tempo che stiamo vivendo? Come camminiamo? Chi sono i miei compagni di viaggio? Che posto occupano i poveri, gli ultimi nel mio viaggio? Non possiamo entrare in relazione con Gesù e il suo insegnamento senza aprirci ai “villaggi d’intorno” e alla “gente” che Lui amava, cercava ed evangelizzava.

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L’incontro: l’esercizio della fraternità 

L’impegno che immediatamente segue è la chiamata inseparabile dall’esercizio della fraternità: “Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due” (Mc 6,7). Mi piace pensare al duplice gesto di Gesù come generatore di una tensione permanente, impossibile da sciogliere. Lasciarsi attirare individualmente da Gesù oppure curare il rapporto con l’altro? In realtà, il movimento è duplice: il Signore ci chiama a Lui e, nel medesimo tempo, dà fondamento nuovo al rapporto con il fratello e la sorella con cui mi trovo immediatamente inviato nel mondo. 

Dobbiamo riconoscere umilmente la grande difficoltà a vivere questa dimensione: quante belle iniziative finiscono prima o poi per arrancare o addirittura morire, solo perché la missione viene pensata come impresa individuale, come opera costruita dal singolo, come impegno in solitaria. È vero che lo Spirito distribuisce i carismi a piene mani e tutti sono portatori di una ricchezza unica e insostituibile ma l’esperienza però dimostra che la loro genuinità finisce per essere adulterata quando non vi è confronto costante con il fratello o la sorella mandati con noi dal Signore. 

Questo è un punto di partenza insostituibile anche se spesso arriviamo con una rapidità impressionante a trascurare il rapporto costitutivo che ci lega all’altro a partire da Gesù che invia. Basta un’incomprensione, un litigio, un’insofferenza per un modo di fare, di parlare o di ragionare, che subito lasciamo perdere e non c’è più spazio in noi per pensarci indissolubilmente legati, nella missione evangelizzatrice, a chi è stato inviato con noi nella stessa direzione. 

È vero, molte volte è difficile trovare la modalità concreta per collaborare. Siamo di origini diverse e le nostre impostazioni sembrano incompatibili, per età, cultura, lingua e formazione. Sembra quasi di vivere in mondi diversi, destinati a non incontrarsi mai. 

Eppure, la sfida del Vangelo si misura proprio qui. Non è vinta con sorrisi di facciata o linguaggio mellifluo per nascondere i rancori, ma con il coraggio di andare in profondità, di raggiungere la radice delle relazioni e, all’occorrenza, di riconoscerci poveri e mendicanti proprio nella nostra capacità di avvicinarci gli uni agli altri, di guardarci in faccia, di ascoltarci anche quando siamo infastiditi da quello che viene detto e il dialogo ci sembra diventato improduttivo. 

C’è da purificare la memoria da ogni residuo negativo di esperienze passate, di percorsi interrotti, di fallimenti. Il Signore ci sta chiamando ora a prenderci cura gli uni degli altri, a intessere relazioni significative, a fare delle differenze tra noi un’occasione di apertura alle novità di Dio. 

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Conclusione

Noi rimaniamo “quelli della Via” anche in questo tempo di generale incertezza. Tendiamo l’orecchio alla Parola, sappiamo che in mezzo a noi c’è Qualcuno che corrisponde così intimamente alla Novità che desideriamo, da essere sempre Colui che non conosciamo ancora (cfr. Gv 1,26) e perciò incessantemente può sorprenderci. 

Non perdiamoci di coraggio davanti alla lentezza dei nostri progressi, alla diminuzione dei nostri effettivi, alla fragilità dei nostri progetti e delle nostre iniziative. La missione non è un’impresa mondana da portare a termine con successo secondo i nostri criteri. È il viaggio da compiere con quello che siamo, sulla terra che ci è stata affidata, con questi fratelli sorelle che abbiamo incontrato sui sentieri della storia. Non cessiamo di impegnarci, di lavorare, di cercare, di credere e di pregare per scoprire insieme l’abbondanza di grazia racchiusa in questo nostro umile vaso di argilla (cf. 2 Cor 4,7).  

A tutti e a ciascuno: Coraggio e avanti in Domino! Buona missione, buon incontro buona GMG! 

*Padre Stefano Camerlengo ha da poco concluso il suo servizio come Superiore Genereale dei Missionari della Consolata

 

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