La situazione è già molto
precaria. Ecco alcuni esempi.
La signora Habiba Isak, che viveva in Elwak, circa 250 Km sud di Mandera,
ha perso tutto il suo bestiame, ha dovuto abbandonare la sua capanna bruciata dal fuoco, e spostarsi ove può
trovare un po’ di cibo che il governo, o le agenzie caritative provvedono. Un’altra donna, Zinab Hajii Alio,
che aveva 525 capi di bestiame è rimasta con 20 ridotti a pelle e ossa. Ogni giorno deve camminare 10 Km. per
prendere un poco di acqua e raccogliere qualche stecco per fare un po’ di tè.
Il Signor
Billow Kerrow, Rappresentante al Parlamento per quel distretto, ha dichiarato: “La situazione sta diventando
velocemente sempre più precaria”. La gente abbandona le loro capanne, per vivere in tende nella
cittadina di Mandera, nella speranza che qualche aiuto possa raggiungerli. Chi non intende muoversi, molto probabilmente
moriranno di fame, perché, non essendoci le strade anche di terra battuta, non possono essere raggiunti con i
camion del cibo e acqua. Il segretario generale della Croce Rossa del Kenya, Sig. Abbas Gulet, dopo aver visitato quelle
zone, dice: “E’ impossibile arrivare a tutti e soprattutto, accontentare tutti”. Per cui nella
zona c’è grande malumore, si parla di cibo venduto a mercato nero, e “la situazione diventa sempre
più difficile. Il 90% del bestiame è già morto e perfino i cammelli, che possono resistere molto
più a lungo alla siccità, stanno morendo”. E un anziano, che ha vissuto tutta la sua vita in
quella zona, ha detto: “Quando i cammelli muoiono, significa la morte della comunità intera”.
La settimana passata ho predicato gli esercizi spirituali ai vescovi del Kenya. Quelli che venivano
da quella zona hanno raccontato fatti sconcertanti. Che è meglio non ripetere! Non sanno più cosa fare!
Se la situazione è già disperata ora, che cosa sarà dopo le brevi piogge di Aprile?
Ci sarà un futuro per questa gente? Quanto a lungo può durare questa tragedia umana?