Kenya: Buone notizie sull'AIDS

Published in I missionari dicono
{mosimage}Questa settimana l’UNaids ci invita alla riflessione e all’ azione sull’AIDS, un flagello che sta affliggendo tutto il mondo, ma in modo particolare le nazioni più povere. Fra le nazioni più colpite, quelle dell’Africa hanno un primato purtroppo unico. In preparazione per questa riflessione, la stessa agenzia delle Nazioni Unite ha pubblicato uno studio che dichiara che l’epidemia HIV è peggiorata in generale nel mondo, e che l’Africa è il continente più contagiato.
L’agenzia ritiene che nel mondo ci sono circa 40 milioni di persone affette da HIV. Il virus si è sparso ovunque, ma ultimamente con un’intensità più elevata nell’Asia (specialmente nell’Est e nel centro), e nell’Est dell’Europa.

In Africa, si contano circa 4.3 milioni di persone affette da HIV/AIDS. I casi più frequenti e numerosi si incontrano al Sud del Sahara, dove circa 2.8 milioni di persone sono già vittime del virus. La nazione che ha avuto più successo nella lotta contro il virus è l’Uganda. Le persone infette sono scese al di sotto del 6% negli ultimi anni. Il Kenya ha ottenuto successi pure rilevanti, specie nell’anno passato. Infatti le persone che hanno contratto il virus nel 2005 sono scese del 25% sia nelle zone rurali, che in quelle urbane. Lo stesso trend si è constatato in Zimbabwe, Costa d’Avorio, Malawi e nelle zone rurali del Botswana.

Le ragioni di questo calo in Kenya sembrano siano dovute alla nuova policy sia del governo, che delle agenzie religiose ed alcune anche non religiose. Il trinomio che si propone alla gente è, astinenza per in non sposati, fedeltà per gli sposati, e protezione per chi vuole usare il sesso a loro rischio. A questa policy si aggiunge il fatto che moltissimi si sottomettono al test, specie le donne. Nel 2003 circo il 33% degli adulti si è èpresentato per il test, mentre nell’anno prima solo il 14%.

Quali sono le ragioni dell’alta percentuale di persone affette dal Virus in Africa? La risposta normale, ed anche di tanti esperti, si dirige in questa direzione. gli Africani sono più sessuali di altri, la poligamia tende a propagare l’infezione qualora anche solo uno dei partners fosse infetto, l’ignoranza della gravità della malattia, il rifiuto di usare preservativi perchè riducono il piacere sessuale. E quali sono le ragioni per cui tanti Africani muoiono così in fretta? Anche qui gli esperti dicono che è la mancanza di medicine e di un appropriato uso di esse ed anche la mancanza di volontà di curarsi.

Proprio mentre l’UNaids rilasciava il suo studio annuale sull’andamento dell’infezione e della malattia nel mondo, una giovanissima economista Emil Oster pubblicava sulla rivista Esquire un articolo in cui propone ragioni diverse, alcuni dicono contrarie, altri complementari, a quelle che normalmente vengono pubblicate dagli analisti. Oster attribuisce il rapido spargersi dell’HIV/AIDS non alla cultura, ma alle circostanze in cui la gente vive.

Per l’economista la prima ragione circostanziale è che molti Africani sono già affetti da malattie sessuali o infettive che producono piaghe nei genitali, e che quindi rendono la persona molto più vulnerabile al virus HIV. Infatti, essa dice, circa l’11% degli Africani già soffrono di queste malattie sessuali infettive, fra cui il terribile herpes, che è diventano la causa più sicura della propagazione dell’epidemia. Per questo gli Africani hanno la possibilità di essere infetti che è superiore di quattro volte quella degli Americani o Europei.

La seconda ragione dello sviluppo del virus in Africa è che tutto il denaro a disposizione dei governi per la ricerca e la cura di malattie infettive sessuali, viene speso solo per HIV/AIDS, e non per le altre malattie che, secondo lei, agevolano enormemente la sua crescita. Non studiare queste malattie sessuali infettive e non interessarsi per curarle, è un grave errore e una delle cause primarie della sua crescita. Per cui la sua opinione è che si dovrebbe spendere denaro per tutte le malattie infettive sessuali, e non solo per l’epidemia HIV/AIDS e questo frenerebbe di conseguenza lo spargersi del virus HIV.

La terza ragione che agevola l’epidemia HIV è la povertà, la miseria, la mancanza di futuro per moltissimi Africani. Ecco le sue parole: “Permettetemi di essere franca e sincera, se il salario e le possibilità della vita in Africa, fossero come quelle degli Stati Uniti, noi noteremmo subito un cambiamento di comportamento nella vita sessuale, come si è notato in quella nazione ed anche fra i ricchi Africani, e l’epidemia del AIDS si ridurrebbe di molto”. In altre parole, “siccome moltissimi Africani sono poveri, e non si aspettano di vivere a lungo, e, se vivessero a lungo, il tenore della loro vita non cambierebbe di molto, non vedono le ragioni per astenersi dal sesso, o per proteggersi nei modi più efficaci, per prolungare una vita che è vuota e un futuro che per loro non esiste”.

- La quarta ragione è che tutti i farmaci in commercio, che aiutano a fermare la malattia, i così detti “anti retro-viral”, sono efficaci solo se accompagnati da una dieta ben bilanciata, e solo pochi Africani possono procurarsela, per cui la malattia ha una durata molto limitata e i morti sono molto più numerosi in Africa che altrove. Infatti, se come dicono gli esperti, “solo una dieta ben bilanciata, (con carboidrati, vitamine e proteine) rende i farmaci effettivi” ed essa è questione di vita o morte per gli affetti di AIDS che pur hanno la possibilità di usarli”, vuol dire che senza di essa anche i farmaci sono pressoché inutili.

La Chiesa dell’Africa e quella del Kenya in particolare, sono sempre state all’avanguardia sia nello studio, che nella educazione e formazione specie dei giovani in questo campo. Proprio alcuni giorni fa è morto il P. Angelo D’Agostino, un Gesuita Italo-Americano, che ha consacrato gli ultimi anni della sua vita allo studio e all’azione nel campo dell’AIDS. Medico e psichiatra, ha speso tutte le sue energie negli ultime 20 anni per curare i figli di genitori morti per AIDS. Ha fondato case chiamate “Nyumbani” sia a Nairobi che in altre parti del Kenya, ove questi bambini vengono curati per affrontare una vita normale. Ma si può francamente dire che tutte le parrocchie, scuole, gruppi, piccole comunità di base, ecc., si sono dedicate in modo ammirevole nell’educazione, formazione e accompagnamento del processo curativo, e nel prestare aiuti e medicine per gli ammalati.

Purtroppo la strada è ancora lunga e difficile. Non ci si può fermare, o anche rallentare. Occorre lavorare con coscienza di causa, con dedizione ineccepibile, con amore senza confini. La sfida è sovrumana! Non si può fare da soli. Bisogna unire tutte le forze, tutti i mezzi, tutti gli sforzi di persone e di gruppi dedicati a questo settore e come persone religiose, noi dobbiamo anche inserire l’aspetto etico. Il Paradigma Keniano, sponsorizzato sia dalle forze governative, che da quelle laiche e religiose, sembra un buon esempio. Astenersi, se non sposati, fedeltà se sposati, mezzi, per la salvaguardia della propria e altrui salute.

Procedendo su questa pista, forse anche negli anni venturi avremo delle belle notizie dallo studio che ogni anno l’UNaids fa su questa infezione e malattia, salveremo la vita di tanti giovani e risaneremo il contesto sessuale della società.
Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:29

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