Sono tornato a Marialabaja a fine settembre e ho ripreso le attività di sempre con il gruppo degli altri missionari arricchito dalla presenza del brasiliano P. Sergio de Almeida. Ci siamo trovati per valutare tra noi la situazione e domenica 17 dicembre incontreremo i rappresentanti delle diverse comunità cristiane che compongono la parrocchia per programmare insieme l’anno 2007.
Con il mese di novembre è terminato l’anno scolastico e naturalmente anche i 180 bambini delle “scuolette” parrocchiali sono tornati a casa per le vacanze. Riprenderemo in febbraio con un totale di 225 bambini dai 2 ai 5 anni che si preparano per entrare alla scuola elementare. All’alba si sono spente le voci e il rullare dei tamburi della tredicesima edizione del festival nazionale del “Bullerengue” che è il ballo tipico di Marialabaja con profonde espressioni di gioia e stupore per la vita che nasce e le mille situazioni quotidiane della nostra gente. E’ un ballo intensamente vissuto perché esprime i sentimenti più profondi e dà spazio alle espressioni più significative soprattutto dei quartieri più poveri dove si sopravvive non per le risorse economiche che spesso non ci sono ma perché si ama la vita e anche le situazioni più banali del vivere quotidiano trovano un significato. L’amore alla vita è sempre più grande delle tragedie quotidiane e deve essere cantato e ballato senza stancarsi mai.
Per questo il ballo si chiama “Bullerengue” che significa festa piena di allegria ed è un omaggio alla fertilità della donna. Fa impressione constatare questa estrema vitalità nella danza e nella festa e la passività quasi totale di fronte alle situazioni di ingiustizia e di ordinaria sopraffazione a causa dei politici e amministratori corrotti che mantengono questo territorio nell’abbandono e sottosviluppo. Eppure qualcosa si muove…
Ci sono persone che dimostrano certa sensibilità, gruppi che si vanno organizzando, giovani che cominciano ad assumere con orgoglio la propria cultura afro, si vanno identificando e iniziano timidamente a parlare di diritti-doveri e di partecipazione civica. Punto di riferimento di questa nuova tendenza è senza dubbio il nostro Centro della “Consolata” dove si svolgono incontri di ogni tipo: dall’agricoltura alla catechesi, dall’organizzazione popolare ai progetti produttivi, in un clima assolutamente familiare coronato dal tradizionale e saporito “sancocho” (minestrone). In questi giorni si sta realizzando una tappa della “scuola afro-giovanile” per creare sempre più coscienza e identità culturale nei giovani del territorio.
{mosimage} Contemporaneamente ogni giorno si danno il turno gruppi di “desplazados” (sfollati) che stanno facendo mattoni di cemento per cominciare a costruire le proprie case con la direzione della Pastorale sociale della Diocesi di Cartagena appoggiati naturalmente dalla parrocchia. E’ un progetto di “autocostruzione” di 82 stanze per altrettante famiglie che stanno rispondendo con vero entusiasmo a questa iniziativa. Purtroppo nel Centro, dove con il vostro aiuto abbiamo costruito due piccoli capannoni e li abbiamo dotati con le macchine di trasformazione di alcuni prodotti (riso, maiz e frutta) siamo ancora fermi perché la Compagnia elettrica non ha installato il trasformatore della corrente. Dovremo necessariamente ricorrere, quando ci saranno i fondi, a un generatore proprio che sarà comunque sempre necessario anche più tardi perché da queste parti la corrente è molto discontinua e ci sono tante giornate senza energia elettrica.
In questo periodo sono stati graditi ospiti da noi due giovani di Bruino, vicino a Torino. Aspettiamo altri amici per condividere le gioie e le speranze della missione iniziata da quel Bimbo che in questi giorni contempliamo e adoriamo, povero e bisognoso di tutto come tanti con i quali Lui si è identificato.
Buon Natale quindi e ci sentiremo con il nuovo anno che vi auguro pieno di vita e colmo di gioia e soddisfazioni…nonostante tutto!