Kenya: Il Vaticano e la questione dei preti in politica

Published in I missionari dicono
{mosimage} Quando lessi questo titolo su un quotidiano keniano, rimasi stupefatto! Il Vaticano che si interessa dei preti politicanti del Kenya? Siamo diventati improvvisamente così importanti da attrarre l’attenzione del Vaticano, e addirittura ricevere un NO secco sulla questione sopra accennata?

Poi iniziai a leggere l’articolo, e già il primo paragrafo iniziò a schiarirmi l’orizzonte: “Catholic clerics now have orders LINKED to the Vatican!”. Una bella differenza: gli ordini non venivano più dal Vaticano, ma erano collegati al Vaticano. Che tipo di collegamento c’era? La seconda parte dell’articolo lo specificava: era un decreto della Conferenza Episcopale del Kenya sul tema dei sacerdoti coinvolti in politica, in uffici governativi e in ambiti simili.

Altra bella differenza! Infatti mi consultai con amici che lavorano nella Conferenza Episcopale e mi confermarono che si trattava di una Lettera Pastorale della Conferenza stessa, dal titolo: «A PASTORAL LETTER TO OUR PRIESTS», che trattava di diversi argomenti, fra cui quello della partecipazione dei preti in politica in vista delle prossime elezioni generali e di altre situazioni creatisi da sacerdoti che avevano accettato posti di responsabilità in uffici governative o para-governativi. Mi feci inviare il testo che chiariva tutto e spiegava sia la posizione di questi preti, che l’azione della Conferenza Episcopale! Secondo alcune voci ascoltate a Nairobi, però, risulta che i vescovi abbiano consultato il Nunzio, S. E. Allain Lebeaupin, subito dopo le votazioni sull’approvazione della Costituzione, nel Novembre del 2005, e questi, a sua volta, abbia consultato il Vaticano su questa preoccupazione dei vescovi. Quanto il Vaticano sappia di quello che hanno scritto i vescovi, o sull’approvazione o meno del testo, non si sa nulla. Secondo il quotidiano «The Standard»: “Il Papa, consultato dal Nunzio, avrebbe dato l’ordine di scrivere la lettera pastorale”, che è stata pubblicata alcune settimane fa.

La storia di preti che hanno cercato la via politica, o altre vie parallele, per diversi motivi che vedremo più avanti, non è nuova. Infatti uno dei primi sacerdoti che tentò questa strada fu il Rev. Andrew Mbiku, della Diocesi di Meru. Questi si presentò diverse volte come candidato per il Parlamento della zona in cui esercitava il suo ministero, ma non fu mai eletto (vinse il sensus fidelium, che è buon senso e chiara visione del ruolo del prete!).

L’ultimo caso, forse il più clamoroso, è quello del sacerdote Dominic Wamugunda dell’Arcidiocesi di Nairobi. P. Dominic, Decano degli Studi all’Università di Nairobi, ha partecipato attivamente alla campagna del 2005 per l’approvazione della Costituzione, e fu l’incaricato delle Comunicazioni della parte che voleva l’approvazione della medesima. In Ottobre di quest’anno, P. Dominic è stato nominato Direttore
delle Poste del Kenya. Tutte queste posizioni comportano un salario, benefici abbastanza vistosi, che i preti dovrebbero evitare per non apparire salariati da entità politiche o governative.

Quali sono le ragioni che spingono i sacerdoti ad avventurarsi in queste sfere politiche o governative? Alcuni dicono che i politicanti o gli uomini di governo abbiano abbandonato i valori etici della vita politica e governativa del paese, e ci sia bisogno di una purificazione generale fatta da persone motivate da valori etici e morali. Altri affermano che i sussidi inviati dallo Stato, o dalle agenzie di sviluppo, non arrivano ai destinatari, perché gli incaricati se ne appropriano, oppure li usano per motivi personali o di arricchimento proprio. Per cui solo persone che vivono sul posto ed hanno un vero amore per la gente, potrebbero fare di più e meglio. Altri ancora dicono che alcuni preti, specie in parrocchie di campagna, non hanno molto lavoro pastorale, e quindi riempiono le loro giornate con attività di natura politica, o di sviluppo, o di difesa dei diritti dei poveri. Alcuni presentano perfino la ragione della povertà stessa dei sacerdoti: sembra, infatti, che alcune diocesi non riescano ad offrire loro uno stipendio adeguato, per cui essi si sentono liberi di accettare altri incarichi, o di presentarsi alle elezioni per arrotondare il loro stipendio e dare loro la possibilità di aiutare la famiglia che, tradizionalmente, aspetta qualcosa dai loro figli che hanno studiato, o hanno “fatto carriera” sia nella chiesa, che nella società. Infine c’è chi dice che il governo stesso, a tutti i livelli, invita questi preti e leaders religiosi ad assumersi responsabilità di carattere politico e amministrativo, perché sono ben preparati, normalmente meno corrotti, ed anche dedicati nel loro servizio.

{mosimage} Quali disposizioni ha emanato la Conferenza Episcopale circa queste situazioni? L’Arcivescovo John Njue, il Presidente della Conferenza Episcopale, nel presentare la lettera al pubblico, ha cercato di sminuire la serietà della situazione dicendo che la lettera “tratta di cose ordinarie e di prassi comune della Conferenza stessa. Noi stiamo per iniziare l’anno delle elezioni politiche, ed abbiamo sentito il bisogno, come parte della nostra missione nella Chiesa, di rassicurarci che il nostro clero rimane focalizzato sulle sue responsabilità religiose. Il loro è un lavoro pastorale per il servizio religioso dei membri delle parrocchie. La lettera pastorale è stata scritta con l’intento di ricordare questi principi”.

Le disposizioni emanate nella lettera sono le seguenti:

• “I sacerdoti non possono accettare posizioni di membri del Parlamento o di qualsiasi altro ufficio che comportano con sé l’esercizio di autorità civile”;

• “I sacerdoti non possono accettare posizioni nei Consigli Direttivi a livello Statale o di Corporazione civile”;

• “Nella politica i sacerdoti debbono rimane neutrali: il prendere posizione per l’uno o l’atro partito o coalizione, divide la comunità locale. Il prete è un simbolo e un costruttore di unità. Cercare di aiutare o anche solo invitare i parrocchiani a votare per un candidato o un altro, un partito o un altro, crea confusione e divisione fra la gente. È permesso loro di esercitare il loro diritto di voto secondo la loro coscienza”;

• “Per evitare equivoci, i preti non debbono servire in strutture come il Constituency Development Fund, senza il permesso del Vescovo. Ogni Diocesi ha la sua Commissione per la Giustizia e la Pace, che può benissimo offrire tale servizio”;

• “Circa il commercio e affari finanziari, ci permettiamo di ricordare che i sacerdoti non possono praticarli sia per conto loro, che attraverso altre persone, per ottenere benefici monetari, senza il permesso della legittima autorità ecclesiastica”.

Il Vice Presidente della Conferenza Episcopale, S. E. Philip Salumeti, Vescovo di Kakamega, nella stessa presentazione della Lettera al pubblico, ha contestato l’accusa dell’opposizione politica del parlamento, secondo cui “the clergy” (Vescovi e preti) hanno abbandonato i fedeli durante il periodo delle votazioni per la Costituzione. Il Vescovo ha affermato che i Vescovi e i sacerdoti hanno letto con tutta l’attenzione possibile e l’assistenza di esperti, il documento della Costituzione; hanno rilevato i punti forti e deboli, li hanno presentati ai loro fedeli, lasciando poi a loro la libertà di votare a favore o contro l’approvazione. Egli ha dichiarato che in 40 anni di Episcopato, non ha mai suggerito per chi votare e si è guadagnato la stima del suo gregge”. “Anche per l’elezione del Presidente, noi come Chiesa, non abbiamo mai preferito l’uno o l’altro candidato. Abbiamo liberamente descritto quelli che noi Vescovi consideravamo i punti positivi e negativi del programma dei candidati, e poi i fedeli hanno fatto la loro scelta. E faremo così anche per le elezioni presidenziali del 2007”.

Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:29

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