Italia: Tre giorni di formazione permanente

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{mosimage}"Ormai è diventata una tradizione che nei primi giorni di febbraio a Torino si offra una tre giorni di Formazione Permanente. È un momento importante per tutta la Regione Italia, perché si toccano argomenti di particolare attualità che possono contribuire ad approfondire alcune tematiche indicate all'inizio dell'anno, e ad affrontare alcuni temi particolarmente significativi per la nostra vocazione".

Così dice la lettera n. 23 del Superiore regionale, P. Franco Gioda. E continua: "Ci saranno alcuni interventi sulle figure dei Santi proposte dalla Direzione Generale nel Biennio della Santità… e testimonianze di vita di come si cerca di vivere la santità oggi nel sociale a fianco dei poveri, emarginati, soli e bisognosi di Consolazione".


I Missionari partecipanti alla tre giorni erano, in percentuale, due per ogni comunità e ha fatto piacere vedere una partecipazione cospicua delle Missionarie della Consolata.


La mattina del primo giorno, 6 febbraio, è occupata dalla presentazione della figura di S. Francesco Saverio, magistralmente delineata da P. Augusto Luca dei Saveriani, e puntualizzata con referenze alla vita pratica da P. Carlo Pozzobon, Superiore regionale dei medesimi in Italia. L'aureola del prodigioso che spesso incornicia il missionario Francesco è sfumata per lasciare il posto al suo ardore apostolico e alla tempra della sua anima tutto fuoco per il Vangelo che lo porta a percorrere i paesi fino alla Cina e a battezzare senza tregua, perché convinto che solo con il Battesimo l'anima si può salvare. I due Missionari Saveriani rispondono alle domande dell'uditorio con numerose e concrete referenze alla vita pratica del loro Istituto che sta affrontando molti problemi che assillano anche la nostra Regione.

Il pomeriggio è dedicato a un aspetto più sociale: relatore è il Sig. Ernesto Olivero, fondatore del Ser.Mi.G. (Servizio Missionario Giovani), presentando il lavoro che la sua opera sta compiendo. Di lui dice P. Gioda: "faro di speranza per tanti giovani e antenna di pace per il mondo intero. Sulla scia dei grandi santi torinesi, testimonia la santità alleviando le sofferenze degli emarginati e nel loro anelito per la pace, la giustizia e la solidarietà" (Lettera 23).

Il Ser.Mi.G. nasce a Torino nel 1964 con l'intento di sconfiggere la fame con opere di giustizia, a promuovere sviluppo, a vivere la solidarietà verso i più poveri. Si trasforma in Fraternità della Speranza, composta da giovani, coppie di sposi e famiglie, consacrati, uomini ne donne, che si dedicano a tempo pieno al servizio dei poveri, alla formazione dei giovani, con il desiderio di vivere il Vangelo e di essere segno di speranza. Attorno alla Fraternità, centinaia di volontari e il movimento internazionale dei Giovani della Pace. La sede è l'ex arsenale militare di Torino, ora Arsenale della Pace, una superficie di quarantamila metri quadrati che migliaia di giovani, donne e uomini di buona volontà, con il loro lavoro gratuito e i contributi volontari, hanno trasformato in una casa di accoglienza per i poveri (rifugio per la notte, pasti, cure sanitarie...); una casa di formazione per i giovani (Università del Dialogo per l'educazione alla convivenza tra culture, alla pace; Scuola per Artigiani Restauratori, Laboratorio del Suono per il perfezionamento musicale); una casa dove ognuno può ritrovare silenzio e spiritualità, se stesso e il respiro del mondo. La fraternità del Sermig opera anche in Brasile con l'Arsenale della Speranza per l'accoglienza del popolo della strada a San Paolo e dal 2003 in Giordania con l'Arsenale dell'Incontro, un luogo di accoglienza per giovani portatori di handicap e di incontro e dialogo fra persone di diversa provenienza, affinché insieme possano vivere la pace che nasce dalla giustizia.

Il secondo giorno ha portato un'ondata di Musulmanesimo con la relazione del Prof. Adel Jabbar, sociologo irakeno che vive a Trento e insegna in alcune università, collabora con la rivista CEM - Mondialità, con l'editrice EMI, ed è impegnato a promuovere un dialogo interculturale. La sua relazione storico interpretativa delle origini e sviluppo dell'Islam, è di necessità sintetica e a grandi linee. Ma lo scopo è di dare concrete possibilità a favore di un dialogo interreligioso, che è pure un orientamento della missione affidatoci dall'ultimo Capitolo Generale.

{mosimage}Il pomeriggio è reso quanto mai vivace dall'intervento di Bruno Porcu, piccolo fratello di Gesù (già missionario della Consolata in Kenya) e di Maria Ida, piccola sorella, che ci parlano del loro fondatore, il Beato Charles de Foucauld. Vivono a Torino in due comunità, una presso Porta Nuova e l'altra al "Baloon", dove cercano "di incarnare nel quotidiano il rapporto tra santità e missione, seguendo la spiritualità del missionario dei Tuareg, senza clamore e scalpore" (lettera 23). La loro relazione è limpida come un film sulla vita del loro "Fratello Carlo", e in breve ne toccano i punti salienti per far capire una spiritualità missionaria totale e senza mezze misure. Fratel Carlo infatti viveva l'ascetismo totale di S. Giovanni della Croce, l'ardore serafico di S. Teresa d'Avila, ma anche la praticità di S. Giovanni Crisostomo, i tre protettori che lo hanno illuminato nella vita. Rispondendo alle domande hanno illustrato il loro modo di fare apostolato nella città di Torino e di vivere sostenendosi con il proprio salario frutto di un qualche impiego o di un lavoro saltuario.

L'ultimo giorno è tutto nostro: la bellissima relazione di P. Michelangelo Piovano, Superiore della Casa Generalizia, ci ha tuffati ancora nel clima del biennio di santità. Due parti hanno formato la sua esposizione: la prima, "La necessità della santità per la missione", pensiero posto dal Beato Giuseppe Allamano alla base della fondazione stessa, e ribadito da tutti i Capitoli Generali e da tutti i Superiori Generali; la seconda porta alla ribalta i "modelli" della nostra missione che troviamo in tanti missionari che ci hanno preceduto. Illustra questa lunga catena di modelli con l'esempio di P. Bisio Giovanni, 1903 - 1947, missionario prima in Somalia e poi in Brasile. Una vita breve di anni, ma ricca di apostolato. "P. Bisio portava in cuore il fuoco della missione, che non poteva contenere, ma si sprigionava contaggiando i suoi collaboratori e trasformando la gente a cui era diretto".
Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:29
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