Mongolia: Primi passi ad Arvaiheer

Published in I missionari dicono
{mosimage}Il nostro cammino missionario in Mongolia si avvale dell'esperienza della nuova missione di Arvaiheer. Nuova perché solo dallo scorso settembre siamo venuti ad abitare qui, anche se i contatti risalgono all'estate del 2004. Sapevamo fin dall'inizio che la nostra presenza in Mongolia si sarebbe concretizzata, oltre che a Ulaanbaatar, in un'altra zona dove la Chiesa in questi pochi anni di evangelizzazione non era ancora potuta arrivare: è proprio a servizio del primo annuncio che siamo stati mandati qui!

E così, dopo il primo anno di assestamento e iniziale studio della lingua (che ovviamente continua tutt'ora!), abbiamo cominciato le "esplorazioni" di questo splendido Paese, per renderci conto in prima persona di nuove possibili aperture. É stata questa una fase interessante e delicata, che abbiamo voluto vivere con molta preghiera e discernimento comunitario: d'estate e d'inverno (così diversi tra loro!) abbiamo visitato in tutto 7 province della Mongolia, portandoci sempre sui luoghi più significativi, primo fra tutti il capoluogo di ogni provincia, dove abbiamo incontrato autorità locali e cercato di farci un'idea sulle condizioni di vita della gente visitando le strutture pubbliche primarie, come ospedali, scuole, asili, templi Buddisti e semplicemente girando tra i quartieri. A dire il vero abbiamo riscontrato una certa omogeneità di situazioni, accomunate da un livello di vita piuttosto precario, che costituisce la principale motivazione a lasciare la campagna per la capitale.


Con i dati di queste visite, confrontati con altre informazioni e colloqui (primo fra tutti con il vescovo), abbiamo proceduto a una selezione, per arrivare alla scelta della regione di Uvurkangai, nella parte sud-occidentale della Mongolia.

{mosimage}Perché proprio Uvurkhangai? Questa regione è piuttosto rappresentativa dell'intero Paese, con la sua vocazione prettamente rurale (allevamento del bestiame) e una popolazione non così "rarefatta" come in altre regioni: sempre steppa è, ma con un certo numero di villaggi sparsi qua e là e con il gran vantaggio di una strada asfaltata che in 430 km collega Ulaanbaatar ad Arvaiheer, il capoluogo. Per di più negli anni passati la Chiesa, tramite la Caritas, era intervenuta in una serie di progetti di aiuto, specialmente in coincidenza al disastro naturale chiamato dzud, ossia il fenomeno di un inverno particolarmente rigido che provoca la decimazione di capi di bestiame, riducendo la popolazione allo stremo. Dunque potevamo valerci di un previo contatto con le autorità di questa provincia, il che non è poco se si considera che la Chiesa Cattolica è poco conosciuta e l'accettazione di una nuova realtà è molto condizionata dal "nome" di cui gode.

Con la piena approvazione del vescovo, il Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar, mons. Wenceslao Padilla, abbiamo così deciso di iniziare l'avventura ad Arvaiheer e lo scorso settembre si sono verificate le condizioni per stabilirci permanentemente qui: abbiamo trovato una casetta da affittare per un anno. Ed ecco che tre suore (Giovanna Maria Villa, italiana, Sandra Graciela Garay, argentina e Lucia Bortolomasi, italiana) e un padre (Giorgio Marengo, italiano) hanno cominciato ad inserirsi tra la gente, stringendo amicizie nelle visite alle famiglie e offrendosi per servizi volontari, come presso uno degli asili della città e alla biblioteca regionale per l'insegnamento dell'inglese. Un ritmo di vita semplice, impostato sui ritmi comunitari della preghiera e del discernimento, accompagnati dal lavoro e dalle relazioni esterne, anche con le autorità, piuttosto incuriosite di vedere come questi stranieri (i primi venuti ad abitare in modo permanente) si sarebbero inseriti nella realtà. Il primo passo importante è stato il riconoscimento ufficiale della Chiesa e il relativo permesso a svolgere le attività proprie, avvenuto con una delibera regionale lo scorso gennaio. Previo esame di una dettagliata documentazione da noi presentata, il consiglio regionale si è espresso in modo favorevole circa la presenza fissa della Chiesa Cattolica in questa zona del Paese, dove la libertà religiosa è tutelata per costituzione, ma regna ancora molto pregiudizio anti-religioso a motivo dell'esperienza comunista durata 70 anni. A livello nazionale c'erano già stati accordi con il Vaticano, ma a livello locale ci voleva un'autorizzazione esplicita per poter svolgere liberamente il nostro apostolato. Ringraziamo il Signore che ha disposto le cose in questo modo!

Intanto l'esperienza dei primi mesi ci stava già dando delle indicazioni su come metterci a servizio della gente del posto. Più di una volta sono venuti a bussare alla nostra porta i bambini della scuola a fianco, chiedendo se potevano stare da noi a fare i compiti: a casa loro non c'era nessuno o lo spazio non era sufficiente; e soprattutto era freddo! Ci siamo interrogati su questo e ci siamo resi conto che per i piccoli, come anche per i ragazzi e i giovani, non ci sono alternative alla strada o ai pochi giardini pubblici dove si può dare due calci a un pallone; ma con 30 sottozero non si può stare più di tanto a spasso... Le ger (le famose tende tradizionali mongole, dove ancor oggi vive la maggioranza della popolazione) o le piccole case in legno e mattone sono il più delle volte ambienti malsani e sovraffollati. Ci sembrava allora, sentito anche il parere dei nostri confratelli e consorelle di Ulaanbaatar, che un domani si sarebbe potuto offrire un luogo sicuro e pulito a questi bambini e ragazzi, dove poter studiare in pace, giocare e magari fare qualche attività ricreativa e - perché no - mettere qualcosa sotto i denti o potersi lavare con acqua corrente. Non un qualcosa di specifico come una scuola (ce ne sono tre) o un istituto per l'infanzia, ma un riferimento vicino per le necessità più comuni che noi realisticamente pensiamo di poter affrontare.

{mosimage} C'è da tener presente anche il grave problema dell'alcoolismo, così diffuso anche fra i giovani. Quante volte abbiamo visto papà ubriachi barcollare nello spiazzo davanti alla nostra casetta, magari trascinati a casa dai figli... Anche tra i nostri conoscenti abbiamo toccato con mano quanto questo vizio sia presente quasi in ogni famiglia, con tutta la serie di problemi ad esso collegati. E a noi sembra che ad alimentare questa piaga sociale ci sia anche l'assenza di altre sane alternative, soprattutto per i giovani. Le prospettive di lavoro sono scarse, il clima spesso è duro, lo stento a campare è un comune denominatore: e così ci si rifugia nei non pochi bar o discoteche improvvisate della città, dove ci sono più di duemila studenti universitari provenienti anche dalla campagna e da altre regioni limitrofe, con in tasca i quattro soldi che i genitori hanno racimolato per loro. Per di più esiste anche un fattore quasi culturale, o meglio consuetudinario: se ci si incontra con gli amici o si festeggia qualcosa, bisogna "bagnare" la festa con la vodka... Se questi giovani avessero un altro riferimento, per esempio un luogo dove trascorrere le ore libere dalla scuola o semplicemente dove incontrarsi non necessariamente intorno a una bottiglia, si aprirebbero orizzonti nuovi, più umani, dove può avvenire anche l'incontro con la fede. I giovani e i bambini sono poi l'aggancio con le famiglie e si verrebbe a conoscerne i problemi che si potrebbero affrontare insieme.

C'è poi una certa apertura al sacro, insita nello spirito di queste persone; si avverte una diffusa sete religiosa e molti ci stanno chiedendo di potersi avvicinare alla nostra fede, ponendo molte domande ed esprimendo il desiderio di pregare con noi. Ecco allora il passo successivo: trovare un terreno per la missione, dove avere - oltre alla nostra residenza - una cappella pubblica per pregare con chi vorrà avvicinarsi e un locale polivalente per le attività sociali e di aiuto. La soluzione dell'affitto è stata utile per questa prima fase di inserimento, che riservava ancora molte incertezze, ma ora che si prospetta una possibilità reale di missione permanente, bisogna prepararsi a una presenza più ufficiale. In questa ricerca abbiamo seguito una via discreta di informazioni e contatti, da cui è uscito un intero dossier relativo a possibili proposte: ma ancora una volta la Provvidenza ha percorso le sue strade e ci troviamo in questi giorni a trattare con il sindaco di Arvaiheer per un terreno che non avevamo considerato, ma che adesso ci verrebbe dato in uso dall'amministrazione comunale...

Come si vede, la missione di Arvaiheer sta assumendo contorni più precisi; speriamo di poter avviare presto i lavori nel terreno che ci verrà assegnato, per sfruttare la stagione calda prima dell'arrivo del gelo. La zona è di periferia, nel mezzo di un quartiere in espansione, dove si stanno stabilendo molte famiglie che non riescono più a stare in aperta campagna per varie carenze (mancanza di animali, povertà di risorse). Il terrreno si trova a pochi metri dalla strada asfaltata che collega ad Ulaanbaatar, per cui gode anche di una certa visibilità. I servizi cittadini (scuole, uffici, mercato) sono a circa un chilometro di distanza, mentre l'ospedale regionale non è molto lontano. É probabile che esploriamo al più presto le condizioni per scavare un pozzo. Ora, la gente del quartiere si fornisce di acqua da cisterne pubbliche dislocate qua e là. I costi certamente saranno elevati, vista la scarsità di falde suprficiali, in una zona già pre- desertica (il deserto del Gobi è appena a cento chilometri a sud).

Affidiamo al Signore questi primi passi della missione di Arvaiheer, consapevoli che siamo "semplici servi" (cfr. Lc 17,10) e fragili tralci: guai se ci stacchiamo dalla Vite!

Cerchiamo di fare la nostra parte, confidando molto nella preghiera e nella comunione tra noi e con quanto ci accompagnano; la loro amicizia e il loro aiuto sono un dono prezioso! Contiamo sulla unione di spirito con tutti.
Last modified on Saturday, 07 February 2015 21:01
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