Molte sono le ragioni che contribuiscono all’importanza assoluta del turismo per la vita del Kenya e della necessità della sua crescita per il bene economico del paese e dei suoi cittadini. Il presidente del KTB, Dr. Ong’ong’a Achieng, le ha elencate e brevemente descritte nella conferenza stampa alla fine del raduno annuale del medesimo organo direttivo:
- Questo settore fornisce lavoro non solo ai professionisti nel campo, e a persone preparate accademicamente, ma anche ai poveri, agli illetterati, per la varietà di occupazioni “calalinghe”, di assistenza spicciola ai turisti, di aiuto più umano che specializzato.
- Attraverso i turisti, il Kenya ha la possibilità di presentare la vita reale del paese, e non quella richiesta dai politicanti esteri, o dai mass media interessati nello sviluppo di altre aree turistiche, in altri stati Africani.
Secondo il Dr. Achieng, la situazione finanziaria del settore è molto positiva, e sta sperimentando una crescita sostanziale, nonostante molte difficoltà. Nei primi tre mesi del 2007, il Kenya ha guadagnato 17,5 miliardi di scellini, pari a 250 milioni di dollari. Una crescita del 18% rispetto gli stessi mesi del 2006, quando raccolse 14,7 miliardi di scellini, pari a 10 milioni di dollari. Lo stesso Dr. Achieng prevede una crescita del 10% per i primi tre mesi del 2008.
Da ciò che è emerso nel raduno del KTB, le difficoltà più accentuate per il turismo Kenyane sono le seguenti:
- Infrastrutture povere e non compatibili con le esigenze del turista moderno, come strade non asfaltate, logge vecchie e inadeguatezza dei mezzi di trasporto;
- Il turismo Kenyano punta soprattutto sui grandi parchi naturali e sulle spiagge della costa dell’Oceano Indiano, notando una mancanza quasi assoluta di un turismo culturale. Il Kenya potrebbe sviluppare questo nuovo aspetto del turismo, perché a fronte di una ricchezza culturale non disprezzabile, fino ad ora pochissimo è stato fatto al riguardo.
- La propaganda negativa nei confronti del turismo Kenyano e della sicurezza dei turisti, fatta dai governi del Nord America ed Europa, basata principalmente su pregiudizi politici ed economici. Questa propaganda non solo non ha ridotto il numero dei turisti di quei paesi, ma addirittura si è verificata una crescita nei primi tre mesi del 2007. Circa 23mila statunitensi (una crescita del 20,7% rispetto all’anno precedente), e 6.334 Canadesi (una crescita del 16.6% nello stesso periodo) hanno visitato il Kenya.
- La mancanza di turismo interno. I Kenyani non hanno ancora sviluppato il senso del turismo del proprio paese e delle vacanze nella propria patria. Per cui i turisti sono quasi tutti esteri.
Al termine della sua conferenza stampa, il Dr. Achieng ha delineato la nuova strategia del KTB:
- Iniziare una propaganda massiccia nei paesi orientali dell’Europa, e in quelli dell’Asia, i cui abitanti preferiscono fare le vacanze nei loro mesi freddi (Gennaio, Febbraio e Marzo).
- Assieme al governo del Kenya, lavorare alacremente per rimodernare le strutture e infrastrutture turistiche, in modo che divengano competitive con quelle di altri paesi a vocazione turistica.
- Iniziare un’educazione ai valori turistici del Kenya, sia per i turisti stranieri, in modo che ci sia una diversificazione nel turismo, sia per i Kenyani stessi, in modo che vengano stimolati a visitare il loro paese, e scoprire le sue bellezze e tesori culturali. La zona che più si presta a questo sviluppo, è quella occidentale, dove esiste una cultura diversa da quella Bantu, e con tradizioni ed attività tutte nuove, il cui sviluppo attirerebbe molti visitatori stranieri e locali.
- Mantenere i prezzi competitivi in modo che il turismo Kenyano non perda terreno nel mercato globale del settore.
In reports passati, su questo sito, abbiamo visto quanto il turismo influisca negativamente sulla vita del paese, dei valori culturali e religiosi del suo popolo, e di quanta distruzione morale e religiosa, specie fra la gioventù, sia responsabile.
Per cui viene spontanea la domanda: che cosa fanno le chiese, le moschee e le religioni naturali del paese per prevenire questa distruzione, ma anche per sfruttare questa grande opportunità per un’evangelizzazione missionaria dei turisti?
Al momento non so se si possa dare una risposta: ma la domanda rimane ed è una sfida alla missione moderna di questi paesi.