Aldo Bona, «pura generosità, puro slancio»

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{mosimage}Sono sempre più continue e drammatiche le stragi di emigranti in cerca di un lavoro in un cammino della speranza che spesso si infrange tra le onde o tra gli scogli di spiagge sognate e mai raggiunte. Le montagne di immagini crudeli su guerre dei poveri e altre realtà ancora più tragiche, perché volutamente ignorate, ci portano a riflettere sull’infinità di profonda miseria che travolge un mondo un tempo tanto lontano da noi. Nello stesso tempo, ci portano a ricordare con spirito di ammirazione e gratitudine quelle figure di missionari religiosi e laici, che hanno dedicato e dedicano tuttora con amore e umiltà il loro impegno e la loro stessa vita all’umanità derelitta e dimenticata.

La nostra terra da sempre ha espresso belle figure di missionari, che, in ogni parte del mondo, hanno portato la loro fede e la loro opera. Il 18 ottobre 2006, ad Alpignano, si spegneva uno di loro: Aldo Bona, nato a San Donato di Mango il 10 aprile 1915, missionario della Consolata.

Nel suo testamento spirituale a parenti e amici così sintetizzava: «Ho 88 anni, 39 vissuti in Italia, 49 in Colombia, 64 di sacerdozio, 76 di vita religiosa dedicata alla vita missionaria». E continua: «Dio, la cui essenza è amore, mi ha creato per amore, mi mantiene in vita per amore, mi chiama continuamente a dar dimostrazioni di amore, mi sta aspettando nella felicità e pienezza del suo amore infinito ed eterno. Questa è stata la mia vocazione e missione: la chiamata all’amore».


Padre Aldo Bona ebbe un’infanzia travagliata: mentre suo padre non era ancora tornato dal fronte della grande guerra, la mamma e la sorellina morirono per la febbre spagnola e lui venne affidato ai nonni materni. Il padre si risposò e lo prese a vivere con sé presso la piccola osteria di proprietà familiare; il ragazzo, vivendo in quell’ambiente fatto per discorsi e giochi da adulti, divenne, come lui stesso amava dire, un «bel désbla». Un suo cugino, che aveva intrapreso gli studi presso la Consolata, lo avviò allo stesso Istituto, però, purtroppo, il suo parente, amico e consigliere, morì a soli 20 anni. Questa nuova morte colpì profondamente il giovane Aldo e rafforzò la sua vocazione alla vita religiosa. Ordinato sacerdote il 29 giugno 1939, venne subito chiamato a posti di responsabilità. Fu vicedirettore e poi direttore presso l’importante sede di Varallo Sesia fino al 1954, anno in cui ebbe inizio la sua missione in Colombia. Nel lontano Paese dell’America latina rimase in pratica quasi fino alla morte profondendo il suo impegno e la sua attività in favore degli indigeni.

A Bogotá realizzò il Seminario di cui fu direttore spirituale; nella capitale colombiana e in altre città, grazie alla sua capacità, dinamicità e spirito di abnegazione, ricoperse cariche importanti e tanto numerose che è impossibile elencarle. Sacerdote di spirito illuminato, era aperto a una Chiesa indulgente, alla promozione umana, al riscatto sociale, alla comprensione verso gli umili e verso le fasce di popolazione più sfavorite (e non solo in terra di missione): i bambini, le donne, gli indigeni e gli anziani.

Rapportandosi con gli allievi e le persone in generale, non tendeva a imporre il suo pensiero, ma a esaltare le altrui capacità; era grande organizzatore, attento economo e, soprattutto, propugnatore di un lavoro che contribuisse alla dignità della persona e alla crescita del territorio.

Anche in terra lontana, padre Bona aveva conservato le forti radici delle sue colline di Langa: quando poteva, nelle ricorrenze importanti, ritornava a celebrare le funzioni e a far festa con i parenti e gli amici.

In una commovente nota così scrive il cugino Danilo Manera: «Padre Aldo Bona era un motore vivente e sorridente. Era pura generosità, puro slancio. Si è spento perché il corpo non ce la faceva più a realizzare le mille e una cosa che gli chiedeva un’anima come quella, un’anima che non era, e non è, mai spenta».
Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:29
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