Inutile dire che sono contentissimo per il dono grande della professione religiosa perpetua e del diaconato, vere e proprie benedizioni del buon Ngai (Dio).
Come dice la parola stessa diakonia (servizio), il diacono è colui che nella Chiesa serve con il ministero della Parola, dell’Eucaristia e della carità. L’esempio da seguire è e non può che essere Gesù di Nazareth che “mise dell'acqua in una bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli” (Gv 13:5).
In questi anni ho cercato di approfondire così quel rapporto con Lui, e dalla sua chiamata iniziale, ho potuto sperimentare quel suo “lavare i piedi ai discepoli”. Non è stato sempre facile. Ma ne è valsa la pena. E quando uno sente che è proprio voluto bene, è allora che si butta nella missione. Missione che è soprattutto contemplazione e azione. Missione che si fa servizio.
Per questo sono felicissimo di ricevere il diaconato in Kenya, dove mi trovo da quattro anni e mezzo, perché come missionario ha un significato particolare. Infatti, durante il rito di ordinazione indosserò anche la stola, che in antichità era usata da ufficiali inviati come messaggeri. Così la provenienza del messaggio poteva essere identificata da lontano, riconoscendo il distintivo della stola. Allo stesso modo oggi, la stola del diacono è il simbolo di colui che è inviato da Gesù per portare il messaggio del suo Vangelo.
Questo è essere missionario. E specialmente qui al nord del Kenya dove a volte i conflitti tra gruppi tribali sono all’ordine del giorno, a causa della terra, del bestiame, delle ingiustizie, della povertà o anche solo per un bicchier d’acqua! Inoltre le nuove elezioni presidenziali del paese sono alle porte e la situazione potrebbe peggiorare. C’è bisogno di pace.
E allora proprio qui il missionario deve essere presente, per servire e, soprattutto, per portare la vera acqua viva, Gesù di Nazareth.
Vi sento tutti vicini. Una preghiera. Un grande saluto.
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