Il premio Nobel per l’ambiente ad uno scienziato kenyano

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{mosimage} Ogni anno in Autunno vengono designati i premi Nobel a persone che si sono distinte in tante aree del sapere ed operare umano. Una di queste aree è l’ambiente in cui tutti gli esseri vivono, e che può agevolare la nostra vita, oppure essere di ostacolo alla sua normale crescita. Nel 2007 due sono stati i premiati: Al Gore, il Vicepresidente del Partito Democratico Americano che, perse le elezioni alla Presidenza, si è dedicato completamente alla sensibilizzazione per l’ambiente, e il Prof. Richard Samson Odingo del Kenya che ha egualmente lavorato per lo stesso scopo sopratutto in Africa.

Il Prof. Odingo proviene da una famiglia povera. Fece i suoi studi elementari e secondari in Kenya, e fu sempre uno dei più diligenti studenti, ottenendo i voti più alti della classe. Dopo gli studi secondari, si iscrisse all’Università di Londra e nel 1960 si laureò a pieni voti. Avendo ricevuto tutte ‘A’, l’Università di Liverpool gli concesse una borsa di studio per gli studi di dottorato che ricevette solo tre anni dopo con Maxima cum Laude. Si sposò con la Dr. Alice Odingo, che è pure professoressa all’Università di Nairobi, in cui il marito insegna Climatologia, nel Reparto di Geografia. Una scienza che attira l’attenzione e la reazione delle forze politiche locali che si sentono dire dal Dott. Odingo e dai suoi assistenti che le loro azioni per attirare il numero di multinazionali più alto e concedere loro tante agevolazioni nella produzione dei loro prodotti, danneggiano il clima della nazione, come pure l’ira delle nazioni ricche, che si vedono tagliare la strada alle loro imprese economiche, dagli interventi di Odingo e compagni che chiedono la salvaguardia dell’atmosfera e la purezza del clima del continente. Fortezza, ma non belligeranza, prove scientifiche, ma non posizioni demagogiche, dialogo, ma non condanna, forza di convinzioni, ma non cocciutaggine cieca.


Fu questa sua determinazione nella difesa del clima del Kenya e del Continente Africano, ispirata dai valori accennati, che gli attirò la simpatia del movimento in difesa del clima, e fu eletto vice-presidente del Intergovernamental Panel on Climate Change, IPCC (Agenzia Intergovernativa dei Cambiamenti Climatici). Il partecipare alle ricerche su questo soggetto, e il suggerire provvedimenti per la correzione delle azioni inquinanti delle nazioni Africane e degli altri continenti, sono stati i motivi del suo vivere e del suo lavoro. Per cui quando a Dicembre il Prof. Odingo si recherà ad Oslo in Norvegia per ricevere il premio Nobel nel campo della protezione del clima terrestre, non ricorderà tutte le battaglie con i politicanti locali, i vari Ministeri che lo hanno contrariato, le gelosie degli altri scienziati venduti alla causa dei ricchi e dei loro guadagni, ma solo il successo del suo lavoro e la gioia di aver contribuito al mantenimento di un clima che rende la vita meno pericolosa e più gioiosa.

Il progetto che portò il Dott. Odingo alla ribalta della lotta per salvare l’atmosfera fu lo studio sulla siccità non più saltuaria come nel passato, ma quasi regolare nel continente Africano specie al Sud del Sahara. I tre volumi pubblicati alla fine dello studio, dal titolo Nature Pleads not Guilty (La Natura non è colpevole), fanno notare che “anche se la natura stessa può avere una certa colpa nei cambiamenti climatici, tuttavia la colpa maggiore si deve alle azioni dell’uomo che interferisce con le leggi della natura, inducendo molto più numerosi, e molto più frequenti cambiamenti ambientali”. Da quel momento, il problema Ambiente, Clima e conseguenze sulla vita terrestre, diventò mondiale. Nel 1972 le Nazioni Unite dichiararono l’Annno dell’Ambiente, che dette origine alla creazione del United Nations Environmental Program (Il Programma delle Nazioni Unite sull’Ambiente) con sede proprio a Nairobi. Anche il World Mateorological Organization, WMO (L’organizzazione Mondiale Meteorologica) riprese a lavorare con più incisione e dedizione. Tutte queste istituzioni si servirono del Dott. Odingo per studi particolari riguardanti il surriscaldamento dell’atmosfera e le sue conesguenze sulla vita, sull’agricultura, sulle malattie ecc.

Nella sua umiltà egli dà credito ai suoi collaboratori dicendo che “Il premio Nobel dato al IPCC è il riconoscimento dell’eccellenza delle sue ricerche scientifiche, e l’infaticabile lavoro di circa duemila e cinquecento scienziati che hanno lavorato indefessamente per anni e senza alcuna contribuzione economica”. Ma anche nella sua onestà egli afferma: “Quando andrò in pensione, sarò orgoglioso di aver partecipato alle attività di queste organizzazioni, nonostante tutte le difficoltà incontrate. Anche se sono povero materialmente, mi considero un uomo ricco dal punto di vista intellettuale, perché, come risultato di tutto questo lavoro, sono diventato un’autorità nel campo dell’ambiente, del clima, e di tutto ciò che la società deve fare per mantenerli datori di vita”.
Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:29

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