Liberia: Vi racconto la mia missione

Published in I missionari dicono
{mosimage}Per cinque settimane siamo rimasti tagliati fuori dal mondo. Le strade per motivo delle piogge erano intransitabili. Il pick up del lebbrosario è rimasto impantanato, e tra lo spingere, il tirare, il fango e l'acqua... ora è in garage per serie riparazioni. Quando si doveva andare a Monrovia, si andava con difficoltà fino quasi a metà percorso, poi si facevano 500 metri a piedi e si passava su una passerella improvvisata in legno e si continuava con un’altra vettura. Per farci gustare i disagi si sono rotti anche i due generatori, uno per la non cura dell'addetto, l'altro invece per un fulmine che ha fatto partire la dinamo. Mancando la luce non si poteva caricare il computer e il telefonino. Le pompe non funzionavano e ci si lavava nel catino. Facevamo uso dell'acqua piovana. Per fortuna che nel nostro cortile Charles Taylor, che ha abitato per un periodo nelle nostre case e nel Rehab, ha fatto un pozzo in mezzo al cortile e messo una pompa a mano, così prendevamo l'acqua con i secchi. Ora tutto è tornato alla normalità. Anche la strada è percorribile, anzi, dicono che hanno iniziato a riparare le strade.

Mi ero abituato a non usare il computer, e ora devo mettere un po' di volontà e impegno. Era così bello sedersi e contarcela. I disagi ci hanno aiutato a conoscerci di più, a pianificare insieme, a dialogare, a fare gruppo, a pregare di più e i problemi affrontati assieme sono più leggeri, quasi non ci si accorge.


Alcuni mi hanno chiesto: "Come spendi la giornata in missione?" Oppure come è la vita qui al lebbrosario.

Niente di speciale.

La vita in missione inizia presto al mattino. Al primo canto degli uccelli c'è la sveglia. In Italia avete perso questo bel momento. Vicino alla casa c'è un’acacia piena di nidi di uccelli tessitori che sembra adornato per le feste natalizie. Prima dello spuntare del sole iniziano a cinguettare quasi per darsi la sveglia. Il cinguettio diventa sempre più numeroso e rumoroso con l'avvicinarsi dell'alba. Chissà cosa si diranno: daranno lode a Dio per la nuova giornata? o pianificheranno il da farsi? Alle sei e trenta si è in cappella delle Suore per la preghiera del mattino e le lodi. Alle otto iniziano i lavori e tutti sono al loro posto. La mattinata è la parte più impegnativa. Tutti sono in movimento, dagli infermieri a quelli della manutenzione. Anche i pazienti devono prendere le loro medicine, medicazioni o esami di laboratorio.

Poi verso mezzogiorno il ritmo diminuisce, forse è la fatica, forse si incomincia a sentire un vuoto allo stomaco, forse è il caldo che rallenta i movimenti.

Nel pomeriggio pian piano sì chiudono gli uffici e più nessuno si vede attorno se non i pazienti e gli addetti di turno.

Alle diciassette e trenta una o due macchine partono per la chiesa che dista una decina di minuti per il rosario e la S. Messa. Quando si rientra al Rehab si va nella cappella delle Suore per concludere la giornata con i vespri.

Intanto alle 18:30 il generatore ha iniziato il suo rumore metallico e monotono per illuminare come un presepio le case del lebbrosario e TB.

Terminati i vespri, ognuno è nella propria casa indaffarato con le padelle e altri utensili di cucina. Non c'è la televisione, non si prende nessun programma locale, bisognerebbe avere la parabolica ... , e così dopo cena ci si siede in veranda a chiacchierare.

Al Sabato c'è il cinema. Si proietta contro il muro dell'amministrazione un DVD. Tutti possono venire a vedere perché è all'aperto. I bambini sono i primi a venire e a prendere posto seduti per terra. Gli adulti aspettano l'arrivo dell'operatore, che sarei io. Quando inizia, arrivano i più anziani e prendono posto un po' lontano, essi sono anche i primi ad andarsene.

Tra lo staff alla domenica sera si trova un’occasione per mangiare assieme. La casa ospitante fa foggia dei suoi piatti preferiti.

Alle 22:00 il rumore del generatore si ferma, improvvisamente tutto rimane al buio e ci si immerge in un impressionante silenzio. Non ci sono macchine che sfrecciano e nemmeno radio accese. Solo qualche grillo rompe il silenzio. Il sonno viene in fretta come in fretta ha smesso il noioso rumore del generatore.

Non c'è la monotonia dell'orario, ogni giorno c'è qualcosa di nuovo, di diverso, di inaspettato, un imprevisto, qualcosa di urgente, un guasto, un nuovo ammalato ... e questo è il bello della missione.

È bello dedicarsi completamente agli altri con dedizione e amore.

È bello poter portare un sorriso o una delicata carezza a chi nessuno gliene offre.

È bello poter consolare e dare speranza a chi è segnato da uno stigma e considerato "diverso" ed è socialmente emarginato come chi ha o ha avuto la lebbra.

È bello poter dire come S. Francesco: "Gesù fa di me uno strumento nelle tue mani".
Last modified on Saturday, 07 February 2015 21:50

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