Un appello al dialogo e alla pace è arrivato da Papa Francesco, al termine dell’Angelus, per lo Stato dell’Esatini (ex Swaziland), nell’Africa meridionale, da dove “giungono notizie di tensioni e violenze”. Da diverse settimane sono in corso dure proteste contro il re Mswati III, ultimo monarca assoluto del continente africano che governa il Paese da 35 anni.
L’unico vescovo cattolico, José Luis Ponce de León IMC, in un documento congiunto con il consiglio delle chiese, ricorda che “Rispondere con il fuoco al fuoco servirà solo a ridurre questo Paese in cenere” e che è necessario avviare un dialogo che non lasci fuori nessuna della parti in conflitto e sia attento alla voce dei più poveri.
Dichiarazione del Consiglio delle Chiese dello Swaziland sull'attuale crisi in Eswatini.
Il Consiglio delle Chiese dello Swaziland segue con grande preoccupazione gli eventi luttuosi che stanno insanguinando il nostro paese. L'ondata di violenza che si sta verificando un po’ ovunque e i danni alle proprietà delle persone sono preoccupanti. La domanda che si impone è: cosa sta causando questo e quale potrebbe essere la soluzione? Ogni persona vorrebbe progredire nella sua vita e quindi l'attuale distruzione che stiamo vendendo impedirà raggiungere questa meta.
Quale potrebbe essere la causa? Il Covid19 che ha colpito il mondo intero ha disturbato la vita di molte persone al punto che hanno perso il lavoro, esacerbando così gli alti livelli di povertà già esistenti nel paese. La non disponibilità di opportunità di lavoro ha reso i giovani vulnerabili e frustrati. Questo è dovuto all'economia in difficoltà del paese, che era un problema anche prima della pandemia, ma che poi è peggiorato. I cambiamenti resi necessari dalla pandemia, come le chiusure, non hanno migliorato la situazione e abbiamo assistito all'aumento di altri problemi sociali come la violenza di genere. Mentre tutto questo avveniva, il governo non offriva i servizi che avrebbe dovuto anche a causa di una sbagliata definizione delle priorità. Mentre si passava attraverso queste frustrazioni, c'era anche la recrudescenza della brutalità delle forze dell'ordine contro la gente. Questo ha portato alla perdita di vite umane. La soppressione o la non considerazione di alcune voci che non erano d'accordo con lo status quo ha poi causato frustrazioni che si sono manifestate nella violenza che stiamo vivendo attualmente, tanto da parte delle forze di sicurezza come dei manifestanti.
I manifestanti hanno lasciato dietro di sé una scia di distruzione di proprietà vandalizzate o bruciate; le forze di sicurezza sono responsabili di pestaggi, sequestri o detenzioni non giustificate e forse anche omicidi. Non vorremmo lamentare conseguenze a lungo termine di questa violenza che non abbiamo mai visto nel paese.
Quale potrebbe essere la soluzione a tutto ciò? Siamo convinti che non esiste nessuno capace di risolvere da solo la situazione attuale. Ma siamo altrettanto convinti che uno sforzo e l’impegno di tutti potrá indicare il cammino; il dialogo è la soluzione migliore.
È per questa ragione che come Consiglio delle Chiese dello Swaziland chiediamo a tutti di seppellire l'ascia di guerra e di venire al tavolo per una soluzione negoziata dei problemi. Nessuna parte ha il monopolio della saggezza per risolvere i problemi, ma menti e punti di vista diversi possono dare una soluzione migliore. Il governo dovrebbe essere disposto a impegnarsi in modo significativo con coloro che hanno o detengono una visione diversa. Come Consiglio abbiamo già presentato una proposta di dialogo al governo e crediamo che l'apertura dei negoziati sia urgente come ieri, perché non si può permettere che la distruzione a cui stiamo assistendo vada oltre. Il Consiglio delle Chiese dello Swaziland rimane disponibile a cercare di negoziare con tutte le parti per venire al tavolo dei negoziati.
Raccomandiamo a tutti moderazione mentre cerchiamo di riunire le diverse parti interessate. Le frustrazioni sono comprensibili, ma agire sulle frustrazioni non porterà ai risultati desiderati. Ci appelliamo quindi a tutti per esercitare cautela e astenersi da attività che hanno il potenziale di causare più danni e la perdita di altre vite umane.