È una grande festa per la chiesa missionaria ma lo è ancora di più per i missionari e le missionarie, i laici e tutti gli amici legati alla famiglia della Consolata poter festeggiare Beata Sr Irene, missionaria della Consolata. Donna piena di Dio, donna piena di zelo missionario. Donna che ha ben assimilato e “digerito” l’insegnamento del Fondatore, il beato Giuseppe Allamano.
Papa Francesco ci ha dato come tema per questo mese missionario “eccomi manda me”. In Italia la Chiesa ha aggiunto “Tessitori di fraternità”. Beata sr. Irene ha vissuto tutto questo. È stata tessitrice di fraternità – con Gesù e con il prossimo.
Possiamo evidenziare questo in tre dimensioni interconnesse: Spiritualità, Carità e Missione.
Spiritualità; ben immedesimata nell’insegnamento del padre Fondatore. Che la gente non interessa tanto uno predica, ma l’esempio della tua vita. Ecco prima santi poi missionari. Prima contemplativa e poi attiva. Una unione forte con il Signore. Capiamo bene allora il suo programma di vita spirituale, riassunto nel celebre motto:
“Gesù solo!
Tutto con Gesù, nulla da me.
Tutta di Gesù, nulla di me.
Tutto per Gesù, nulla per me”
Solo uno che ha questa profonda unione con Dio, che dedica tempo per la preghiera può riuscire bene a fare la missione di Dio. Perché “noi siamo gli aiutanti di Dio”. Dirà il beato Allamano “le anime si salvano con la santità”. L’assenza della santità induce a combinare solo dei guai.
La preghiera porta alla carità e alla missione. Una testimonianza dice “Irene aveva carità per tutti, cominciando dai prossimi più prossimi che eravamo noi, sue sorelle, era sempre premurosa, sempre attenta a rendere servizi ma senza voler essere osservata”. Carità non solo per la gente fuori, ma anche dentro per le sue consorelle.
A Ghekondi, quando le sue consorelle passavano per andare a Nyeri, Suor Irene lasciava il suo letto; e quando essi erano a letto, prendeva le loro scarpe, le puliva e lucidava affinché al mattino trovassero una sorpresa. Bello!
Si interessava dei ragazzi che da Ghekondi andavano a Nairobi PER LAVORO, si interessava di loro, scriveva loro per sapere come stavano e andavano gli studi. Si interessava di loro. “Tutto quello che avete fatto a questi piccoli, avete fatto a me” (Mt. 25,40). E questo è tessere la fraternità.
La forza Divina venuta dalla preghiera faceva muovere “i bei piedi della messaggera” Irene. Correva per le colline di Ghekondi con ansia di annunciare. Far conoscere Gesù. L’amore di Dio bruciava dentro di lei. Non guardava l’ora. Aveva premura. La scena di Kilwa kivinje in Tanzania ci fa capire tutto. Presto di mattina, va in cerca di Odhiambo che è in fine di vita. Le viene riferito che è stato buttato sulla spiaggia con gli altri cadaveri. Suor Irene corre e lo trova sotto ancora vivo sotto il mucchio di cadaveri, allora lo battezza! E suor Irene esulta sr Irene: Deo Gratias!
Questa ansia per l’annuncio lo si notava anche quando insegnava catechismo, faceva lavori manuali e nelle faccende quotidiane. Tutto faceva con amore, con dolcezza e sorriso. E questo è tessere la fraternità.
Credo che la festa di Sr Irene ci sproni e ci spinga a vedere quanto è bella la nostra vocazione missionaria con il carisma dei missionari della Consolata. La festa odierna ci faccia anche mantenere vivo il nostro DNA. Andare nei luoghi, nei contesti per i quali siamo nati. Ad Gentes. Mi ha colpito il risultato di una analisi scientifica fatta ultimamente che ha mostrato che tanti degli istituti missionari non sono presenti nei luoghi per cui sono nati e nei quali dovrebbe essere. Dove c’è missione, i missionari non ci sono! Certamente bisogna tenere l’equilibrio ma anche senza alimentare la tendenza di giustificare tutto in tutti i modi. E noi della Consolata dove siamo? Ecco il nostro DNA è soprattutto l’annuncio a coloro che non sono ancora cristiani. Altrimenti diventiamo come tutti gli altri.
Che beata Sr. Irene intercede per tutti noi a portare la vita, la consolazione a tutti.