Dinamismo nella fedeltà

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Vita Consecrata, 70

C'è una giovinezza dello spirito che permane nel tempo: essa si collega col fatto che l'individuo cerca e trova ad ogni ciclo vitale un compito diverso da svolgere, un modo specifico d'essere, di servire e d'amare. Nella vita consacrata i primi anni del pieno inserimento nell'attività apostolica rappresentano una fase di per se stessa critica, segnata dal passaggio da una vita guidata ad una situazione di piena responsabilità operativa. Sarà importante che le giovani persone consacrate siano sorrette e accompagnate da un fratello o da una sorella, che le aiuti a vivere in pieno la giovinezza del loro amore e del loro entusiasmo per Cristo. La fase successiva può presentare il rischio dell'abitudine e la conseguente tentazione della delusione per la scarsità dei risultati. E' necessario allora aiutare le persone consacrate di mezza età a rivedere, alla luce del Vangelo e dell'ispirazione carismatica, la propria opzione originaria, non confondendo la totalità della dedizione con la totalità del risultato. Ciò consentirà di dare nuovo slancio e nuove motivazioni alla propria scelta. E' la stagione della ricerca dell'essenziale.

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La fase dell'età matura, insieme alla crescita personale, può comportare il pericolo d'un certo individualismo, accompagnato sia dal timore di non essere adeguati ai tempi che da fenomeni di irrigidimento, di chiusura, di rilassamento. La formazione permanente ha qui lo scopo d'aiutare non solo a recuperare un tono più alto di vita spirituale e apostolica, ma a scoprire pure la peculiarità di tale fase esistenziale. In essa, infatti, purificati alcuni aspetti della personalità, l'offerta di sé sale a Dio con maggior purezza e generosità, e ricade su fratelli e sorelle più pacata e discreta ed insieme più trasparente e ricca di grazia. E' il dono e l'esperienza della paternità e maternità spirituale.

L'età avanzata pone problemi nuovi, che vanno preventivamente affrontati con un oculato programma di sostegno spirituale. Il ritiro progressivo dall'azione, in taluni casi la malattia e la forzata inattività, costituiscono un'esperienza che può divenire altamente formativa. Momento spesso doloroso, esso offre tuttavia alla persona consacrata anziana l'opportunità di lasciarsi plasmare dall'esperienza pasquale,configurandosi a Cristo crocifisso che compie in tutto la volontà del Padre e s'abbandona nelle sue mani fino a rendergli lo spirito. Tale configurazione è un modo nuovo di vivere la consacrazione, che non è legata all'efficienza di un compito di governo o di un lavoro apostolico. Quando poi giunge il momento di unirsi all'ora suprema della passione del Signore, la persona consacrata sa che il Padre sta portando ormai a compimento in essa quel misterioso processo di formazione iniziato da tempo. La morte sarà allora attesa e preparata come l'atto supremo d'amore e di consegna di sé.

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E' necessario aggiungere che, indipendentemente dalle varie fasi della vita, ogni età può conoscere situazioni critiche per l'intervento di fattori esterni — cambio di posto o di ufficio, difficoltà nel lavoro o insuccesso apostolico, incomprensione o emarginazione, ecc. — o di fattori più strettamente personali — malattia fisica o psichica, aridità spirituale, lutti, problemi di rapporti interpersonali, forti tentazioni, crisi di fede o di identità, sensazione di insignificanza, e simili. Quando la fedeltà si fa più difficile, bisogna offrire alla persona il sostegno di una maggior fiducia e di un più intenso amore, sia a livello personale che comunitario. E' necessaria allora, innanzitutto, la vicinanza affettuosa del Superiore; grande conforto verrà pure dall'aiuto qualificato di un fratello o di una sorella, la cui presenza premurosa e disponibile potrà condurre a riscoprire il senso dell'alleanza che Dio per primo ha stabilito e non intende smentire. La persona provata giungerà così ad accogliere purificazione e spogliamento come atti essenziali della sequela di Cristo crocifisso. La prova stessa apparirà come strumento provvidenziale di formazione nelle mani del Padre, come lotta non solo psicologica, condotta dall'io in rapporto a se stesso e alle sue debolezze, ma religiosa, segnata ogni giorno dalla presenza di Dio e dalla potenza della Croce!

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PROVOCAZIONI

v  L'attività pastorale può essere motivo di stress, logoramento, burn out. Quando non abbiamo un contatto chiaro con le motivazioni profonde che costituiscono la nostra giovinezza spirituale.

v  Dobbiamo continuamente formarci al senso della vita, che non è mai compiuto ma sempre riscoperto anche in mezzo alla rose e alle spine che sono parte intrinseca della rosa.

v  Ogni giorno c'è una missione da portare avanti e lo sguardo aperto sul trascendente ci aiuta a farlo guardando avanti senza dimenticare che, per farlo, dobbiamo dare senso e significato alla precarietà dell’oggi. Non dimentichiamo che Dio viene a mettere la sua tenda in QUESTA UMANITÁ, con queste fragilità.

v  In missione quando tutto è a posto… gatta ci cova. Uno dei rischi gravi nelle congregazioni religiose è il prepensionamento. È in quell’occasione quando, come dice il vangelo, il sale perde il suo sapore o la fede perde la sua dimensione rivoluzionaria e provocativa. La routine è un laboratorio di patologie. Se invece nella vita missionaria c'è qualcosa che fa male, quella diviene l’occasione perfetta per darsi da fare.

v  In missione la solitudine fa parte del pane quotidiano e diventa un fardello spesso pensante. Ma se non sappiamo fare i conti con la nostra solitudine è difficile affacciarsi a un progetto comune.

v  Le aspettative esagerate, o la missione come la vorremo e non come è,  sono una delle cause più frequenti dello stress pastorale. La depressione è uno dei mali del secolo e nella vita religiosa, anche se se ne parla poco, è pur sempre presente. È lì quando abbiamo bisogno di qualcuno che entra nella nostra povertà e che ci può aiutare. Spesso sono gli altri, la gente e la chiesa locale, i mondi lontani e diversi dai nostri con i quali dialoghiamo. Loro diventano preziosi evangelizzatori assolutamente necessari per la nostra giovinezza spirituale.

v  Dobbiamo vincere la paura, quando siamo impauriti invece di costruire ponti costruiamo mura che alla fine lasciano fuori le sfide e le provocazioni che Dio ci propone per farci crescere.

v  Dobbiamo imparare a spendere tempo per le cose che amiamo, e una delle cose che dovremmo amare siamo noi stessi, e anche il nostro corpo. Per dedicarci agli altri e alle urgenze che percepiamo dobbiamo anche percepire e vigilare le urgenze che fanno parte della nostra vita e della nostra storia.

v  Nel ciclo vitale della nostra esistenza il declino è inevitabile, anzi, fa parte del progetto di Dio. Eppure, in mezzo a tante piccole morti che scopriamo ci sono anche tante piccole nascite, novità continue che dobbiamo imparare a vedere e che fanno anche parte del progetto di Dio per noi che non finisce in una determinata tappa della nostra vita.

GIUSEPPE CREA

Missionario comboniano. Dopo la Laurea conseguita nel 1993 all’Università Pontificia Salesiana, si è specializzato in Psicoterapia ad orientamento umanistico personalistico presso la stessa Università, seguendo il Corso quadriennale di Specializzazione in Psicologia Clinica, con formazione specifica in Analisi Transazionale. Ha conseguito nel 2002 il Dottorato di ricerca in psicologia presso l’Università Pontificia Salesiana con una tesi sperimentale sulle dinamiche conflittuali nei contesti di gruppo.

Ha lavorato presso la “Fondazione Villa Maraini” di Roma per la riabilitazione e il trattamento di soggetti tossicodipendenti dal gennaio 1998 a marzo 2003.

Ha collaborato all’organizzazione di convegni e gruppi di lavoro psicodinamici nel contesto della Formazione Permanente degli Istituti Religiosi. I campi di ricerca di cui si occupa riguardano l’ambito delle problematiche psicologiche nella vita consacrata e nel clero diocesano.

Bibliografía

Crea G. – G.F. Poli (2017), Tutta la gioia che mi hai messo nel cuore, Roma, Editrice Rogate.

Crea G. (2016), Dalla paura del martirio alla forza della testimonianza. Aspetti psicologici del trauma e della motivazione evangelica nei martiri del XXI secolo, in Larranaga X. (Ed.) Sguardi sulla Vita Consacrata, Milano, Àncora, pp. 107-134.

Crea G. (2015), Tonache ferite. Forme di disagio nella vita religiosa e sacerdotale, Dehoniane, Bologna.

Crea G. (2015), Il segreto della felicità nella vita consacrata. Appunti psicologici e metodologici, Edizioni Messaggero, Padova.

Crea G. et al. (2014), Le malattie della fede. Patologia religiosa e strutture pastorali, Dehoniane, Bologna.

Crea G. (2014), Il tarlo che non consuma. Persone consacrate e fede in tempo di crisi, Rogate, Roma.

Crea G. (2014), Psicologia spiritualità e benessere vocazionale, Edizioni Messaggero, Padova.

 

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DINAMISMO EN LA FIDELIDAD

Vita Consecrata, 70

Hay una juventud del espíritu que permanece en el tiempo: está conectada con el hecho de que el individuo busca y encuentra en cada ciclo de vida una tarea diferente que realizar, una forma específica de ser, de servir y de amar. En la vida consagrada los primeros años de plena inserción en la actividad apostólica representan una fase crítica en sí mismos, marcada por el paso de una vida guiada a una situación de plena responsabilidad operativa. Será importante que los jóvenes consagrados sean apoyados y acompañados por un hermano o una hermana, lo que les ayudará a vivir plenamente la juventud de su amor y entusiasmo por Cristo. La siguiente fase puede presentar el riesgo del hábito y la consiguiente tentación de decepción por la falta de resultados. Es necesario entonces ayudar a las personas consagradas de mediana edad a revisar, a la luz del Evangelio y de la inspiración carismática, su opción original, sin confundir la totalidad de la dedicación con la totalidad del resultado. Esto les permitirá dar un nuevo impulso y una nueva motivación a su elección. Es la temporada de la búsqueda de lo esencial.

La fase de la edad madura, junto con el crecimiento personal, puede implicar el peligro de un cierto individualismo, acompañado tanto del miedo a no adaptarse a los tiempos como de fenómenos de rigidez, cierre, relajación. El objetivo de la formación permanente aquí es ayudar no sólo a recuperar un tono más alto de vida espiritual y apostólica, sino también a descubrir la peculiaridad de esta fase existencial. En efecto, en ella, al purificar ciertos aspectos de la personalidad, la ofrenda de sí mismo se eleva a Dios con mayor pureza y generosidad, y recae sobre los hermanos y hermanas más tranquilos y discretos y, al mismo tiempo, más transparentes y ricos en gracia. Es el regalo y la experiencia de la paternidad y la maternidad espiritual.

La vejez plantea nuevos problemas, que deben ser abordados de antemano con un programa prudente de apoyo espiritual. El retiro progresivo de la acción, en algunos casos la enfermedad y la inactividad forzada, constituyen una experiencia que puede llegar a ser altamente formativa. Sin embargo, a menudo es un momento doloroso que ofrece a la persona consagrada mayor la oportunidad de dejarse moldear por la experiencia pascual, tomando la forma de Cristo crucificado que cumple en todas las cosas la voluntad del Padre y se entrega en sus manos hasta que se le devuelve el espíritu. Esta configuración es una nueva forma de vivir la consagración, que no está ligada a la eficacia de una tarea de gobierno o de trabajo apostólico. Cuando llega el momento de unirse a la hora suprema de la Pasión del Señor, la persona consagrada sabe que el Padre está llevando a cabo en ella ese misterioso proceso de formación que comenzó hace mucho tiempo. La muerte será entonces esperada y preparada como el acto supremo de amor y entrega.

Hay que añadir que, independientemente de las distintas etapas de la vida, cada edad puede experimentar situaciones críticas debido a la intervención de factores externos -cambio de lugar u oficio, dificultades en el trabajo o fracaso apostólico, incomprensión o marginación, etc.- y que la persona consagrada podrá vivir una nueva vida. - o factores más estrictamente personales - enfermedad física o mental, aridez espiritual, luto, problemas en las relaciones interpersonales, fuertes tentaciones, crisis de fe o de identidad, sentimientos de insignificancia y similares. Cuando la fidelidad se hace más difícil, hay que ofrecer a la persona el apoyo de una mayor confianza y un amor más intenso, tanto a nivel personal como comunitario. Se necesita sobre todo la cercanía afectuosa del Superior; un gran consuelo vendrá también de la ayuda cualificada de un hermano o hermana, cuya presencia atenta y servicial puede llevar a un redescubrimiento del sentido del pacto que Dios estableció en primer lugar y que no pretende negar. La persona juzgada llegará a aceptar la purificación y el despojo como actos esenciales del seguimiento de Cristo crucificado. La prueba misma aparecerá como un instrumento providencial de formación en las manos del Padre, como una lucha no sólo psicológica, dirigida por el ego en relación a sí mismo y a sus debilidades, sino religiosa, ¡marcada cada día por la presencia de Dios y el poder de la Cruz!

PROVOCACIONES

v  La actividad pastoral puede ser una causa de estrés, de desgaste, de agotamiento. Cuando no tenemos un contacto claro con las profundas motivaciones que constituyen nuestra juventud espiritual.

v  Debemos formarnos continuamente en el sentido de la vida, que nunca se logra, pero siempre se redescubre incluso en medio de las rosas y las espinas que son parte intrínseca de la rosa.

v  Cada día hay una misión que cumplir y la mirada abierta a lo trascendente nos ayuda a hacerlo mirando hacia delante sin olvidar que, para ello, hay que dar sentido y significado a la precariedad de hoy. No olvidemos que Dios viene a poner su tienda en ESTA HUMANIDAD, con estas fragilidades.

v  En una misión en la que todo está bien... el gato está saliendo del cascarón. Uno de los graves riesgos de las congregaciones religiosas es la jubilación anticipada. Es en esa ocasión cuando, como dice el Evangelio, la sal pierde su sabor o la fe pierde su dimensión revolucionaria y provocadora. La rutina es un laboratorio de patologías. Si, en cambio, en la vida del misionero hay algo que duele, se convierte en la oportunidad perfecta para estar ocupado.

v  En la vida de los misioneros la soledad es parte del pan de cada día y se convierte en una carga en la que se piensa a menudo. Pero si no sabemos cómo aceptar nuestra soledad, es difícil enfrentarse a un proyecto común.

v  Las expectativas exageradas, o la misión tal como la queremos y no como es, son una de las causas más frecuentes de estrés pastoral. La depresión es uno de los males del siglo y en la vida religiosa, aunque se hable poco de ella, sigue presente. Es allí donde necesitamos a alguien que entre en nuestra pobreza y que pueda ayudarnos. A menudo son los otros, la gente y la iglesia local, los mundos lejanos y diferentes al nuestro con los que dialogamos. Se convierten en preciosos evangelizadores absolutamente necesarios para nuestra juventud espiritual.

v  Tenemos que superar el miedo, cuando estamos asustados en lugar de construir puentes construimos muros que al final dejan fuera los desafíos y provocaciones que Dios propone para hacernos crecer.

v  Debemos aprender a dedicar tiempo a las cosas que amamos, y una de las cosas que debemos amar es a nosotros mismos, y también a nuestros cuerpos. Para dedicarnos a los demás y a las urgencias que percibimos, debemos también percibir y vigilar las urgencias que forman parte de nuestra vida y nuestra historia.

v  En el ciclo de vida de nuestra existencia, el declive es inevitable; de hecho, es parte del plan de Dios. Sin embargo, en medio de tantas pequeñas muertes que descubrimos hay también muchos pequeños nacimientos, continuas novedades que debemos aprender a ver y que también son parte del plan de Dios para nosotros que no termina en una determinada etapa de nuestras vidas.

GIUSEPPE CREA

Misionero Comboniano. Después de graduarse en la Universidad Pontificia Salesiana en 1993, se especializó en Psicoterapia con una orientación humanística personalista en la misma Universidad, siguiendo el Curso de Especialización de cuatro años en Psicología Clínica, con formación específica en Análisis Transaccional. En 2002 obtuvo el doctorado en psicología en la Universidad Pontificia Salesiana con una tesis experimental sobre la dinámica de los conflictos en contextos de grupo.

Trabajó en la "Fundación Villa Maraini" de Roma para la rehabilitación y el tratamiento de toxicómanos de enero de 1998 a marzo de 2003.

Ha colaborado en la organización de conferencias y grupos de trabajo psicodinámicos en el contexto de la Formación Permanente de los Institutos Religiosos. Los campos de investigación de los que se ocupa se refieren al campo de los problemas psicológicos de la vida consagrada y del clero diocesano.

Bibliografía

Crea G. – G.F. Poli (2017), Tutta la gioia che mi hai messo nel cuore, Roma, Editrice Rogate.

Crea G. (2016), Dalla paura del martirio alla forza della testimonianza. Aspetti psicologici del trauma e della motivazione evangelica nei martiri del XXI secolo, in Larranaga X. (Ed.) Sguardi sulla Vita Consacrata, Milano, Àncora, pp. 107-134.

Crea G. (2015), Tonache ferite. Forme di disagio nella vita religiosa e sacerdotale, Dehoniane, Bologna.

Crea G. (2015), Il segreto della felicità nella vita consacrata. Appunti psicologici e metodologici, Edizioni Messaggero, Padova.

Crea G. et al. (2014), Le malattie della fede. Patologia religiosa e strutture pastorali, Dehoniane, Bologna.

Crea G. (2014), Il tarlo che non consuma. Persone consacrate e fede in tempo di crisi, Rogate, Roma.

Crea G. (2014), Psicologia spiritualità e benessere vocazionale, Edizioni Messaggero, Padova.

 

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DYNAMISM IN FIDELITY

Vita Consecrata, 70

There is a youthfulness of the spirit that remains in time: This is connected with the fact that the individual seeks and finds at each life cycle a different task to perform, a specific way of being, a way of serving and of loving. In consecrated life the first years of full insertion into apostolic activity represents a critical phase in one’s life which is marked by the passage from a guided life to a situation of full operational responsibility. It is important for young consecrated persons to be supported and accompanied by a brother or sister, which will help them to live to the full the youth of their love and enthusiasm for Christ. The next phase often present the risk of routine activities and the consequent temptation is disappointment because of the lack of results. It is necessary then to help middle-aged consecrated persons to review, in the light of the Gospel and charismatic inspiration, their original choice, not confusing the totality of dedication with the totality of the results. This will allow them to give new impetus and new motivation to their choice. This phase is the period of the search for the essentials.

The mature age phase, together with personal growth, can involve the danger of a particular individualism, accompanied both by the fear of not being adapted to the times and by phenomena of stiffening, closure, relaxation. The aim of ongoing formation here is to help not only to recover a higher tone of spiritual and apostolic life, but also to discover the peculiarity of this existential phase. In it, in fact, by purifying certain aspects of the personality, the offering of self rises to God with greater purity and generosity, and falls on brothers and sisters who are more calm and discreet and at the same time more transparent and richer in grace. It is the gift and experience of spiritual fatherhood and motherhood.

Old age poses new problems, which must be tackled beforehand with a prudent program of spiritual support. Progressive withdrawal from action, in some cases illness and forced inactivity, constitute an experience that can become highly formative. Often a painful moment, however, it offers the elderly consecrated person the opportunity to allow himself to be shaped by the Paschal experience, taking the form of Christ crucified who fulfills in all things the Father's will and surrenders himself into his hands until his spirit is restored to him. This configuration is a new way of living consecration, which is not linked to the efficiency of a task of government or apostolic work. When the time then comes to unite oneself to the supreme hour of the Lord's Passion, the consecrated person knows that the Father is now bringing to completion in it that mysterious process of formation which began long ago. Death will then be awaited and prepared as the supreme act of love and self-giving.

It is necessary to add that, regardless of the various stages of life, every age can experience critical situations due to the intervention of external factors - change of place or office, difficulties in work or apostolic failure, misunderstanding or marginalization, etc. - and that the consecrated person will be able to live in a new life. - or more strictly personal factors - physical or mental illness, spiritual aridity, bereavement, problems with interpersonal relationships, strong temptations, crisis of faith or identity, feelings of insignificance, etc. When fidelity becomes more difficult, one must offer the person the support of greater trust and more intense love, both on a personal and community level. The affectionate closeness of the Superior is needed above all; great comfort will also come from the qualified help of a brother or sister, whose caring and helpful presence can lead to a rediscovery of the sense of the covenant that God first established and does not intend to deny. The person undergoing these tribulations will thus come to accept purification and stripping as essential acts of following Christ crucified. The pain undergone will itself appear as a providential instrument of formation in the hands of the Father, as a struggle not only psychological, led by the ego in relation to itself and its weaknesses, but religious, marked every day by the presence of God and the power of the Cross!

PROVOCATIONS

v  Pastoral activity can be a cause of stress, wear and tear, burn out. When we do not have clear contact with the profound motivations that constitute our spiritual youth.

v  We must continually form ourselves to the meaning of life, which is never accomplished but always rediscovered even in the midst of the roses and thorns that are an intrinsic part of the rose.

v  Every day there is a mission to be carried out and the open gaze on the transcendent helps us to do so by looking ahead without forgetting that, to do so, we must give meaning and meaning to the precariousness of today. Let us not forget that God comes to put his tent in THIS HUMANITY, with these fragilities.

v  On a mission when everything's fine... cat's hatching. One of the serious risks in religious congregations is early retirement. It is on that occasion when, as the Gospel says, salt loses its flavor or faith loses its revolutionary and provocative dimension. Routine is a laboratory of pathologies. If, instead, in missionary life there is something that hurts, it becomes the perfect opportunity to get busy.

v  In missionary life solitude is part of the daily bread and becomes a burden that is often thought about. But if we don't know how to come to terms with our loneliness it is difficult to face a common project.

v  Exaggerated expectations, or the mission as we want it and not as it is, are one of the most frequent causes of pastoral stress. Depression is one of the evils of the century and in religious life, even if little is said about it, it is still present. It is there when we need someone who enters our poverty and who can help us. Often it is the others, the people and the local church, the worlds far away and different from ours with whom we dialogue. They become precious evangelizers absolutely necessary for our spiritual youth.

v  We have to overcome fear, when we are frightened instead of building bridges we build walls that in the end leave out the challenges and provocations that God proposes to make us grow.

v  We must learn to spend time on the things we love, and one of the things we should love is ourselves, and also our bodies. In order to dedicate ourselves to others and to the urgencies we perceive, we must also perceive and watch over the urgencies that are part of our lives and our history.

v  In the life cycle of our existence, decline is inevitable; indeed, it is part of God's plan. Yet in the midst of so many small deaths that we discover there are also many small births, continuous novelties that we must learn to see and that are also part of God's plan for us that does not end at a certain stage of our lives.

GIUSEPPE CREA

Combonian missionary. After graduating from the Salesian Pontifical University in 1993, he specialized in Psychotherapy with a personalistic humanistic orientation at the same University, following the four-year Specialization Course in Clinical Psychology, with specific training in Transactional Analysis. In 2002 he obtained his PhD in psychology at the Salesian Pontifical University with an experimental thesis on conflict dynamics in group contexts.

He worked at the "Villa Maraini Foundation" in Rome for the rehabilitation and treatment of drug addicts from January 1998 to March 2003.

She has collaborated in the organization of conferences and psychodynamic work groups in the context of the Permanent Training of Religious Institutes. The fields of research he deals with concern the field of psychological problems in consecrated life and diocesan clergy.

Bibliography

Crea G. – G.F. Poli (2017), Tutta la gioia che mi hai messo nel cuore, Roma, Editrice Rogate.

Crea G. (2016), Dalla paura del martirio alla forza della testimonianza. Aspetti psicologici del trauma e della motivazione evangelica nei martiri del XXI secolo, in Larranaga X. (Ed.) Sguardi sulla Vita Consacrata, Milano, Àncora, pp. 107-134.

Crea G. (2015), Tonache ferite. Forme di disagio nella vita religiosa e sacerdotale, Dehoniane, Bologna.

Crea G. (2015), Il segreto della felicità nella vita consacrata. Appunti psicologici e metodologici, Edizioni Messaggero, Padova.

Crea G. et al. (2014), Le malattie della fede. Patologia religiosa e strutture pastorali, Dehoniane, Bologna.

Crea G. (2014), Il tarlo che non consuma. Persone consacrate e fede in tempo di crisi, Rogate, Roma.

Crea G. (2014), Psicologia spiritualità e benessere vocazionale, Edizioni Messaggero, Padova.

 

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LE DYNAMISME DANS LA FIDÉLITÉ

Vita Consecrata, 70

Il y a une jeunesse de l'esprit qui reste dans le temps : elle est liée au fait que l'individu cherche et trouve à chaque cycle de vie une tâche différente à accomplir, une manière spécifique d'être, de servir et d'aimer. Dans la vie consacrée, les premières années de pleine insertion dans l'activité apostolique représentent une phase critique en soi, marquée par le passage d'une vie guidée à une situation de pleine responsabilité opérationnelle. Il sera important que les jeunes consacrés soient soutenus et accompagnés par un frère ou une sœur, ce qui les aidera à vivre pleinement la jeunesse de leur amour et de leur enthousiasme pour le Christ. La phase suivante peut présenter le risque de l'habitude et la tentation conséquente de la déception en raison de l'absence de résultats. Il est donc nécessaire d'aider les personnes consacrées d'âge moyen à revoir, à la lumière de l'Évangile et de l'inspiration charismatique, leur option originale, en ne confondant pas la totalité du dévouement avec la totalité du résultat. Cela leur permettra de donner un nouvel élan et une nouvelle motivation à leur choix. C'est la saison de la recherche de l'essentiel.

La phase de maturité, associée à l'épanouissement personnel, peut comporter le danger d'un certain individualisme, accompagné à la fois de la peur de ne pas être adapté à l'époque et de phénomènes de raidissement, de fermeture, de détente. Le but de la formation continue est ici d'aider non seulement à retrouver un ton plus élevé de vie spirituelle et apostolique, mais aussi à découvrir la particularité de cette phase existentielle. En effet, en purifiant certains aspects de la personnalité, l'offrande de soi s'élève vers Dieu avec une plus grande pureté et générosité, et retombe sur des frères et sœurs plus calmes et discrets et en même temps plus transparents et plus riches en grâce. C'est le don et l'expérience de la paternité et de la maternité spirituelles.

La vieillesse pose de nouveaux problèmes, qui doivent être abordés au préalable avec un programme prudent de soutien spirituel. Le retrait progressif de l'action, dans certains cas la maladie et l'inactivité forcée, constituent une expérience qui peut devenir très formatrice. Souvent un moment douloureux, cependant, il offre à la personne consacrée âgée l'occasion de se laisser modeler par l'expérience pascale, prenant la forme du Christ crucifié qui accomplit en toutes choses la volonté du Père et s'abandonne entre ses mains jusqu'à ce que son esprit lui soit rendu. Cette configuration est une nouvelle façon de vivre la consécration, qui n'est pas liée à l'efficacité d'une tâche de gouvernement ou de travail apostolique. Quand vient le moment de s'unir à l'heure suprême de la Passion du Seigneur, la personne consacrée sait que le Père achève en elle le mystérieux processus de formation qui a commencé il y a longtemps. La mort sera alors attendue et préparée comme l'acte suprême d'amour et de don de soi.

Il faut ajouter que, indépendamment des différentes étapes de la vie, chaque âge peut connaître des situations critiques dues à l'intervention de facteurs externes - changement de lieu ou de bureau, difficultés dans le travail ou échec apostolique, incompréhension ou marginalisation, etc. - ou des facteurs plus strictement personnels - maladie physique ou mentale, aridité spirituelle, deuil, problèmes de relations interpersonnelles, fortes tentations, crises de foi ou d'identité, sentiments d'insignifiance, etc. Lorsque la fidélité devient plus difficile, il faut offrir à la personne le soutien d'une plus grande confiance et d'un amour plus intense, tant au niveau personnel que communautaire. La proximité affectueuse du supérieur est nécessaire avant tout ; un grand réconfort viendra aussi de l'aide qualifiée d'un frère ou d'une sœur, dont la présence attentive et serviable peut conduire à la redécouverte du sens de l'alliance que Dieu a d'abord établie et qu'il n'entend pas renier. La personne jugée en viendra ainsi à accepter la purification et le dépouillement comme des actes essentiels de la suite du Christ crucifié. Le procès lui-même apparaîtra comme un instrument providentiel de formation entre les mains du Père, comme une lutte non seulement psychologique, menée par l'ego par rapport à lui-même et à ses faiblesses, mais religieuse, marquée chaque jour par la présence de Dieu et la puissance de la Croix !

PROVOCATIONS

v  L'activité pastorale peut être une cause de stress, d'usure, d'épuisement. Lorsque nous n'avons pas de contact clair avec les motivations profondes qui constituent notre jeunesse spirituelle.

v  Nous devons continuellement nous former au sens de la vie, qui n'est jamais accompli mais toujours redécouvert même au milieu des roses et des épines qui font partie intégrante de la rose.

v  Chaque jour, il y a une mission à accomplir et le regard ouvert sur le transcendant nous aide à le faire en regardant devant nous sans oublier que, pour ce faire, nous devons donner un sens et une signification à la précarité d'aujourd'hui. N'oublions pas que Dieu vient mettre sa tente dans CETTE HUMANITÉ, avec ces fragilités.

v  En mission quand tout va bien... le chat éclot. L'un des risques sérieux dans les congrégations religieuses est la retraite anticipée. C'est à cette occasion que, comme le dit l'Evangile, le sel perd sa saveur ou que la foi perd sa dimension révolutionnaire et provocatrice. La routine est un laboratoire de pathologies. Si, au contraire, dans la vie missionnaire, il y a quelque chose qui fait mal, cela devient l'occasion parfaite de s'occuper.

v  Dans la vie missionnaire, la solitude fait partie du pain quotidien et devient un fardeau auquel on pense souvent. Mais si nous ne savons pas comment surmonter notre solitude, il est difficile de faire face à un projet commun.

v  Les attentes exagérées, ou la mission telle que nous la voulons et non telle qu'elle est, sont l'une des causes les plus fréquentes de stress pastoral. La dépression est l'un des maux du siècle et dans la vie religieuse, même si on en parle peu, elle est toujours présente. Elle est là quand nous avons besoin de quelqu'un qui entre dans notre pauvreté et qui peut nous aider. Souvent, ce sont les autres, les gens et l'église locale, les mondes lointains et différents du nôtre, avec lesquels nous dialoguons. Ils deviennent de précieux évangélisateurs absolument nécessaires à notre jeunesse spirituelle.

v  Nous devons surmonter la peur, quand nous avons peur, au lieu de construire des ponts, nous construisons des murs qui, au final, laissent de côté les défis et les provocations que Dieu propose pour nous faire grandir.

v  Nous devons apprendre à consacrer du temps aux choses que nous aimons, et l'une des choses que nous devrions aimer, c'est nous-mêmes, et aussi notre corps. Pour nous consacrer aux autres et aux urgences que nous percevons, nous devons également percevoir et veiller aux urgences qui font partie de notre vie et de notre histoire.

v  Dans le cycle de vie de notre existence, le déclin est inévitable ; en effet, il fait partie du plan de Dieu. Pourtant, au milieu de tant de petits décès que nous découvrons, il y a aussi de nombreuses petites naissances, des nouveautés continues que nous devons apprendre à voir et qui font aussi partie du plan de Dieu pour nous qui ne s'arrête pas à un certain stade de notre vie.

GIUSEPPE CREA

Missionnaire combonien. Après avoir obtenu son diplôme de l'Université pontificale salésienne en 1993, il s'est spécialisé en psychothérapie à orientation humaniste personnaliste dans la même université, après le cours de spécialisation de quatre ans en psychologie clinique, avec une formation spécifique en analyse transactionnelle. En 2002, il a obtenu son doctorat en psychologie à l'Université pontificale salésienne avec une thèse expérimentale sur la dynamique des conflits dans les contextes de groupe.

Il a travaillé à la "Fondation Villa Maraini" à Rome pour la réhabilitation et le traitement des toxicomanes de janvier 1998 à mars 2003.

Elle a collaboré à l'organisation de conférences et de groupes de travail psychodynamiques dans le cadre de la formation permanente des instituts religieux. Les domaines de recherche dont il s'occupe concernent le domaine des problèmes psychologiques dans la vie consacrée et le clergé diocésain.

Bibliographie

Crea G. – G.F. Poli (2017), Tutta la gioia che mi hai messo nel cuore, Roma, Editrice Rogate.

Crea G. (2016), Dalla paura del martirio alla forza della testimonianza. Aspetti psicologici del trauma e della motivazione evangelica nei martiri del XXI secolo, in Larranaga X. (Ed.) Sguardi sulla Vita Consacrata, Milano, Àncora, pp. 107-134.

Crea G. (2015), Tonache ferite. Forme di disagio nella vita religiosa e sacerdotale, Dehoniane, Bologna.

Crea G. (2015), Il segreto della felicità nella vita consacrata. Appunti psicologici e metodologici, Edizioni Messaggero, Padova.

Crea G. et al. (2014), Le malattie della fede. Patologia religiosa e strutture pastorali, Dehoniane, Bologna.

Crea G. (2014), Il tarlo che non consuma. Persone consacrate e fede in tempo di crisi, Rogate, Roma.

Crea G. (2014), Psicologia spiritualità e benessere vocazionale, Edizioni Messaggero, Padova.

 

 

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