Amazzonie: I volti di chi? (IT - EN - ES)

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aicamente, ovvero breve diario giornalistico dal Convegno IMC-MC “I volti dell’ad Gentes” - Lunedì 14 ottobre

Una leggera amaca di pizzo - manufatto di origine warao - è stesa davanti al banco dei relatori. La sala è l’Auditorium Allamano della casa dei missionari della Consolata, dimora bella ma sobria che sorge a poche centinaia di metri dalla cupola di San Pietro e proprio a lato all’Università Urbaniana. L’occasione è un convegno organizzato in concomitanza con il Mese Missionario Straordinario (ottobre) e soprattutto con il Sinodo Panamazzonico. “I volti dell’ad Gentes” è il titolo che è stato scelto. Forse risulta un po’ cacofonico, ma - a rileggerlo bene – la parte più attraente, sicuramente la più nuova, è il termine “volti”.

La domanda sorge (quasi) spontanea: chi sta dietro questi volti? Potremmo vederci facilmente tante persone, magari quelle che dormono in giacigli di fortuna attorno al Vaticano o quelle rappresentate nel monumento al migrante che, da poche settimane, è visibile a lato del colonnato del Bernini: una macchia nera (in senso stretto e in senso lato) accanto al bianco candido delle colonne. Questa volta (almeno questa volta), in quei volti si cercano le sembianze dei popoli indigeni. Dell’Amazzonia, ma non soltanto dell’Amazzonia.

Ai piedi del tavolo dei relatori, missionarie e missionari della Consolata hanno così deposto simboli di Catrimani (Brasile), Raposa Serra do Sol (ancora Brasile), Delta dell’Orinoco (Venezuela), Argentina, passando poi in Africa (Guinea Bissau e Kenya) e in Asia (Mongolia).

Dopo presentazioni e saluti, il primo intervento è stato di Luis Ventura, missionario laico e antropologo, responsabile del Consiglio Indigenista Missionario (Cimi) a Boa Vista (Roraima, Brasile). Nel suo intervento egli ha parlato del difficile rapporto tra stati (bianchi) e popoli indigeni. I primi cercano di far passare una linea politica di stampo integrazionista (in pratica, il tentativo di azzerare a tavolino le diversità etniche e antropologiche) con un solo obiettivo, più o meno palese: applicare senza interferenze il devastante ma redditizio modello estrattivista, tanto in voga nei paesi latinoamericani. Per parte loro, i popoli indigeni da tempo hanno imparato a difendere con i denti i loro caratteri costitutivi, riassumibili in tre termini: diversità, territorio ancestrale, diritti collettivi. Ventura si è poi soffermato sul Brasile e sullo tsunami anti indigeno provocato dalla salita al potere di Jair Bolsonaro, nel gennaio 2019.

Nel suo intervento, Lirio Girardi, missionario brasiliano, ha spiegato che il mutameno storicamente e antropologicamente più rilevante è avvenuto con il Concilio Vaticano II. Da quel momento i missionari hanno compreso che, nell’impari conflitto tra maloca e fazenda, essi dovevano schierarsi con i popoli indigeni, anche a costo di soffrire le critiche e le offese (quando non le minacce) di una parte della popolazione bianca. Come infatti avvenuto all’epoca del riconoscimento della Terra indigena Raposa Serra do Sol.

Dopo l’America Latina, la prima giornata del Convegno è stata chiusa nel Continente africano dando spazio ai 30 popoli indigeni (tra essi, i Balanta e i Pelep) della Guinea Bissau, descritti dalle parole di suor Anelia Gomez.

A proposito di rispetto dell’ambiente, padre Antonio Rovelli, della Direzione Generale dei missionari della Consolata, ha confessato che il Convegno è stato organizzato cercando di avvicinarsi all’obiettivo “emissioni zero”. Non si è riusciti completamente nell’intento, ma il tentativo è un passo in avanti piccolo ma significativo. Un passo che invece non pare (ancora) nelle corde dell’amministrazione capitolina: i cassonetti dell’immondizia davanti all’entrata della casa dei missionari sono debordanti. Speriamo che non siano stati fotografati da un indigeno. (pamo)

* Paolo Moiola è giornalista redattore della Rivista Missioni Consolata

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Amazons: Whose faces?

In Layman's terms or a short journalistic diary from the IMC Conference "The faces of the ad Gentes" - Monday 14th October

A light hammock of lace – an artefact of warao origin – is laid out in front of the speakers' desk. The hall is the auditorium of the Consolata missionaries' house, a beautiful but sober residence a few hundred meters away from the dome of St. Peter's and right next to the Urbaniana University. The occasion is a conference taking place simultaneously with the missionary month (October) and above all the Pan-Amazonian Synod. "The faces of the ad Gentes" is the title that was chosen. Perhaps it is a bit of a cacophony but, if one re-reads it well, the term "faces" is the most attractive part and certainly the newest.

The question arises (almost) spontaneously: who is behind these faces? We could easily see many people behind there: maybe those who sleep in makeshift beds around the Vatican. Or maybe those represented in the monument to the migrants which, for a few weeks now, one can see to the side of Bernini's colonnades: a black spot (strictly speaking but also in a broad sense) next to the pure white of the columns. This time, at least this time, it is the traits of the indigenous peoples that are to be found in those faces. Of the Amazon, but not only of the Amazon.

At the foot of the speakers' table, the Consolata sisters and fathers have thus placed symbols of Catrimani (Brazil), Raposa Serra do Sol (Brazil again), Orinoco Delta (Venezuela), Argentina, but also of Africa (Guinea Bissau, Kenya) and Asia (Mongolia).

After presentations and greetings, the first intervention was by Luis Ventura, a lay missionary, anthropologist and person in charge of the Cimi in Boa Vista (Roraima, Brazil). In his speech he recounted the difficult relationship between (white) states and indigenous peoples. The former try to impose an integrationist political line (in short, the attempt to nullify ethnic and anthropological differences at the stroke of a pen) with a single, more or less obvious objective: to apply without interference the devastating but profitable extractivist model that is in vogue in Latin American countries. For their part, indigenous peoples have long since learned to fight tooth and nail for their constituent features, which can be summarised in three terms: diversity, ancestral territory, collective rights. Ventura then focused on Brazil and the anti-indigenous tsunami caused by the rise to power of Jair Bolsonaro, in January 2019.

In his speech, Lirio Girardi, a Brazilian missionary, explained that the most historically and anthropologically significant change occurred with the Second Vatican Council. From that moment on, the missionaries realised that, in the unequal conflict between maloca and fazenda, they had to side with indigenous peoples. In choosing so, they were aware they could have been suffering criticism and offences (if not threats) from the white population, as in fact happened at the time of the recognition of the Indigenous land Raposa Serra do Sol.

After Latin America, the African continent closed the first day of the conference. The words of Sister Anelia Gomez gave space to the 30 indigenous peoples (among them, the Balanta and the Pelep) of Guinea Bissau.

As for the respect for the environment, Father Antonio Rovelli, of the Consolata Missionaries General Government, confessed that the conference was organized in an effort to get closer to the "zero emissions" objective. The attempt has not been completely successful but, however small, it is a significant step forward. No step forward can instead be seen when it comes to the Capitoline administration: the garbage bins in front of the entrance to the missionaries' house are overflowing. Let us hope they did not end up among the pictures taken by an indigenous visitor. (pamo)

* Paolo Moiola is journalist and redactor at Missioni Consolata Magazine

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Las Amazonías: ¿Los rostros de quién?

Laicamente, o sea breve diario periodístico desde el Congreso IMC-MC “Los rostros del ‘ad Gentes’ ” - Lunes 14 de Octubre

Una amaca liviana, pieza artesanal warao, ha sido tendida delante de la mesa de los relatores. El salón es el Auditorium Allamano, de la casa de los Misioneros de la Consolata, sede linda y sencilla que surge a pocos centenares de metros de la Basílica de San Pedro y muy cerca de la Universidad Urbaniana.

La ocasión es un Congreso misionero organizado en conexión con el Mes Misionero extraordinario (octubre) y sobretodo con el Sínodo Panamazónico. Los “rostros del ‘ad Gentes” es la consigna elegida. Quizás no resulte bien para el oído, aunque si se la vuelve a leer con atención, la parte más atractiva, seguramente la más novedosa, es el término rostros. Surge la pregunta, casi espontánea: ¿Quién está detrás de estos rostros?

Podríamos ver fácilmente tantas personas, quizás las que duermen en lugares precarios alrededor del Vaticano o las que están representadas en el monumento al migrante que, desde hace pocas semanas, es visible al lado del columnado de Bernini: una mancha negra (en sentido literal y más amplio también), comparada con el blanco de las columnas. Esta vez (por lo menos en esta ocasión), en esos rostros buscan las semblanzas de los pueblos indígenas de la Amazonía, pero no sólo de la Amazonía.

A los pies  de la mesa de los relatores, misioneros y misioneras de la Consolata han puesto símbolos del Catrimani y Raposa Serra do Sola (Brasil), Delta del Orinoco (Venezuela), Argentina y, pasando a Guinea Bissau (África) y Mongolia (Asia)

Luego de presentaciones y saludos, la primera exposición ha sido de Luís Ventura, misionero laico y antropólogo, responsable del Consejo Indigenista Misionero (CIMI) a Boa Vista (Roraima-Brasil). Habla de la dificil relación entre el estado que representa a los blancos y pueblos indígenas. El primero busca llevar adelante una política integracionista que en la práctica hace tábula rasa de las diversidades étnicas y antropológicas con el único objetivo, más o menos evidente: aplicar sin restricciones el devastador pero rentable modelo extractivista, tan en boga en los países latino-americanos. Por su parte, los pueblos indígenas, desde hace un tiempo, han aprendido a defender decididamente sus aspectos constitutivos que se resumen en  tres términos: diversidad, territorio ancestral, derechos colectivos. Ventura se detuvo luego sobre Brasil y sobre el tsunami anti-indígena provocado por la asunción del presidente Bolsonaro en enero de 2019.

En su intervención, Lirio Girardi, misionero brasilero, explica que el cambio histórico y antropológico más relevante ocurrió con el Concilio Vaticano II. Desde ese momento los misioneros han entendido que, en la lucha desigual entre la ‘maloca’ y la ‘fazenda’, ellos debían ponerse de parte de los pueblos indígenas, aún a costa de sufrir críticas y las ofensas y hasta amenazas, de parte de la población blanca, tal como ocurrió con ocasión del reconocimiento del Territorio indígena Raposa Serra do Sol.

Después de escuchar las ponencias sobre América Latina, la primera jornada del Congreso ha sido cerrada  dedicando un espacio al continente africano  mostrando 30 pueblos indígenas, entre ellos los Balanta y los Pelep de Guinea Bissau, presentados por la Hermana Anelia Gómez. 

Con respecto al cuidado del ambiente, padre Antonio Rovelli, de la Dirección General de los Misioneros de la Consolata, ha expresado que el Congreso ha sido organizado buscando acercarse al objetivo “emisiones cero”.  No se consiguió totalmente el intento, pero el esfuerzo es un paso adelante, pequeño pero significativo. Un paso que, en cambio, no parece entrar (todavía) en los planes de la administración capitalina: los contenedores de la basura delante de la Casa Generalicia desbordan. Esperemos que no sean fotografiados por algún indígena (pamo).

* Paolo Moiola es periodista e redactor de la Rivista Missioni Consolata

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Last modified on Thursday, 17 October 2019 15:16
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