Tre vescovi colombiani che partecipano al Sinodo per l’Amazzonia passarono dal Portogallo verso Roma e parlarono delle loro aspettative sul Sinodo della storia della Chiesa che ha creato più aspettative e attirato più critiche, ancor prima che iniziasse
Joaquín Humberto Pinzón Güiza ha 50 anni, è missionario della Consolata, Vicario Apostolico di Puerto Leguízamo-Solano e Vescovo titolare di Ottocio, Colombia. Egli afferma di essere stato molto felice di essere stato scelto per il comitato di preparazione del Sinodo, rappresentando l'episcopato della Colombia. Dopo aver partecipato a molteplici incontri di preparazione del cosiddetto Instrumentum Laboris, ora e sulla strada per Roma, dice di avere molte aspettative riguardo a questo sinodo e non teme i critici: "Lasciamo parlare allo Spirito, che lo Spirito risvegli in tutti noi nuovi cammini, per la Chiesa che accompagniamo, e che lo Spirito susciti anche delle proposte perché abbiamo cura della casa comune, che è l'opera creativa che Dio ci ha consegnato", dice in un'intervista ai media della Consolata.
Francisco Javier Correa, 63 anni, vescovo di San Vicente del Caguán, Colombia, e anche missionario della Consolata, ancora prima di arrivare a Roma e partecipare al sinodo, pensa già al post-sinodo. "La cosa più importante sarà il post-sinodo. Soprattutto, il nostro impegno, ritornando alle nostre chiese particolari, è che questo aiuti i nostri popoli a ritrovare la cittadinanza, nella prospettiva di un'ecologia integrale. "
Omar de Jesús Mejía Giraldo, 53 anni, Arcivescovo di Florencia, sempre in Colombia, ha un vantaggio rispetto agli altri due: ha già partecipato ad un Sinodo, il Sinodo dei Giovani. E dice: "Più che ascoltare molto, voglio imparare. Che questo Sinodo mi susciti creatività pastorali nella mia provincia. "
Un sinodo scomodo
Nessuno dei tre sfugge alla questione del perché questo Sinodo sia oggetto di tale resistenza e di tante critiche, specialmente dall'interno della Chiesa stessa. Ma è il vescovo Joaquin Pinzón che di più parla sull'argomento, forse perché è stato nella sua preparazione. Inizia mostrando sorpresa per il fatto che, di tanti sinodi che la Chiesa ha già convocato fino ad oggi, questo è il più controverso, provocando tanta attesa e allo stesso tempo tanta resistenza e feroci critiche, anche da parte di alcuni cardinali. E intenta una spiegazione: "Questo Sinodo si occupa di temi non solo di tipo pastorale; Papa Francesco ha cercato di ampliare il panorama, in linea con l'impegno sociale della Chiesa, e di rispondere a tutti la problematica ecologica che l'umanità sta vivendo". Egli sostiene che "non possiamo scollegare il Sinodo dell'Amazzonia dalla Laudato Si", per poi affermare che questo Sinodo "è un esercizio molto concreto che si occupa del mettere in pratica questa enciclica della Chiesa. È un tema sociale che tocca tutti noi, perché ciò che è in causa è la nostra casa comune. Ciò che è in causa è un nuovo modo di essere Chiesa in questo contesto amazzonico", spiega. E sottolinea un secondo aspetto: la ricerca di "nuove vie per un'ecologia integrale", cioè "un modo diverso, nuovo, di vivere le nostre relazioni: con Dio, con l'opera creativa, con il fratello e con se stessi. Questa è l'ecologia integrale che il Papa cerca di riprendere nel Sinodo".
Insistiamo sul perché di tante polemiche? Pinzón avanza che "la proposta di compromesso con una nuova ecologia, un'ecologia integrale, implica rivedere le pratiche di relazione con il territorio", che, "finora", -continua-, "è stata estrazione, sfruttamento, deforestazione. E questo implica mettere in questione importanti interessi economici delle imprese, delle multinazionali, circa queste ricchezze, perché hanno proprio lì i loro progetti", denuncia.
Tuttavia, Joaquin Pinzón dice di credere che per la riflessione e per il discernimento che si sta facendo, "queste critiche sono molto buone e giovano al processo sinodale", perché crede "contribuiscono anche alla riflessione e alla ricerca della verità. Da parte mia, non credo la dovremmo satanizzare". E aggiunge: "La grandezza della chiesa è nella grande varietà, nelle diverse prospettive che esistono al suo interno. Questa è ricchezza. Probabilmente non c'è motivo di avere paura. Aiuta ad approfondire la riflessione e ci avvicina a ciò che si ricerca”, precisa.
"Ma, di cosa hanno paura?" insistiamo. E la risposta viene fuori naturalmente: "Penso che temono che la chiesa stia entrando in campi che non sono della Chiesa. Se leggiamo le proposte sociali degli ultimi papi vediamo la ricchezza sociale che è avvenuta in ciascuno di essi. Francesco ha scommesso su un nuovo tema per la Chiesa, il tema dell'ecologia, e poiché è così attuale, così pertinente, può sembrare al di fuori della dottrina sociale della Chiesa (DSC), ma sono sicuro che è molto all'interno di ciò che è il DSC", assicura Pinzón, nominato vescovo dall'attuale Pontefice della Chiesa sei anni fa.
In visita al Museo di Arte Sacra dei Missionari della Consolata a Fátima
"Il Papa ci chiede audacia"
Sempre sulla critica di questo sinodo, Omar Mejía sostiene che "non dobbiamo avere paura, né noi di loro né loro di noi. Perché? Impariamo nella vita di tutti i giorni, nel lavoro pastorale con le persone, che è nel dialogo che raggiungeremo l'accordo. E questa è la bella esperienza di un Sinodo." E dà la sua propria testimonianza: "Ho partecipato al Sinodo dei Giovani, e ad un certo punto c'era molta tensione. Credo che questo accadrà anche con questo Sinodo, ma lo Spirito Santo lavorerà, e il Papa unificherà le cose, come sempre, creando comunione. Perciò, queste critiche sono accolte con favore. La chiesa è Una, e questo è il bello e l'interessante", conclude.
Francisco Munera si riferisce al profetismo e al vedere-al-di-là di questo papa. "Oltre al tema dell'ecologia, è da valorizzare soprattutto l'audacia evangelizzatrice in cui Papa Francesco ci ha collocato, oltre ai temi teologici che mettono in discussione il modello ecclesiale che abbiamo". Gli piace, per esempio, che il tema della ministerialità nella chiesa sia molto presente nel documento. "Il Papa ci chiede audacia sul modo in cui la Chiesa è presente in questi territori. Anche il tema dell'inculturazione e del dialogo con le tradizioni religiose indigene. C'è una tradizione missiologica che non riconosce queste culture e che ci presenta come coloro che possiedono la verità assoluta. Questo tema del dialogo con le culture, con le religioni tradizionali sarà anch’esso una sfida missionaria. Vogliamo custodire tutta la ricchezza di queste culture, riconoscerle, purificarle, trasformarle, e non semplicemente misconoscerle o demonizzarle".
"Avremo sempre latente uno scisma"
Interrogato sulla reale possibilità di uno scisma nella Chiesa (recentemente a Papa Francesco è stato chiesto durante il viaggio di ritorno dalla visita che ha fatto l'Africa australe), Francisco Munera s’affretta nella risposta, dicendo: "Preferisco pensare di non. Su questo sinodo, nel concreto, spero che tutto venga fuori proprio nel dialogo, così concertato, in cerca di unità. Da quanto so, in un Sinodo tutto è molto discernito, tutte le proposizioni del Sinodo sono approvate una ad una".
Omar Mejía, che va al suo secondo sinodo, spiega che l'intera metodologia di questo grande incontro della Chiesa punta al dialogo, all'unità, alla Comunione: "Al sinodo abbiamo l'opportunità di parlare tutti, quattro minuti. Ci sono dibattiti nei piccoli gruppi, e il segretariato raccoglie tutto ciò che i moduli vanno aggiungendo. E poi porta all'Assemblea del Sinodo. Infine, si approva o disapprova, numero per numero. Lo Spirito Santo illuminerà il Papa e lascerà un bellissimo documento da questo Sinodo. Inoltre, per il Papa, ancor più importante del Sinodo stesso, è l'esperienza del Sinodo, le esperienze di tutti. Possano poi i partecipanti portare la sinodalità nelle loro chiese, nelle loro geografie, alle loro diocesi, che ci sia maggiore partecipazione dei sacerdoti, dei religiosi, dei laici,... E questo è bello, perché crea comunione. C'è così tanta discussione perché nella comunione della Chiesa abbiamo l'opportunità di dialogare, di parlare tutti, che possiamo sentirci di più a vicenda. Avremo sempre latente uno scisma. È come quando uno sposa: allo sposarsi è già latente l'opportunità del divorzio. Dio voglia che non accada, ma sarà sempre latente. La missione di un vescovo è quella di prendersi cura della fede e della comunione del suo popolo", sottolinea il primo arcivescovo di Florencia, Arcidiocesi recentemente creata da Papa Francesco, e alle porte dell'Amazzonia colombiana.
Infine, chiediamo cosa abbia la Chiesa del Sud del mondo da offrire alla Chiesa occidentale, alle chiese d'Europa. "Una chiesa fresca, che accompagna, vicina, accogliente, che non ha una struttura così pesante, più agile, più vicina, più pastorale", dice l'Arcivescovo Omar de Jesús. Joaquin Pinzón sfida la Chiesa d'Europa a riscoprire l'importanza della teologia della Creazione: "Con l'esperienza che abbiamo vissuto con il processo sinodale mi sono reso conto che dobbiamo dire alla Chiesa Universale di ricuperare la teologia del creato e riscoprire ciò che il Papa chiama in Laudato Si: la nostra vocazione ecologica. Facciamo parte dell’opera creativa. L’opera creativa non è solo uno strumento, materia prima da sfruttare, no, è nostra sorella, ne facciamo parte". Infine, Francisco Munera dice che in America Latina c'è "una chiesa che cerca nuovi modi di essere tra i popoli, alla ricerca di nuove risposte, nuove vie. Questo potrebbe essere molto stimolante per altre chiese e anche per l'Europa", propone.
In visita al Santuario della Madonna di Fatima
(Traduzione Pedro Louro IMC)