Padre Bernard Kim, coreano e missionario della Consolata, è uno dei tanti frutti nato dal seme della fede, irrorato dal sangue dei martiri coreani.
Questa mattina nella cappella della Casa Generalizia ha presieduto l’Eucaristia in memoria dei martiri, suoi antenati nella fede, accompagnato all’altare da padre Clement Gachoka da otto anni in Corea, attualmente a Roma per una specializzazione.
Una bella occasione per sentirci in comunione con la Chiesa Coreana, con i missionari e le missionarie della Consolata che lavorano in Asia, e con tutti cristiani che con dedizione, zelo e coraggio testimoniano il Vangelo del dialogo, della pace e della vicinanza ai poveri, in vari contesti asiatici.
Una preghiera speciale per padre Bernard Kim che tra qualche giorno tornerà in Asia, ma per annunciare il Vangelo di Cristo a Taiwan e così mostrare la dimensione universale della fede per la quale i martiri coreani hanno dato la vita.
Il seme della fede cattolica fu portato in Corea da un laico nel 1784 al suo ritorno in patria dopo gli studi fatti a Pechino. Tale fede fu fecondata verso la metà del secolo diciannovesimo dal sangue dei 103 giovani martiri che oggi ricordiamo. Il giovane Isenghun, che faceva parte di un gruppo di studenti per uno scambio culturale con la Cina, andò a Pechino dove ricevette classi di catechismo e venne poi battezzato con il nome di Pietro. E’ proprio in Cina dove i coreani fanno conoscenza della fede cristiana, e al rientro in Patria, portano il grande libro di padre Matteo Ricci “La vera dottrina di Dio”. Pietro, dopo essere tornato in Corea, insegnò e battezzò altri coreani e così nacque la comunità cattolica coreana, con la caratteristica, forse unica, di essere stata fondata e sostenuta unicamente da laici, e non da missionari stranieri. Quella era l’epoca di Choseon il cui sistema sociale era basato sul confucianesimo. Secondo il Confucianesimo, il culto commemorativo degli antenati e il sistema di status erano molto importanti. Ma la fede cattolica non permetteva il culto degli antenati, e questo creava un conflitto fra le due realità. Poi, secondo l’insegnamento della chiesa cattolica, tutte le persone sono uguali davanti a Dio, ma questo fu ritenuto uno scandalo, qualcosa di inimmaginabile. Nel diciottesimo secolo, all’interno del sistema sociale di quella società, era impossibile studiare o convivere con persone di classe sociale diversa. Quindi i raduni che facevano i cristiani erano visti e considerati come azioni di resistenza con un carattere politico e anche come una interferenza di altre Nazioni. Questo diede origine alla persecuzione dei cristiani che causò la perdita di ogni privilegio da parte dei cristiani della Corea e, soprattutto, l’uccisione di più di dieci mila cristiani. Le persecuzioni continuarono in ondate successive dal 1839 al 1867, ma anziché soffocare la fede dei neofiti, suscitarono una primavera dello Spirito a immagine della Chiesa nascente. Fra questi martiri c’era Andrea Tegon Kim, il primo sacerdote coreano riconosciuto e venerato come patrono del clero coreano. Fu ordinato sacerdote il 17 agosto 1845 a Macao e poi fece ritorno in Corea. A causa della salute debole non poté fare tanto lavoro pastorale, ma riuscì ad aiutare i missionari dalla Cina ad entrare in Corea. Questo gli causò l’arresto nel 1846, e dopo essere imprigionato e torturato, fu decapitato in Senamto a Seoul. Quando era in prigione, scrisse una lettera ai cristiani, per incoraggiare i perseguitati e dargli la gioiosa speranza in Gesù Cristo. Alla fine della sua lettera, chiese loro di non avere l’impazienza per mancanza di un prete in mezzo di loro, anche di non essere delusi dopo la sua morte, e li consolò intercedendo perché Dio li inviassi pastori più bravi di lui. Ecco, fino a febbraio di quest’anno, c’erano 6,453 sacerdoti coreani: la nascita e la morte di un sacerdote ha dato frutto 6,453 volte. Secondo le statistiche dell’anno scorso, ci sono 5,866,510 cattolici coreani. Questo è il chicco di grano caduto in terra, è morto e ha portato molto frutto. Fra più da dieci mille martirizzati, 103 santi furono canonizzati dal Papa Giovanni Paolo II nel 1984. (Ci sono anche altri 124 martiri che furono beatificati da Papa Francesco nel 2014). In questo giorno in un’unica celebrazione si venerano tutti i centotre martiri, che testimoniarono coraggiosamente la fede cristiana, introdotta la prima volta con fervore in questo regno di confucianesimo da alcuni laici e poi alimentata e consolidata dalla predicazione dei missionari e dalla celebrazione dei sacramenti. Tutti questi seguitori di Cristo, di cui tre vescovi, otto sacerdoti e tutti gli altri laici, tra i quali alcuni sposati e altri no, vecchi, giovani e fanciulli, sottoposti al supplizio, consacrarono con il loro prezioso sangue gli inizi della Chiesa in Corea. Il Concilio Vaticano secondo afferma che l’essenziale del cristianesimo è la missione. Il Vangelo di oggi ci illumina con l’esempio di Gesù stesso. Forse non faremmo i miracoli come lui, ma nell’infaticabile seguimento di Gesù, e nella fedele proclamazione della sua buona notizia, possiamo essere testimoni nelle piccole esperienze della vita quotidiana nonostante la nostra piccolezza e fragilità. P. Clement Gachoca IMC |