Stragi nel Mediterraneo: Unhcr, nel 2018 morte sei persone al giorno. Da Libia ad Europa una persona ogni 14

Mediterraneo centrale Mediterraneo centrale Foto di Laurin Schmid/Sos Mediterranee
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L'Unhcr, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, non si stanca di denunciare l'allarmante impennata di morti nel Mediterraneo, almeno 2.275 nel 2018, nonostante i numeri degli arrivi totali in Europa siano calati: 139.000. È la Spagna, con oltre 62.000 ingressi (via mare e via terra) ad avere i numeri più alti, seguita dalla Grecia (32.500 persone) e da Bosnia Erzegovina (24.000). In Italia ne sono entrati 23.400.

Nel 2018 sei persone al giorno sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Si tratta di almeno 2.275 persone, nonostante il calo degli arrivi.  Lungo le rotte dalla Libia all’Europa, una persona ogni 14 arrivate in Europa ha perso la vita in mare, un’impennata vertiginosa rispetto ai livelli del 2017. Altre migliaia di persone sono state ricondotte in Libia, dove hanno dovuto affrontare “condizioni terribili nei centri di detenzione”. I rifugiati e i migranti che hanno tentato di raggiungere l’Europa via mare hanno perso la vita “a un ritmo allarmante, mentre i tagli alle operazioni di ricerca e soccorso hanno consolidato la posizione di questa rotta marittima come la più letale al mondo”. È l’ennesima denuncia contenuta nell’ultimo rapporto dell’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati Viaggi disperati, diffuso oggi. In totale, sono arrivati 139.300 rifugiati e migranti in Europa, il numero più basso degli ultimi cinque anni. Circa 23.400 rifugiati e migranti sono arrivati in Italia nel 2018, un numero cinque volte inferiore rispetto all’anno precedente. Quindi non è vero che vengono tutti da noi.

Migliaia di persone sono state ricondotte in Libia. “Per molti, approdare in Europa ha rappresentato la fase finale di un viaggio da incubo durante il quale sono stati esposti a torture, stupri e aggressioni sessuali, e alla minaccia di essere rapiti e sequestrati a scopo d’estorsione – sottolinea l’Unhcr -. Gli Stati devono agire con urgenza per scardinare le reti dei trafficanti di esseri umani e consegnare alla giustizia i responsabili di tali crimini”.

Record di ingressi in Spagna, oltre 62.000. Per la prima volta in anni recenti, la Spagna è divenuta il principale punto d’ingresso in Europa con circa 8.000 persone arrivate via terra (attraverso le enclavi di Ceuta e Melilla) e altre 54.800 arrivate in seguito alla pericolosa traversata del Mediterraneo occidentale. Ne è conseguito che il bilancio delle vittime nel Mediterraneo occidentale è quasi quadruplicato, da 202 decessi nel 2017 a 777 lo scorso anno. Circa 23.400 rifugiati e migranti sono arrivati in Italia nel 2018, un numero cinque volte inferiore rispetto all’anno precedente.

La Grecia ha accolto un numero simile di arrivi via mare, circa 32.500 persone rispetto alle 30.000 del 2017, ma ha registrato un numero quasi tre volte superiore di persone giunte attraverso il confine terrestre con la Turchia. Altrove in Europa, si sono registrati circa 24.000 rifugiati e migranti arrivati in Bosnia-Erzegovina, in transito attraverso i Balcani occidentali. A Cipro sono arrivate diverse imbarcazioni di siriani salpate dal Libano, mentre un numero limitato di persone ha tentato di raggiungere il Regno Unito via mare dalla Francia verso la fine dell’anno.

“Salvare vite umane non è una scelta politica ma un imperativo”. “Salvare vite in mare non costituisce una scelta, né rappresenta una questione politica, ma un imperativo primordiale”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “Possiamo porre fine a queste tragedie solo trovando il coraggio e la capacità di vedere aldilà della prossima imbarcazione, e adottando un approccio a lungo termine basato sulla cooperazione regionale, che dia priorità alla vita e alla dignità di ogni essere umano”. Il rapporto denuncia anche “un cambio delle politiche adottate da alcuni Stati europei” che ha portato a “numerosi incidenti in cui un numero elevato di persone è rimasto in mare alla deriva per giorni, in attesa dell’autorizzazione a sbarcare”.

“Le navi delle Ong e i membri degli equipaggi hanno subìto crescenti restrizioni alle possibilità di effettuare operazioni di ricerca e soccorso”.

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