La città di Santa Cruz de la Sierra in Bolivia, ospita il 5° Congresso Missionario Americano (CAM 5). Il Superior General IMC, P. Stefano Camerlego partecipa per la prima volta di questo evento della missione e condivide alcune sue impressione su questa esperienza.
Prima di tutto mi piace sottolineare che il 5° Congresso Missionario Americano (CAM 5) è una esperienza ricchissima di Chiesa. Al Congresso partecipano giovani e meno giovani, sacerdoti, vescovi, religiosi, religiose, seminaristi e laici di tutto il Continente e anche da altri paesi. Qui senti davvero che la Chiesa è universale ed è madre perché raccoglie tutti i suoi figli e figlie provenienti da tutte le parti e da ad ognuno la possibilità di sentirsi famiglia e poter sviluppare tutti i propri doni e qualità. In questi giorni stiamo respirando la missione e si capisce più che dalle parole dai segni che senza missione non c’è Chiesa, non c’è Vangelo.
In secondo luogo, mi piace sottolineare la dimensione della gioia, della festa. Lo slogan del Congresso è: Annuncia la gioia del Vangelo! L’America è viva, piena di giovani e di voglia di ballare, di vivere di stare assieme. La gioia, possiamo dire che è una caratteristica di questi popoli e culture e qui, al Congresso, si manifesta in tutte le sue forme. È bellissimo vedere questi giovani ballare, cantare, stare insieme con gioia. Davvero la Chiesa deve recuperare questa dimensione gioiosa della fede. Credo che, abbiamo fatto troppo tempo predicando una fede di rinuncia e sacrificio e che sia giunta l’ora di predicare la gioia di essere cristiani e di annunciarla con tutta forza cantando e celebrando la vita.
Il Fondatore diceva che un missionario deve essere gioioso e che questa gioia nasce dalla fede, dal sentirsi vicini al Signore, è questo che qui s’impara e lo si custodisce come tesoro geloso nel proprio cuore per portarlo nel proprio ambiente per annunciare la gioia del Vangelo.
Collaborare con tutte le forze
Infine, mi piace condividere alcuni punti che possono essere importanti anche per la nostra missione di Missionari della Consolata.
Al Congresso viene ripetute in diverse forme che la missione oggi non si può più fare da soli, che dobbiamo aprirci e collaborare con tutte le forze che vogliono vivere la missione, primi fra tutti i laici. La missione non è opera di navigatori solitari, ci ha insegnato la Redentoris Missio, ma di discepoli missionari aperti, sensibili e solidari.
In secondo luogo, qui è stato ripetuto in diverse maniere che, la missione è il paradigma della Chiesa, ma che la missione è anche più grande della Chiesa e va più in là con tutte le persone che cercano e lavorano per il bene dell’umanità. Siamo umili servitori, insieme a tanti altri conosciuti e sconosciuti, della presenza del Regno e questa è la nostra gioia e la nostra forza.
Dimensione universale
Per ultimo, credo che il Congresso Missionario ci ricorda che il cammino di rivitalizzazione di ristrutturazione in una visione di missione Continentale che, come Istituto abbiamo iniziato, è in sintonia con quanto sta vivendo la Chiesa e che se, da una parte, deve lanciarci in una missione contestualizzata, non deve, dall’altra, farci dimenticare la dimensione universale e ricordarci che siamo persone fatte per l’umanità tutta e fratelli di tutti i popoli e culture.
Ecco quanto, insieme a tanti volti e persone con cui abbiamo condiviso gioie e speranza, progetti e difficoltà, mi sento di condividere su questa esperienza che ha caratterizzato questa settimana in Bolivia. Spero che possa aiutare tutti noi nella riflessione per il più in là che è la ricerca della nostra vita e vocazione. A tutti, coraggio e avanti in Domino!