Colombia: mons. Castro (ex presidente Cec), “motivi di inquietudine sulla pace, il rischio è di vedere il bicchiere mezzo vuoto”

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Dieci motivi di inquietudine sul processo di pace in Colombia. Li ha espressi l’arcivescovo di Tunja, mons. Luis Augusto Castro Quiroga – che al momento della firma della pace con le Farc era presidente della Conferenza episcopale colombiana (Cec) – durante la tavola rotonda intitolata “Pace e riconciliazione sono possibili. L’esempio della Colombia”, nell’ambito del 101° Katholikentag, il congresso dei cattolici tedeschi in corso a Münster, in Germania. Alla tavola rotonda è intervenuto anche il presidente della Repubblica colombiano, Juan Manuel Santos, premio Nobel per la pace.

Tra i punti del suo decalogo, mons. Castro Quiroga ha criticato “l’insufficiente appoggio legislativo all’implementazione della pace”, la mancanza della presenza delle vittime del conflitto nel Congresso, la “mancanza di risorse per l’integrazione di persone smobilitate dalla guerriglia, la preoccupazione “perché sono continuate uccisioni e violenze da parte di gruppi armati illegali, unitamente al narcotraffico e al reclutamento di minori”.

Neppure, secondo l’ex presidente della Cec, ha fatto significativi passi in avanti la riforma agraria, “che porrebbe fine alla concentrazione ingiusta dei terreni in poche mani, e c’è forte preoccupazione per l’uccisione sistematica di leader sociali”. Il ritardo con cui arrivano i cambiamenti sperati “non ha permesso il consolidamento della pace nei territori”. Mons. Castro ha citato il caso della provincia di Catatumbo, nel dipartimento di Norte de Santander, dove continuano scontri tra gruppi armati. E ha severamente criticato gli scandali di corruzione che hanno coinvolto vari partiti politici.

Certo, “l’implementazione richiede tempo”, ma resta considerevole “la distanza tra la domande di implementazione dei patti e la capacità e velocità di risposta del Governo”. In tal modo, la Colombia rischia di vedere “il vaso mezzo vuoto” e non coglie i benefici dell’accordo, come ad esempio “la fine dei 3mila morti annuali che la guerra provocava, la riduzione del numero dei desplazados (le popolazioni forzate a fuggire dalle proprie case, ndr), la fine dei rapimenti quasi totale e di una violenza generalizzata e incontrollata”.

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