Festa del Fondatore: Messaggio del Superiore Generale

Published in I missionari dicono

“La missione esige grande santità!”

 

Óscar Arnulfo Romero, pastore buono, pieno di amore di Dio e vicino ai suoi fratelli che, vivendo il dinamismo delle beatitudini, giunse fino al dono della sua stessa vita.” (papa Francesco)

Missionari carissimi,

Siamo ormai entrati a pieno ritmo nel cammino tracciato dal nostro 13° Capitolo Generale, aiutati in questo anche dalle linee guida del “Messaggio Programmatico dell’Istituto”, offerto da noi della Direzione Generale. L’icona biblica che abbiamo scelto e che caratterizza il Messaggio è quella della “giornata di Cafarnao” (Mc 1, 16-39) con cui abbiamo voluto «riaffermare l’essenziale della nostra vita e della nostra identità… accogliendo l’invito di Gesù “a stare con lui”, per essere da lui inviati in missione, animati dallo spirito del nostro Fondatore».

Proprio su questo punto della santità di vita, fondamento di ogni rivitalizzazione, vorrei che fermassimo l’attenzione in occasione della festa del nostro caro padre Fondatore. L’Allamano ci ricorda ancora una volta che “La missione esige grande santità”. Lui non si accontentava di missionari mediocri, ma li voleva tutti, nessuno escluso, “della terza classe”, cioè coloro che non negano nulla al Signore, e spiegava: «Bisogna che procuriate di essere tutti della terza classe, di quelli che ho detto domenica, perché quello che ho detto domenica scorsa mi veniva proprio dal cuore, l’avevo meditato prima e ho creduto di dire il vero ed è vero!».

Ci commuove ancora questo suo desiderio che «veniva proprio dal cuore» e che rivela quanto ci tenesse ad avere tra i suoi figli e figlie persone capaci di vivere le loro giornate “stando con Gesù”, annunciando il Vangelo e guarendo le malattie, in ogni “Galilea delle genti”… non come persone rassegnate, che si accontentano del minimo o che aspirano solo ad arrivare a sera “stanche e oneste”, ma che «amano molto il Signore, disposte a qualunque sacrificio per farlo conoscere e amare», perché «in missione si va soltanto per amore di Dio, che è inseparabile dall’amore per il prossimo».

Questo desiderio di santità radicale si accende in noi ed è reso più forte non solo guardando la vita santa e buona dell’Allamano, ma anche quella di tanti missionari e missionarie della Consolata che lo hanno seguito, si sono lasciati contagiare dal suo zelo, per cui la loro memoria viene ricordata in benedizione e ci fa del bene. Perciò, sempre nel nostro “Messaggio programmatico” abbiamo voluto ricordare l’importanza della “memoria storica” dei missionari che ci hanno preceduto e hanno lasciato una traccia di santità non solo tra di noi, ma soprattutto tra la gente che ancora li ricorda con gratitudine e li invoca come intercessori presso Dio. Ognuno di loro può suggerirci qualche “sfumatura di santità” con cui intessere anche la nostra vita missionaria.

In questa “memoria attenta e amorosa” di chi ha camminato prima di noi, mi piace richiamare quest’anno, in particolare, il nome di chi abbiamo scelto come nostro protettore per il 2018, il beato Óscar Romero (o san Romero d’America, come viene da qualche tempo invocato nel suo continente).

Presentando il beato Romero come protettore di questo nuovo anno, insieme a madre Simona, avevo scritto:

«Vogliamo farci accompagnare da Óscar Romero come vero discepolo di Gesù.

Vogliamo offrire a tutti la bellezza di essere cristiani e poter annunciare il Regno nella giustizia e nella pace.

Vogliamo impegnarci, convinti che povertà e sofferenza non sono solo oggetti da eliminare, ma realtà di cui farsi carico come Gesù, nel Vangelo.

Vogliamo che, inculturandoci nel popolo che ci accoglie, possiamo immergerci in Cristo, in un processo di purificazione e trasformazione evangelica».

Dalla veste macchiata di sangue di questo mite e forte pastore salvadoregno, vogliamo allora estrarre alcuni “fili” della sua santità, perché diventino per noi motivi di riflessione, condivisione e imitazione.

  • La sua conversione: a settant’anni affronta un cambiamento radicale, provocato dalla scoperta dei poveri e dalla violenza che subivano.
  • Il suo amore appassionato al Dio di Gesù, Dio della sua vita e della storia. Diceva: «Nessuno si conosce, fino a quando non ha incontrato Dio…
  • Povero tra i poveri del suo popolo: amando e difendendo la sua gente, denunciando le violenze e l’idolatria del denaro, rischiando tutto per loro. E confessando, senza vergogna: «Con questo popolo non è difficile essere un pastore buono!».
  • Martire nel quotidiano e non solo alla fine, come ha ricordato papa Francesco: «Vorrei aggiungere qualcosa che forse ci è sfuggito. Il martirio di monsignor Romero non avvenne solo al momento della sua morte; fu un martirio-testimonianza, sofferenza anteriore, persecuzione anteriore, fino alla sua morte. Ma anche posteriore, perché una volta morto - io ero un giovane sacerdote e ne sono stato testimone - fu diffamato, calunniato, infangato, ossia il suo martirio continuò persino da parte dei suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato. È bello vederlo anche così: come un uomo che continua a essere martire».

Spinti dallo zelo del nostro beato Allamano e dalla santità del martire Óscar Romero, animati dall’ultimo Capitolo Generale che ci ha chiesto un’autentica rivitalizzazione personale e comunitaria, in occasione di questa bella festa del nostro Fondatore invito ognuno di noi e ogni comunità a interrogarsi sul proprio impegno, partendo dalla fedeltà alla vocazione e alla vita comunitaria luogo privilegiato per la nostra santità e la nostra missione.

Suggerisco qui per la riflessione alcuni punti tratti dal documento: “Il missionario della Consolata santo” elaborato dal Segretariato per la Missione della Direzione Generale del 2012, testo ancora attuale e profondo, alimento per la nostra meditazione e conversione:

VIVIAMO LA SANTITA’ COME DISCEPOLI DI CRISTO

Ogni missionario è tale, solo se s’impegna nella via della santità. La tensione alla santità è insita nella nostra vocazione missionaria, ne è la base, la motivazione e la ragione di tutto il nostro essere.

Il “prima santi e poi missionari”, deve trasformarsi perciò in un’ “opzione per la santità di vita” che pone Cristo al centro e si nutre di:

  • Un alto livello di spiritualità e preghiera
  • Un umile e attento ascolto di Dio nella sua Parola e nei fatti della storia
  • Una conoscenza della propria realtà personale
  • Un PPV che comprende tempi e modi per nutrire lo spirito
  • Un’abitudine a pregare e celebrare con la gente, fedeli soprattutto all’Eucaristia quotidiana.

LA SANTITA’ PONE CRISTO AL CENTRO DELLA VITA

La santità missionaria nasce e si forma nell’incontro con Cristo. L’indebolimento della nostra relazione con Cristo indebolisce la radice stessa della missione. Forse sta qui la ragione di alcune nostre mediocrità. Oggi, lo slancio missionario richiede una forte spiritualità missionaria, sostenuta da una visione teologica adeguata.

La santità si manifesta nella consapevolezza di essere consacrati ad gentes, ad vitam, ad extra e ad pauperes, per il servizio della missione nella Chiesa. Essa è il nostro specifico modo di essere discepoli di Cristo e di rendere testimonianza tramite i voti di obbedienza, povertà e castità.

La misura della radicalità del nostro amore a Cristo e ai fratelli trova nel martirio il sigillo supremo di donazione, attraverso l’offerta della fatica quotidiana, la sofferenza nella malattia o l’immolazione stessa della vita.

SANTI PERCHÉ INNAMORATI DI CRISTO

Ognuno di noi conosce i propri limiti, e anche in comunità si vivono delusioni, frustrazioni di progetti non realizzati nei vari ambiti del nostro servizio missionario. Questo può farci perdere di vista, fino a spegnere la passione per il Regno. Nelle scelte che facciamo, a volte siamo dimissionari e rassegnati ancor prima di tentare strade nuove. Rischiamo di diventare dei funzionari, più che dei testimoni, custodi del passato, più che avanzare, in prima fila, come sentinelle del mattino.

Perché questo succede? Quale rimedio opporre?

Dobbiamo recuperare l’innamoramento a Gesù Cristo, come l’investimento totale della nostra vita, perché il Signore non può essere ridotto a una frangia, un’appendice al panneggio della nostra esistenza. L’amore per Cristo se non ha il marchio della totalità, è ambiguo. Il part-time, il servizio a ore con Cristo non è ammissibile.

GESÙ MODELLO DI MISSIONE

La missione è inscritta nell’evento stesso di Gesù: nel vangelo di Marco (cf 3:14- 15) si legge che Gesù “costituì dodici perché stessero con lui e per mandarli a predicare”. E’ stando con Gesù che si comprende la necessità dell’andare. Ma è andando, che si sta veramente in compagnia di Gesù: la sua vita, infatti, è itinerante e missionaria. Lo stare non è la premessa dell’invio, ma indica piuttosto il modo di andare, non da soli, ma in compagnia del Maestro, alla sua sequela.

CON LO STILE DEI MISSIONARI DELLA CONSOLATA

Quando il discepolo vive la santità con lo stile e secondo il carisma dell’Istituto, diventa Missionario della Consolata. Ecco le sue caratteristiche specifiche:

  • Zelo apostolico e desiderio di fare conoscere il Signore a tutte le genti
  • Amore particolare per Maria Consolata
  • Devozione eucaristica
  • Fedeltà alla Chiesa e ai suoi pastori
  • Amore per la liturgia
  • Vita fraterna vissuta come in famiglia
  • Pratica del lavoro manuale.

Cari fratelli, la gioia che ci unisce nella festa del nostro amato Fondatore diventi, allora, invocazione per tutta la nostra famiglia missionaria. Ognuno di noi, giovane o anziano, in attività apostolica o costretto “all’inutilità”, felice o intristito dalla sofferenza, preghi con fervore:

O Dio nostro Padre,
Ti ringraziamo per averci dato Giuseppe Allamano come padre e maestro.
Con lui ti preghiamo
Perché possiamo sempre mettere la tua Parola al primo posto,
Liberandoci dalla tentazione di addomesticarla o svilirla
Per timore che ci coinvolga.
Dacci una mano perché, imitando coloro che ci hanno preceduto,
Possiamo incarnarla nel nostro vissuto quotidiano,
Amando e servendo i poveri, fino al dono totale della vita
Per costruire con loro il tuo Regno di santità, di giustizia e di pace.

E, come sempre, il mio invito a non dimenticarci di pregare e far pregare molti altri il nostro beato Fondatore perché, con il segno del miracolo, possa finalmente essere annoverato tra i santi del cielo.

Buona festa a tutti: coraggio, avanti in Domino e in santità di vita!

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