Viviamo nell'era della comunicazione, dove tutti sembrano avere qualcosa da comunicare. Infatti, secondo Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell'informazione all'Università di Oxford, non viviamo solo nella biosfera, ma anche in quella che viene chiamata infosfera: siamo come nodi in una vasta rete di dati, individui che nuotano in un oceano di dati di vario tipo.
Nel mare di informazioni in cui siamo immersi, c'è l'opinione degli altri su di noi e la nostra su di loro. Naturalmente, per ovvie ragioni, la nostra vita non dovrebbe essere governata dalle opinioni altrui su di noi eppure ci sono occasioni in cui tali opinioni sono cruciali. Durante l'ordinazione sacerdotale, per esempio, il vescovo chiede se i candidati sono degni, e colui che presenta il candidato per l’ordinazione risponde: "dalle informazioni raccolte presso il popolo cristiano e secondo il giudizio di coloro che ne hanno curato la formazione, posso attestare che ne sono degni". Ciò significa che l'ordinazione dipende, tra l'altro, dall'opinione della gente sui candidati.
Lo stesso vale anche per il processo di canonizzazione: secondo la Sanctorum Mater, un documento della Congregazione della Causa dei Santi, prima di decidere di avviare una causa di canonizzazione, il vescovo diocesano deve verificare presso il popolo di Dio che il candidato in questione goda di una solida e diffusa fama di santità (Art. 7, § 1). Se questa manca, non si continua, non ha senso avviare una causa se manca questo requisito. Ma cos'è la fama di santità? La fama di santità è l'opinione ampiamente diffusa tra il popolo di Dio sulla purezza e l'integrità di vita del servo di Dio e sulla sua eroica pratica delle virtù cristiane (Art. 5, § 1).
Questa fama di santità deve essere stabile, spontanea e diffusa (Art. 7, § 2). Stabile significa che non è fluttuante, appare in certi momenti e scompare in altri; spontanea significa che è riconosciuta naturalmente dalla comunità e non è frutto di pubblicità, clamore mediatico o cose simili; diffusa significa che non è associata solo a pochi individui che possono avere anche determinati interessi.
Poi non dobbiamo dimenticare che la fama di santità è fondata e misurata dalla fama dei segni, cioè l'opinione diffusa tra il popolo di Dio sulla grazia e sui favori ricevuti da Dio per intercessione del servo di Dio (Art. 6). In altre parole, affinché il processo di canonizzazione abbia inizio, qualcuno deve affermare di aver pregato invocando il servo di Dio e che le sue preghiere sono state esaudite. Più sono le persone che fanno tali affermazioni, meglio è.
Ciò che conta è che ci sia un'opinione positiva tra il popolo di Dio, da cui possa partire un'indagine, avviando così una causa di beatificazione. Questo spiega perché le persone devono imparare a vedere il lato positivo del loro prossimo e ad esprimerlo. Quando questo manca, succede quello di cui parlava San Paolo quando diceva: "Se vi mordete e vi divorate a vicenda, state attenti o sarete distrutti gli uni dagli altri" (Gal 5,15). Quando l'opinione delle persone ha come unico scopo quello di sminuirsi a vicenda, umiliarsi e calunniarsi, il risultato è sempre la morte della comunità.
È quindi chiaro perché il nostro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano ha sempre insistito sullo spirito di famiglia: non era solo un mezzo per facilitare le nostre attività missionarie, ma anche un criterio di valutazione del nostro valore come strumenti dei disegni di Dio. Le parole di San Paolo ci devono sempre guidare: "Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca, ma piuttosto parole buone che possano servire per un'opportuna edificazione, giovando a quelli che ascoltano." (Efesini 4,29).
Vi auguro un meraviglioso anno nuovo e non dimenticate che essere positivi crea santi.
* Padre Jonah M. Makau, IMC, Casa Generalizia a Roma, frequenta il corso in Cause dei Santi.