La città di Cali, la terza più popolata della Colombia, ha ospitato l'incontro continentale della Pastorale Afro dei Missionari della Consolata in America. All'evento hanno partecipato in presenza dieci persone, tra cui missionari e agenti laici della pastorale afro e anche altre 20 persone che si sono collegate on line dal Brasile, Venezuela, Bolivia, Argentina e altre città della Colombia.

Il mondo afro in America Latina

L’incontro è cominciato con una riflessione del dottor Sergio Mosquera, ricercatore, storico e professore universitario della regione del Chocó, che ha analizzato la realtà della popolazione afro nel continente e la trasformazione del loro pensiero.

Il dottor Sergio Mosquera ha descritto come la Chiesa, nel corso dei secoli, abbia gradualmente cambiato la propria mentalità. "La Spagna ha portato in America al cattolicesimo, ma in questi cinque secoli sono stati commessi molti abusi. In anni relativamente recenti la riflessione promossa dal Concilio Vaticano II e dalla Conferenza di Medellín (1968) hanno dato inizio a una pratica pastorale nuova nella chiesa latino americana e a una corrente di pensiero e teologica poi chiamata teologia della liberazione. Anche nel contesto afro, dopo tante trasformazioni, si è aperta una possibilità di dialogo con la popolazione afro e per mezzo di una pastorale specifica si porta avanti in modo concreto lo sforzo di avvicinare il cristianesimo ai neri impoveriti. Molti hanno subito e continuano a subire discriminazioni, razzismo e per quello hanno bisogno di un annuncio di speranza, che é quello che si vuole offrire”.

La pastorale afro dei Missionari della Consolata

Nel suo intervento, il Consigliere Generale per l'America, Padre Jaime C. Patias, ha affermato che “le nostre opzioni missionarie sono quelle scelte che facciamo di fronte alla realtà che ci circonda. Sono il frutto dell'ascolto e della risposta alle grida dei nostri popoli in armonia con il carisma della congregazione fondata dal beato Giuseppe Allamano”.

Ha ricordato che nel continente, dopo una chiara opzione per le popolazioni indigene, negli ultimi anni i missionari della Consolata hanno ripreso anche l'opzione per le persone di origine africana, soprattutto in Colombia, Brasile e Venezuela, dove la Chiesa ha fatto un grande sforzo per promuovere una pastorale specifica: “non è mai stato un cammino facile ma di fronte alle difficoltà dobbiamo imparare dai neri -ha detto- a resistere, a non abbassare la testa a non arrenderci”.

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Laboratorio di pensiero

"Consapevoli della complessa realtà della popolazione nera nel continente, ha osservato il padre Venanzio Mwangi, Coordinatore Continentale della Pastorale Afro, vediamo sempre più la necessità di lavorare uniti per rafforzare la qualità del nostro servizio come Missionari della Consolata nel continente. Abbiamo bisogno di costituire un laboratorio di pensiero Afro IMC, che sia al servizio della nostra comunità, delle chiese locali e delle società in generale.

Padre Venanzio è keniota, si trova in Colombia da più di 20 anni, e quindi ricorda che "questo passo è la conseguenza di tanti incontri che abbiamo tenuto per molto tempo, condividendo le esperienze della Pastorale afro in Colombia, Venezuela e Brasile".

Cammini di liberazione

I partecipanti si sono poi interrogati sulle attuali possibilità di liberazione che sono a disposizione di questa popolazione. C’è bisogno di una liberazione mentale e identitaria nella quale diventa necessaria anche la collaborazione di altre forme di fede;  la guarigione e la liberazione integrale devono essere affrontate in diverse prospettive e sono necessarie persone che siano leaders sociale e spirituale e con una indentità chiara fin dal seno famigliare.

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Il 28 novembre 2021 rimarrà sempre una data significativa e storica per l'arcidiocesi di Feira de Santana, nello stato di Bahia (Brasile) e per i Missionari della Consolata: in quel giorno fu creata la parrocchia di São Roque, la prima parrocchia "quilombola" del Brasile.

Nel quilombo Matinha dos Pretos, fedeli di varie parrocchie si sono riuniti per assistere alla creazione ufficiale della parrocchia di São Roque, la prima parrocchia con sede in un quilombo e con un'attenzione particolare per i suoi abitanti e le loro battaglie. Per questo motivo la nuova parrocchia si chiama già “Quilombola”.

Questa presenza è una manifestazione dell'impegno della Chiesa nei confronti delle popolazioni emarginate e oppresse. Il Dio cristiano, che la Chiesa proclama, è un Dio che vede, non un Dio cieco; un Dio che ascolta, non un Dio sordo e, come dice il libro dell'Esodo, ascolta il grido del suo popolo e scende per liberarlo (cfr. Esodo 3,7-8). Per questo motivo la missione della Chiesa, discepola di un Dio che si preoccupa in modo particolare della vita minacciata, avrà un'attenzione speciale per tutti gli oppressi.

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Chiesa parrocchiale della parrocchia di Quilombola São Roque da Matinha. Foto: Jaime C. Patias

Che cos'è un quilombo?

In Brasile la parola "Quilombo" non è una parola che si sente con frequenza, forse per disinteresse o perché dietro c'è un gruppo oppresso che, il più delle volte se non tutte, non attira l'attenzione degli altri. Eppure la storia del quilombo è ormai più che centenaria: affonda le sue origini nell'epoca della schiavitù e continua a esistere ancora oggi. Evidentemente i quilombo storici del 1700 non sono gli stessi di oggi, ma un elemento che si conserva in tutta l’esistenza di queste comunità è la lotta. 

In origine erano “la dimora che gli schiavi fuggitivi cercavano in luoghi disabitati e di difficile accesso con il fine di liberarsi dalle condizioni disumane in cui vivevano”. In quei luoghi, dove riuscivano ad evadere ricerca e persecuzione, potevano diventare forti, vivere liberi e indipendenti, e spesso costruivano comunità umane fondate sulle antiche culture originarie africane liberandosi così da ogni forma di oppressione.

Oggi i quilombo sono ancora luoghi simbolici per la popolazione nera del Brasile e incarnano i lunghi anni di resistenza contro l’oppressione e la discriminazione. Anche se, evidentemente, i quilombo di oggi non sono costituiti da "fuggitivi", in molti di essi le situazioni precarie che si mantengono –sono comuni le carenze di servizi come sanitari, educativi e di trasporto– parlano ancora di schiavitù moderna e di situazioni di inferiorità contro le quali è necessario rimanere vigili.

La schiavitù è un’istituzione che appartiene alla storia del Brasile, ma in realtà le condizioni di vita della popolazione afroamericana ci ricorda che queste persone continuano a soffrire le conseguenze della schiavitù e continuano a essere molto spesso un popolo senza diritti.

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Il parroco, padre Luiz Antônio de Brito, con il decreto di creazione della prima parrocchia di Quilombola in Brasile. Foto: Parrocchia di São Roque da Matinha

Perché la presenza specifica della Chiesa in queste comunità?

La Chiesa, che il Concilio Vaticano II considera il sacramento universale della salvezza, con la sua presenza in questa comunità vuole aiutare a ricordare che questa salvezza non è semplicemente una "salvezza dell'anima", una cosa per la vita eterna, ma risponde alle esigenze dell’uomo nel suo complesso e nella sua concretezza storica.

Fu Gesù stesso che, cominciando il suo ministero pubblico, affermò che l'avvento del Regno era una buona notizia che aveva come destinatari principali i poveri. “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” (Lc 4,17-19).

In questo quilombo, come chiesa e come Missionari della Consolata, vogliamo rendere presente il Regno di Dio, non con discorsi, ma con l'impegno nei confronti dei nostri fratelli. La luce che ci viene da Cristo liberatore ci aiuta a costruire il suo progetto: un Regno di uguaglianza, fraternità, pace e amore. Tutto questo, che sta alla basa della nostra missione, si traduce quindi in un umile accompagnamento della lotta per i propri diritti del popolo “Quilombola”.

* Il diacono Wilson Gervace Mtali, IMC, originario della Tanzania, ha studiato teologia a San Paolo e ha svolto attività pastorale nella parrocchia di São Roque da Matinha, a Bahia.

 

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