La missione come Dono: riflessioni e pensieri sulla visita ai nostri missionari in Asia!

Published in Missione Oggi
  • L’Asia è un “altrove straordinario”, dove un viaggiatore curioso trova tutto quello che desidera scoprire, dentro e fuori di sé. Perché ha culture antiche e fortemente identitarie, etnie che resistono con fierezza e dignità all’assalto della globalizzazione, panorami naturali e umani entusiasmanti, tradizioni gastronomiche che possono far saltare di gioia le papille gustative o far disperare chi inorridisce a vedere animali di casa finire in pentola o insetti mummificati in una frittura. Questa è l’Asia, un continente che è insieme primo e terzo mondo, modernità e speranza di sviluppo, pietas e crudeltà, buddismo e Islam, Cristo e pirati, oppio e massaggi in spiaggia.” Renato Ruggeri, la mia Asia!
  • Nella realtà però l'Asia del miracolo economico non è solo un continente in gioiosa crescita; è anche un mondo che sta suicidandosi nel perseguimento di un modello di sviluppo che non è frutto di una sua scelta, ma gli viene imposto dalla logica del profitto che oggi sembra dominare inesorabilmente ogni comportamento umano. Il rapido sviluppo strangola la sua cultura, mentre la pressione del nuovo materialismo spezza i legami tradizionali, distrugge i vecchi schemi di valore e toglie la fiducia in tutto ciò che non è riconducibile al denaro. Modernizzazione vuol dire occidentalizzazione e con questo l'Asia perde la coscienza di se”. Tiziano Terzani
  • La Benevolenza del Cielo abiti nei nostri cuori, splenda sui nostri volti e sia nelle nostre parole!

 

Introduzione

Carissimi, il Signore mi ha benedetto concedendomi la possibilità di un tour asiatico: Corea del Sud, Mongolia e Taiwan. Come missionari della Consolata stiamo avvicinandoci all'Asia in punta di piedi, anche se la presenza in Corea del Sud oramai è consolidata, dopo più di 25 anni di missione. Con questo mio scritto vorrei condividere quanto ho visto, ma soprattutto quanto ho potuto intuire e sentire, si perché l'Asia per quanto ho potuto capire la senti più che la vedi.

Mi piace provare questo tipo di emozioni, e sentire la storia. La storia di tutte le genti che hanno perso e ritrovato le proprie fortune qui. I mercanti e gli avventurieri, i crociati e gli studenti: migliaia di occhi, di cuori, di pensieri diversi. Tutti sono passati di qui. E questo è quello che amo veramente dell'Asia: la sua capacità di trasmettere le mille storie che la compongono e la attraversano, e non solo attraverso i suoi splendidi monumenti e le sue meraviglie architettoniche, ma soprattutto attraverso i suoi popoli, le sue culture, la sua lunghissima e ricchissima storia. E’ la sua vitalità a parlare, a attaccare bottone con te e con il tuo immaginario, a farsi viva e bella come non mai, ovunque…!

Ispiratrice di questa visita è la “teologia del dono” scelta dai Vescovi Asiatici per presentare la missione in questa terra.

Tutte le culture e tutti i popoli hanno doni, soprattutto in occasioni speciali ed eventi significativi della vita: nascite, matrimoni, vacanze, anniversari. I doni legano le persone assieme, esprimono gratitudine e apprezzamento. Sono scelti con cura cercando di far piacere a colui/colei che li riceve. Spesso si scambiano per cementare ancor di più famiglia e solidarietà interpersonale. Gli asiatici ne hanno fatto un’arte. Che cosa sarebbero le celebrazioni cinesi e il Nuovo Anno della luna senza i doni abbondanti offerti in buste rosse (angpao)? In Corea la celebrazione rituale del sesto anno di età (hwangap) è un’occasione per doni stravaganti. Nessun filippino si sentirebbe a suo agio senza portare qualche pasalubong (dono/souvenir), grande o piccolo che sia, quando torna a casa. Probabilmente, il dare e il ricevere doni è un’esperienza così umana che ha spinto i vescovi asiatici a vedere nella gratitudine per la grazia abbondante ricevuta un’immagine adatta e una ragione per la missione. L’immagine del “dono” esprime il ringraziamento cristiano per questo dono gratuito e unico di Dio, Gesù il Figlio. Ogni giorno nell’eucaristia, parola greca che significa ringraziamento (eucharistein), diciamo: “È cosa buona e giusta rendere grazie sempre e in ogni luogo”. Spesso nella messa la preghiera sulle offerte si riferisce appunto al “sacro scambio di doni”.

I vescovi dell'Asia per approfondire la missione evangelizzatrice della Chiesa nel vasto continente di circa quattro miliardi di persone e con meno del 3% di cristiani fanno riferimento alla teologia del dono. Ciò che impressiona è il "motivo primo della missione" che essi hanno ripreso durante l‘Assemblea plenaria della V Conferenza della Federazione dei vescovi asiatici (Fabc). Infatti hanno affermato: "Evangelizziamo prima di tutto con un senso profondo di gratitudine a Dio Padre, Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo (Ef 1,3), e ha mandato lo Spirito nei nostri cuori così che noi possiamo partecipare alla vita vera di Dio. La missione è soprattutto una sovrabbondanza di vita che scaturisce da cuori riconoscenti e trasformati dalla grazia di Dio". Per noi cristiani è importante avere una profonda esperienza di fede dell'amore di Dio in Cristo Gesù (Rm 8, 38), quell'amore, che è stato versato nei nostri cuori dallo Spirito Santo, è Lui che l'ha dato a noi (Rm 5,5)”. Senza un'esperienza personale di questo amore ricevuto come dono e grazia, nessun senso di missione può fiorire. Da notare alcune parole e frasi usate dai vescovi che descrivono il movente per la missione: "gratitudine a Dio", "cuori riconoscenti", "benedizione spirituale", "dato a noi", "amore ricevuto come dono e grazia". La missione è vista come un dono, dato con benevolenza, ricevuto con riconoscenza e condiviso con generosità.

Per catturare la profondità trovata nell'immagine della missione come dono, vengono presentati tre momenti della "missiologia del dono", tre parole la sintetizzano: Riconoscere, Ricevere, e Ricambiare!

 

Questa prospettiva di "missione come dono" contiene parecchie dimensioni fondamentali su come fare missione in Asia, che necessariamente implica il dialogo. I cristiani che hanno questo tesoro della fede trinitaria, lo offrono liberamente e entusiasticamente agli altri. Il dono è offerto con cuore sincero e, di più tutti gli evangelizzatori, sanno che l'altro è libero di accettarlo o di rifiutarlo. I partner del dialogo (musulmani, buddisti) hanno anch'essi doni da offrire: le ricchezze della loro fede e la loro "esperienza di Dio". Il risultato è un meraviglioso "scambio di doni". Tutti i popoli che hanno il dono della fede devono collaborare in modo che, condividendo i propri doni, possano arricchire i poveri e i bisognosi in mezzo a loro. Con questo spirito del dono andiamo all'incontro dei nostri tre Paesi Asiatici dove siamo presenti attingendo alla memoria storica e alla nostra presenza come missionari.

 

  1. La missione in Corea

Sono trascorsi 200 anni da quando la Chiesa in Corea, terra di placide aurore e di splendori mattutini, ebbe i suoi inizi.

Dal punto di vista umano e pastorale, la Chiesa cattolica Coreana, sorta spontaneamente, senza aiuto di sacerdoti o religiosi, era come un orfano o come pecora abbandonata e senza pastore, eccetto per il fatto che i loro fondatori erano guidati dalla grazia del Sacramento e sotto l’influsso dello Spirito Santo. Ma la spada della persecuzione cadde improvvisamente sui primi germogli come un improvviso gelo. Nonostante questa prima terribile persecuzione tutti i fondatori della Chiesa Cattolica Coreana camminarono coraggiosamente sulla via cosparsa di spine e portando la Croce di Nostro Signore. Testimoniarono la verità del Vangelo offrendo volontariamente la loro vita pronti a spargere il loro sangue per Dio e per la Chiesa, confidando solo in Dio, non avendo alcuno che li potesse incoraggiare e aiutare.

Giovanni Battista Lee Byok, fondatore della Chiesa in Corea, fu imprigionato in casa sua dalla sua stessa famiglia. Questa persecuzione nell’ambito familiare fu ancora più dura a causa della forte pressione da parte del governo ed anche per le usanze della società di allora. Suo padre minacciò d’impiccarsi se il figlio non avesse smesso di prender parte alle attività della Chiesa. Ma pur in mezzo a queste terribili persecuzioni, Giovanni Battista Lee Byok confessò la sua fede col digiuno, meditando giorno e notte, senza cambiarsi i vestiti e stando seduto per terra senza muoversi. Dopo quindici giorni di digiuno, morì santamente e coraggiosamente all’età di 31 anni. Questa eroica e santa morte fu la prima offerta fatta a Nostro Signore dalla Chiesa Coreana in un paese completamente non cristiano (A.D. 1785).

Giovanni Battista Lee Byok e altri letterati divennero il sostegno della Chiesa e testimoniarono la loro fede in Dio con il sacrificio della propria vita. Tra questi vi fu Tommaso Kim Beom-Woo, proprietario di Myong Rye Bang (che è l’attuale terreno della cattedrale di Myong Dong nell’archidiocesi di Seoul) che venne arrestato dal governo durante la prima persecuzione. Gravemente percosso ed esiliato non cessò mai di pregare a voce alta sia in prigione che in esilio e coraggiosamente diede testimonianza alle verità della salvezza. Con il nome di Dio sulle labbra, morì in esilio per l’infezione causata dalle percosse ricevute. Questo fu il secondo sacrificio offerto al Signore dalla Chiesa Coreana. (A.D. 1787).

Nonostante la mancanza di sacerdoti, la perdita del loro fondatore, della loro Chiesa temporanea, soffrendo forti persecuzioni da parte della famiglia, dei vicini, della gente del villaggio, sopportando l’odio del governo e della società, i fondatori della Chiesa Coreana non si lasciarono scoraggiare né tradire nelle loro speranze. Con grande entusiasmo si diedero a propagare la verità, e per poter tenere uniti i fedeli che erano sparsi un po’ ovunque, fare nuove conversioni, costruire e sviluppare la Chiesa di Dio, istituirono una specie di struttura gerarchica. Tuttavia avendo sentore dell’esistenza di una struttura ufficiale sacerdotale e del sacramento dell’Ordine consultarono il Vescovo di Pechino. Venuti a conoscenza delle vere strutture sospesero subito il loro ministero sacerdotale e umilmente si sottomisero in tutto al Vescovo (A.D. 1789).

I capi laici della Chiesa, desiderosi di avere dei sacerdoti, fecero più volte appello alla Chiesa di Pechino. Finalmente ricevettero un sacerdote cinese, Padre Giacomo Joo Moon Mo, frutto delle loro preghiere e della loro fede ed anche perché i capi laici non esitarono a rischiare la loro vita percorrendo 1200 km. da Seoul a Pechino con un viaggio di tre mesi. Il governo Coreano venuto a conoscenza della presenza di un sacerdote straniero diede ordine di arrestarlo. Ma il grande martire Mathias Choi In-Ghil, facendosi passare per il sacerdote cinese andò in prigione al suo posto, salvando così il Padre e la vita di tanti altri cattolici. Conosciutasi la sua vera identità fu picchiato a morte assieme a Savas Chi Whang e Paolo Yoon Yoo-I1 che avevano fatto il viaggio dalla Corea alla Chiesa di Pechino. Tutti e due furono torturati ma nessuno rivelò il nascondiglio del sacerdote. Morirono invocando Dio. Il sacrificio della loro vita permise a Padre Giacomo di lavorare per la Chiesa Coreana per altri cinque anni. (A.D. 1795).

I primi cristiani della Corea furono dei veri eroi della fede che incominciarono a costruire la loro chiesa nel deserto del loro Paese, dedicando se stessi e tutto ciò che possedevano per la sua crescita. Pietro Lee Seung-Hoon inviato alla Chiesa di Pechino fu il primo Coreano ad essere battezzato e a portare la grazia del sacramento in Corea. Fu ucciso di spada per la fede. Il grande letterato, Ambrogio Kwan Cheol-Shin, uno dei principali conferenzieri del Gang-Hak-Hwe, fu imprigionato all’età di 66 anni e battuto a morte, mentre invocava Dio. Agostino Jeong Yak-Jong, autore di un libro sulla dottrina della Chiesa cattolica, fu un grande apostolo nella città di Seoul organizzando un gruppo di azione apostolica tra i laici. Egli pure diede testimonianza della sua fedeltà a Dio con la decapitazione. Alessandro Whag Sa-Yeong fu arrestato per aver scritto una lettera su seta al Vescovo di Pechino chiedendo aiuto. Lui pure testimonia la sua fede in Dio e nella Chiesa. Il suo corpo venne crudelmente smembrato in 6 parti (1801).

Dopo che i fondatori della Chiesa in Corea ebbero sparso il loro sangue sotto la spada, i cattolici si riunirono spontaneamente assieme per consolarsi e aiutarsi a vicenda. Rischiando la vita si diedero a ripristinare la chiesa e coraggiosamente si misero a cercare i cattolici che si erano nascosti nelle campagne. Continuarono pure a tenersi in contatto con il Vescovo di Pechino pregandolo d’inviare sacerdoti in Corea. Continuarono a mettere a repentaglio la loro vita e a soffrire maltrattamenti da schiavi in questi viaggi di 1200 km. da Seoul a Pechino. Eppure furono fatti per ben venti volte in una generazione. Paolo Jeong Ha-Sang e Agostino Yoo Jin-Ghil guidarono questa Chiesa, priva di pastore, ed inviarono molte lettere al Santo Padre a Roma. Finalmente ricevettero la grazia dell’erezione della diocesi di Cho-Seon (A.D. 1831).

I nuovi capi della Chiesa Coreana seguirono le orme dei loro padri. Chiamarono i missionari stranieri e spesero la loro vita costruendo e sviluppando la Chiesa. Paolo Jeong Ha Sang che tanto fece per la fondazione della diocesi di Cho-Seon, fu decapitato nel medesimo luogo dove suo padre, il famoso Agostino Jeong Yak-Jong fu decapitato 40 anni prima.

Una generazione dopo l’altra di capi della Chiesa Coreana seppero dare la loro vita col martirio. Essi stessi e i loro discendenti fino alla seconda, terza, quarta e persino quinta generazione, in un secolo di persecuzione, furono tutti decapitati per la fede.

Seguendo gli esempi dei loro ardenti fondatori, i martiri Coreani, per ben 20 volte in 30 anni fecero la strada fino a Pechino per chiedere d’inviare loro dei missionari. Finalmente con l’erezione della diocesi di Cho-Seon i capi del laicato poterono fare entrare in Corea i primi missionari francesi. La Chiesa Coreana aveva così la struttura comune di una chiesa locale con un Vescovo e sacerdoti; essa era ormai una chiesa di martiri con 50.000 cattolici (A.D. 1836).

Un’altra persecuzione si scatenò sulla Corea. I primi 3 missionari dell’occidente, Mons. Laurentius Imbert, e i due sacerdoti, Padre Pietro Maubant e Padre Giacomo Chastan, i capi laici Paolo Jeong Ha-Sang con Agostino Yoo Jin-Ghil, che avevano lavorato per fondare la diocesi di Cho-Seon, offrirono coraggiosamente la loro vita per la fede assieme a molti altri cattolici (A.D. 1839).

I missionari francesi s'impegnarono a promuovere vocazioni sacerdotali native. Infatti per la loro sollecitudine pastorale riuscirono a mandare 3 giovani a Macao a studiare per il sacerdozio. Uno di loro morì nel seminario ma gli altri due raggiunsero la meta. Il primo ad essere ordinato e poi far ritorno in Corea, come primo sacerdote coreano fu Padre Andrea Kim Dae-Gheon, che purtroppo in una nuova persecuzione fu ucciso di spada l’anno stesso in cui fece ritorno. Così mori gloriosamente martire l’unico sacerdote coreano di quel tempo (A.D. 1846).

La Chiesa in Corea passò attraverso continue persecuzioni. La mancanza di sacerdoti fu continua, ma il laicato ha saputo mantenere saldamente la fede, divulgare la Parola di Dio ed espandere la Chiesa. La storia della Chiesa in Corea è un miracolo grande. Decine di migliaia di cattolici sparsi per tutto il Paese hanno sopportato volentieri le sanguinose persecuzioni ed hanno accettato il martirio, sopratutto durante l’ultima e più terribile persecuzione del 1866.

I Martiri sono i modelli, la base e la sorgente della pietà trasmessa da una generazione all’altra nella Chiesa Coreana. La gente emula lo spirito e lo zelo dei  Beati Martiri nelle loro attività apostoliche. L’esempio dei Santi Pionieri e Martiri della Chiesa, che con costanza e zelo predilessero la loro fede e la propagarono anche senza sacerdoti, sacrificando la loro vita per delle generazioni, è una lezione salutare ed efficace e fonte di coraggio per i fratelli e le sorelle del continente cinese e della Chiesa del silenzio in altre parti del mondo.

I missionari della Consolata: condivisione e dialogo!

Da 27 anni siamo presenti in Corea accompagnando tutto il cammino di evangelizzazione e la storia di questo paese. Le nostre presenze si caratterizzano per tre importanti opzioni missionarie che da sempre cerchiamo di portare avanti: l'animazione missionaria vocazionale della Chiesa locale, la scelta dei poveri e il dialogo interreligioso. Su queste scelte cerchiamo di costruire le nostre comunità e i nostri impegni. Lo sforzo è grande ma abbiamo anche degli importanti risultati: abbiamo attualmente sette confratelli di origine coreana che stanno lavorando come missionari nel mondo, partecipiamo al movimento di dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Coreana, siamo disponibili ai diversi servizi che la Chiesa locale ci richiede nel territorio. Attualmente abbiamo 11 missionari presenti in Corea caratterizzati da opzioni missionarie chiare e da una vita comunitaria significativa ed importante.

La Chiesa coreana, che una volta è stata aiutata dalle comunità straniere con missionari e sostegni economici, può adesso diventare, anzi, deve diventare, più attiva nella missione “ad gentes”. Lo sta già diventando, però a un ritmo abbastanza lento, quindi possiamo dire che la missione “ad gentes”, cioè l’apertura della Chiesa coreana alla missione universale della Chiesa, rimane la sfida più importante. Per affrontare questa sfida serve una conoscenza più grande, da parte dei fedeli, della vita religiosa e missionaria. È proprio per questo che noi, Missionari della Consolata, lavoriamo in Corea. Vogliamo aiutare questa Chiesa a diventare sempre più missionaria.

  1. La missione in Mongolia

La Mongolia, tra i paesi privi di accesso al mare, è il secondo più vasto Stato del mondo e quello con la minor densità di abitanti del pianeta. La sua capitale, Ulaanbaatar, è la più fredda del globo, con temperature che scendono a volte sino ai 40 gradi sotto zero. Sono primati poco invidiabili, quelli che la Mongolia può snocciolare.

La Chiesa cattolica in Mongolia ha radici antiche. Papa Innocenzo IV e il re Luigi IX, hanno inviato i primi missionari domenicani e francescani in Mongolia nel 13° secolo. Il cristianesimo veniva praticato fin dal secolo settimo, e nel 13° secolo sono arrivati nella regione i missionari occidentali, come William Rubruck e Giovanni da Pian del Carpine. I capi dell'impero mongolo erano tradizionalmente tolleranti nei confronti delle diverse religioni.

Il cristianesimo è stata la chiave dell'influsso religioso, soprattutto attraverso le mogli dei Khan mongoli e le donne dei gruppi Kerait nestoriani. La Mongolia ha fatto parte della diocesi di Pechino, fino al 1840, quando staccando da Pechino come vicariato apostolico la Mongolia ha avuto la sua giurisdizione cattolica. Nel 1883 è stato creato un vicariato per la Mongolia Interna e quindi è nata una missione per la Mongolia nel 1922. Sotto il regime comunista non era permessa né la libertà di pensiero né di professare alcuna religione.

Nel 1922, i Padri CICM ( Congregatio Immaculati Cordis Mariae) accettano l'incarico di Papa Pio XI, di ristrutturare il Vicariato Apostolico della Mongolia. Ma i sovietici hanno invaso la Mongolia e hanno impedito ai Padri di entrare. Infine, l'11 luglio 1992, i primi tre missionari, uno di loro ora è il Vescovo, Wenceslao Padilla, sono arrivati nella terra di Gengis Khan.

Fino al 1991, insomma, in Mongolia non esistevano cattolici: uno dei pochissimi casi al mondo. L’anno seguente, con il varo della nuova Costituzione che riconosce la libertà religiosa, venne istituita la prima “Missio sui iuris” e allacciate le relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Ricominciava così la storia della fede in Mongolia.

Sono passati più di venti anni e ora ci sono circa 1.100 mongoli battezzati di 4 parrocchie e 6 missioni. Ci sono anche 10 congregazioni religiose maschili e femminili, i Fidei Donum e laici missionari per aiutare la Prefettura nel lavoro di evangelizzazione. La Chiesa in questa immensa terra sta realizzando i primi passi. La formazione delle comunità cristiane è una delle priorità della giovane Chiesa Mongola. Per questo è stata istituita una commissione pastorale ad hoc per seguire diverse iniziative proposte da tutte le comunità religiose, dalle parrocchie e dai singoli battezzati.

I Missionari e le Missionarie della Consolata: presenza in punta di piedi, Vangelo sussurrato!

Siamo in Mongolia da 12 anni insieme alle Missionarie della Consolata. La prima caratteristica importante è proprio questa missione fatta insieme alle nostre Consorelle, fatta di preghiera, discernimento, piccoli passi nell'umiltà e nel rispetto della gente e della cultura locale. Un nostro confratello lavora come vicario pastorale in stretta collaborazione con il vescovo della Prefettura costruendo cammini di futuro per la Chiesa locale in dialogo con la società mongola e in collaborazione con le altre forze missionarie presenti sul territorio.

"Andremo da Dio, lo saluteremo e se si dimostra ospitale resteremo con lui, altrimenti rimonteremo a cavallo e verremo via". In questa antica frase di un nomade della steppa c'è tutta la filosofia di vita e la religione dei mongoli. Un popolo ospitale e gentile, che solidarizza in nome della sopravvivenza. Nelle gher, le tradizionali tende circolari, si entra senza bussare, ogni viandante è benvenuto, si accomoderà, offrirà il suo tabacco e riceverà conforto, cibo, tè salato e latte di giumenta. E' un galateo non scritto, ma vivo da millenni. Questa disponibilità è talmente innata che viene idealmente traslata nell'aldilà: anche Dio deve essere ospitale, tollerante, gentile. Altrimenti si risale a cavallo e via per un'altra destinazione, in puro stile nomade. I mongoli conservando le loro caratteristiche hanno adottato il Buddhismo come religione, conservando gelosamente il loro legame atavico con lo sciamanismo, il "credo della natura". Secondo le statistiche la quasi totalità della popolazione mongola crede negli sciamani, mentre il 95% si professa buddhista lamaista, anche se negli ultimi anni è cresciuta esponenzialmente la tendenza all'ateismo, soprattutto nella capitale che racchiude metà della popolazione complessiva. L'esiguo spicchio restante è di religione islamica, concentrata nella zona kazaka dell'Altai, a ovest della Mongolia. Le Missionarie e i Missionari stanno offrendo alla Mongolia un aiuto importante, concreto, a stretto contatto con le realtà, anche religiose, locali. C'è l'amore per questa gente orgogliosa e povera, la voglia di approfondirne la conoscenza, di entrare in simbiosi con loro per condividerne la vita e la fede.

 

  1. La missione a Taiwan

La società taiwanese è caratterizzata da una formale convivenza multietnica, multiculturale, multireligiosa. Nella popolazione si distinguono tre etnie tipicamente cinesi, quattordici etnie aborigene (non di derivazione cinese) cui si aggiunge un variegato e trasversale gruppo neo-generazionale formato soprattutto da giovani, sotto i trenta anni di età, che si definiscono taiwanesi, distinguendosi dai cinesi e dagli aborigeni. Ognuno di questi gruppi è portatore di tratti culturali e religiosi tipici delle proprie radici e influenzati dalle vicende storico-politiche.

Taiwan, oggi, rimane fedele custode e trasmettitore delle antiche tradizioni cinesi conservandone la scrittura con i caratteri tradizionale (a differenza del sistema semplificato adottato nella Cina continentale), la pratica e i riti cultuali della religione cinese antica espressa nelle sue tre storiche sistematizzazioni, il Confucianesimo, il Taoismo e il Buddismo cinese. A differenza di ciò che è accaduto nel continente, il governo di Taiwan ha permesso e tollerato la presenza di religioni straniere, come ad esempio il Cristianesimo (nelle sue diverse confessioni), l`Ebraismo e l’Islam.

Il cristianesimo è arrivato a Taiwan nella prima metà del 1600 con gli olandesi (1624), che diffusero il protestantesimo, soprattutto nei gruppi aborigeni; a distanza di due anni l’arrivo degli spagnoli introdusse il cattolicesimo. A differenza delle drammatiche vicende che hanno segnato la diffusione del cristianesimo in America Latina (si pensi ai conquistadores e al padronado), l’isola Formosa ha avuto una pacifica convivenza tra le religioni segnata da un formale rispetto e da una reciproca tolleranza.

I cristiani sono poco più dell'1% della popolazione totale, dato che corrisponde a circa 900 mila battezzati su 23 milioni di abitanti. I cattolici sono 250 mila. Quattro secoli di evangelizzazione hanno portato non molti frutti, non solo per un dato numerico ma anche per i mancati sviluppi di comunità capaci di esprimere una riflessione teologico-pastorale contestualizzata e una lettura del Vangelo inculturata.

La religione tradizionale è stata demonizzata, ancora oggi, coloro che si convertono al cristianesimo tagliano con le proprie radici, cui però non corrisponde un cambiamento di forma mentis che rimane intrinsecamente ed in maniera irriflessa plasmata ed ancorata alle categorie culturali tradizionali cinesi. In ambito cattolico, la visione negativa e indifferente rispetto alla tradizione religiosa cinese limitano le nuove conversioni. Numerose persone partecipano alla vita parrocchiale (comprese le pratiche cultuali), tuttavia pur esprimendo interesse per la persona di Gesù ed il messaggio evangelico non sono disposte a cancellare le proprie radici.

 Ogni essere umano non può essere scollegato con il contesto culturale in cui è intrinsecamente impregnato. Il dialogo interreligioso rimane la via per un ripensamento della qualità del cristianesimo e della missione ecclesiale. La via da seguire è stata aperta dal Cardinal Paul Yu Pin, personalità che seppe resistere alla rivoluzione culturale maoista e al rifiuto del mondo tradizionale religioso cinese all’interno della chiesa stessa. Lavorò nella riscoperta del culto del Cielo e degli antenati, promosse la sapienza dei Libri Classici, i testi sacri cinesi. Ebbe a cuore l’adattamento della liturgia al contesto cinese provando a far nascere una liturgia taiwanese (inculturazione).

I laici vivono il loro essere fedeli a Cristo e al Vangelo con impegno ed entusiasmo.

I catecumeni li riconosci perché durante la messa al momento della comunione si mettono in fila con le braccia a forma di x sul petto (significa “non posso fare la comunione”) così il sacerdote gli da una benedizione disegnando con il pollice un segno di croce sulla fronte. Il segno della pace non si scambia con la stretta di mano o con gli abbracci, ma con dei piccoli inchini, guardandosi negli occhi e dicendo Pace.

In generale si può costatare la presenza, nelle sette diocesi, di: un clero stanco, oltre che anagraficamente anziano; una Conferenza Episcopale che non produce un magistero locale limitandosi piuttosto ad applicare le linee guida del magistero pontificio; la carenza nelle diocesi di piani pastorali; carenza di collaborazione tra uffici pastorali nelle diocesi e a livello nazionale; mancanza di collaborazione e rete tra aggregazioni laicali (Azione Cattolica, Scout, Focolarini, Rinnovamento, Neocatecumeni, CL ed altri) e tra gli istituti religiosi (e missionari) presenti nel territorio; un insegnamento teologico prevalentemente di matrice tomista e conservatore, anche se le Facoltà di Filosofia, Teologia e gli Istituti di Ricerca nelle Scienze Religiose danno ampio spazio allo studio delle filosofie e delle religioni cinesi; la mancanza di clero e di un laicato in grado di sviluppare una riflessione teologica e pastorale costante; la carenza di politiche giovanili finalizzate ad arginare la sempre più diffusa indifferenza delle nuove generazioni alla dimensione religiosa; assenza di una pastorale ecologica e del consumo critico dell'energia elettrica, che per la maggior parte è prodotta dalle quattro centrali nucleari, una quinta è in costruzione. A mio parere, questo risultato è frutto di un’evangelizzazione che si è preoccupata di impiantare una chiesa e non piuttosto a fare fiorire la Chiesa.

 

I missionari della Consolata: la missione come seme!

Come missionari siamo agli inizi ponendo i primi passi, senza pretesa, con l'unico desiderio d'imparare. Siamo inseriti nella Diocesi di Hsinchu, in periferia della grande capitale Taipei. Una Diocesi con più di 80 Parrocchie affidate tutte a sacerdoti “stranieri” che, rispondono come possono alle esigenze di un piccolo nucleo di cristiani espressione minoritaria di una Chiesa che nel tempo ha costruito molte strutture ma non ha formato le comunità. Possiamo definire la nostra presenza la missione del seme: l'opera del discepolo non sarà mai quella di portare un Regno già fatto, ma di buttare il seme che pian piano germoglierà e crescerà, aspettandone pazientemente i frutti. Una pastorale che non riesce a prevedere i tempi e le modalità della crescita, la dimensione della pianta, la forma ultima. I missionari possono, quindi, provare delle frustrazioni inutili, perché è cresciuto qualcosa che non corrispondeva alle tue attese. Infatti nella parabola del seme (Mc 4,2-9), i primi tre quadri sono la storia di un ripetuto fallimento: caduto sulla terra, o fra i sassi, o fra le spine, il seme non frutta. Solo all'ultimo quadro si dice che il seme, caduto sulla terra buona, porta molto frutto. E' vero che ci sono degli insuccessi, anche ripetuti fallimenti, ma è certo che una parte del seme fruttifica. La fiducia è la condizione previa, mentre la sfiducia paralizza il seminatore e svuota la Parola stessa che egli annuncia. Al seminatore è richiesta non soltanto la fede nella verità della Parola, ma la fiducia nella sua efficacia.

La nostra piccolezza è una ragione in più per dare fiducia alla Sua potenza. Siamo presenti in questa terra e vi rimaniamo per essere al servizio della gente in nome di Dio. Cerchiamo di essere strumenti nelle mani di Dio per diffondere la luce ed il sale che ci ha donato nella carità e nel dialogo con tutti.

 

La missione in Asia secondo la Federation of Asian Bishops' Conferences (FABC)

Cercando di descrivere i “doni dell’Asia” l'Ecclesia in Asia afferma: “Tutto questo sta ad indicare un innato intuito spirituale ed una saggezza morale tipica dell'animo asiatico, che costituisce il nucleo attorno al quale si edifica una crescente coscienza di « essere abitante dell'Asia ». Tale coscienza può essere meglio scoperta ed affermata non tanto nella contrapposizione o nell'opposizione, quanto piuttosto nella complementarità e nell'armonia. In tale quadro di complementarità e di armonia, la Chiesa può comunicare il Vangelo in un modo che sia fedele tanto alla propria tradizione, che all'animo asiatico.” (EA 6). Inoltre, in aggiunta ad un apprezzamento generale delle tradizioni religiose e culturali dell’Asia, si può individuare ciò che si può apprendere dalle diverse tradizioni dell’Asia. Durante lo speciale “Sinodo sull’Asia” del 1998 tenuto a Roma, i vescovi sottolinearono quello che la Chiesa, e tutta l’umanità, può imparare dall’esperienza culturale-religiosa dell’Asia:

  • dai musulmani la Chiesa può imparare sulla preghiera, sul digiuno, e sul fare la carità;
  • dagli indù la Chiesa può imparare sulla meditazione e la contemplazione;
  • dai buddisti la Chiesa può imparare sul distacco dai beni materiali e il rispetto per la vita;
  • dal confucianesimo la Chiesa può imparare la devozione filiale e il rispetto per gli anziani;
  • dal taoismo la Chiesa può imparare la semplicità e l’umiltà;
  • dagli animasti la Chiesa può imparare il gran rispetto e il riguardo per la natura e la gratitudine per i raccolti;
  • La Chiesa può imparare dalla ricchezza del simbolismo e dei riti esistenti nella loro diversità di culto;
  • La Chiesa può, come le religioni asiatiche, imparare ad essere più aperta, ricettiva, sensibile, tollerante, e clemente in mezzo ad una pluralità di religioni e di culture.

 

Questa semplice narrazione dei “tesori del cuore” che sono racchiusi nelle numerose fedi e culture asiatiche viventi trasmettono la reale ricchezza che l’Asia porta all’umanità. E va sottolineato che questi doni non sono offerte o donazioni “di un tempo” (come la maggior parte dei doni materiali); sono “doni spirituali” che continuano ad arricchire chi è aperto a riceverli. Sono tesori su cui si possono basare fruttuosamente approcci all’evangelizzazione e all’arricchimento reciproco.

 

Il modello di missione per le Chiese locali asiatiche, enunciato dalla Conferenza Episcopale Asiatica e approvato da vari enti di missione asiatici, è il “modello di scambio.” Questo significa semplicemente che la missione è vista come lo “scambio di doni tra Chiese locali sorelle.” Vengono forniti personale e sostegno; si raggiunge l’arricchimento reciproco. Questo contribuisce a dar forma, come sostiene la FABC, a “un nuovo modo di essere Chiesa” in Asia (FABC VI, 3). Questo intero processo è mirato non solo a formare Chiese locali, ma a far nascere (ecclesiogenesis) Chiese locali veramente missionarie, sia in patria sia in altri paesi. Attualmente il cammino della Chiesa Asiatica si focalizza su cinque settori di persone cui la Chiesa desidera indirizzare la sua missione di amore e di servizio. Questi settori individuati dalla FABC sono: i giovani, le donne, la famiglia, le popolazioni indigene, gli emigrati e i rifugiati. Ma non possiamo dimenticare che, con immediatezza e urgenza sempre maggiori, le Chiese locali asiatiche si trovano di fronte a infinite nuove situazioni missionarie, sia nel loro ambito che in varie comunità all’estero. La missione e l’evangelizzazione non hanno perso alcuna urgenza e necessità. L’appello di Giovanni Paolo II alla missione “nel continente asiatico, verso cui dovrebbe orientarsi principalmente la missione ad gentes” (RM 37), conserva tutta la sua fondatezza, oggi. La vastità del continente asiatico e i suoi miliardi di persone; il numero, la complessità e la tenacia dei suoi problemi; la condizione di minoranza della Chiesa; le molte sfide alla missione e ai missionari, tutte queste realtà potrebbero causare paralisi e scoraggiamento nei cristiani. Le Chiese locali asiatiche hanno costantemente bisogno di fondamenti e rinnovamento nel loro incitamento alla missione.

 

Conclusione

Il saggio consiglio di Paolo al suo co-evangelizzatore Timoteo sembra essere una buona esortazione per motivare queste brevi riflessioni e questa piccola e semplice condivisione attinta su qualche libro di storia missionaria, ma soprattutto sulle testimonianze dei nostri missionari che qui nel Continente Asia, stanno ponendo i primi passi sul dono della missione in terra asiatica, "la missiologia del dono". Nelle parole di Paolo, i cristiani possono trovare un'ancora per la loro riconoscenza, ricezione e condivisione del dono della fede. Scrive Paolo: "Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani....Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro... Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo, aiutato dalla forza di Dio...Tu dunque, figlio mio, attingi sempre forza nella grazia che è in Cristo Gesù... Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù... annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina... Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero." (2 Tm 1,6, 8-9; 2,1; 4,1,5)

L’incontro col Cristo trasforma la vita, ci rende fratelli e sorelle di misericordia, nella rinuncia ad ogni potere, ad ogni pretesa, ad ogni dominio e ad ogni possesso. I missionari diventano “un’altra persona”: la nostra lunga ricerca ci porta a scegliere Dio, unica ricchezza, in uno stile di vita povero e semplice come San Francesco d'Assisi.

«Siamo pochi e non abbiamo prestigio. Che cosa possiamo fare per consolidare le colonne della Chiesa? Contro i Saraceni non possiamo lottare perché non possediamo armi. E poi, che cosa si ottiene combattendo? Non possiamo lottare contro gli eretici, perché ci mancano argomenti dialettici e preparazione intellettuale. Noi possiamo offrire solo le armi dei piccoli, cioè: amore, povertà, pace. Che cosa possiamo mettere a servizio della Chiesa? Solo questo: vivere alla lettera il Vangelo del Signore». (S. Francesco, citato in Ignacio Larrañaga, Nostro Fratello di Assisi, Padova 1986, p. 158)

 

Questa esperienza ci sia di stimolo e incoraggiamento nel cammino missionario in terra Asiatica che, oggi come sempre e ovunque, ci chiede di vivere con gioia e semplicità il Vangelo del Signore.

 

Seoul, 29.08.2015, martirio di San Giovanni Battista!   

 

 

 

Gli ultimi articoli

Missionari laici della Consolata in Venezuela

16-07-2024 Missione Oggi

Missionari laici della Consolata in Venezuela

Prima di tutto vogliamo essere grati a Dio, alla Chiesa e ai Missionari della Consolata; la gratitudine è la nostra...

Mozambico. Non è mediatica, ma è una guerra

16-07-2024 Notizie

Mozambico. Non è mediatica, ma è una guerra

Una regione del Paese africano alla mercé della guerriglia islamista C’era ottimismo a Maputo, la capitale mozambicana. La guerriglia a Cabo...

Giustizia Riparativa e la “pedagogia allamana”

15-07-2024 Missione Oggi

Giustizia Riparativa e la “pedagogia allamana”

La Corte di Giustizia dello Stato del Paraná (Brasile) ha tenuto dal 3 al 5 luglio l'incontro sulla Giustizia Riparativa...

Perù: prima assemblea dei popoli nativi

14-07-2024 Missione Oggi

Perù: prima assemblea dei popoli nativi

I rappresentanti dei popoli nativi dell'Amazzonia peruviana, insieme ai missionari, si sono riuniti nella Prima Assemblea dei Popoli Nativi, che...

Padre James Lengarin festeggia 25 anni di sacerdozio

13-07-2024 Notizie

Padre James Lengarin festeggia 25 anni di sacerdozio

La comunità di Casa Generalizia a Roma festeggerà, il 18 luglio 2024, il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale di padre...

Nei panni di Padre Giuseppe Allamano

13-07-2024 Allamano sarà Santo

Nei panni di Padre Giuseppe Allamano

L'11 maggio 1925 padre Giuseppe Allamano scrisse una lettera ai suoi missionari che erano sparsi in diverse missioni. A quel...

Un pellegrinaggio nel cuore del Beato Giuseppe Allamano

11-07-2024 Allamano sarà Santo

Un pellegrinaggio nel cuore del Beato Giuseppe Allamano

In una edizione speciale interamente dedicata alla figura di Giuseppe Allamano, la rivista “Dimensión Misionera” curata della Regione Colombia, esplora...

XV Domenica del TO / B - “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due"

10-07-2024 Domenica Missionaria

XV Domenica del TO / B - “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due"

Am 7, 12-15; Sal 84; Ef 1, 3-14; Mc 6, 7-13 La prima Lettura e il Vangelo sottolineano che la chiamata...

"Camminatori di consolazione e di speranza"

10-07-2024 I missionari dicono

"Camminatori di consolazione e di speranza"

I missionari della Consolata che operano in Venezuela si sono radunati per la loro IX Conferenza con il motto "Camminatori...

onlus

onlus

consolata news 2

 

Contatto

  • Viale Mura Aurelie, 11-13, Roma, Italia
  • +39 06 393 821