“GESÙ CRISTO È IL MEDESIMO IERI, OGGI E NEI SECOLI” (Ebr. 13,8)

Published in Missione Oggi

Fr. Alberico M. Altermatt, o.cist.

 

 

L’interpretazione dell’esistenza cristiana e della liturgia cristiana si lascia cogliere nelle parole solenni che il prete, all’inizio della Veglia pasquale recita dinanzi al nuovo fuoco per la preparazione del cero pasquale, simbolo del Cristo risuscitato: “il Cristo, ieri e oggi, principio e fine di tutte le cose, Alfa e Omega. A lui, il tempo e l’eternità. A lui, la gloria e la potenza per i secoli senza fine. Amen.”

 

 

IL SIGNIFICATO TEOLOGICO, SPIRITUALE ED ESISTENZIALE DELL’ANNO LITURGICO

Il Concilio Vaticano II (1962-1965) e la riforma liturgica che ne è seguita, hanno richiamato un’essenza e un senso nuovo dell’anno liturgico nella coscienza della Chiesa e li hanno radicati nella loro vita.

 

1. L’anno liturgico è Gesù Cristo stesso.

L’anno liturgico non è altro che la celebrazione del memoriale e della realizzazione del mistero del Cristo che trova il suo culmine nella sua morte e Risurrezione nel Mistero pasquale (Mysterium Paschale) . Il Concilio Vaticano II (1962-1965) l’ha insegnato a questo proposito nella Costituzione sulla Liturgia, -- ed è uno dei grandi testi chiave del Concilio:

“La Nostra Madre la Santa Chiesa reputa che le appartenga di celebrare l’opera salvifica del suo divino Sposo con una commemorazione sacra, in giorni fissi, lungo tutto l’anno. Ogni settimana, che essa celebra una volta all’anno, nel medesimo tempo in cui celebra la sua beata passione, con la grande solennità della Pasqua.

Ed essa spiega tutto il mistero del Cristo durante il ciclo dell’anno, dall’incarnazione e Natività fino all’Ascensione, fino al giorno della Pentecoste, e fino all’attesa della felice venuta del Signore.

Celebrando così i misteri della redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle virtù e dei meriti del suo Signore; di modo che questi misteri sono in qualche modo resi presenti lungo il tempo, i fedeli sono messi in contatto con essi e ripieni della grazia della salvezza”.

La Chiesa comprende l’anno liturgico come un anno circolare – è certo la più antica idea per ciò che noi designiamo come anno ecclesiastico -, nel quale ogni anno, l’avvento del Cristo è di nuovo condotto allo stesso modo del tempo naturale, pieno dei miracoli di Dio, mette a contatto le generazioni successive con la salvezza aperta da Gesù. Il calendario liturgico è il riflesso mistico-sacramentale del ciclo del Signore di cui Gesù stesso ha detto nel Vangelo di Giovanni 16,28: Io sono uscito dal seno del Padre e sono venuto nel mondo. Di nuovo abbandono il mondo e vado verso il Padre” o ancora nel medesimo Vangelo 3.13: “Nulla è salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo” . Sono dunque due passaggi della Scrittura che giocano un ruolo significativo nella teologia dell’anno liturgico e nella cristologia di Bernardo di Chiaravalle (+1153). Il “ciclo del Signore”, che la Chiesa celebra nella sua liturgia, è anche il tema dell’inno di Natale molto conosciuto di Sant’Ambrogio (+397) “Intende qui regis Israel ”, che si trovava nell’antica liturgia dell’inno dei Vespri di Natale . La sesta strofa comincia così: “Egli esce e ritorna da suo Padre, Egli rientra e ritorna da suo Padre, Egli esce e corre fino agli inferi, Egli ritorna al trono di Dio – La sua uscita dal Padre, il suo ritorno al Padre; uscita fino agli inferi, ritorno al trono del Padre”.

 

Il tema dell’anno liturgico e il centro di tutta la liturgia è il ricordo dell’evento della salvezza in e per Gesù Cristo. “Fare sempre memoria del Cristo – Fare senza sosta memoria di Gesù Cristo”: è una missione fondamentale della Chiesa secondo l’ordine del Signore: “fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1Cor 11,25)! Nella sua liturgia, la Chiesa prosegue l’opera della salvezza del Cristo ricordandola attraverso il tempo cosmico del giorno (preghiera delle ore) e attraverso il ciclo della settimana e dell’anno (calendario liturgico). Si tratta così sempre della celebrazione della memoria del Cristo. Il Papa Pio XII (+1958) ha scritto sull’anno liturgico nella sua Enciclica “Mediator Dei” del 1947 da cui proviene la maggior parte dei grandi principi direttivi del Concilio Vaticano II: “Così, l’anno liturgico ... non è una rappresentazione fredda e senza vita di avvenimenti che appartengono a tempi passati; esso non è un semplice e puro ricordo di cose di un’epoca compiuta. Esso è piuttosto il Cristo stesso, che persevera nella sua Chiesa e che continua a percorrere il cammino della sua immensa misericordia” (III parte, cap. II). Di là è nata la formula breve che una volta si trovava nel nostro Direttorio: “Annus liturgicus ipse Christus est - L’anno liturgico è Cristo stesso”. Perfino le feste di Maria Madre di Dio e dei santi sono infine – come le ha definite nella sua teologia il Concilio Vaticano II (cf la Costituzione sulla Liturgia n° 103 e n° 104) – da mettere in relazione con la memoria del Cristo, e davvero con la memoria del Cristo.

  1. 2.      L’anno liturgico come celebrazione che fa memoria e attualizza l’avvento del Cristo.

La “memoria” (Anamnesi, Ricordo), un’idea fondamentale della teologia biblica, nel campo dell’azione liturgica della Chiesa vuol dire non solamente un bel ricordo di tempi e di fatti passati della Storia di Dio con gli uomini, ma un fatto che si attualizza. Con il fatto che la Chiesa fa memoria dell’atto della nostra salvezza che si è conclusa una volta, la celebrazione del mistero di Gesù Cristo, egli diventa presente in modo misterioso (sacramentale, mistico). Tuttavia non si tratta affatto di una ripetizione di fatti passati una volta. La Chiesa piuttosto è capace, nel ricordarsi dei fatti, di rendere efficaci gli avvenimenti della nostra salvezza nel qui e nell’oggi, grazie ai suoi atti liturgici simbolici, in modo che le rassomiglianze per la celebrazione liturgica ricevano una parte di questi eventi. Essi per così dire diventano contemporanei del Cristo! Che il ricordo dell’opera di salvezza del Cristo possa essere possibile, è quanto garantisce lo Spirito Santo di cui si tratta nella 4° Preghiera eucaristica della Chiesa, egli “prosegue nel mondo l’opera del Cristo” e “realizza ogni santificazione”. Papa Leone Magno (+461) che ha meditato profondamente sulla presenza della salvezza del Cristo nella liturgia, ebbe questa celebre frase: “ciò che era visibile in nostro Signore è passato nei suoi misteri” (Sermone 74,2: Catechismo della Chiesa Cattolica n°1115), cioè, nelle celebrazioni sacramentali della Chiesa. Sulla memoria liturgica, si può trovare quel bel testo di San Bernardo che egli ha enunciato nel sesto sermone sui Vangeli di Natale: Ciò che rinnova continuamente i nostri pensieri è sempre nuovo, e ciò che non cessa di portare i suoi frutti senza mai appassire, non è mai vecchio ... Di modo che tutti i giorni [Cristo] si immola ancora in un certo modo, in quanto annunciamo la sua morte, così come sembra che egli nasca mentre rappresentiamo, attraverso la fede, la sua nascita (mentre fedelmente rappresentiamo la sua natività) ” (N° 6).

  1. 3.      L’anno liturgico come celebrazione di tutto il mistero di Cristo.

La liturgia della Chiesa continua l’opera della salvezza attraverso i secoli. Tutte le feste dell’anno liturgico, in fin dei conti, hanno per oggetto il mistero del Cristo tutto intero, il mistero della salvezza nella sua totalità, che culmina nella celebrazione della Pasqua.

 

Di là derivano l’equilibrio e l’unità dell’anno liturgico:

Pasqua domina su tutto il ciclo dell’anno come celebrazione importante, onnipresente, nella quale siamo incorporati noi stessi. Questo punto di vista teologico è stato difeso da papa Paolo VI (+1978) all’inizio del suo “Motu Proprio per l’approvazione dell’ordinamento dell’anno liturgico”: “Mysterii Paschalis” (1969) in cui egli dice “che la celebrazione del mistero pasquale costituisce l’essenza del culto cristiano nel suo sviluppo quotidiano, settimanale e annuale, il secondo Concilio del Vaticano lo insegna in modo chiaro”. Di là deriva anche il significato esistenziale e costitutivo per il cristianesimo della domenica, giorno festivo per i cristiani (cf. Costituzione sulla liturgia n°102 e n°106). P. Odon Casel OSB (+1948), il teologo della “presenza misterica”, si è pronunciato sull’importanza della Pasqua con queste parole dell’inno: “Questa Pasqua è il sole che illumina tutto il cosmo dell’anno liturgico e che ne fa un unico giorno” (lettera del 7 novembre 1942).

Di continuo l’anno liturgico annuncia il grande piano di salvezza di Dio. Con ciò, il Signore presente qui e oggi, orienta il nostro sguardo su tutte le dimensioni temporali perché: “GESÙ CRISTO È IL MEDESIMO IERI E OGGI E NEI SECOLI” (Ebr 13,8)! Anzitutto il passato (la memoria). L’anno liturgico ci richiama il preludio della liberazione, iniziata al tempo della Creazione, della storia dei nostri Padri nella fede, delle manifestazioni di potenza divina presso il suo Popolo dell’Antica Alleanza e delle promesse profetiche che hanno trovato il loro compimento nel Cristo. Noi giustamente capiamo ciò a proposito del nuovo nel Tempo dell’Avvento. La liturgia cristiana dà all’Antico Testamento una così grande importanza – ciò che sfortunatamente non è sempre capito – perché l’Antico e il Nuovo Testamento hanno tra di loro un’unità indivisibile e rinnovabile nel Cristo. Il teologo Hugues de Saint Victor (+1141), contemporaneo di San Bernardo, ha formulato così questa convinzione profonda ancorata tutta nella Tradizione cristiana: Tutta la Scrittura divina non è che un unico libro, e questo libro è il Cristo, in quanto tutta la Scrittura parla del Cristo, e tutta la Scrittura divina si compie nel Cristo”. (Noé 2,8, Catechismo della Chiesa Cattolica n° 134). Ma è innanzitutto Sant’Agostino (+430) che ha sottolineato il legame interno profondo dei due Testamenti, in una sentenza che è rimasta celebre: il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico, e l’Antico si rivela nel Nuovo: “Novum in vetere latet et in Novo Vetus patet” (Hept 2,73; Catechismo della Chiesa Cattolica n° 129). Poi il presente (praesentia). Il Cristo che è risuscitato dai morti e che è salito alla destra del Padre nella gloria del cielo è continuamente presente nel mistero della Chiesa. Attraverso la celebrazione della memoria liturgica, noi entriamo davvero in contatto con lui, il Vivente, lo incontriamo simbolicamente nelle celebrazioni sacramentali. E infine il futuro (profezia). Quando la Chiesa celebra le sue feste, contempla unicamente il passato, non si attarda sul presente ma tende anche verso il futuro e porta in qualche modo il compimento della salvezza nel Cristo. Tale dimensione escatologica della liturgia è particolarmente presente nel n° 8 della Costituzione sulla liturgia in cui tra l’altro è detto: “Nella liturgia terrena partecipiamo con piacere a questa liturgia celeste nella santa città di Gerusalemme alla quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio, come ministro del santuario e del vero tabernacolo ... attendiamo come Salvatore nostro Signore Gesù Cristo, fino a che egli si manifesti, egli che è la nostra vita, e allora saremo manifestati con lui nella gloria”. Riassumendo, possiamo dire: l’anno liturgico è la celebrazione sviluppata nelle diverse feste, dell’avvento del Cristo nella sua unicità e nella sua totalità, il vero ricordo del Signore, Il suo fine consiste nel fatto che i credenti prendano parte all’opera di salvezza che si fa presente nel qui e nell’oggi e possano vivere di essa. “Te, o Cristo, io incontro nei tuoi misteri” (Apologia del profeta Davide 58), cioè nella celebrazione della liturgia, riconosceva Sant’Ambrogio (+397). Nel servizio divino della Chiesa si riuniscono in una sola realtà il presente, il passato, il futuro! Certamente

 

questo spiega molto chiaramente la liturgia dell’Avvento che arriva di nuovo, nella quale celebriamo il memoriale del triplice evento, della triplice venuta del Signore: la sua Venuta nel mondo (Incarnazione), il suo ritorno alla fine dei tempi (Parusia) e la sua venuta quotidiana nella celebrazione della liturgia (presenza misteriosa, nascita divina nei cuori) (cf. a questo proposito la mia lettera circolare n° 4 del 2004/2005 e n° 8 2008/2009). Il senso dell’anno liturgico che si ripete costantemente è quello di introdurci sempre più nelle tre dimensioni del tempo a questa grande e vasta veduta d’insieme del mistero totale del Cristo e di tutta la storia della salvezza.

 

  1. 4.     L’ “oggi” (Hodie) della celebrazione liturgica.

Il responsabile dell’anno liturgico è il Cristo risuscitato e salito al cielo che rimane presente nella sua Chiesa. Le celebrazioni delle feste dell’anno liturgico, come già detto, sono tutt’altra cosa di un semplice ricordo, esse rendono presente in modo mistico e sacramentale l’evento festa della salvezza. Per questo motivo la Chiesa può cantare a Natale: “Oggi è nato il Cristo”; all’Epifania: “Oggi la Chiesa ha fatto alleanza con lo Sposo celeste”; a Pentecoste; “Oggi scende lo Spirito Santo sui discepoli sotto forma di lingue di fuoco”. Come si può comprendere ciò? La nascita di Gesù a Betlemme, per esempio, è resa di nuovo presente nella liturgia? Si tratta sempre della liturgia del mistero del Cristo totale il cui cuore è il mistero pasquale. Nel suo contenuto di eternità il mistero della Pasqua conferisce alle festività cristiane e alle celebrazioni la sua forza di vita, la forza del Signore crocifisso e risuscitato. In ogni festa la sola ed unica realtà pasquale ci diventa presenza in mezzo a noi, ma ogni volta considerata sotto una diversa angolatura. Così, a Natale, il Cristo glorificato si trattiene di fronte a noi ma noi lo guardiamo qui come il Neo-nato di Betlemme, come colui che apparve nella bassezza della nostra natura umana. In Avvento, il Signore pasquale è di nuovo presente nella celebrazione della festa, ma ora visto e glorificato come il Cristo atteso dai popoli e che ritorna nella sua gloria alla fine dei giorni. Dunque: Tutto il mistero della salvezza è sempre là – ecco la ragione dell’unità magnifica dell’anno liturgico. Ci si avvicina da diversi punti – ecco la ragione della diversità delle feste. Poiché l’umanità non può mai cogliere in una volta la profusione di Pasqua, essa cerca di procurarsi, per così dire, un’entrata in questo anno liturgico da diversi punti di vista.

 

  1. 5.     L’anno liturgico come riflesso della vita umana.

Accanto al contenuto spirituale e all’aspetto dell’anno liturgico, vi sono anche dei lati antropologici e pedagogici della liturgia che sono molto importanti per la vita dell’uomo e che trovano nelle nostra epoca un’attenzione accurata. L’uomo vive la sua vita in ritmi e in uno svolgimento ciclico di giorni, settimane ed anni. Egli ha bisogno di riti, di svolgimenti festivi e di tradizioni che lo aiutino a dare forma alla vita e ad assumerla. La liturgia della Chiesa mette in discussione e presenta, nel corso degli anni, così importanti esperienze e questioni dell’esistenza umana, e cioè: la nascita e la morte, la famiglia, il cibo, il male e il trionfo riportato su di esso, il rapporto con i morti, l’esperienza dello Spirito. Nel corso dell’anno liturgico l’uomo tematizza le questioni fondamentali della sua esperienza mettendola in collegamento con la vita di Gesù e dei santi. La liturgia in questo modo è un processo d’insegnamento che dà all’uomo un’istruzione concreta per lavorare ad una realizzazione di vita profondamente umana e cristiana. Poiché è questo il grande valore pedagogico dell’anno liturgico. Secondo il Concilio Vaticano II, la liturgia è, cito, “la fonte primaria e indispensabile alla quale i fedeli devono attingere uno spirito veramente cristiano” (Costituzione sulla liturgia n° 4). La liturgia della Chiesa vuol mettere tutta l’umanità nella

 

sua costituzione corporale e spirituale in contatto con il Cristo e la sua opera di salvezza (cf. Costituzione sulla liturgia n° 102).

 

6. L’anno liturgico come un divenire uniforme in crescita con il Cristo.

A differenza della comprensione antica del tempo come una linea o come una retta che si prolunga eternamente oppure come un cerchio senza inizio e senza fine, o ancora come una ruota ciclica, il cristianesimo comprende il tempo del Cristo, l’anno liturgico come una spirale  che si eleva in cerchio sempre più in alto, la quale, con il ritorno di ciascun anno, tende verso il ritorno del Cristo. Non vi è dunque lo stesso punto di uscita, il medesimo eterno ritorno, in quanto il tracciato della spirale di anno in anno è sempre più alto. Così ogni festa di Pasqua non è la stessa dell’anno precedente, ogni tempo di Avvento non è come quello dell’anno precedente. Ogni volta si tratta di un livello più alto, un nuovo cammino che conduce il tempo al suo compimento. In questo modo, siamo introdotti sempre più nel mistero del Cristo e resi adatti a ricevere “la forza di comprendere, con tutti i santi, ciò che è la Larghezza, la Lunghezza, l’Altezza e la Profondità, voi conoscerete l’amore del Cristo che supera ogni conoscenza” (Ef 3,18-19a). E così noi “entreremo con la nostra pienezza in tutta la Pienezza di Dio” (Ef 3,19b) e cresceremo come un albero il cui tronco diventa sempre più ricco di anelli circolari di anno in anno, fino alla “pienezza del Cristo” (Ef 4,13) . Il fine ultimo dell’anno liturgico è che diventiamo sempre più conformi al Cristo perché così siamo certi “di partecipare della sua immagine e della sua natura” (cf Rm 8,29)!

 

 

 

Last modified on Thursday, 05 February 2015 16:35

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