CONSIGLIO CONTINENTALE AMERICA, PAROLA DI DIO, COME AD ANTIOCHIA

Published in Missione Oggi

Cammini della missione

Molte operazioni legate alla missione (vocazioni, invii, comunità, porte aperte, porte chiuse, ecc.) narrate negli Atti dei Apostoli avvengono incidentalmente, per qualche cosa che accade dall’esterno, la cui valutazione potrebbe essere negativa, ma l’annuncio della Parola non è una programmazione pastorale, in quanto la comunità primitiva impara a riconoscere le chiamate dello Spirito Santo attraverso gli eventi che accadono e non le teorie. Il processo della missione avviene attraverso incontri, accoglienze, rifiuti, non può essere riducibile ad un viaggio di andata e ritorno.

Cosi accade anche con la comunità di Antiochia, costituita a causa di Erode che comincia a perseguitare la Chiesa, ma non può bloccare il cammino della “Parola di Dio che cresceva e si diffondeva”.

Le comunità di Gerusalemme, di Samaria, nella zona nord della Galilea, e di Antiochia la più lontana, nella loro formazione hanno sempre seguito una dinamica interna: le persone viaggiando s’imbattevano con cristiani e, affascinati dal messaggio che questi vivevano, ritornavano nelle proprie città, si riunivano con parenti, amici e conoscenti e sperimentavano comunitariamente la vita cristiana.

Ad Antiochia non è andato un missionario, ma la comunità è nata grazie a qualcuno, che già cristiano, aveva una relazione un po’ più profonda con la volontà di Dio e in qualche modo ha potuto fare da guida e radunare attorno a sé una comunità.

Questa comunità di Antiochia appare come vera icona che rende presente la missione rappresentata nel testo scritto e, elemento ancor più importante, é strumento di aiuto per noi della Consolata in quest'oggi del nostro cammino Istituzionale, Missionario e Carismatico, quando vogliamo bere delle fonti. Propongo, in atteggiamento umile e orante, come chi fa l'icona, lasciarci alfabetizzare contemplando ed pregando, riflettendo e condividendo a tre livelli:

  1. La Chiesa di Antiochia (Chiesa Locale: Diocesi - Parrocchie))
  2. La Comunità Apostolica dei cinque (Consigli delle circoscrizione IMC)
  3. 3.      L'Equipe missionaria (Comunità di vita e missioni)

1). Comunità apostolica e Chiesa missionaria

“C'erano nella comunità di Antiochia profeti e dottori: Barnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d'infanzia di Erode tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: “Riservate per me Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati”. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono” (At. 13,1-3).

Contesto civile

Antiochia, città della Siria (ora Turchia), con i suoi 500.000 abitanti rappresentava la terza città, per importanza, dell’Impero Romano. Dopo la persecuzione che aveva infierito ai tempi del primo martire Stefano, i cristiani erano giunti fin lì, oltre che a Cipro e in Fenicia. Presto Antiochia divenne il primo centro di evangelizzazione ai pagani. Lo stesso Paolo, nel suo primo viaggio, parte da Antiochia e ad Antiochia ritorna.

Contesto ecclesiale

Ci interessa, sopratutto, il volto missionario di questa chiesa, che le ha reso possibile avviare una missione vera al di là delle proprie frontiere.

  • Innanzitutto la memoria della sua origine e della propria esperienza, come racconta Luca: “alcuni (fra gli ellenisti fuggiti da Gerusalemme), cittadini di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiochia, cominciarono ad annunciare anche ai Greci, predicando la buona novella del Signore. E la mano del Signore era con loro e così un gran numero credette e si convertì al Signore” (At. 11,20s.). Per la prima volta, dunque, in questa città il vangelo è annunciato con successo ai pagani e viene a formarsi una comunità mista di giudeo e pagano-cristiani: una comunità di conseguenza che vive in un orizzonte universalistico e che ha maturato la coscienza che la salvezza va offerta a tutti.
  • Inoltre ha mostrato di aver maturato anche in quello spirito di comunione e solidarietà che Luca presenta come una caratteristica fondamentale della vita della chiesa (cf. At 2,42-47), quando si accordarono, ciascuno secondo quello che possedeva, di fare una colletta da inviare, attraverso Barnaba e Saulo, alla chiesa madre di Gerusalemme (cf. At 11,29s.; 12,25). Concreta testimonianza di solidarietà e economia de comunione, che non si riferisce semplicemente al dare denaro, ma che ha un altro spirito, quello dello  scambio: “ La Macedonia e l'Acaia infatti hanno voluto fare una colletta a favore dei poveri che sono nella comunità di Gerusalemme. L'hanno voluto perché sono ad essi debitori: infatti, avendo i pagani partecipato ai loro beni spirituali, sono in debito di rendere un servizio sacro nelle loro necessità materiali” (Rm 15,26-27); scambio che propone la comunione e l'uguaglianza: “Non si tratta infatti di mettere in ristrettezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza”  (2 Cor 8,13).
  • Infine questa chiesa e le sue guide si fanno carico reale della missione: “impongono le mani e compiono un rito di congedo”. Un tale gesto diventerà più chiaro alla fine della missione, dove viene annotato che i missionari “fecero vela per Antiochia, dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto”. (At 14,26).

 

Conformazione della Comunità Apostolica

Cinque persone di culture, provenienze, esperienze e formazione molto diverse, nessuno di Antiochia propriamente:

1.      Barnaba, un israelita dal nome classico di Giuseppe e della tribù di Levi, ma proveniente da Cipro. I suoi genitori gli posero nome Giuseppe, ma quelli che lo conobbero da vicino ed ebbero comunione con lui, pensarono: Dobbiamo dargli un altro nome e lo chiamarono Barnaba (dal greco Paraklesis, da Parakaleo = chiamare vicino, invitare, coinvolgere, confortare, esortare, curare, consolare, pregare). Dovunque andò, ebbe l’abilità e la grazia di sollevare lo spirito dei suoi fratelli, e fu così che Luca scrisse: “Giuseppe soprannominato dagli apostoli Barnaba, che interpretato vuol dire "figlio dell'incoraggiamento" o "figlio dell'esortazione", mentre una terza interpretazione lo indica con "figlio della consolazione" e una quarta con "figlio di Nebo"(cf. At 4,36).

2.      Simone (nome ebraico) detto Niger  (nome latino che vuol dire negro). Un ebreo di pelle nera con un soprannome latino, magari figlio di una famiglia di proseliti africani.

3.      Lucio di Cirene, dal nome ellenistico a cavallo fra il greco e il latino. Siamo approdati certamente nel continente africano. Potrebbe anche essere, questo Lucio, il missionario fedele compagno di Paolo di cui si parla in Rm 16,21.

4.      Manaèn (nome che deriva dall'ebraico Menachem) che significa “consolatore” o “figlio della consolazione”; Greco antico: Μαναημ (Manaem); Latino: Manahem) cresciuto in una corte, anche se una corte dipendente e di periferia come quella del tetrarca Erode Antipa, e pur sempre uomo di cultura cortigiana.

5.      Saulo, uomo di tre mondi, tre culture, in se stesso vive l'esperienza pluriculturale, anzi si può dire che la incarna: ebreo di stretta osservanza, greco di Tarso, cittadino Romano.

Riflessione applicata

I contesti e la conformazione della Comunità Apostolica, internazionale e interculturale, ci suggeriscono immediatamente qualche elemento di riflessione per il nostro “oggi” missionario della Consolata al Continente  America

 

2). Una Comunità organizzata (ministeri, carismi, ruoli)

Appare chiaramente che si tratta di una comunità o collegio di “profeti e dottori”  guida della giovane chiesa antiochena, che aveva una organizzazione interna, con dei ruoli o ministeri definiti, alcune pratiche religiose (culto, preghiera, digiuno) e anche dei tempi stabiliti per trovarsi insieme. A volte vengono presentatati come profeti (docili allo Spirito che incoraggiano la comunità dei credenti e la esortano a discernere e vivere la volontà di Dio) e dottori (dediti all’insegnamento che trasmettono, interpretando e approfondendo il rapporto tra l’Antico Testamento e il ricordo ben vivo dell’insegnamento di Gesù). Abbiamo, dunque, a capo di questa chiesa delle persone che non solo sanno attualizzare la parola del vangelo, ma sanno discernere con acutezza ciò che il Signore chiede alla chiesa in un determinato momento. Non appare, invece, la figura dei presbiteri o anziani come nella Chiesa di Gerusalemme (cf. Atti 15,2).

Riflessione applicata

La organizzazione della Comunità Apostolica, al servizio della Chiesa di Antiochia, ci suggeriscono qualche elemento di riflessione per il nostro “oggi” missionario della Consolata al Continente America

 

3). Una Comunità orante e liturgica (pratiche spirituale)

Luca ci parla di una comunità orante: radunata per ascoltare la Parola (interpretata dai profeti) e celebrare, possibilmente la liturgica eucaristica domenicale, a cui ovviamente prende parte tutta la comunità cristiana, presieduta dai cinque della Comunità apostolica. Di una comunità ascetica: la chiesa in digiuno. Preghiera e digiuno possono essere vie per percepire lo Spirito di Dio e per capire ciò che Dio vuole fare con noi. “Col digiuno meglio si rendono evidenti gli attaccamenti del cuore. Quando si è pervenuti a libertà, si può attendere e ricevere tutto da Dio”.

Riflessione applicata

Le pratiche spirituali della Comunità cristiana suggeriscono qualche elemento di riflessione per il nostro “oggi” missionario della Consolata al Continente America

 

4). Una comunità che vive il discernimento

Per capire meglio il “momento” della Comunità Apostolica di Antiochia, conviene inquadrarlo nella cornice lucana della presenza e l'azione dello Spirito Santo nella missione del Dio di Gesù-cristo.   

Per Luca e sua comunità é lo Spirito che, discendendo su Gesù (cf. Lc 3,21s.) e rimanendo stabilmente su di Lui (cf. Lc 4,18ss.), lo abilita come Messia profeta e sostiene tutto il suo ministero di annuncio della “buona novella ai poveri” in parole e gesti. Lo stesso Spirito, una volta che Gesù ha portato a compimento l’opera di salvezza con la sua resurrezione ed esaltazione a Signore, è da lui effuso sulla Chiesa (cf. At 2,33) perché diventi tutta comunità profetica e missionaria (cf. At 2,-1-4) e perché guidi l’attuazione del suo programma missionario: quello di “portare la testimonianza di Lui…fino ai confini della terra” (cf. At 1,8). Non stupisce, dunque, che sia proprio lo Spirito la forza della testimonianza profetica della chiesa, anche in situazioni difficili (cf. At 4,29-31), che sia lo Spirito a sollecitare gli evangelizzatori (cf. At 8,29), anche vincendo le umane resistenze e difficoltà ( cf. At 10,19s.; 20,22), verso nuove esperienze missionarie e che sia ancora lo “Spirito di Gesù” (cf. At 16,7) a confermare l’azione missionaria (cf. At 8,14-17; 19,1-7) e ad indicare alle chiese e ai loro inviati quali siano i nuovi spazi che Dio apre all’opera evangelizzatrice della chiesa.

Riflessione applicata

Per noi oggi risuona molto attuale questo dire dello Spirito:“Riservate per me Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati”, in stretto parallelo con un altro testo rilevante e carico di misteriosi interventi dello Spirito (cf. At 16,6-10). Ambedue segnano un allargamento decisivo degli ambiti della missione ecclesiale. In At 13,1-3 è all’orizzonte l’apertura della missione ai pagani, mentre in At 16,6-10 si profila il passaggio del vangelo in Europa e il suo inserimento rilevante nel mondo greco-romano.

Questi movimenti generati dallo Spirito, nel seno della Comunità antiochena, suggeriscono qualche elemento di riflessione per il nostro “oggi” missionario della Consolata al Continente America

 

5). Una comunità inviata che invia

La missione appare come un fatto comunitario, de fede, di risposta allo Spirito e cosi anche la scelta e l'invio dei missionari. Non è l’intuizione di qualcuno speciale, nemmeno la calcolata programmazione dell'Istituzione ecclesiale.

 

Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li lasciarono partire. Interessante! La prima celebrazione liturgica è seguita da una nuova celebrazione solenne che, nel resoconto di Luca, appare come scena di commiato, con tre elementi importanti: di nuovo il digiuno
e la preghiera, inoltre quell’imposizione delle mani come atto di speciale benedizione e    raccomandazione a Dio, non come comunicazione di poteri (cfr At 6,6). Se è lo Spirito, e non semplicemente i nostri desideri e i nostri progetti, a dettare i nuovi spazi della missione, allora l’opera di discernere i segnali dello Spirito trovare nuovi spazi e modalità di missione vanno sottoposti ad un serio discernimento comunitario. Lo Spirito ha frustrato più volte i progetti di Paolo, prima di indicargli le vie dell’Europa e i profeti e dottori di Antiochia, anche con la comunità cristiana,  si sono raccolti nel digiuno e nella preghiera prima di decidere l’inizio di una nuova azione missionaria.

 

Convezione: lo Spirito, che sollecita e guida l’azione missionaria della chiesa, si trova talora a fare i conti con le nostre resistenze, le miopie, le paure che frenano i missionari, le circoscrizioni e l'Istituto. Lo Spirito ha spesso orizzonti più ampi delle chiese, dei Istituti e dei missionari che rimangono chiusi dentro prospettive povere, dentro irrigidimenti tradizionali, dentro paure dettate da calcoli troppo umani. Lo Spirito si trova così a dover prima convertire, non semplicemente in senso morale, ma in senso culturale, in disponibilità al nuovo e al non previsto, in apertura al coraggio e al confronto, le chiese e i credenti.

 

Nessun missionario da solo

La scelta e l'invio in missione è stato come nella missione prepasquale di Gesù, “due a due” (Lc 10,1), per favorire il sostegno reciproco e la vita comunitaria. Diverranno tre, con l’aggiunta di Marco, un collaboratore (At 15,37ss), non un semplice aiutante. Una bella squadra missionaria: Barnaba, profeta; Saulo, dottore; Marco scrittore – evangelista.

E vero che Barnaba e Saulo sono stati scelti per “l'opera” alla quale lo Spirito li ha chiamati. Ma quando essi partono non sanno ancora con chiarezza in che cosa consista questa “opera”. Lo scopriranno mano a mano durante il loro viaggio missionario. Solo alla conclusione la avranno chiara e potranno raccontare “l'opera compiuta” che consiste in “tutto ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro e come aveva aperto ai pagani la porta della fede” (At 14,27). Soltanto attraverso l’esperienza, fatta di confronti, di fatiche ed anche di frustrazioni e opposizioni, hanno compreso che Dio voleva da loro l’annuncio del vangelo ai lontani-pagani.

Hanno dovuto confrontarsi duramente con la religiosità magica e sincretista, per scoprire che un proconsole romano poteva essere disponibile alla fede (cf. At 13,6-12).  C’è voluta la frustrazione e l’opposizione subita dai giudei di Antiochia di Pisidia per comprendere l’ordine del Signore: Ti ho posto come luce per le genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra (cf. At 13,45-47).  E’ stata la persecuzione e il tentativo di linciaggio dei giudei di Iconio a spingere i missionari ad entrare in Licaonia (cf. At 14,1-7).

 

Riflessione applicata

Quest'azione portata avanti fra la Comunità Apostolica, la Chiesa Locale, i missionari scelti e lo Spirito Santo, suggeriscono qualche elemento di riflessione per il nostro “oggi” missionario della Consolata al Continente America

 

6). La missione narrata

L’esperienza maturata nella missione non deve essere privatizzata e non deve restare muta. C’è l'Istituto e le Chiese Locali, ci sono delle comunità di appartenenza ed invio a cui rendere conto, a cui narrare. Paolo e Barnaba “non appena furono arrivati, riunirono la comunità e narrarono tutto quello che Dio aveva compiuto per mezzo loro e come aveva aperto ai pagani la porta della fede” (At. 14,27). Marco poi ha inventato il genere letterario chiamato di “vangelo” raccontando, in greco popolare e basato sulla predicazione dell'Apostolo Pietro,  i fatti e detti di Gesù.

 

 

E’ interessante osservare come più volte venga menzionato l’atto del “narrare”, in chiave teologica, i successi della missione di Paolo e Barnaba (cf. At 14,27; 15,3.12): è un narrare che incontra l’ascolto attento e suscita la gioia nelle comunità cristiane che si raccolgono attorno agli evangelizzatori al loro ritorno dall’esperienza della missione. La narrazione “teologica”, quella che evidenzia Dio o il Signore come protagonista delle esperienze raccontate, non è un fatto isolato negli Atti (cf. At 11,1-17; 12,17; 21,19).

Tutto questo materiale orale, narrato dai missionari e custodito dalle comunità,  serverà  a Luca per scrivere buona parte dei Atti  degli Apostoli. Prima viene vissuta la missione, poi la narrazione al servizio della fede e la comunione e finalmente la pubblicazione (Vangelo, libri, riveste, siti web, ecc.), “tutto alla gloria di Dio” (1 Cor 10,31).

La missione fa il missionario

Appena iniziata la missione, nell’incontro con il proconsole Sergio Paolo (cf. At 13,9), Luca chiama Saulo col nome romano Paolo. La segnalazione del doppio nome e il cambiamento di nome servono a delineare una svolta decisiva nel suo ministero missionario. A questo punto Saulo, anche se continuerà a predicare ai giudei, praticamente finisce la sua missione fra loro e comincia, come Paolo, la evangelizzazione dei pagani. Una missione che lo porterà fino a Roma. Nel momento in cui, dunque, egli inizia a prendere contatto con il mondo greco-romano il suo nome cambia. Dall’ebreo Saulo egli diventa il cittadino romano Paolo, quasi a segnalare lo sforzo di inculturazione che il missionario è chiamato a fare nel passaggio dalle sue radici giudaiche al futuro che lo attende nell’ambiente dell’impero romano. L'esperienza missionaria dovrà sempre provocare una qualche trasformazione dell’inviato, non soltanto il cambiamento del nome, ma di ciò che esso significa e comporta di perdita e sofferenza, di guadagno e gioia, che lo fa diventare un uomo nuovo nel cuore e nella testa, anche se vecchio fisicamente.

 

Riflessione applicata

La missione fa il missionario, mentre lui fa la missione. I missionari della Comunità antiochena,  suggeriscono qualche elemento di riflessione per il nostro “oggi” missionario della Consolata al Continente America.

 

 

Last modified on Thursday, 05 February 2015 16:39

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