L’EREDITÁ MISSIONARIA DI GIOVANNI PAOLO II

Published in Missione Oggi

P. Gaetano Mazzoleni, IMC

 

Il Papa si considera missionario ed amico dei nativi dell’America.”

Gesù stesso si è fatto indio.”

Gli indigeni, oggetto dell’amore preferenziale della Chiesa, occupano un posto privilegiato nel cuore del Papa.”

 

 

I messaggi di Giovanni Paolo II agli amerindi a

OAXACA-CUILAPAN (Messico), MANAUS (Brasile), QUEZALTENANGO (Guatemala), SANT’ ANNA de BEAUPRÉ (Canada), FORT SIMPSON (Canada), LATACUNGA (Equador), CUZCO (Perù), IQUITOS (Perù), POPAYÁN (Colombia), TEMUCO (Chile), PHENIX (Stati Uniti), "CAMP GROUND" di FORT SIMPSON (Canada), Missione di SANTA TERESITA ( Paraguay).

 

 

La beatificazione di Giovanni Paolo II ha portato alla considerazione della Chiesa molti aspetti del suo pontificato. Tra i molteplici uno che merita di essere messo in risalto nei suoi viaggi missionari in America Latina è stata l’attenzione e la preoccupazione pastorale verso popoli amerindi.

La presenza del Papa in l’America Latina attraverso i suoi messaggi nelle molteplici visite nei vari paesi ha significato anche un’animazione per intraprendere nuovi approcci pastorali. Nell’ambito della nuova evangelizzazione Giovanni Paolo II, enfatizzando una missiologia dalla dimensione antropologica e non solo teologica, ha segnalato specificamente i soggetti a cui va offerto il messaggio evangelico.

Con la sua presenza e le sue parole, il Beato Giovanni Paolo II, ha presentato alla considerazione della Chiesa latinoamericana un soggetto molte volte dimenticato o poco valutato: l’amerindio. Attraverso le sue allocuzioni ai nativi dell’America, gli amerindi, Giovanni Paolo II manifesta una speciale preoccupazione pastorale per questi integranti della società latinoamericana e lo ha fatto per ben 13 volte.

In ogni paese visitato, con il suo messaggio, ha evidenziato la realtà della presenza dei popoli indigeni, segnalandone le principali problematiche sociali, economiche e culturali esistenti e rivolgendo alla società in generale e ai governanti in modo speciale appelli in favore della loro sopravvivenza fisica e culturale.

L’amerindio è tutt’ora una sfida per la Chiesa Latinoamericana di fronte al suo emergere come “soggetto sociale”, da sempre presente pero purtroppo nella storia dimenticato o sottovalutato.

 

 

LE ALLOCUZIONI DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II AGLI AMERINDI

Per la prima volta nel 1979 il Papa Giovanni Paolo II si diresse esplicitamente agli amerindi, e lo farà per 13 volte, nei suoi viaggi pastorali per l'America Latina. Gli interventi del Papa, con le riflessioni della Chiesa latinoamericana e delle Chiese particolari, hanno collaborato a evidenziare i temi essenziali che oggi costituiscono il contesto sociale, economico, culturale, educativo e religioso della pastorale indigena.

 

 

OAXACA-CUILAPAN, Messico, 29 Gennaio 1979.

Il Papa manifesta di voler essere la voce degli indigeni messicani ricordandoli che anche essi sono chiamati alla santità. Ricorda i missionari del passato desiderosi di assimilare lo stile di vita e le abitudini indigene per rivelare meglio e dare espressione viva all'immagine di Cristo; sottolinea l'importanza della cultura come veicolo per trasmettere la fede.

La sfida dell'inculturazione per la Chiesa, fedele al messaggio autentico e totale del Signore, consiste nell’aprirsi all’interpretazione di ogni realtà umana per impregnarla della forza del Vangelo. La presenza del Papa è segno della preoccupazione universale della Chiesa per i popoli indigeni; si solidarizza con essi, con la causa del popolo umile, con le masse di popolazione quasi sempre abbandonate ad un ignobile livello di vita e a volte trattate e sfruttate duramente; vuole essere la voce di chi non parla o di chi è taciuto, essere coscienza delle coscienze.

Il Papa segnala i valori umani e religiosi degli indigeni: amore alla famiglia, senso di amicizia, aiuto al più bisognoso, profondo umanesimo, amore alla pace e convivenza civica, vissuto del religioso, fiducia ed apertura a Dio e amore alla Vergine.

 

 

MANAUS, Brasile, 10 Luglio 1980.

La Chiesa apprezza i popoli indigeni per quello che sono e per quello che rappresentano, cerca di dedicarsi, oggi come nel passato, alla comunicazione del Vangelo, alla loro promozione umana, alla preservazione della loro identità di uomini, di popolo e di nazione. Gli indigeni, primi abitanti dell'Amazzonia, hanno uno speciale diritto, acquisito durante generazioni, sulla terra spazio vitale per la sopravvivenza e per la preservazione dell'identità come gruppo umano, come vero popolo e nazione.

 

 

QUEZALTENANGO, Guatemala, 7 Marzo 1983.

Facendo enfasi sul tema dell'inculturazione del Vangelo, il Papa Giovanni Paolo II ricorda che la Chiesa quando annuncia il Vangelo deve incarnarsi nei popoli che accolgono la fede e deve assumere le loro culture.

Le culture indigene che sono ricchezze per i popoli, mezzi efficaci per trasmettere la fede, per la vivenza delle relazioni con Dio, gli uomini ed il mondo meritano il massimo rispetto, stima, simpatia ed appoggio da parte di tutta l'umanità.

L'opera evangelizzatrice annuncia Gesù Cristo, non distrugge, ma si incarna nei valori indigeni, li consolida e fortifica. Con l'evangelizzazione, la Chiesa rinnova le culture, combatte gli errori, purifica ed eleva la morale dei popoli, feconda le tradizioni, le consolida e restaura in Cristo.

La Chiesa non solo rispetta ed evangelizza i popoli e le culture ma ha difeso i valori culturali di ogni gruppo etnico. In questo momento si conoscono l’emarginazione, le ingiustizie, le serie difficoltà per difendere le terre e i diritti degli indigeni, la mancanza di rispetto ai loro costumi e tradizioni.

Il Papa eleva la sua voce di condanna alla violazione della dignità di esseri umani e di figli di Dio ed accompagna pacificamente gli indigeni, ma con decisione ed energia, per ottenere il riconoscimento e la promozione della dignità e dei diritti come persone. Reclama una legislazione adeguata che li protegga dagli abusi e offra loro un ambiente e mezzi adeguati per il normale sviluppo come indigeni. Richiede che siano rispettate le riserve indigene che sia salvaguardato il carattere sacro della vita. Invita i responsabili del governo che si preoccupino per l'elevazione umana e culturale della popolazione autoctona con scuole, attenzione sanitaria e promuovendo riforme senza violenza.

 

 

SANT’ ANNA de BEAUPRÉ, Canada, 10 Settembre 1984.

Il tema del discorso agli aborigeni del Canada è focalizzato sull'incontro col Vangelo. Gli amerindi rappresentano i primi abitanti dell'immensa regione dell'America del Nord i quali per secoli l'hanno segnata con la loro impronta, le loro tradizioni e la loro civiltà. La coabitazione con altre culture ha conosciuto ore difficili ma si è manifestato anche fruttifera. Gli amerindi senza perdere la loro identità culturale hanno compreso che il messaggio cristiano era destinato ad essi ed altri.

Giovanni Paolo II ricorda con gratitudine i missionari che vennero a presentare agli antenati ed ai contemporanei la possibilità di giungere ad essere fratelli in Gesù Cristo che consacrarono la loro vita all'evangelizzazione e all'appoggio di numerosi gruppi di amerindi condividendo le loro vite, introducendosi nel loro ambiente per dare attestazione di Gesù Cristo e fondare la Chiesa.

Durante i secoli gli amerindi hanno scoperto progressivamente nelle loro culture maniere proprie di vivere, la relazione con Dio e col mondo. Il Papa li invita a continuare a coltivare i valori morali e spirituali, il senso acuto della presenza di Dio, l'amore alla famiglia, il rispetto verso le persone anziane, la solidarietà col loro popolo, il saper condividere, l'ospitalità, il rispetto alla natura, l'importanza data al silenzio, alla preghiera e la fede nella Provvidenza.

L’incontro del Vangelo con la cultura amerindia ha arricchito la Chiesa. Il Vangelo non distrugge ció che c'è di migliore nelle culture amerindie, feconda dall'interno le qualità spirituali ed i doni propri della cultura. Le tradizioni amerindie permettono nuove espressioni del messaggio di salvezza e aiutano a comprendere meglio fino a che punto Gesù è salvatore universale.

Le ripercussioni delle trasformazioni economiche, sociali e culturali sulle maniere tradizionali di vivere sono sfide alla propria identità; gli amerindi manifestano preoccupazione per il futuro della loro identità di nativi e il desiderio di preservare le proprie caratteristiche culturali.

Le relazioni tra autoctoni e bianchi sono ancora cariche di pregiudizi e tese. In molti posti gli autoctoni si trovano ad essere tra i più poveri ed emarginati della società, soffrono il ritardo di una comprensione giusta della propria identità e della loro capacità per partecipare alle orientazioni del loro futuro. Il Papa invita i governanti a perfezionare le legislazioni affinché queste offrano un maggiore riconoscimento e maggior spazio di decisione per gli amerindi.

La Chiesa di Gesù Cristo è la Chiesa degli Amerindi; essa è come "i rifugi" che gli antenati costruirono lungo la storia del passato affinché nessuno rimanesse senza provviste.

 

 

FORT SIMPSON, Canada, 18 Settembre 1984.

Il Papa ripete la sua stima e amicizia ai discendenti dei primi abitanti del Canadá ed esprime il suo rispettoso omaggio agli inizi della società umana in questa vasta regione dell'America del Nord. La cooperazione che esiste tra gli amerindi è un segno di speranza di fronte alla costruzione della solidarietà tra le popolazioni aborigene del Canadá.

La presenza del Papa vuole essere l'espressione del profondo interesse e della sollecitudine della Chiesa per le popolazioni native del Nuovo Mondo; è un impegno storico che segna una nuova fase nei lunghi rapporti tra amerindi e Chiesa.

Il Papa Pablo III, nel 1.537, con il decreto "Pastorale Officium" proclamò i diritti delle popolazioni native, dichiarò la loro dignità, difese la loro libertà, manifestò che non potevano essere schiavizzati o privati dei loro beni e delle loro proprietà.

I missionari che si sforzarono per vivere la vita degli amerindi, essere come essi per servirli e portar loro il Vangelo salvatore di Gesù Cristo, vogliono riparare le mancanze, le imperfezioni e gli errori che si commisero e che abbiano potuto causare danni involontari. L'amore fraterno dei missionari è archiviato nella memoria storica degli amerindi. I missionari, sempre amici degli Amerindi, hanno dedicato le loro vite al servizio, alla predicazione del Vangelo ed all'educazione. Il rinascere della cultura e delle tradizioni amerindie devono molto agli sforzi dei missionari nel campo della linguistica, dell'etnografia e dell'antropologia i quali condivisero la vita culturale e sociale degli amerindi e si sforzarono per il maggior rispetto al patrimonio, la lingua e costumi delle popolazioni native.

L'evangelizzazione è la predicazione del Vangelo che rafforza le tradizioni perfezionandole e nobilitandole, è proclamazione del nome, della dottrina, vita, promesse, regno e mistero di Gesù, è incarnazione del messaggio. "Gesù stesso si è fatto indio." I missionari desiderano rimanere vicini agli amerindi nelle loro lotte e sforzi per ottenere il pieno riconoscimento della dignità umana e cristiana come popolo aborigeno e come figli di Dio.

Giovanni Paolo II invita la Chiesa del Canada ad essere sempre maggiormente sensibile alle necessità missionarie del Nord. Per secoli le popolazioni native sono state vittime dell'ingiustizia dei “nuovi arrivati” che nella loro cecità considerarono frequentemente la cultura amerindia come inferiore.

La Chiesa proclama il diritto alla partecipazione delle persone nelle decisioni della vita pubblica che si riferiscono alla loro esistenza. Il nativo ha il diritto di un giusto ed equo grado di autogoverno, di un terra-base con adeguate risorse per sviluppare un'economia vitale per le presenti e le future generazioni.

 

 

LATACUNGA, Equador, 31 Gennaio 1985.

Allocuzione alle nazionalità indigene ecuadoregne sulla relazione tra i valori indigeni ed i semi del Verbo.

Nella cultura e nei valori indigeni si scopre la presenza di Dio creatore dell'uomo e del mondo. Per Gesù Cristo lo spirito di unità e di solidarietà proprio dei popoli indigeni ricevette maggior profondità e forza. Lo Spirito di unione solidale si manifesta in varie forme: nell'allegria e nell'entusiasmo delle “mingas” (lavoro comunitario), nelle feste, nell'ospitalità e nella partecipazione nei momenti di dolore; l'unità si esprime con grande ricchezza nelle famiglie, nelle organizzazioni e nelle "comunas (comunità)."

Prima dell'evangelizzazione, tra gli indigeni c'era la convinzione di rimanere uniti oltre la morte identificando il male con la morte ed il bene con la vita. Gesù è la vita. Gli indigeni sperimentano un vivo senso della giustizia e danno gran valore alla parola. Gesù è la parola del Padre che rivela il desiderio di Dio che tutti gli uomini di tutti i paesi e culture si uniscano in una sola comunità di amore. I valori sono realtà positive, segno di robustezza che parlano con eloquenza.

Le difficoltà e le sofferenze della storia passata e presente hanno fatto dubitare dell'identità indigena ma le comunità indigene per secoli si sono sforzate per conservare i propri valori e la propria cultura. È legittima la ricerca della preservazione culturale.

L’impegno storico della Chiesa è presente nelle persone dei missionari che hanno lottato in difesa dei diritti degli indigeni elevando e facendo sentire il loro grido di denuncia davanti alle autorità.

I valori indigeni sono preziosi perché potrebbero arricchire altre culture mentre sono minacciati per la debilitazione del senso religioso, del senso di comunità e della famiglia per causa della migrazione per mancanza di terre e per gli ingiusti rapporti tra agricoltura, industria e commercio. I membri delle nazionalità indigene anelano il rispetto verso la persona umana, la cultura, le tradizioni, le abitudini e la forma di governo autoctona, di essere gestori e responsabili del proprio sviluppo. La cultura indigena è vincolata al possesso pacifico ed effettivo della terra.

L'evangelizzazione deve tenere in conto la cultura indigena accogliendo con allegria gli elementi autoctoni. La Chiesa rispetta e stima la cultura di ogni popolo, valorizzandone tutti gli aspetti positivi. Le Chiese Particolari devono sforzarsi per realizzare un trasferimento del messaggio evangelico al linguaggio antropologico e ai simboli della cultura in cui si inserisce affinché nasca una Chiesa autoctona.

 

 

CUZCO, Perù, 3 Febbraio 1985.

La fortezza di Sacsayhuamán è esempio e simbolo della mutua collaborazione. Il passaggio della lettura liturgica di Rut è un invito a tutti gli uomini affinché siano un esempio di giusta collaborazione tra il campo e la città. I valori indigeni di ospitalità, prontezza in soccorrere gli orfani, generosità nel condividere, pietà con ogni bisognoso sono virtù umane e cristiane. Ogni cooperazione serve per migliorare le difficili condizioni di insicurezza, penuria, scarsa alimentazione, mancanza di mezzi per rispondere ai bisogni della salute, per difendere il diritto alla necessaria ed urgente promozione umana senza sentimenti di odio o di violenza.

I primi Evangelizzatori seminarono generosamente la fede cristiana nel cuore dei popoli andini. Una rispettosa evangelizzazione eleva la vita umana, cristiana, familiare e sociale. Il Papa manifesta il suo profondo rispetto per la cultura ancestrale di secoli, per la pietà e la religiosità, invita gli indigeni a conservare i genuini valori che sono pure cristiani. Il rispetto alla cultura implica promozione di tutto ciò che è buono contemplato alla luce del Vangelo.

 

 

IQUITOS, Perù, 5 Febbraio 1985.

Realizzando il mandato di Gesù agli Apostoli di fare discepoli tutte le genti, il Papa segue i passi degli abnegati missionari che dall'inizio dell'evangelizzazione vennero per annunciare la Buona Notizia del Vangelo agli indigeni destinatari del messaggio di Gesù.

Il Papa riconosce la preoccupazione degli indigeni per un giusto progresso, per la difesa dei diritti, ma facendolo come Cristo ha insegnato senza considerare nessuno come nemico, per la difesa delle terre ancestrali, per esserne i pacifici possessori da tempo immemorabile.

Invita gli indigeni a non chiudersi agli altri bensì ad entrare in comunicazione con altre culture per arricchirsi senza perdere la legittima identità, a lasciarsi illuminare dal Vangelo che purifica e nobilita le tradizioni.

La difesa della terra e della cultura, senza dimenticare la condizione di figli di un stesso Dio, ripudiando la violenza, la vendetta e gli odi, appartiene legittimamente alle aspirazioni dei popoli indigeni. La mancanza di un'efficace attenzione alle concrete necessità educative delle comunità native e di attenzione sanitaria sono problemi che emergono nella vita quotidiana delle comunità indigene.

La pluralità di culture e di gruppi etnici sono contemporaneamente ricchezza, problema e sfida a cui devono rispondere la società e la stessa Chiesa. L'inculturazione è necessaria affinché il Vangelo penetri rispettando e potenziando le culture. Tutto quello che si faccia in questo senso è benvenuto nella Chiesa.

Il Papa ricorda i missionari pionieri della fede che, dal primo momento, hanno cercato gli indigeni, li hanno difesi nei momenti di persecuzione e hanno organizzato la loro forma di vita e di cultura come nelle riduzioni del Maynas (Perù). Nello sforzo di incarnare il messaggio cristiano nella realtà della vita dei nativi della selva il ruolo dei missionari è di essere sacerdoti o religiosi prima che antropologi, linguisti o sociologi, messaggeri di amore e di unità tra i popoli e i diversi gruppi linguistici evitando che la dedizione ai più poveri porti al servizio di cause che non sono propriamente evangeliche.

 

 

POPAYÁN, Colombia, 4 Aprile 1986.

Dopo il saluto ai distinti gruppi etnici sparsi per il vasto territorio colombiano, oggetto dell'amore preferenziale e di servizio singolare da parte della Chiesa, Giovanni Paolo II ricorda che la religiosità e pietà popolare si incontrano radicate profondamente nel popolo grazie alla plurisecolare evangelizzazione. La pietà popolare risponde ai valori con cui la saggezza e il senso religioso dei fedeli affrontano i grandi interrogativi dell'esistenza umana sotto la luce di Dio Padre.

Gli indigeni, oggetto dell'amore preferenziale della Chiesa, occupano un posto privilegiato nel cuore del Papa che vede in essi la presenza di tutti gli aborigeni del continente americano e un segno speciale della presenza di Cristo nel suo mistero di dolore e di resurrezione.

La Chiesa ha avuto da sempre affetto verso gli indigeni da persone dedicate totalmente nelle loro vite di stare a fianco di essi, correndo la stessa sorte. Il Papa invita gli indigeni ad essere fedeli alla Chiesa di Cristo, al comandamento dell'amore fraterno e alla riconciliazione. Conosce le loro lotte per la difesa della cultura rappresentata nelle lingue, i costumi, lo stile di vita e la difesa della dignità umana per il conseguimento dei diritti che competono loro come cittadini. Esorta che le lotte stiano sempre nella linea evangelica dell'amore verso tutti d’accordo con le norme della morale cristiana.

La Chiesa appoggia le aspirazioni dei popoli nativi; vuole, chiede e si sforza affinché le sue condizioni di vita siano ogni volta migliori in modo che essi possano godere di tutte le opportunità nel campo dell'istruzione, del lavoro, della salute e dell'abitazione. E’ in attesa che sorga una Chiesa con “volto amerindio”.

 

 

TEMUCO, Chile, 5 Aprile 1987.

Il Papa si dirige al popolo Mapuche che è orgoglioso della propria lingua, cultura e tradizioni peculiari che sono valori caratteristici nella nazione cilena. L'essere figli di Dio si colloca al di sopra di qualunque differenza etnica o culturale. La fede supera le differenze tra gli uomini e li rispetta.

La Chiesa si sente arricchita accogliendo la molteplice diversità e varietà di tutti i suoi membri. Giovanni Paolo II esorta i Mapuches perché conservino con sano orgoglio la cultura del proprio popolo, le tradizioni e i costumi, la lingua e i valori propri. Difendendo la propria identità si esercita non solo un diritto ma si esercita anche un dovere: il dovere di trasmettere la propria cultura alle generazioni future arricchendo in questo modo tutta la nazione cilena con l'amore alla terra, l'indomito amore alla libertà e l'unità delle famiglie.

Il Papa invita il popolo cileno a che ami i Mapuches, rispetti la loro idiosincrasia e si unisca ad essi nella costruzione di un futuro nel quale tutti siano parte attiva e responsabile come corrisponde alla dignità umana e cristiana. La Chiesa vuole decisamente appoggiare le richieste di rispetto ai legittimi diritti del popolo Mapuche che non poche volte è stato oggetto di ingiustizie e emarginazioni.

 

 

PHENIX, Stati Uniti, 14 Settembre 1987.

I nativi delle terre americane sono i nobili discendenti di innumerabili generazioni che hanno conservato e trasmesso gelosamente le loro tradizioni di generazione in generazione. L'incontro con la cultura europea rappresenta un avvenimento che, ancora oggi ha un'influenza profonda nella vita delle popolazioni native. Si devono riconoscere le realtà dolorose di quell'incontro; è un dovere di giustizia riconoscere l'oppressione culturale, le ingiustizie, la distruzione della vita e delle società tradizionali.

I missionari hanno difeso instancabilmente i diritti degli abitanti originari del Nord l'America, hanno lavorato per migliorare le condizioni di vita, creare sistemi educativi, e, per fare questo, hanno imparato la lingua aborigena.

La Chiesa era convinta della necessità di proteggere le popolazioni native, nonostante che non tutti i suoi membri siano stati fedeli alle loro responsabilità; ci sono esempi che meritano una menzione speciale. Fra Ginepro Serra ebbe conflitti con 165 autorità civili per il modo in cui erano trattati le popolazioni autoctone. Nel 1773 presentò un progetto di leggi fondamentali in difesa degli indios. Già nel 1537 il Papa Pablo III difese la libertà ed il diritto di proprietà degli aborigeni. Francisco da Victoria rivendicò con forza i diritti degli indios e stabilì le basi della legge internazionale relativa ai diritti dei popoli. Attualmente siamo chiamati ad imparare dagli errori del passato e a lavorare per la riconciliazione e la salvezza.

Il Vangelo che è adatto per tutti i popoli fertilizza, eleva e purifica tutte le culture. Ogni popolo esprime la sua identità ed arricchisce gli altri mediante la propria cultura e storia.

Il Papa incoraggia i nativi dell'America affinché conservino le loro lingue e le loro tradizioni. Il seme del Vangelo ha prodotto già frutti di santità tra i popoli nativi. La testimone del Vangelo più conosciuta in queste latitudini è la Beata Kateri Tekakwitha che rimase sempre come una vera figlia del suo popolo.

 

 

"CAMP GROUND" di FORT SIMPSON, Canada, 20 Settembre 1987.

In questa allocuzione il Papa proclama l'uguale dignità umana di tutti i popoli e difende il diritto a mantenere la propria identità culturale con le sue distinte tradizioni.

I missionari sono stati veri amici dei nativi e hanno mostrato rispetto per il patrimonio culturale dei popoli autoctoni. L'attuale risorgimento della cultura e delle tradizioni native deve molto agli sforzi pionieri dei missionari; essi continuano tra gli aborigeni come i loro migliori amici, dedicando le loro vite al loro servizio, predicando loro il Vangelo e il Papa si considera missionario ed amico dei nativi.

Cristo, nei membri del suo Corpo, è contemporaneamente indio: Inuit e Metis. Il messaggio evangelico ha fortificato ed arricchito le degne tradizioni native; il Papa è venuto a proclamare la dignità dei nativi ed ad appoggiare il loro destino. La Chiesa appoggia gli sforzi per proteggere i diritti dagli aborigeni e manifesta la sua speranza che sarà vantaggiosa una nuova ronda di conversazioni tra le organizzazioni aborigene ed il Governo per chiedere una "nuova alleanza" che assicuri i diritti basilari degli aborigeni, includendo il diritto all'autogoverno.

Esistono vincoli molto stretti tra il Vangelo e la promozione umana: i popoli di tutto il mondo aspirano alla libertà e allo sviluppo, tentano di agire, fare, conoscere ed avere maggiormente per essere di più. "Essere di più" è anche la sfida alla quale si affrontano i popoli nativi del Canada e la Chiesa si sforza di ottenere questa meta accanto ad essi.

 

 

Missione di SANTA TERESITA, Paraguay, 17 Maggio 1988

Mentre le Chiese particolari latinoamericane erano impegnate a riflettere sul Documento di Lavoro in preparazione alla IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, il Papa Giovanni Paolo II nell'incontro con gli indigeni del Paraguay trattò il tema della relazione tra la luce della fede, la vita della grazia e la promozione integrale dell'uomo.

Il V centenario dell'evangelizzazione dell'America è un motivo di allegria per la Chiesa e per tutti. Dio vuole che tutti gli uomini si salvino ed giungano alla conoscenza della verità. Per questo motivo confidò ai suoi Apostoli e alla Chiesa intera la missione di andare e fare discepoli tra tutte le genti. In compimento di questo mandato di Cristo durante cinque secoli arrivarono uomini e donne, spinti da un grande amore a Dio e verso gli abitanti di queste terre, senz’altro obiettivo che quello di diffondere la luce della fede ed innestare una nuova vita, la vita della grazia nei loro cuori, elevandoli alla condizione di figli di Dio, fratelli in Cristo.

La fede è la luce che illumina tutta la vita del cristiano. L'evangelizzazione delle comunità indigene raggiungerà la sua piena maturità quando ci saranno molti sacerdoti sorti dalle stesse famiglie indigene. La fede deve impregnare sempre maggiormente gli autentici valori tradizionali che si sono plasmati nel trascorso dei secoli e che costituiscono l'anima delle culture indigene. Il messaggio del Vangelo "purifica, fortifica ed eleva" le culture e le tradizioni che lo assumono.

L'esempio di Gesù illumina le difficoltà e le sofferenze degli indigeni con una nuova prospettiva. Nella vita delle comunità indigene si danno frequentemente situazioni di povertà, di malattia, di dimenticanza sociale, problemi relativi al possesso delle terre e titoli di proprietà.

Gli indigeni anelano una promozione integrale, di essere rispettati come persone, che siano riconosciuti e tutelati i loro diritti umani e civili; vogliono essere i gestori dello sviluppo dei loro popoli, chiedono rispetto per le loro culture e per le decisioni che essi prendono.

La Chiesa ha difeso la libertà e la dignità degli indigeni dei cui diritti i missionari furono frequentemente rappresentanti contro gli abusi ai quali i loro antenati furono sottomessi.

 

 

SANTO DOMINGO E L’EREDITÁ DI GIOVANNI PAOLO II

Gli interventi del Papa Giovanni II e le riflessioni delle chiese particolari promosse dal DEMIS – CELAM riguardanti il tema dei popoli amerindi costituirono la piattaforma per la lettura della realtà sociale, culturale e pastorale latinoamericana e materiale di riflessione per i Vescovi partecipanti alla IV Conferenza Generale riunita in Santo Domingo e alla V riunita in Aparecida (2007). In sintesi:

Nell’ambito culturale la Chiesa si dichiara difensora dei valori culturali di ogni gruppo etnico. Con le parole del Papa Giovanni Paolo II essa riconosce l’identità dei popoli indigeni latinoamericani la cui cultura è portatrice delle “semina Verbi” (sementi del Verbo). Individua inoltre nei valori umani e religiosi degli amerindi la piattaforma per un dialogo interculturale e interreligioso. Nel contesto di una nuova evangelizzazione il riconoscimento dei valori culturali e spirituali dei popoli indigeni si trasformano in un solenne impegno per l’inculturazione del vangelo e la promozione di una Chiesa con “volto proprio”.

Nell’settore sociale la preoccupazione della Chiesa per i popoli indigeni si traduce in un tangibile “mettersi accanto”, in un “accompagnamento” nel loro cammino e in un “riconoscimento” delle loro aspirazioni e un impegno di promozione umana. Papa Giovanni Paolo II, e con Lui la Chiesa Latinoamericana, dichiara e riconosce pubblicamente che gli amerindi sono gli abitanti originari del continente americano e i primi abitanti dell'Amazzonia. Da questo riconoscimento sorge il loro giusto reclamo sulla terra (terra = territorio: spazio vitale per la sopravvivenza). Il Papa esorta i governanti a promuovere una legislazione adeguata che protegga gli amerindi dagli abusi, richiedendo anche che siano rispettate le riserve indigene e sia salvaguardato il carattere sacro della vita.

Infine in nome della Chiesa, il Papa incoraggia gli amerindi a conservare e promuovere con legittimo orgoglio la cultura dei loro popoli, le sane tradizioni e i costumi, le lingue e i propri valori.

 

 

INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DEI POPOLI AMERINDI:

“Nel contesto della commemorazione del V Centenario dell'inizio dell'evangelizzazione nel Nuovo Mondo i discendenti degli uomini e delle donne che hanno popolato questo continente, quando la croce di Cristo fu piantata in quel 12 ottobre di 1492, occupano un posto di preferenza nel cuore e nell'affetto del Papa”. Nel messaggio del Papa Giovanni Paolo II consegnato ai rappresentanti dei popoli indigeni il 13 di ottobre del 1992 sono esplicitati gli impegni che la Chiesa vuole assumere con loro: riconoscimento dell’identità degli amerindi, apprezzamento per la cultura indigena portatrice dei semi del Verbo, impegno del Papa e della Chiesa di stare con gli indigeni e di riconoscerne le legittime aspirazioni infine impegno della Chiesa nella promozione umana e nell'evangelizzazione con la promozione di una Chiesa con "volto proprio."

“.... Siete i continuatori dei popoli tupí-guaranì, aymara, mayam, quechua, chibcha, nahualt, mixteco, araucano, yanomami, guajiro, inuit, apache e tanti altri che si distinguono per la loro nobiltà di spirito e che si dono distinti nei loro valori autoctoni culturali, come la civiltà azteca, maya, inca, e che possono vantarsi di possedere una visione della vita che riconosce la sacralitá del mondo e dell'essere umano” (Messaggio).

Inoltre nel suo discorso inaugurale, Giovanni Paolo II ha invitato i Vescovi partecipanti a prestare una speciale attenzione alle culture indigene “assimilando e rilevando tutto ciò che in esse si incontra di profondamente umano e umanizzante. La loro visione della vita che riconosce la sacralità dell’essere umano, il profondo rispetto per la natura, l’umiltà, la semplicità la solidarietà per essere valori evangelici” (Giovanni Paolo II. Discorso di introduzione).

 

IL DOCUMENTO di SANTO DOMINGO, ottobre 1992.

La IV Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano celebrata in Santo Domingo si appropriò delle riflessioni promosse dal DEMIS (Departamento de Misiones) del CELAM e delle raccomandazioni del Papa Giovanni Paolo II. Sotto l’influsso di queste ispirazioni gli elementi che offre il Documento conclusivo sul tema dei popoli indigeni si possono raggruppare in due categorie basiche: costatazione della realtà indigena e impegni che la Chiesa assume come risposta a questa realtà.

Il tema e la preoccupazione per i popoli indigeni, anche se non trattato direttamente in un capitolo specifico, risulta essere un tema trasversale in tutto il documento. In esso sono presentati i principali riconoscimenti al riguardo: i popoli amerindi sono popoli con identità propria che posseggono ricchezze umane e spirituali, hanno inculturato la fede, sono la base dell’identità latinoamericana, sono portatori di valori (i semi del Verbo), sono un esempio da seguire. Infine si propone il protagonismo degli indigeni nella promozione umana e nell’inculturazione del Vangelo. Come strumento di questa inculturazione è auspicato il dialogo interculturale e interreligioso per poter giungere a la costituzione di Chiese autoctone.

 

APARECIDA, Brasile 2007, V CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO, CONTINUITÀ DI SANTO DOMINGO

La tematica della popolazione amerindia viene nuovamente assunta nella V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano svoltasi ad Aparecida, Brasile, nel 2007 e nuovamente si presenta come una sfida missionaria per la chiesa latinoamericana. In altre parole si ritorna ad attingere a pene mani dal Documento di Santo Domingo. Come allora, nel capitolo secondo del documento conclusivo emerge l’insistente affermazione della presenza dei popoli indigeni nella Chiesa.

Gli indigeni costituiscono la popolazione più antica del continente. Sono la prima radice dell'identità latinoamericana e caraibica (88). Sono, soprattutto, «altri» differenti, che esigono rispetto. La società tende a disprezzarli, non riconoscendo la loro differenza. La loro condizione è segnata dall'esclusione e dalla povertà. La Chiesa accompagna gli indigeni nelle loro lotte per i propri legittimi diritti (89).

Oggi i popoli indigeni sono minacciati nella loro esistenza fisica, culturale e spirituale; nel loro modo di vivere; nelle loro identità; nella loro diversità; nei loro territori e nei loro progetti. Alcune comunità indigene si trovano a vivere fuori dalle loro terre, perché esse sono state invase e lasciate al degrado, o perché non hanno più terre sufficienti per esprimere la loro cultura. Soffrono gravi attacchi alla loro identità e sopravvivenza, poiché la globalizzazione economica e culturale mette in pericolo la loro stessa esistenza come popoli differenti. La loro progressiva mutazione culturale provoca la rapida scomparsa di varie lingue e culture. La migrazione, provocata dalla povertà, sta influendo profondamente sul cambiamento di costumi, di relazioni e perfino di religione (90).

Gli indigeni stanno emergendo, oggi, nella società e nella Chiesa. Questo è il kairos per approfondire l'incontro della Chiesa con queste porzioni di umanità, che reclamano il pieno riconoscimento dei loro diritti individuali e collettivi, di essere presi in considerazione nel mondo cattolico con la loro visione del mondo, i loro valori e le loro identità particolari, per vivere una nuova Pentecoste ecclesiale (91).

A Santo Domingo i pastori hanno riconosciuto che le «popolazioni indigene ... coltivano valori umani di grande significato»; valori che «la Chiesa difende ... di fronte alla forza travolgente delle strutture di peccato che si manifestano nella civiltà moderna»; sono «proprietarie di innumerevoli ricchezze culturali, che sono alla base della nostra identità attuale»; e, dalla prospettiva della fede, «questi valori e convinzioni sono il frutto dei "semi del Verbo" che erano già presenti e illuminavano i cuori dei loro antenati» (92).

Tra questi si segnalano: «l'apertura all'azione di Dio, il senso della gratitudine per i frutti della terra, il carattere sacro della vita umana e la valorizzazione della famiglia, il senso di solidarietà e di corresponsabilità nel lavoro comune, l'importanza dell'elemento cultuale, il credere in una vita ultraterrena». Attualmente, il popolo ha arricchito questi valori con l'evangelizzazione e li ha sviluppati in molteplici forme di autentica religiosità popolare (93).

Il servizio pastorale alla vita piena dei popoli indigeni esige che si annunci Gesù Cristo e la buona novella del regno di Dio, che si denuncino le situazioni di peccato, le strutture di morte, la violenza e le ingiustizie interne ed esterne, che si alimenti il dialogo interculturale, interreligioso ed ecumenico. Gesù Cristo è la pienezza della rivelazione per tutti i popoli; egli è il centro fondamentale di riferimento per discernere i valori e le limitazioni di tutte le culture, comprese quelle indigene. Per questo, il tesoro più grande che la Chiesa può offrir loro è l'incontro con Gesù Cristo risorto, nostro salvatore. Gli indigeni che hanno già ricevuto il Vangelo sono chiamati, come discepoli e missionari di Gesù Cristo, a vivere con immensa gioia la loro realtà cristiana, a rendere ragione della fede in mezzo alle loro comunità e a collaborare attivamente affinché nessuno dei popoli indigeni dell'America Latina rinneghi la sua fede cristiana, ma al contrario senta che in Gesù Cristo trova il senso pieno della propria esistenza (95).

Tutto ciò non è che il punto di arrivo di un lungo cammino di riflessione (molte volte non compreso, non accettato, controverso) iniziato dopo il concilio Vaticano II, (Ambato, Melgar, Caracas, Iquitos …) e di cui il beato Giovanni Paolo II è stato il portavoce, il sostenitore e l’animatore.

E’ una rinnovata opzione pastorale missionaria nel contesto della nuova evangelizzazione e della missione “ad gentes” o “intra gentes” in America Latina.

Sfida e compito per il futuro.

 

Last modified on Thursday, 05 February 2015 16:39

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