Tonanzin di Guadalupe - Dalla passione e morte alla risurrezione

Published in Missione Oggi
La mia è una riflessione sul potere, l’immagine e l’impatto di Tonanzin (”Nostra Madre") di Guadalupe (Messico) come sono vissuti negli Stati Uniti e in Messico. Per prima cosa racconterò brevemente la mia esperienza personale, da fanciulla e adolescente, di devozione mariana, a cui seguì il mio primo incontro con l’immagine della Vergine di Guadalupe negli anni Ottanta; metterò poi in luce il contesto storico dell’apparizione, del racconto che ne è stato fatto e della comprensione teologica; concluderò infine con un esempio tratto dall’esperienza contemporanea della Vergine di Guadalupe.

Ogni ragazza cattolica di età scolare è impressionata da almeno una delle molte immagini o apparizioni di Maria. Io, per esempio, sono la figlia di genitori originari dell’Ecuador che migrarono negli Stati Uniti negli anni Cinquanta del secolo scorso.

Un immagine mariana con cui crebbi in casa mia fu quella della Madre dolorosa: raffigura Maria come madre sofferente con sette spade che le penetrano nel cuore. Le spade simboleggiano le sofferenze che sperimenterà come discepola, rifugiata, membro di una comunità oppressa sotto l'impero romano, donna che testimonia e accompagna la tortura e l’ingiusta morte di suo figlio. È l’immagine che nel corso degli anni mi ha toccato di più nel profondo e che ho ripugnato. Se la Madre dolorosa evoca compassione, ebbene io scelsi di rigettarla come giovane latina** cresciuta a New York, come adolescente orgogliosa della sua indipendenza. Ero stanca di vedere la sofferenza di così tante donne, madri, figlie e sorelle attorno a me. In particolare rifiutavo questa sofferenza che pareva così passivamente sopportata nel nome di Dio, un soffrire che in mezzo alla guerra, alla povertà, alla droga e al crimine trovavo incapace di qualsiasi redenzione. Queste erano le Marie che hanno inciso sulla mia vita e in compagnia delle quali sono cresciuta. Ed è continuato così fino a quando, nell’età adulta, non mi è stata presentata un’immagine di Maria diversa, forte e ricca di speranza.


Conobbi l’immagine di Nostra Signora di Guadalupe all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso. Come studentessa alla Graduate Theological Union di Berkeley in California (USA), avevo iniziato a lavorare con i contadini di Salinas, sempre in California. Presso i campesinos trovai una devozione verso di lei che lasciava filtrare una profonda intimità, fiducia e amore. Ciò che percepisco di questa immagine della Tonanzin di Guadalupe è riassunto in quel che segue.

1/ Contesto storico

Ciò che avvenne a Guadalupe apparentemente è semplice, ma ha il suo radicamento in una storia socio—politica e culturale. I messicani sono discendenti degli olmechi pre—colombiani che fondarono la prima importante civiltà in Messico attorno al 1200 a.C. A causa della loro influenza costante sulle altre culture della regione, quella degli olmechi è stata considerata la madre delle culture mesoamericane — ovvero dell’area che storicamente si estende grosso modo dall’attuale Messico fino alla parte settentrionale del Costa Rica. Con il commercio e la religione, gli olmechi esercitarono una profonda influenza sulle culture dei toltechi (che occuparono il Messico centrale, dal X al XII secolo), dei teotihuacán (la maggior parte del Messico, prima metà del primo millennio), dei maya (1800 a.C.—1530 d.C., sud del Messico e parte settentrionale dell’America centrale), degli aztechi (Messico, dal XIV al XVI secolo), degli zapotechi (regione sud della Mesoamerica, dal 500 a.C. al 1715), per fare solo un esempio. Verso la fine del XII e l’inizio del XIII secolo dell’era attuale, sette tribù nahuatl — che parlavano la lingua indigena del Messico centrale — giunsero nella valle messicana; una di queste era costituita dagli aztechi, che venivano dal nordovest del Messico, il paese mitico di Aztlán. La popolazione era sottoposta alla guida del loro sacerdote, Tenoch. Secondo la leggenda, gli dèi dissero al sacerdote che la gente avrebbe visto un segno che indicava la ”terra promessa". Questo segno era un’aquila appollaiata su un cactus nopale con un serpente nel becco. Si dice che il segno fu trovato nel mezzo di sette laghi, e — come noto — Città del Messico è costruita su questi laghi.

Dire e ridire la vicenda di Guadalupe è recuperare la grandezza del passato, un’epoca il cui inizio e la cui interpretazione furono avviate dal divino. Gli aztechi prosperarono nei commerci, nelle arti e nell’architettura. Per giunta essi ebbero una religione alquanto sviluppata, adorando Quetzalcoatl (il Signore), insieme a Ipalnemohuani (un dio conosciuto come Padre e Madre), Tonatiuh (il nuovo sole), Ometeotl (il Signore e la Signora che ci stanno vicini e ci accompagnano). Questi nomi esprimono il rapporto di Dio non solo con gli esseri umani, ma anche con il cosmo.

Quando Hernán Cortes conquistò gli aztechi, chiese al re di Spagna di inviare dei francescani ad evangelizzare quella che loro chiamavano la Nuova Spagna. Nel 1521, al loro arrivo, i padri iniziarono l’opera di evangelizzazione in un clima di violenta oppressione contro gli indigeni. Per la gente indigena la conquista era un segno che i loro dèi erano stati sconfitti o che essi li avevano abbandonati. Non era rimasto altro da fare per loro se non morire. Questo è il contesto da cui emerge la storia di Guadalupe. In mezzo alla morte e alla distruzione appare un grande segno di speranza e di liberazione: è Guadalupe, la madre del quinto sole atteso, la nuova Quetzalcoatl. Santa Maria di Guadalupe, il volto materno di Dio, l’amata madre di Dio, viene a consolare un popolo nella sofferenza.

2/ Il racconto

Sebbene ci siano diverse posizioni in merito all’esistenza di una tradizione orale che riguarda l’evento di Guadalupe, è attestato che tale tradizione di fatto esiste coinvolgendo anche la testimonianza stessa di Juan Diego(1):

Da indiano a indiano, di comunità in comunità, la parola si diffuse. Ciò che era successo a ]uan Diego al Monte Tepeyac iniziò ad essere raccontato, insieme alle sue avventure a Città del Messico, di come la Vergine avesse guarito lo zio e le altre meraviglie che ebbero luogo alla presenza della Vergine di Guadalupe. Rapidamente i fatti incominciarono a far parte delle tradizioni della gente?(2)

Inoltre 1’apparizione di Nostra Signora di Guadalupe nel 1531 è registrata in un antico documento intitolato Nican Mopohua. La sua copia più antica pare sia stata stesa tra il 1540 e il 1545 da Antonio Valeriano, l’indiano dotto convertito(3). Va sottolineato, tuttavia, che alcuni studiosi datano questo scritto molto dopo, al più tardi nel XVII secolo (1649), e ne attribuiscono la paternità a Luis Lasso de la Vega, un cappellano del santuario di Tepeyac.(4)

ll Nican Mopohua, trascritto dalla lingua orale nahuatl, racconta la storia e l’apparizione di Nostra Signora di Guadalupe. Ricorre a un linguaggio estremamente simbolico: è “molto al di là delle parole, molto più profondo, più significativo, molto più ricco e pieno. È un linguaggio semplice, diretto, semplice, preciso, elegante, risonante, bello, profondo, assai significativo e pure sublime”(5). Per interpretare il racconto del Nican Mopohua è essenziale una comprensione dei simboli culturali e del mito nahuatl. Due aspetti importanti del linguaggio nahuatl sono l’uso dei disfracismos (mascheramenti), un modo di comunicare concetti profondi usando due parole o simboli anziché uno; e il ricorso alla numerologia, l’interpretazione dei numeri che hanno un significato simbolico. Due numeri sono, in particolare, significativi nel linguaggio e nella cultura nahuatl: il numero quattro, che indica compimento, e il cinque, che si riferisce al centro del mondo. Quanto segue evidenzierà alcuni aspetti della storia che porteranno ad alcune intuizioni teologiche.

Il testo del Nican Mopohua registra un fatto: sabato 9 dicembre 1531, di primo mattino; questo è il momento della prima apparizione di Nostra Signora di Guadalupe a Juan Diego. Nella cultura nahuatl, muy de madrugada (al mattino molto presto) non si riferisce solo all’alba, ma all’inizio dei tempi. In questo modo l’immagine rappresenta gli inizi di qualcosa di nuovo. ll fatto della Vergine di Guadalupe assume il significato di un’esperienza fondamentale uguale per importanza all’origine del mondo e del cosmo.(6)

Il racconto dell’apparizione riferisce che, mentre si stava recando in chiesa, Juan Diego udì della musica. Nel contesto dei disfracismos nahuatl la musica rappresentava una metà di due modi di esprimere la verità, la bellezza, la filosofia e la divinità. Fiori e canti insieme manifestavano la presenza del divino. Quando Juan Diego udì una musica così bella e incantevole, si chiese: “Sono forse in paradiso? È possibile ascoltare ciò che sento?”. La parola canto appare cinque volte. Come detto sopra, nella cosmologia nahuatl cinque era il simbolo del centro del mondo.(7) Il riferimento al canto, poi, accenna a un altro modo di sperimentare, di comprendere e di ”concettualizzare” il contatto con il divino.

Nel testo Juan Diego pone quattro domande: 1) “Sono degno di udire ciò che sto ascoltando, o forse sto sognando? ”; 2)”Devo svegliarmi da questo sogno. Dove sono?”; 3) “Forse sono entrato nella terra del paradiso di cui ci hanno parlato i nostri antenati?”; e, infine, 4) “Sono in cielo?”. C’è un momento di silenzio tra l’ascolto della musica e l’emergere delle domande. Questo silenzio, insieme al tempo notturno, rappresenta un’altra duplice espressione nahuatl che serve a legare l’evento con le origini della creazione.(8)

Ascoltando la musica, Juan Diego guarda a oriente, che è la sede del sole e il simbolo di Dio. Il sole sorge ad est, la direzione da cui appare la Vergine di Guadalupe. Ella dapprima si rivolge a Juan Diego con la forma diminutiva che in spagnolo è tradotta con Juan Dieguito — una forma nahuatl per esprimere e comunicare amore materno, delicatezza e rispetto (9). Il Nican Mopohua non sottolinea tanto l’apparizione di Guadalupe a Juan Diego, quanto piuttosto il fatto dell’ “incontro” di lui con lei.

E questo tocca il mondo. La presenza di Guadalupe sollecita una risposta della terra. I fiori e il suolo — così dice il testo — risplendono come oro. Questo incontro riguarda il mondo. Guadalupe rappresenta nuova vita per le persone e per la terra. Il testo descrive la ”Signora” vestita della radiosità del sole. Nella cultura nahuatl l’abito di una persona rivelava chi era quella persona, chi l’aveva mandata o da dove veniva. I raggi del sole che emanano da dietro Guadalupe indicavano alle popolazioni indigene che Dio era parte della di lei esperienza e personalità(10). Virgilio Elizondo presenta le cose come segue: “Il dio Sole era il principale dio del pántheon nativo [. . .]. Ella è più grande delle maggiori divinità native, anche se non abolisce il Sole“(11).

Guadalupe rivela la propria identità: “Sappi e siine certo, tu, il più piccolo dei miei figli, che sono la sempre Vergine Maria, la madre del vero Dio, Colui in virtù del quale si vive, il Creatore da cui tutto dipende, il Signore dei cieli e della terra"(12). Guadalupe identifica se stessa cosi: 1) madre di Dio, che è il Dio della verità; 2) madre del Datore della vita; 3) madre del Creatore; 4) madre di Colui che fa esistere il sole e la terra; e 5) madre di Colui che è vicino. Questi titoli coincidono con i nomi dati agli antichi dèi aztechi. Ella si riferisce a cinque nomi di divinità conosciute ai nahua — popoli indigeni del Messico e dell’America centrale che parlano la lingua nahuatl. In questo modo Guadalupe afferma chi è e da dove viene usando la dualità e le proposizioni tipiche del linguaggio nahuatl.(13)

La Vergine dice a Juan Diego che desidera una piccola dimora (casita) per lei, dove possa dare amore, compassione, forza e protezione a tutti coloro che vengono a lei. Ella vuole che la casa sia a Tepeyac, luogo di grande significato(14). Precedentemente era stato il santuario di Tonantzin, una delle maggiori divinità della madre terra del popolo azteco. C’è uno studioso che sostiene che “era molto naturale per gli aztechi associare Guadalupe con la pagana Tonantzin perché entrambe erano vergini madri di dèi ed entrambe apparivano nello stesso posto”(15).

Il testo riferisce come Juan Diego, seguendo il mandato di Guadalupe, andasse dal vescovo — purtroppo però soltanto per sentirsi dire di ritornare in un momento più opportuno. Egli credette di non essere preso sul serio per il fatto di essere un indiano e suppose che la sua missione sarebbe stata portata a buon fine se ne fosse stata incaricata una persona di condizione più elevata. La Vergine rifiutò di scegliere un altro messaggero e riaffermò la propria scelta: Juan Diego. Quantunque non negasse l’oppressione che Juan Diego stava sperimentando, ella ”insistette" e lo "pregò" di coinvolgersi: “Con rigor te mando” (Con autorità ti comando), “Te ruego” (Ti domando). La Vergine di Guadalupe concede a Juan Diego la dignità e il rispetto di una persona che ha la libertà di decidere.(16)

Dopo questa conversazione Juan Diego ritorna dal vescovo a Città del Messico; e ancora una volta incontra delle difficoltà. Non appena ha terminato di interrogare Juan Diego, il vescovo afferma che non può costruire il tempio sulla semplice parola di un indiano. E lo rimanda indietro perché chieda un segno alla Vergine.

Siller fa un’osservazione interessante a proposito del dialogo tra Juan Diego e il vescovo. Il primo, discorrendo, si riferisce alla Vergine come “la sempre Vergine, Santa Maria, Madre del nostro Salvatore, il Signore Gesù Cristo”. Ora Siller suggerisce che esiste una riflessione teologica da parte di Juan Diego(17). Guadalupe non si è mai riferita a se stessa come madre del Salvatore Gesù Cristo. Per Siller con il ritorno dell’io (la dignità restituita di Juan Diego) si fa viva anche la capacità e forse la libertà di fare teologia. O forse Juan Diego è sufficientemente scaltro e abile nell’utilizzare dei termini e un linguaggio che il vescovo avrebbe facilmente colto.

Dopo aver acconsentito a chiedere un segno dalla Signora così che il vescovo potesse credere, Juan Diego torna a casa. Quando vi giunge, trova che suo zio, Juan Bernardino, è malato. Suo zio chiede a Juan Diego di andare a Città del Messico e ritornare con un sacerdote che possa amministrare l’estremo sacramento. Riprendendo il cammino per Città del Messico, Juan Diego sceglie una via alternativa per non “deludere la Signora”. Ma, mentre è per via, sente la Signora che lo chiama, chiedendogli dove sta andando. Juan Diego è convinto che le tristi notizie della malattia mortale di suo zio causerebbero afflizione alla Vergine. La risposta di Guadalupe alla preoccupazione di Juan Diego si estende fino a includere ogni malattia e tormento. Ella dice infatti: “No temas esa enfermedad, ni otra alguna enfermedad y angustia” (Non temere né questa né qualunque altra malattia o angustia)"(18).

Ella prosegue poi con cinque domande (ecco ancora un riferimento al centro del mondo) chiedendo: “Non sono qui io, tua madre? Tu non sei forse sotto la mia ombra e protezione? Non sono io la fonte della tua vita? Tu non sei nelle pieghe del mio mantello, nella piega delle mie braccia? C’è qualcos’altro di cui hai bisogno?”. In queste domande Guadalupe rivela se stessa come una che ha autorità. Per i messicani una persona dotata di autorità era una persona che possedeva la capacità di scacciare le ombre, esattamente ciò che Guadalupe fa con il suo mantello: i messicani comprendono l’autorità. .. come quella di chi scaccia una grande ombra. .. perché solo chi è più grande di tutto quanto è in grado di offrire rifugio o protezione tanto al grande quanto al piccolo (19).

Juan Diego crede nell’autorità di Guadalupe e Juan Bernardino è curato. Un miracolo ancora più grande avviene quando l’apparizione di Guadalupe arreca con sé la guarigione psichica per Juan Diego e, in definitiva, per l’intero popolo nahuatl: la guarigione dello zio si estende a Juan che “si sentiva molto consolato e provava contentezza”(20). La Vergine ordina a Juan Diego di recarsi in cima al Tepeyac e di tagliare delle rose, raccoglierle insieme e portargliele. Ella tocca i fiori e rende se stessa presente in essi, rimanendo in questo modo all’interno della logica simbolica degli indiani per cui i fiori significavano verità e presenza della divinità(21).

Juan Diego, pieno di fede e di risoluzione, fa ritorno al palazzo del vescovo. Là egli sperimenta la mancanza di rispetto e il ridicolo da parte dei cortigiani, eppure resiste, in attesa di incontrarsi con il vescovo. Siller fa a questo proposito un’altra osservazione interessante sull’effetto di una simile scena, comunissima quando un / a indiano / a o una persona povera vengono posti a confronto con il potere della cultura dominante. Nel caso particolare, la servitù nel palazzo vescovile cerca di prendere quello che Juan Diego sta nascondendo nella sua tilma (il mantello), laddove invece Guadalupe gli aveva ordinato di non mostrare i fiori a nessuno tranne che al vescovo. Siller vede questo tentativo di prendere i fiori a Juan Diego come un atto simbolico: è il tentativo da parte della cultura dominante di strappare la verità agli indiani. Egli sostiene che, dato l’evento di Guadalupe, non è più possibile privare della verità la popolazione indigena(22). Piuttosto è un indiano, Juan Diego, che porta la verità al vescovo spagnolo.

E infine Juan Diego racconta la storia al vescovo. Nella testimonianza scritta Juan Diego dice: la Vergine “mi ha mandato su questa collina per raccogliere fiori, ma sapevo che non era la stagione, eppure non dubitai”. Dopo questa affermazione egli consegna la prova, le rose, e chiede al vescovo di prenderle. Quando i fiori cadono dalla tilma di Juan Diego, avviene la quinta apparizione: l’immagine di Guadalupe appare impressa sulla tilma. Il vescovo e quelli che sono attorno a lui, vedendola, cadono in ginocchio pieni di stupore e di pentimento per non aver creduto.

Il racconto parla del ristabilimento della dignità umana in una voce che in precedenza era posta sotto silenzio e ora è restituita alla sua forza. Parla della restituzione di un linguaggio perso e di un modo di percepire il divino. Parla di un accesso a simboli perduti e alla loro trasformazione in un nuovo tempo. Da ultimo parla e continua a parlare di una esperienza condivisa da un popolo - gente che soffre.

3/ Intuizioni teologiche

Guadalupe rappresenta molto più che la compassione, il conforto e un mezzo per riconciliare il XVI secolo spagnolo con le popolazioni indigene. In effetti Virgilio Elizondo ha già identificato almeno quattro potenti interpretazioni teologiche di questo dramma(23).

Per prima cosa, identificando se stessa come “madre del vero Dio, Colui in virtù del quale si vive”, la Vergine di Guadalupe identifica se stessa con la forza creativa suprema, cioè il potere della presenza creativa e creante(24).

In secondo luogo, Guadalupe è il simbolo di una nuova creazione, di un nuovo popolo: “Solo in un evento che chiaramente si è originato in cielo, la conquista e la violenza del popolo messicano potevano essere rovesciati e un popolo poteva tornare a essere veramente orgoglioso della sua nuova esistenza”(25).

Terzo, Guadalupe risponde agli istinti più profondi della psiche messicana, che Elizondo identifica come un’ossessione della legittimità, cioè l’ansia di essere un popolo orfano(26). Si potrebbe arrivare a dire che il dramma si rivolge a un profondo bisogno di dignità, di restituzione di sé, un io costruito a immagine e somiglianza del Creatore. Forse molto significativamente Guadalupe suggerisce inoltre che il bisogno più profondo è di sperimentare il volto materno di Dio.

Quarto, Guadalupe simboleggia una inversione di tendenza: “Il rovesciamento del potere non fu fatto attraverso la forza militare [. . .], ma con la penetrazione di simboli il cui significato è in qualche modo reciprocamente inteso”(27).

A queste interpretazioni si può aggiungere che Dio è fedele all’alleanza promessa, che lui è il nostro Dio e noi siamo il suo popolo. Il fatto di Guadalupe costituisce un’ulteriore manifestazione di questa promessa di Dio.

Un’altra intuizione è che Nostra Signora di Guadalupe è un simbolo di risurrezione. In molti modi ella libera ogni persona perché muoia alla vita vecchia e distruttiva, e creda in una nuova esistenza, creda di avere un posto in questo mondo che l’ha rigettata. In altre parole dobbiamo ricordarci del luogo da cui proveniamo. Siamo creature fatte dalla terra e dal respiro di Dio; eravamo schiavi in Egitto, assoggettati e oppressi. Dio ci ha portati e continua a condurci verso la libertà. Nel racconto di Guadalupe coloro che stanno al centro del potere religioso e politico sono chiamati ad andare verso la periferia e a stare con i poveri per la propria salvezza.

Per entrare in un dialogo divino-umano, Dio sceglie di prendere forma umana. Allo stesso modo la Vergine di Guadalupe entra nel mondo nahuatl, il mondo messicano, l’universo messico-americano, l’universo di coloro che la invocano, credono e hanno fiducia in lei. Ella viene in un modo che la gente comprende prontamente, e lo fa vestendo i simboli e incarnando l’identità di quella gente. Accede a una memoria (e la fa rivivere) in storie e verità culturali. Incontra la gente dove realmente è, conducendola a una sapienza più profonda. Usando i simboli di quelle persone, li porta oltre i loro limiti.

E, per finire, il messaggio d’amore e di compassione, di aiuto e di protezione di Guadalupe non può venir congelato in un'esperienza devozionale. Invece quel messaggio ha a che fare con l’affermazione di un popolo. Da ultimo, il dramma parla di un amore incondizionato e di un posto nella storia della salvezza. L’immagine di quella Donna veicola la speranza escatologica nella misura in cui la gente le fa visita, le volge lo sguardo e sa che ogni cosa sarà bella. Tuttavia un tale sapere non significa che non ci si aspetta nient’altro dalla gente. Al contrario, ella ascolta, afferma, guarisce e rende le persone capaci di fare. Parte della guarigione è così un invito a reggersi in piedi da soli. Una delle esperienze più profonde di devozione a Nostra Signora di Guadalupe è quella di cui sono stata testimone nel Chiapas (Messico)(28). Nel 1997 circa duecentocinquanta persone fuggirono dai loro villaggi e si rifugiarono nella città di Acteal. Le truppe paramilitari terrorizzavano la gente. Il 22 dicembre 1997 fecero irruzione in una cappella e crivellarono di colpi di arma da fuoco i muri di creta e paglia. Testimoni raccontano che il massacro durò circa sette ore, nel corso delle quali caddero quarantasei persone. I paramilitari presero inoltre l’immagine amata dalla comunità della Vergine di Guadalupe e la ruppero in mille pezzi.

Pochi anni dopo, i sopravvissuti al massacro di Acteal vollero rimettere a posto il loro villaggio. Fecero ritorno portando con sé la loro immagine della Vergine di Guadalupe, ora fasciata, che essi avevano ribattezzato la Vergine del massacro: lei aveva accompagnato quelle persone durante il massacro, cosi come aveva accompagnato i loro antenati indigeni dopo la conquista circa cinque secoli prima. Oggi ella continua a far conoscere la sua presenza in modo intimo e consolante a ogni devoto che invoca il suo nome.

Questa devozione, essendo mediata attraverso una particolare cultura, continua a raccontare una storia universale che rende la presenza di Dio nota nel mondo. Contestualmente è un racconto sul tradimento e la fiducia, la distruzione e la speranza, la morte e la risurrezione. Contiene il mistero pasquale del popolo messicano e la sua risurrezione in una nuova creazione, per l’intercessione della Vergine di Guadalupe.


NOTE

*Nata a New York (USA), ma discendente di immigrati ecuadoregni, ha fatto esperienza della presenza di guarigione e di liberazione di Nostra Signora attraverso il suo lavoro nella comunità messico – amaricana. Laureata alla Graduate Theological Union di Berkeley, California (USA), dirige il Dipartimento di teologia e di scienze religiose all’Univeersità di Seattle, nello stato di Washington (USA). E’ autrice di “Our Lady of Guadalupe”, Austin / TX 1994. Email This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

**Sono detti “latinos” le persone di discendenza ispanica, specie latinoamericani, che vivono negli Stati Uniti.

1)Th. J. ASCHEMAN, Guadalupan Spirituality for Cross - cultural Misisonaries, Catholic Theological Union at Chicago, 1983, 84.
2)C.L. SILLER – ACUNA, Flor y canto del Tepeyac. Historia de las apariciones de Santa Maria Guadalupe, Servir, Mexico City 1981, 11 (tutte le traduzioni che seguono dello scritto di Clodomiro Siller sono dell’autrice)
3) V.P. ELIZONDO, La Morenita. Evengelizer of the Americas, Mexican American Cultural Center, San Antonio/TX 1980, 47s; M. ROJAS, Nican Mopohua. Traduccion del Nahuatl al Castillano, Huejutla, Hildago/Mexico 1978; SILLER – ACUNA, Flor y canto, cit., 14.
4) M. CAWLEY, Guadalupe – from the Aztec language (CARA Studies on Popular Devotion 2. Guadalupan Studies 6), Guadalupe Abbey, Lafayette/OR 1984.
5)J. RODRIGUEZ, Our Lady of GUADALUPE. Faith and Empowerment among Mexican – American women, University of Texas, Austin/TX 1994, 37.
6) SILLER – ACUNA, Flor y canto, cit. 37, come riportato in RODRIGUEZ, Our Lady of Guadalupe, cit., 38.
7) Ibidem., 38
8) Ibidem., 38s
9) Ibidem., 39
10) Ibidem., 40
11) ELIZONDO, La Morenita, cit., 85
12) A Handbook of Guadalupe, Franciscan Marystories Press, Kenosha/WI 1974
13) SILLER – ACUNA, Flor y canto, cit., 41
14) Ibidem
15) W. MADSEN, Religious Syncretism, in M. NASH (ed.), Social Anthropology, VI: Handbook of Middle American Indians, University of Texas, Austin /TX 1967, 369 – 391
16) SILLER – ACUNA, Flor y canto, cit., 42
17) Ibidem
18) Ibidem, 43
19) Ibidem
20) Ibidem
21) Ibidem
22) Ibidem, 44
23) ELIZONDO, LA Morenita, cit., 87 – 92
24) Ibidem, 88
25) Ibidem, 90
26) Ibidem
27) Ibidem, 91
28) La storia che segue è stata pubblicata nel libro di V. ELIZONDO – A. FIGUEROA DECK – T. MATOVINA (edd.), The Treasure of Guadalupe, Rowman & Little-field Publishers, Lanham / MD 2006, come terso capitolo dal tuitolo: “La Vergine del massacro”, opera appunto di Jeanette Rodrigues.


In Concilium, 4/2008, “I mille volti di Maria”
Last modified on Thursday, 05 February 2015 16:56

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