Il Cuore sacerdotale di Cristo e il sacerdozio ordinato

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Card Albert Vanhoye

L'espressione "cuore sacerdotale" non è usuale. Non viene mai adoperata nel Nuovo Testamento. Nondimeno è possibile dimostrare che il Nuovo Testamento ci rivela che il Cuore di Cristo è un cuore sacerdotale. Questa rivelazione ha una estrema importanza.
Ci sono, infatti, rapporti stretti e profondi tra l'unico testo evangelico che parla del "cuore" di Gesù e l'unico scritto del Nuovo Testamento che presenta Cristo come "sommo sacerdote", cioè la Lettera agli Ebrei. Nel vangelo secondo Matteo, Gesù chiama a se coloro che sono "affaticati e oppressi" e presenta se stesso quale "mite e umile di cuore" (Mt 11,28-29). Nella Lettera agli Ebrei, la descrizione del sommo sacerdote corrisponde esattamente a questa presentazione; secondo l'autore, il sommo sacerdote deve essere mite nei suoi rapporti con gli uomini (He 5,2) e umile davanti a Dio (He 5,4). Mite nei confronti degli uomini, cioè "capace di comprensione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anch'egli rivestito di debolezza" (He 5,2). Umile davanti a Dio, perché "uno non attribuisce a se stesso l'onore, ma viene nominato da Dio" (5,4). Secondo l'autore, questa descrizione del sommo sacerdote ha trovato in Cristo la sua perfetta realizzazione, perché Cristo è "sommo sacerdote misericordioso" (2,17), "capace di compatire le nostre debolezze" (4,15) e d'altra parte, egli "non glorificò se stesso" (5,5), ma prese un cammino di estrema umiltà (5,7-8), all'esito del quale egli è stato "proclamato da Dio sommo sacerdote" (5,10).

Possiamo quindi affermare che la Lettera agli Ebrei ci aiuta a percepire che le due qualità del Cuore di Gesù, "mite e umile" (Mt 11,29), corrispondono alle due dimensioni della mediazione sacerdotale tra Dio e noi. Il cuore `'mite e umile" di Gesù è un cuore sacerdotale, il cuore del nostro sommo sacerdote, "mediatore di una nuova alleanza" (Eb 9,15), stabilita nei cuori (Eb 8,10; Ger 31,33). Le due qualità che lo caratterizzano corrispondono alle due relazioni, con gli uomini e con Dio, necessarie per la mediazione sacerdotale.

Nel vangelo secondo Matteo, il contesto immediato della frase conferma questa prospettiva, perché Gesù vi si presenta come l'unico mediatore capace di metterci in rapporto personale con il Padre; Gesù dichiara: «Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27). Secondo il celebre oracolo di Geremia, la "nuova alleanza" doveva comunicare la conoscenza di Dio (Ger 31,34), vale a dire la relazione personale di ciascuno con Dio. Questo viene fatto da Gesù "mite e umile di cuore".

Per approfondire il nostro tema, vedremo adesso come Cristo ( I ) ci ha fatto passare dal culto esterno al culto del cuore, (2) per vivere questo culto ci ha dato un cuore nuovo, (3) il quale è il suo cuore sacerdotale, sorgente e centro della nuova alleanza. (4) Poi vedremo che un gran dono del cuore sacerdotale di Cristo alla Chiesa è il sacerdozio ordinato, sacramento della mediazione sacerdotale del suo cuore. (5) Il sacerdote ordinato è chiamato a vivere le due disposizioni fondamentali del cuore sacerdotale di Cristo (6) e le tre dimensioni del sacerdozio di Cristo.

I. Dal culto esterno al culto del cuore

La Nuova Alleanza ha come centro e sorgente il cuore di Cristo. Nella Lettera agli Ebrei, nel fare il paragone tra il sacerdozio dell'Antica Alleanza e il sacerdozio della Nuova Alleanza, si constata che il sacerdozio dell'Antica Alleanza era esterno, senza alcun rapporto con il cuore. Nell'Antico Testamento non si parla mai del cuore del sacerdote e non si pensa mai a un suo ruolo nel culto. Il culto è definito dalla Legge, si attua con riti convenzionali, esterni, si offrono in sacrificio degli animali uccisi.
 
Gesù ha sostituito questo culto esterno, convenzionale, con un culto personale, esistenziale, che parte dal suo cuore umano. Il sacerdozio di Cristo attua la Nuova Alleanza, che consiste nel cambiamento del cuore.

'Da questo punto di vista mi sembra che si possa approfondire la devozione al Sacro Cuore, vedendo che il cuore di Gesù ha accettato una trasformazione sacrificale, proprio per fondare la Nuova Alleanza.,

Il problema del sacerdozio, dell'alleanza e del culto è anzitutto, infatti, un problema del "cuore". Per avvicinarsi a Dio è necessario avere un cuore degno di Dio, purificato, santo, veramente aperto e docile alla relazione con Dio, all'amore che viene da lui.

Questo cuore non esisteva. Non c'era nessun uomo capace di avere una relazione con Dio in modo autentico e profondo. È la constatazione di tutto l'Antico Testamento. Tutti hanno il "cuore traviato", (Sal 95,10) non c'è nessuno che sia veramente giusto (Sal 53,2- 4); tutti sono macchiati dal peccato e sono quindi lontani dal Signore e indegni di avere un rapporto con lui, proprio perché il loro cuore non è perfetto, mentre ciò che si voleva era un "cuore nuovo", come promette Ezechiele, nella famosa profezia del cap. 36.

Già il profeta Geremia aveva promesso una trasformazione del cuore, con una formula un po' diversa, in cui Dio diceva: «scriverò la mia legge sul loro cuore» (31,33). Una legge scritta sulla pietra non poteva produrre una vera unione tra Dio e il popolo, perché era una cosa esterna a Dio e esterna al popolo. La profezia di Geremia vuoi dire che i credenti avranno un cuore veramente docile, pronto a fare la volontà di Dio con amore; un cuore disposto a entrare in relazione profonda e autentica con Dio.

Per esprimere la stessa cosa in una maniera più forte, Ezechiele—a nome di Dio—prometteva un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Dio diceva: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne; porrò il mio Spirito dentro di voi” (Ez 36,26-27).

Per ricevere lo Spirito di Dio occorre avere un cuore nuovo. Infatti, secondo la Bibbia, lo Spirito si riceve nel cuore. Dio invia lo
 
Spirito nei cuori (Gal 4,6). Quindi, il problema era di avere un cuore umano aperto allo Spirito di Dio, disposto a una vera alleanza con Dio, senza frapporre alcun ostacolo.

2. Un cuore nuovo per l'uomo

Possiamo vedere, specialmente nella Lettera agli Ebrei, che Gesù ha accettato la trasformazione del proprio cuore per realizzare questa promessa di Dio. Il cuore di Gesù non è solo un cuore perfetto fin dall'inizio, unito al Padre e disposto a sacrificarsi per gli uomini: è un cuore umano che ha accettato una trasformazione, della quale non aveva personalmente bisogno, I'ha accettata per noi, per potercela comunicare, perché noi ne avevamo un urgente bisogno.

Il mistero della redenzione sta proprio in questo: che il Figlio di Dio ha preso una natura umana che portava il segno del peccato (S. Paolo dice: «una carne simile a quella del peccato», Rm 8,3), quindi bisognosa di trasformazione, e l'ha presa proprio per realizzare questa trasformazione che non era solo esterna, come se si fosse trattato di guarire una malattia. Si trattava invece di trasformare il cuore dell'uomo, di ottenere per l'uomo un cuore nuovo, veramente docile a Dio e accogliente all'amore che viene da Dio.

Questa trasformazione si è attuata nella passione di Gesù. Sappiamo tutti che la passione di Gesù fu un momento di grande dolore, di grande sofferenza, di lotta interna, anzitutto nell'agonia. In essa noi vediamo che Gesù aveva veramente un cuore umano, sottoposto alla sofferenza, all'angoscia, e in questa angoscia ha assunto l'atteggiamento della docilità verso il Padre dicendogli: “non la mia, ma la tua volontà sia fatta” (Lc 22,42).

Gesù ha assunto tutto il dolore della passione come un'occasione di docilità straordinaria del proprio cuore alla volontà del Padre. La Lettera agli Ebrei dice che "imparò dalle cose che patì l'obbedienza " (5,8). infatti, per acquisire perfettamente la virtù dell'obbedienza, il cuore umano deve affrontare prove dolorose e superarle generosamente. Gesù ha accettato questa legge della nostra natura; egli ha voluto imparare, non per se stesso ma per noi: per formare
 
un cuore docile sul quale la legge di Dio è scritta; cioè, un cuore che non vuole altro che obbedire al Padre, fare la sua volontà, ricevere l'amore del Padre e portarlo a tutti.

Gesù ha accettato che il suo cuore soffrisse profondamente, per essere trasformato e per essere a disposizione di tutti i credenti: un cuore nuovo, che attua l'apertura completa dell'essere umano a Dio e ai fratelli.

3. Il cuore sacerdotale di Cristo: centro della nuova alleanza

Il sacerdozio di Cristo è qui: Cristo è sacerdote in quanto è mediatore della Nuova Alleanza; e la Nuova Alleanza consiste nella trasformazione del cuore. Gesù è diventato perfetto sacerdote, grazie alla sua passione, con la quale il suo cuore umano fu trasformato perché diventasse la sorgente e il centro della nuova Alleanza.

Quando parliamo del cuore di Cristo siamo veramente al centro della rivelazione e del mistero; non si tratta soltanto di una rivelazione teorica, ma di un'attuazione divina, attuazione che si è effettuata nel cuore di Gesù. Se non andiamo fino a questo punto, non possiamo apprezzare le ricchezze della redenzione, che abbiamo adesso a nostra disposizione in questo "cuore nuovo".

Il cuore di Gesù è il centro della rivelazione e del mistero cristiano. Nel modo di presentare la devozione al Sacro Cuore, conviene evitare un eccesso di sensibilità, che può provocare reazioni di allergie; ma non possiamo dimenticare che il mistero di Cristo è un mistero d'amore. Questo è veramente il centro. E dobbiamo tornare sempre a questo centro, perché c'è spesso la tentazione di andare altrove. Ci sono altre vie che sembrano talvolta più interessanti; ma la grande rivelazione è proprio l'Amore, che si è manifestato nell'incarnazione del Figlio di Dio e nella sua passione. Senza l'amore, la passione non avrebbe nessun valore; sarebbe soltanto un evento tragico.

Tutto è stato trasformato dall'interno: la cosa che esternamente era più opposta all'amore è diventata occasione dell'amore più grande. Non si possono immaginare circostanze più contrarie al progresso dell'amore: I'ingiustizia, la crudeltà, il tradimento, tutte cose che si oppongono all'amore, eppure sono diventate occasione di un amore più grande in un superamento straordinario. Il segreto è nel cuore di Gesù, traboccante di amore.

Quando parliamo di cuore, parliamo di amore, ma di amore vissuto da un uomo; non si tratta dell'amore divino prima dell'incarnazione, ma dell'amore vissuto dal Figlio di Dio con la sua natura umana e con la sua sofferenza, con i suoi sentimenti e con le sue decisioni umane; veramente un cuore che è stato così generoso da prendere occasione dalle circostanze più contrarie, per far sovrabbondare l'amore.

Che questo sia il centro, lo dimostra anche s. Paolo quando parla della carità (I Cor 13). Per i Corinzi c'erano altre cose che sembravano più interessanti della carità: la profezia, i carismi straordinari, la conoscenza (la "gnosis"), tutte cose che sembravano più importanti, più divine. San Paolo non ha esitato e ha detto: «No!». La conoscenza non ha nessun valore senza l'amore; la conoscenza gonfia, I'amore edifica; e se non ho l'amore, non ho niente, non sono niente. S. Paolo ha messo al centro l'amore, che ha la sua sorgente nel cuore di Cristo. Tutto il Nuovo Testamento va in questo senso, e più precisamente nell'unione dei due amori: questo è il punto più specifico del Nuovo Testamento.

L'Antico Testamento chiedeva già di amare Dio con tutto il cuore, ma non collegava tanto bene l'amore di Dio e l'amore del prossimo; c'era qualche collegamento ma non così forte come in Cristo. In Cristo, le due dimensioni della croce—la verticale (I'amore di Dio fino ad accettare la prova suprema della morte) e la orizzontale (conservare la solidarietà con gli uomini, malgrado tutta la loro malvagità)—formano un tutt'uno, sono le due dimensioni dell'amore. Al centro, c'è il cuore di Gesù, che le tiene unite.

Il concilio ha insistito sull'ecclesiologia di comunione e un sinodo straordinario dei vescovi ha sottolineato questa impostazione come la cosa più importante di tutto il concilio; è così importante, che a poco a poco deve cambiare tutti i rapporti nella Chiesa. Non si deve più concepire la Chiesa come una specie di organizzazione gerarchica che insiste soprattutto sulle separazioni; occorre invece pensare di più la Chiesa come il popolo di Dio unii o (il che non impedisce che ci sia la gerarchia, la quale è necessaria per la strutturazione del popolo di Dio).

Quando si pensa a questo tema dell'ecclesiologia di comunione, si trova una ragione di più per insistere sul cuore di Cristo, perché una comunione non può esistere senza un centro, non c'è unità se non c'è centro di riferimento; altrimenti si avrebbe solo una massa informe, senza unità; e centro della comunione è il cuore di Gesù, perché il cuore è un centro di relazioni: se il cristiano non si riferisce al cuore di Cristo, non può veramente vivere nella comunione cristiana.

4. n sacerdozio ordinato sacramento del cuore sacerdotale di Cristo

Un grande dono del cuore sacerdotale di Cristo alla Chiesa è il sacerdozio ordinato, sacramento della mediazione sacerdotale del suo cuore. Per mezzo dei presbiteri e dei vescovi, Cristo rende presente il suo sacerdozio, e lo rende presente come mediatore della nuova Alleanza: mette cioè a disposizione di tutti il proprio cuore. Il sacerdozio ordinato ha dunque un rapporto strettissimo con il cuore di Cristo.

Cristo, "mediatore della nuova Alleanza" (Eb 9,15), esercita la sua mediazione, fondata sul suo cuore, per mezzo dei "ministri della nuova Alleanza", come dice san Paolo (2 Cor 3,6).

Cristo, buon Pastore, che ha spinto il proprio amore fino a dare la propria vita per le pecore (Gv 10,15) prende cura del suo gregge per mezzo dei pastori della Chiesa (Ef 4,11), che vengono chiamati a "pascere il gregge di Dio", come dice san Pietro nella sua lettera (I Pt 5,2) e san Paolo in un discorso degli Atti (20,28).

Il sacerdozio ordinato, come tutti i sacramenti, è una creazione straordinaria di Cristo, un'espressione del suo amore. Naturalmente il sacramento più importante è l'Eucaristia, ma l'Eucaristia non è possibile senza il sacerdote. Nella celebrazione eucaristica, non c'è solo la carne di Cristo, ma anche la persona di Cristo, resa presente nel sacerdote.
 
Questo è un motivo di meraviglia e di stupore continuo: vedere che Gesù ha creato questa sua presenza sacramentale non soltanto in oggetti e sostanze ma anche in una persona viva, quale è il prete: questo è un dono straordinario di Cristo! Dobbiamo esserne consapevoli.

L'Ordine sacro è creazione di Cristo; esso rende presenti le azioni di Cristo e Cristo stesso: questa è la cosa nuova e straordinaria, che rende Cristo veramente vicino in tutti i luoghi e in tutti i tempi.

5. Le due disposizioni del cuore sacerdotale di Cristo

Per essere sacramento di Cristo sacerdote, il presbitero deve essere unito al cuore di Cristo nelle due disposizioni fondamentali della mediazione sacerdotale, cioè la docilità verso Dio e la misericordia verso gli uomini: avere un cuore filiale verso Dio Padre e un cuore fraterno verso le persone umane. Una mediazione, infatti, si esercita fra due parti e richiede buone relazioni del mediatore con le due parti.

Nel fatto della mediazione sacerdotale, si tratta di mettere in relazione Dio e gli uomini; sono quindi necessarie per il mediatore buone relazioni: con Dio da una parte e con gli uomini dall'altra. Queste relazioni si ottengono ponendole nel cuore.

Gesù ha avuto un cuore "mite e umile" (Mt 11,29): un cuore umile, filiale, docile a Dio fino all'obbedienza della croce; un cuore mite, cioè fraterno, misericordioso. Quando Gesù definisce il proprio cuore con questi due aggettivi —mite e umile—tocca i due aspetti della mediazione.

Quando definisce il sacerdote, la Lettera agli Ebrei esprime il contenuto di queste due qualità essenziali: I'umiltà davanti a Dio, nella docilità profonda (5,57); e la mitezza verso gli uomini, nella misericordia (4,15).

Il cuore filiale di Cristo si è manifestato innanzitutto nell'agonia del Getsemani: li si vede fino a che punto Gesù è stato docile al Padre, umile. Il cuore fraterno di Cristo si è manifestato anzitutto nell'istituzione dell'Eucaristia, quando Gesù diede se stesso in cibo di comunione fraterna. Però non è possibile fare una separazione tra questi due aspetti. Nell'agonia Gesù si manifesta anche fratello nostro, perché prende su di se tutta la nostra angoscia, la nostra situazione disperata: 'diventata in tutto simile ai suoi fratelli" sofferenti (Eb 2,17). E reciprocamente, nell'istituzione eucaristica Gesù si è mostrato figlio che rende grazie al Padre e continua consapevolmente il movimento di dono iniziato dal Padre. Figliolanza e fratellanza sono intimamente unite, e sono le due virtù fondamentali del cuore sacerdotale di Cristo.

Di virtù sacerdotali di Cristo se ne possono elencare molte; ma le due principali sono la docilità verso Dio e la solidarietà e misericordia verso gli uomini, che sono i due lati della mediazione propriamente sacerdotale; le altre virtù dipendono da queste, sia che favoriscano l'unione con Dio o favoriscano l'apertura verso gli uomini.

6. Il cuore del sacerdote

Il cuore del sacerdote si definisce dall'unione di queste due disposizioni: docilità filiale e misericordia fraterna. Gesù ha voluto unire i suoi apostoli a queste due relazioni fondamentali del suo cuore.

Li ha voluti unire alla sua relazione al Padre. Lo vediamo specialmente nell'agonia, quando egli chiede agli apostoli di "vegliare con lui" e dice: "vegliate e pregate" (Mt 26,38-41). Prima aveva insistito spesso sulla necessità di fare la volontà del Padre; nel momento in cui Lui si trova nella prova, chiede agli apostoli di condividere questa prova e questa disposizione.

Anche nella misericordia verso i peccatori Gesù ha voluto unire gli apostoli al suo cuore. Questo si vede in particolare nella vocazione di Matteo. Matteo era considerato peccatore—era pubblicano—Gesù manifesta per lui la sua misericordia dicendogli: «Seguimi!» (Mt 9,9); un onore straordinario; non soltanto essere considerato da Gesù come qualcuno da salvare, ma come un possibile collaboratore. Subito dopo, Matteo organizza un banchetto con i pubblicani: il che suscita la critica dei farisei: «il vostro maestro mangia con i peccatori e con i pubblicani!». La risposta di Gesù! «Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori» (Mt 9,13), richiama la profezia di Osea: «Andate e imparate che cosa significhi: misericordia lo voglio e non sacrificio» (ivi), cioè non il sacrificio rituale, immolazione di animali.

Gli apostoli sono associati al movimento di misericordia del cuore di Cristo, fin dalla loro vocazione. Non va dunque più ricercato il culto rituale esterno, di separazione (questo è il sacrificio antico); il vero culto adesso deve attuarsi in un movimento di misericordia verso i fratelli; infatti il sacrificio di Cristo fu un atto di misericordia estrema; non fu per niente un sacrificio alla maniera antica, non fu attuato in un luogo santo con riti speciali: fu un evento tragico, un'esecuzione di pena capitale, trasformata però dall'interno, dal cuore, in un atto di misericordi estrema.

7. Le tre dimensioni del sacerdozio di Cristo e dei presbiteri

Si può anche analizzare il sacerdozio in un altro modo: il sacerdozio di Cristo mette insieme le tre dimensioni che corrispondono alle tre funzioni di profeta, sacerdote e re. Tutto questo entra, secondo la Lettera agli Ebrei, nel sacerdozio di Cristo, perché Cristo:

1) meglio dei profeti, comunica la parola di Dio—«Dio ci ha parlato nel Figlio» (Eb 1,2); adesso la parola di Dio ci viene per mezzo di Cristo. Cristo è "degno di fede" (3,2), e questo è un aspetto del suo sacerdozio e della sua mediazione; 2) come sacerdote, Cristo ci santifica comunicandoci la propria vita; 3) come re, Cristo governa la chiesa e le assicura la comunione nell'unità.

Sono tre compiti che appartengono al sacerdozio di Cristo e che vengono comunicati al sacerdozio ordinato, il quale deve comunicare la parola di Dio, deve comunicare la vita di Cristo santificando i fedeli, deve anche assicurare l'unità, governando il popolo di Dio.

Anche per l'attuazione di questi tre compiti sacerdotali si può vedere nel vangelo che Gesù ha voluto unire gli apostoli al suo cuore.
 
1.   Vediamo in Marco 6,34 che per Gesù l'insegnamento, cioè la comunicazione della parola di Dio, è un ano di misericordia e di amore. L'evangelista dice: «Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose». Gesù insegna perche il suo cuore si è commosso vedendo la situazione della gente.

Il verbo greco adoperato qui per dire «si commosse» è un verbo derivato dalla parola splagchna, che significa «viscere». Si potrebbe quindi tradurre: «le sue viscere si commossero» oppure «il suo cuore si commosse», perché, invece di parlare delle viscere come centro dell'affettività, noi parliamo del cuore.

Nel Nuovo Testamento la parola splagchna viene spesso tradotta «cuore» (ad es. Lettera a Filemone, v. 7: «il cuore dei credenti è stato confortato per opera tua» (CEI 13 ed.), v. 12: «Te l'ho rimandato, lui, [che è] il mio cuore», v. 20: «dà questo sollievo al mio cuore» ).

Nei vangeli, il verbo corrispondente, splagchnizomai, “mi commuovo”, «il mio cuore si commuove», è caratteristico dell'atteggiamento di Gesù. Sta sempre in rapporto con Gesù.

In Mc 6,34 la bontà di cuore di Gesù viene presentata come sorgente della sua attività di insegnamento, di comunicazione della parola di Dio. Comunicare la parola di Dio non si può fare se non in unione con il cuore, con la compassione di Gesù, con la sua misericordia sacerdotale.

Quando alla fine del vangelo Gesù dice: «Andate e ammaestrate tutte le genti...insegnate a loro», chiama i suoi apostoli—e anche i presbiteri attuati—a comunicare la parola di Dio con il cuore e non soltanto con le labbra. Ciò che viene comunicato solo con le labbra, non è una vera comunicazione, non può produrre frutto. L'unione con il cuore di Gesù è indispensabile per poter comunicare la parola di Dio.

2 . Il secondo compito del sacerdote è quello di comunicare la vita, la vita divina, la grazia santificante. Esso è illustrato simbolicamente dagli episodi della moltiplicazione dei
pani. La sera gli apostoli chiedono a Gesù di congedare la gente perché, andando nei villaggi vicini, si possano comprare qualcosa da mangiare. Ma Gesù risponde: «Non occorre che vadano: date loro voi stessi da mangiare» (Mc 6,37). Così Gesù unisce gli apostoli alla sua attività di dono della vita. È la prima moltiplicazione dei pani.

Nella seconda, si vede chiaramente che Gesù unisce gli apostoli al suo cuore perché egli dice loro: «Mi commuovo per questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare» (Mc 8,2). Ritroviamo qui il verbo caratteristico dei sentimenti di Gesù.

Vediamo qui il cuore di Gesù che si esprime: invece di «mi commuovo per questa folla» si potrebbe tradurre: «il mio cuore si commuove per questa folla». Gesù vuole comunicare la vita; e per comunicare la vita prende i pochi pani disponibili, poi rende grazie, li spezza e li dà ai suoi discepoli, perché i suoi discepoli li distribuiscano. Cosi Gesù associa i suoi discepoli al suo atteggiamento di amore generoso: Gesù mette tra le loro mani i suoi doni, per la vita della gente.

Queste cose — evidentemente — sono una prefigurazione del dono eucaristico; i vangeli hanno evidenziato questo rapporto, usando le stesse espressioni: "rendere grazie...spezzare il pane...poi darlo". Gesù ha messo tra le mani degli apostoli, e poi dei presbiteri, il proprio corpo e il proprio sangue, affinché possano comunicare a tutti i fedeli la vita divina. E questo viene, di nuovo, dalla sua compassione, dal suo cuore. È chiaro che l'Eucaristia è il dono più straordinario del cuore di Gesù.

Anzi, possiamo dire che per mezzo deh Eucaristia Gesù mette il proprio cuore a disposizione dei sacerdoti con la missione di distribuire questo cuore—se si può dire—così come ha dato il pane agli apostoli e l'ha fatto distribuire perché tutti ne avessero una parte. Gesù dona il proprio cuore ai sacerdoti affinché lo possano dare ai fedeli. In fondo la vita cristiana consiste nel ricevere in se stessi il cuore di Cristo; I'Eucaristia si deve capire così; Gesù ci dà il suo corpo per mettere in noi il suo cuore. Nell’ Ultima Cena, quando Gesù istituisce l'Eucaristia, egli dà agli apostoli il suo cuore nel momento del più grande amore, e comunica loro il dinamismo di questo amore.
 

Si può veramente dire che Cristo dona il suo cuore nell'eucaristia. Tutti i cristiani sono invitati a ricevere il cuore di Cristo, e i sacerdoti hanno la missione di dire ai cristiani: “ecco il cuore di Cristo: è a vostra disposizione per rendervi capaci di amare, con lui, il Padre celeste e i fratelli e sorelle”.

3.    Il terzo aspetto della mediazione sacerdotale è assicurare la comunione nell'unità; questo aspetto si esprime nel Vangelo di Matteo (9,35ss) nel brano che comincia con una descrizione del ministero di Gesù stesso: “Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle sinagoghe e predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità”. Subito dopo, il vangelo ci rivela che Gesù si preoccupò' di portare rimedio alla dispersione umana. «Vedendo le folle, si commosse, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore» (ivi). il suo cuore si commuove, e allora vuole associare i discepoli alla sua grande opera di radunare il genere umano. «Allora disse ai suoi discepoli: la messe è molta, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il padrone della messe, che mandi operai nella sua messe» (ivi).

La missione dei Dodici viene raccontata subito dopo, e si trova quindi in questa luce. Essa va capita come un effetto della compassione del cuore di Gesù per le folle, e del suo desiderio di associare uomini scelti alla sua opera di radunamento di tutti nella carità.

Questo è proprio uno dei compiti essenziali del sacerdozio: strutturare l'unità, rendere possibile l'unità; e questo non è possibile senza un riferimento esplicito al cuore di Gesù, cioè all'amore di Cristo espresso dal suo cuore umano: è l'amore divino che si è rivelato in un cuore umano. Questo è molto fondamentale; non si tratta di devozione superficiale, ma si tratta veramente del centro della nostra fede.

Radunare gli uomini nella Chiesa e governare la Chiesa non può essere un'opera di ambizione o di dominazione. Deve essere un servizio ispirato all'amore che proviene dal cuore di Gesù. Gesù stesso l'ha detto agli apostoli, quando si contendevano il primo posto: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti i capi delle nazioni le dominano, e i grandi esercitano su di esse il potere; fra di voi,
 
però, non è così: ma chi vuole essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuoi essere il primo fra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,42-45; cf Lc 22,25-26).

In tutti questi esempi vediamo come il sacerdozio ordinato è unito al cuore di Gesù, è costituito da una chiamata a un'unione intima con il cuore di Gesù, e non può essere esercitato bene se non nell'unione con il cuore di Gesù. Deve ricevere t'amore divino incarnato, per poter comunicare questo amore nelle diverse forme della comunicazione della parola di Dio, della celebrazione dei sacramenti e dell'impegno a servizio dell'unità della Chiesa.

Conclusione

Mi pare di aver detto, con questo, I'essenziale, mostrando come il Cuore di Cristo, mite e umile, sia un cuore sacerdotale, un cuore filiale e fraterno, sorgente e centro della Nuova Alleanza stabilita nei cuori, e come il sacerdozio ordinato abbia una relazione speciale con questo cuore, anzitutto nelle due disposizioni fondamentali di docilità filiale verso Dio e di solidarietà fraterna con i fratelli, e poi nel triplice compito sacerdotale di predicazione, di santificazione e di servizio dell'unità. Non saremo mai abbastanza riconoscenti al Signore per il dono quanto mai prezioso che ci ha fatto, e continuamente ci fa, del suo cuore filiale e fraterno, fonte inesauribile di amore.

Last modified on Thursday, 05 February 2015 16:56

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