OPPORTUNITÀ E SFIDE PER LA VITA CONSACRATA E LA TEOLOGIA DELLA VITA CONSACRATA IN AFRICA

Published in Missione Oggi



 

Introduzione

Ci proponiamo, nel quadro di questa breve presentazione, di affrontare certi aspetti della situazione socio religiosa dell’Africa in termini di sfide. Quattro punti hanno richiamato la nostra attenzione. Raccoglieremo le opportunità e le sfide proprie della vita consacrata riguardanti questo aspetto. Termineremo, ogni volta, suggerendo alcuni campi di ricerca per una teologia africana della vita consacrata.

  1. Mondializzazione ed emarginazione dell’Africa

Il mondo d’oggi, come sappiamo, è segnato dalla mondializzazione. In relazione a questo fenomeno che si è imposto progressivamente in questi ultimi decenni, vogliamo soprattutto sottolineare la situazione ambigua del continente africano. Da un lato, le società africane sono inglobate in un grande villaggio di cui esse non sono più altro che delle cellule. Si può, per esempio, citare la penetrazione rapidissima dei nuovi mezzi di comunicazione (telefoni cellulari e internet). Si può anche vedere l’effetto della moda e la seduzione di tutto ciò che è presentato dalle grandi catene televisive che inondano il continente. Ma, d’altra parte, si nota che l’Africa, in gran maggioranza, si trova al di fuori dei grandi circuiti mondiali. È facilmente lasciata da parte. Questa emarginazione è evidente sotto diversi aspetti. L’Africa si rende conto di non avere un peso sullo scacchiere mondiale. Essa è inseparabilmente legata ad un mega organismo di cui non è che l’appendice. Anello trascurabile della catena, essa si percepisce come una zona facilmente aggirabile dalla tela mondiale. Per certi aspetti pertanto, essa sente di apportare molto a questo mondo e che potrebbe apportare ancora di più se si potesse contare su di essa portandola fuori dalla sua marginalità. È in questa prospettiva che io credo di comprendere, per esempio, gli appelli che si levano a favore di un posto permanente dell’Africa in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Per gli Africani, membri di istituti internazionali di vita consacrata, la mondializzazione si ripercuote su certi aspetti della loro propria vita. L’adesione ad un istituto religioso internazionale contiene un’apertura al mondo. Si esce dalla propria cultura e dal proprio ambiente immediato per accogliere persone e valori che fino a quel momento erano lontani. La vita in un tale istituto implica l’inserzione in una rete di comunicazione con delle unità disperse nel mondo intero. « Gli istituti religiosi assomigliano molto a delle reti mondiali con delle antenne dai poteri limitati che hanno l’obbligo di fare riferimento ad una struttura più grande. Certamente, per il cristiano Africano comune, l’uomo di Dio che è il religioso appare talvolta come un uomo del mondo, un uomo che comunica con l’universo intero ».

I giovani, uomini e donne, che s’impegnano in un istituto religioso internazionale, si ritrovano dunque, di fatto, in una rete che è molto più larga della microstruttura immediatamente visibile nella loro regione natale. Differenti fattori hanno giocato su ciò che appare oggi come una presenza crescente di Africani e Africane negli istituti religiosi internazionali. Non si tratta soltanto di una questione numerica. Gli Africani e le Africane cominciano a giocare un ruolo abbastanza importante in seno ai loro istituti. Anche se questo movimento è ancora timido, merita di essere sottolineato.

Si presenta, di conseguenza, alla vita consacrata, in Africa, una questione di preparazione alla leadership. I teologi della vita consacrata dovranno proporre un modello di leadership adatto alla vita consacrata in Africa. Conosciamo il ruolo di un leader in seno ad un gruppo. L’esercizio di questo compito dovrà appoggiarsi su una riflessione ed una ricerca che aiutino a prendere le distanze da certi modelli offerti dalle società tradizionali o moderne. Bisogna anche mettere in rilievo chiaramente la specificità della leadership religiosa in relazione al ministero di governo legato al sacramento dell’ordine.

  1. La demografia religiosa

Il mondo occidentale, e in modo più speciale l’Europa, in cui si è sviluppata la vita religiosa, fino alle forme attuali, è oggi segnata dalla secolarizzazione, il relativismo e, in certi casi, una avversione nei riguardi del cristianesimo. In questa Europa che si considera come post cristiana, la vita consacrata, in particolare, conosce un declino. Le giovani vocazioni si fanno rare e gli effettivi diminuiscono sensibilmente. Parecchie infrastrutture costruite un tempo per diversi servizi sono oggi trasformate o vendute. La speranza di una ripresa cede il posto ad un brutale realismo che si trasforma in ricerca di strategie per far fronte ad una morte annunziata.

Il religioso africano può rimproverare a queste strategie di partire da una lettura parziale della situazione attuale e di procedere ad una generalizzazione troppo rapida dei dati. Se, effettivamente, la vita consacrata conosce un declino in Occidente, non è questo il caso della maggior parte delle chiese africane particolari. Le preoccupazioni legittime di fronte al deperimento della vita consacrata in terra occidentale non devono impedire che ci si rallegri del suo sviluppo in ambiente africano o in altre parti del mondo.

In Africa, come dappertutto altrove, la vita consacrata è essenzialmente accolta come « un dono prezioso e necessario » di Dio alla sua Chiesa. La situazione attuale pone il mondo non occidentale davanti alle sue responsabilità di fronte all’avvenire della vita consacrata. Questo dono prezioso di Dio appare oggi come un bene essenzialmente fragile. Questa fragilità, deve, a mio parere, essere tenuta in conto dai teologi della v« forma di vita» nella Chiesa e, dall’altro, di fargli portare frutti per la Chiesa universale. Le ricerche sull’inculturazione della vita consacrata in Africa non dovranno chiudersi in un egocentrismo afro-centrico. Devono soprattutto preoccuparsi della ricchezza che una vita consacrata africana autentica potrebbe apportare alla chiesa universale.

  1. La riconciliazione

L’africa, nel suo insieme, sembra vivere una certa tregua di fronte alle vive tensioni che hanno segnato il continente nei due ultimi decenni. Anche se la pace e la sicurezza delle popolazioni sono ancora minacciate in certi luoghi, è percettibile una reale evoluzione verso la pacificazione. Finita la guerra – o quasi, bisogna ora iniziare il cammino verso la riconciliazione. Il secondo Sinodo per l’Africa è arrivato al momento giusto per ricordare ai cristiani di essere artefici di pace e riconciliazione. In questa immensa sfida a cui la Chiesa deve collaborare con altre strutture, il ruolo delle persone consacrate non è trascurabile. Il Sinodo presenta la missione della vita consacrata in questo campo in termini di testimonianza da offrire. È certo utile agire nel senso della facilitazione e della mediazione per riconciliare le parti in conflitto. Ma ci si attende dai religiosi che comincino testimoniando la riconciliazione, con la loro vita personale.

Il Sinodo ci rinvia così ad una dimensione essenziale della nostra vocazione: la comunione e la fraternità. Di fatto, la vita fraterna in comunità non è un elemento estraneo alla vita consacrata. « La vita fraterna è un elemento fondamentale del cammino spirituale delle persone consacrate, perché esse si rinnovino costantemente e compiano la loro missione nel mondo» (VC, 45). Lo spettacolo di una distensione senza vera riconciliazione ci interpella. La riflessione sulla vita consacrata in Africa deve evitare la superficialità quando tratta il tema della fraternità. Deve tener conto della triste esperienza delle comunità che non hanno potuto resistere davanti alla prova della differenza etnica e culturale. Il discorso sulla fraternità universale e l’interculturalità deve suscitare una conversione dello sguardo sulle differenze; cominciando dai più vicini. Perché sono loro, i più vicini, quelli che possono finire per molestarmi perché li ho sempre davanti. È, in effetti, più facile amare un fratello lontano che non quello con cui si vive. Per il primo, sono sufficienti buoni sentimenti e parole gentili. Per il secondo, al contrario, è necessaria una costante accettazione e delle regolari riconciliazioni.

  1. Le migrazioni

Lo spostamento degli individui e delle popolazioni costituisce uno dei tratti più importanti del nostro mondo. In Africa, i movimenti migratori che si possono osservare derivano da origini diverse. Si possono, tra le altre, citare le abitudini culturali di certi popoli che sono essenzialmente nomadi e che fanno fatica e diventare sedentari. Durante i due ultimi decenni, molte popolazioni si sono spostate per sfuggire alla guerra o per ricercare acqua e condizioni di vita climatiche più favorevoli. L’attualità, in questi ultimi anni, ha presentato numerosi giovani africani che lasciano il continente alla ricerca di una vita migliore in Occidente. Alcuni ritrovano, ahimè!, la morte lungo il cammino.

La vita consacrata, di fronte alle migrazioni delle popolazioni nel continente africano, è interpellata per sviluppare un modo di presenza evangelica specifica nei riguardi delle popolazioni che si spostano. Si apre così un nuovo terreno apostolico. Esso deve soprattutto preoccuparsi dell’accoglienza e dell’accompagnamento umano e religioso delle persone che si spostano. Ma bisogna anche interrogarsi sull’accompagnamento da assicurare a coloro che partono. In una parola, la pastorale dei migranti, quali che siano i motivi dello spostamento, è un terreno in cui la vita consacrata apostolica può oggi investirsi in Africa.

I flussi migratori che si osservano, e la loro gestione, invitano la teologia della vita consacrata in Africa ad interrogarsi sulla missione. La missione, è una dimensione essenziale della vita consacrata. In una certa misura, questa missione implica degli spostamenti geografici che si inseriscono nel grande quadro delle migrazioni delle persone. La riflessione teologica deve mettere sufficientemente in evidenza la dimensione missionaria della vita consacrata. Nel contesto dell’Africa, essa deve interrogarsi sulla pertinenza e sulle esigenze della missione ad gentes.

Conclusione

La vita consacrata, come forma vitale, è sensibile all’ambiente in cui si esprime. Le sfide osservate nelle società africane sono altrettanti appelli rivolti ai consacrati perché riflettano sulla loro identità e sulla loro missione. Le azioni che ne deriveranno manifesteranno di più la loro testimonianza e contribuiranno al consolidamento degli istituti. D’altronde, la crescita che si riconosce nella vita consacrata in terra africana non deve far dimenticare i rallentamenti osservati sotto altri cieli. I teologi della vita consacrata – che non devono necessariamente essere religiosi o religiose – dovranno collocare la sua missione nell’orizzonte della missione globale delle Chiesa universale. La vera sfida, per il futuro, sarà di perseverare nella testimonianza in seno a gruppi che, almeno per quanto riguarda la loro rappresentatività, saranno fortemente limitati.

Last modified on Thursday, 05 February 2015 16:39

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