MISTICA E PROFEZIA: UNO STILE DI VITA E I NUOVI AREOPAGHI

Published in Missione Oggi

Ciro García Fernández, carmelitano scalzo, è nato a León (Spagna). Dal 1968 insegna Teologia Dogmatica ed è professore di Antropologia Teologica presso la Facoltà di Teologia del Nord della Spagna, sede di Burgos.

Dal 2003 insegna anche Storia delle Religioni. Ha tenuto corsi di spiritualità a Roma, Madrid, Città del Messico, Haifa e presso l'Università Cattolica in Honduras. È autore di circa venti libri di Teologia, Antropologia, Spiritualità e Spiritualità carmelitana.

 

 

 

Introduzione

 

  • “Conosco bene la fonte che zampilla e scorre....”

  • Chiamati ad essere mistici e profeti

  1. Due identità basilari e dinamiche della esperienza cristiana

    1. L’esperienza mistica

    2. L’esperienza profetica

    3. L’irruzione dell’ “Altro” e l’esperienza dell’alterità

  1. Il risveglio mistico e profetico dell’epoca contemporanea

 

  1. La vocazione mistica e profetica della vita consacrata

3.1. La mistica della consacrazione

3.2. La profezia della missione

3.3. Mistica e profezia in “Passione per Cristo e passione per l’umanità”

4. I nuovi areopaghi della mistica e della profezia

4.1. Gli areopaghi della mistica

  1. Il vissuto personale di fede

b) L’ascolto della Parola

c) L’esperienza di Dio "nel bel mezzo della vita"

d) L’urgenza ecclesiale di testimoni

4.2. Gli areopaghi della profezia

a) Da una situazione di esilio

b) Creare famiglia (casa-focolare), comunione

c) Umanizzare

d) La saggezza dei piccoli segni

e) Il servizio della carità: un “cuore che vede”

Conclusione: Un canto di lode

 

  • Orazione dell’anima innamorata

  • Esperienza di festa: la gioia interiore e l’apertura all’altro

  • La mistica di una presenza che diventa profezia

 

 

  • Conosco bene la fonte che zampilla e scorre....”

 

 

Il dono più grande, il regalo più prezioso che il Signore può fare alla vita consacrata e ad ogni religiosa è rivelare (far gustare) questa fonte segreta di acqua viva – “cosa tanto bella che i cieli e la terra bevono da essa” –, bere e cantare la sua ricchezza traboccante – “le sue correnti traboccanti, inferni e cieli irrigano, e le genti”- e saziare la sete delle creature – “sta qui, chiamando le creature, che di quest’acqua si saziano, benché sia notte”-. Questo è quanto è accaduto nella vita di Frà Giovanni della Croce, mistico, poeta e profeta, che ha avuto la gioia di conoscere i misteri della fede (la fonte), che irrompono nella storia come un torrente (Cristo) e inondano la vita intera (cielo e terra). Questa irruzione è simile ai ruscelli annunciati dal profeta, che scorrono nel deserto (cf. Is 43,19), che fanno rinverdire la terra e danno frutti abbondanti (cf. Ez 47,8-9).

 

In questo modo Giovanni della Croce ha sperimentato e cantato la sua fede in Dio, mentre veniva perseguitato, emarginato, chiuso nella cella più lugubre del carcere di Toledo (novembre 1577 – agosto 1578). Qui, in un luogo oscuro e tenebroso, nacque il poema della Fonte, pieno di vita, di luce e di colore, che canta l’esperienza della sua conoscenza di Dio nella fede, che supera l’ostilità, l’oscurità e la morte stessa. Credo che esso sia come una parabola per la vita consacrata, radicata nelle fonti della salvezza, come la fonte nascosta, come la sorgente segreta, le cui acque abbondanti sono chiamate a fecondare la nostra terra arida e i nostri sterili deserti. E questo, anche se è notte e le tenebre si infittiscono e le difficoltà aumentano.


Questo è il significato racchiuso nell’esperienza mistica e profetica della vita consacrata. È la gioiosa scoperta delle fonti della salvezza, il ritrovamento del tesoro nascosto, l’incontro con Cristo e l’annuncio profetico del suo regno. Mistica e profezia sono, anzitutto, una esperienza, che cercheremo di descrivere non tanto teologicamente, quanto esistenzialmente.

 

In questo senso ci accosteremo ai nuovi areopaghi della mistica e della profezia: a) Si tratta di un’esperienza basata sulla fede, alimentata dalla Parola, che scopre Dio nella vita e sente il bisogno di testimoniarlo (areopaghi della mistica) b) Sono anche l’annuncio, cha nasce in una situazione di esilio, che crea comunione, che umanizza attraverso i piccoli segni e il servizio della carità (areopaghi della profezia).

 

Tutto questo prorompe in un canto di lode, che fa proprie “le gioie e le speranze” della famiglia umana e ricrea profeticamente la vita consacrata.

 

 

  • Chiamati ad essere mistici e profeti

 

Tutti i nostri fondatori e fondatrici sono stati mistici e profeti. Noi siamo chiamati a ricreare il loro carisma mistico-profetico nella Chiesa. Senza mistici e profeti la vita consacrata non ha futuro. Mistica e Profezia sono due dimensioni essenziali di ogni identità religiosa, della vita cristiana e della vita consacrata, strettamente correlate. La prima è più direttamente proiettata verso l’unione con Dio; la seconda è più immediatamente orientata al compimento della sua volontà, qui e ora. Solo una sapiente combinazione dell’una e dell’altra può forgiare un'autentica identità religiosa di Dio e della persona umana. Non vi è mistica autentica, se non sfocia in un impegno etico e profetico; né si può pensare ad una profezia che non si nutra di una profonda unione con il divino1.

 

Tutti gli uomini e le donne, tutti i consacrati e le consacrate sono chiamati ad essere mistici e profeti, vale a dire, a fare un’esperienza di Dio e della sua Parola che devono trasmettere; tutti sono pure chiamati ad impegnarsi nella storia della Chiesa e del proprio tempo. Il percorso vero, allora, si trova nell’unione di queste due identità: non si tratta tanto di essere mistico “o” di essere profeta, ma di essere mistico “e” profeta.

 

A partire da questa prospettiva e dalla nostra esperienza personale: 1) svilupperemo ciascuna delle due identità religiose come due identità fondamentali della esperienza cristiana, indicando, al contempo, le relazioni dinamiche tra di loro; 2) descriveremo brevemente la rinascita mistica e profetica della spiritualità contemporanea; 3) metteremo in evidenza il loro impatto sulla vita religiosa, nella sua duplice dimensione mistica e profetica, richiamando l'urgenza della testimonianza mistica e profetica nella Chiesa di oggi; 4) indicheremo, infine, alcuni dei nuovi areopaghi della mistica e della profezia che compaiono attualmente nello scenario della vita consacrata.

 

 

  1. Due identità basilari e dinamiche della esperienza cristiana

 

La mistica e la profezia non sono identità religiose statiche, ma dinamiche. Questo vuol dire che esse esistono all’interno di un processo religioso di maturazione e di purificazione della persona (le notti di San Giovanni della Croce), risultato dell’azione trasformatrice della grazia divina e di una complessa storia di identificazioni, caratterizzata dall’impegno personale di dare pienezza e un senso alla propria esistenza. L’orizzonte mistico di questa pienezza si raggiunge nell’incontro con Dio (l’unione mistica), che è l’anelito più profondo dell’essere umano (cf. GS 19): “Se l’anima cerca Dio, tanto più il suo amato la cerca” (Fiamma viva d’amore 3,28).

 

Si dice che tutti abbiamo dentro di noi un mistico (e un profeta), così come tutti abbiamo dentro di noi un piccolo Budda, che incarna le necessità e i desideri più profondi, che cerca il senso della vita, che aspira ad un futuro di cambiamenti e di novità ed alla realizzazione dell’utopia finale. Se questo è vero, antropologicamente e religiosamente, lo è molto più dal punto di vista della fede cristiana e della vita consacrata. In effetti, il cristianesimo è originariamente una mistica, non un’etica o un codice morale; è la mistica della sequela di Gesù e della configurazione battesimale con lui. Allo stesso modo, la vita consacrata è una mistica e una profezia; è essenzialmente consacrazione a Cristo (mistica) e annuncio della Buona Novella (profezia).

 

 

    1.  

    2. 1.1. L’ esperienza mistica

 

L'esperienza mistica, qualunque sia la sua espressione, sembra avere come obiettivo principale la ricerca di una unione che rompe i confini dell’Io e, in questo modo, si immerge in una realtà vissuta come pienezza, che è l’unione mistica. L’esperienza mistica è essenzialmente pati divina (passione divina), vale a dire, experiri (sperimentare) la presenza di Dio e “soffrire”, “sentire”, accogliere la sua azione trasformatrice in noi; e, pertanto, è un legame, una relazione, “uno sguardo amoroso”, un contatto amoroso con una realtà immensamente apprezzata e concepita come il centro segreto più intimo della esistenza e come la sua fonte permanente, che spinge il mistico ad esclamare: “Fiamma viva d’amore/ che teneramente ferisci/ il centro più profondo della mia anima!” (San Giovanni della Croce, Fiamma viva d’amore).

 

L’esperienza mistica va oltre la conoscenza intellettuale, non si apprende leggendo o pensando, ma vivendo e sperimentando. San Giovanni della Croce parla della “conoscenza per esperienza” contrapposta alla “conoscenza scientifica” (Cantico Spirituale, prol. 3). La sua realtà fondante è l’esperienza dell’amore di Dio, che Giovanni della Croce chiama “madre nutrice” 2. La prima preoccupazione di una madre per il figlio sono le sue “necessità” e non i suoi “doveri”. Di fronte a questo Dio d’amore, l’unica risposta sana e matura è imparare a lasciarsi amare e a lasciarsi guarire dalle sue ferite.

 

Questo atteggiamento si manifesta in un particolare stato di coscienza, di fiducia e di abbandono alla realtà di Dio creduta e amata, in cui gioca un ruolo fondamentale non solo la grazia ma anche la psicologia personale di ognuno e la sua condizione di donna o di uomo. Si dice che la donna abbia una maggiore predisposizione per la mistica e l’uomo per la profezia. “La madre crea la vita, il padre la storia” (G. Van der Leeuw). Anche se le componenti mistico-profetiche sono presenti tanto nel femminile che nel maschile, storicamente le attitudini e i comportamenti profetici sono più legati alle componenti maschili della personalità: legge, esigenza, denuncia, pena ...

 

1.2. L’esperienza profetica

 

Così come il vissuto mistico è caratterizzato dall’esperienza della presenza avvolgente dell’Altro, il vissuto profetico è caratterizzato dall’ascolto della parola che viene dalla divinità e che il profeta si sente costretto a trasmettere, spesso suo malgrado. Il profeta è portavoce di un messaggio divino; la divinità irrompe in lui, non tanto per comunicarsi a lui nell’intimità, quanto per renderlo annunciatore della sua parola salvifica. La parola ascoltata e trasmessa comporta sempre l'esigenza di una azione trasformatrice della storia.

 

Lo spazio simbolico dell’identità profetica non sarà lo spazio intimo e raccolto della cella, come nel caso dell’esperienza mistica. Il suo spazio paradigmatico sarà la piazza, laddove si svolge la vita sociale, in questa trama di relazioni interpersonali intessute dalla vita politica, economica e culturale.

 

In questo senso vediamo come il profetismo biblico si evolve dalla interpretazione degli enigmi alla scoperta di una missione e di una responsabilità storica, impegnata nella collettività. Così, la preoccupazione per la giustizia, per la realizzazione di una società degna di Dio e dei suoi figli, gli esseri umani, diventa il centro del profetismo giudaico3.

 

 

1.3. L’irruzione dell’ “Altro” e l’esperienza dell’alterità

 

Mistici e profeti, pur nella loro diversità, hanno qualcosa in comune: entrambi sono testimoni della irruzione dell’Altro che li trascende e nel cui nome si trasformano, modificando la loro identità personale.

 

Il mistico sperimenta l’Altro che irrompe in se stesso dal più profondo della propria interiorità. Il profeta, invece, descrive questa irruzione dell’Altro non tanto come qualcosa che emerge dalla sua interiorità, quanto come una voce che viene dall’esterno. Una voce inaspettata, sorprendente e, in generale, inquietante, che chiama ad una missione difficile: Povero me! Sono un uomo dalle labbra impure (Is 6,5). Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane! (Ger 1,6). Guai a me se non predicassi il Vangelo! (1Cor 9,16).

 

L’esperienza dell’irruzione dell’Altro è accompagnata da una esperienza di radicale distacco da se stessi, che è anzitutto esperienza dell’apertura all’altro, vale a dire, esperienza dell’alterità, che rende autentica l’esperienza mistica. L’alterità è, nello stesso tempo, “dimenticanza di sè” (uscita dal nostro mondo chiuso fatto di appoggi e di comfort) e “radicale apertura all’altro” 4. In questo modo l’esperienza mistica diventa realmente significativa e si converte in un’esperienza profetica.

 

 

  1. Il risveglio mistico e profetico dell’epoca contemporanea

 

Il XX secolo nonostante il suo processo di secolarizzazione e di crisi religiosa - almeno nel mondo occidentale - è caratterizzato da un crescente interesse sia per lo studio che per l’esperienza mistica. Questo movimento di rinnovamento, ampiamente documentato5, tende a promuovere la vita mistica come pienezza della vita cristiana e come denuncia profetica della cultura secolarizzata e materialista.

 

Tutti siamo stati e siamo protagonisti, in misura maggiore o minore, della situazione religiosa del secolo scorso e del nostro secolo, caratterizzato da una serie di cambiamenti rapidi e profondi, che hanno segnato la nostra vita: laicismo, modernità, postmodernità, insieme a clamorose situazioni di ingiustizia e di emarginazione. Di fronte a queste situazioni e ai profondi cambiamenti, abbiamo dovuto riadattare i parametri della nostra vita consacrata, seguendo gli orientamenti conciliari di un “continuo ritorno alle fonti di ogni forma di vita cristiana e alla primitiva ispirazione degli istituti e nello stesso tempo l'adattamento degli istituti stessi alle mutate condizioni dei tempi” (PC 2).

 

Personalmente ho seguito da vicino l'evoluzione della situazione religiosa contemporanea, attraverso lo studio delle correnti di spiritualità e attraverso i miei impegni pastorali. Per questo parlerò di più della mia esperienza che dei programmi teorici teologici o pastorali.

 

La mia esperienza è stata profondamente segnata da questi due poli: il ritorno alle fonti della rivelazione e l’apertura ai bisogni del mondo contemporaneo, con le sue situazioni di povertà, di emarginazione, di violenza e di ingiustizia. L’anello di congiunzione, il legame tra questi due poli è stato il mio interesse la mistica e, più specificamente, per la mistica carmelitana. Questo interesse mi ha offerto una sintesi vitale-esistenziale della mia teologia e della mia consacrazione religiosa ed ha ravvivato in me una rinnovata consapevolezza delle situazioni di mancanza di fede (primo mondo) e di povertà (terzo mondo).

 

A partire da questi punti, ho cercato di dare una risposta ai problemi che la fede e il suo annuncio pongono oggi. Allo stesso tempo, ho cercato di rispondere alle sfide della consacrazione e della missione della vita religiosa nella Chiesa, sensibile alle situazioni di povertà e di esclusione di ampi settori dell’umanità.

 

A questo proposito, voglio esprimere alcune convinzioni:

 

1ª. La vita cristiana e, in particolare, la vita consacrata non può vivere ai margini della situazione contemporanea che sfida oggi la fede e la spiritualità in generale e che è necessario conoscere per poter rispondere profeticamente sia agli aneliti ed agli interrogativi più profondi dell’essere umano che alle drammatiche situazioni di emarginazione e di povertà.

 

2ª. Essa, inoltre, deve essere fondata sulle fonti bibliche e liturgiche, come pure su una seria riflessione teologica, che ci aiuti ad entrare nel mistero rivelato della nostra fede, superando così il divorzio tra teologia e spiritualità. A volte si parla del deficit spirituale della vita religiosa, ma, non dovremmo parlare anche, in qualche modo, del deficit di formazione teologica?

 

3ª. Infine, la vita consacrata deve essere basata sulla doppia apertura, mistica e profetica, come abbiamo esposto prima. L’esperienza mistica rappresenta la pienezza della vita cristiana; è l’esperienza vissuta non solamente nel silenzio della preghiera, ma anche nella quotidianità dell’esistenza, nel dinamismo teologale (dinamica teologica)

 

4ª. L’esperienza profetica, che si nutre del vissuto mistico, spinge all’impegno etico e sociale, che si traduce non tanto nelle grandi cause dell’umanità, quanto nei piccoli gesti di umanizzazione: attenzione ai poveri, agli infermi ed agli emarginati. L’esperienza di Dio non può realizzarsi nell’isolamento, nella indifferenza, nella mancanza di attenzione verso la sofferenza delle persone.

 

 

  1. La vocazione mistica e profetica della vita consacrata

 

Tutti conosciamo e abbiamo sperimentato i cambiamenti della vita consacrata, con le sue luci e le sue ombre, con i suoi punti di forza e di debolezza, con i suoi successi ed i suoi limiti. Senza cercare di fare bilanci, oggi abbiamo una comprensione migliore di ciò che è la vita consacrata, dei suoi valori fondamentali, della sua teologia, della sua spiritualità e della sua missione nella Chiesa ed abbiamo anche una comprensione migliore del carisma specifico dei nostri fondatori.

 

Presupponendo tutto questo, ci chiediamo ora in che senso la vita religiosa si sente interpellata oggi nella sua doppia dimensione mistica e profetica. È noto a tutti il testo di VC sul profetismo della vita consacrata (cf. VC 84-85). Centriamo la nostra riflessione sul valore della consacrazione e sul senso della missione6, facendo riferimento al Congresso Internazionale della Vita Consacrata del 2004.

 

 

 

 

3.1. La mistica della consacrazione

 

Non si può comprendere la consacrazione religiosa al di fuori della mistica della sequela di Gesù e della configurazione con Lui. La sequela è una memoria Iesu, che rende presente Gesù, il suo modo di vivere e di comportarsi, in virtù dei voti di povertà, castità ed obbedienza. Essa comprende una unione ed una familiarità con Lui, come quella dei discepoli, che segna profondamente la vita religiosa. Questa si basa sull’incontro, sul contatto, sulla familiarità con la sua vita e con la sua persona, sulla imitazione del suo stile di vita, della sua pratica personale, libera, scelta ed amata, della povertà, della castità e della obbedienza. È il fondamento vero, saldo e inequivocabile della nostra vita consacrata (cf. VC 88-90).

Ovviamente, la vita consacrata è più dei voti, anche se i voti continuano ad essere una parte essenziale e significativa di questo stile di vita, chiamata a vivere i voti in maniera integrata, come un elemento della identità personale, come luogo d’incontro con Dio e come dimensione missionaria della propria esistenza, come parte della profezia che si è. Se questo non ci identifica e non si toccano i suoi effetti nel quotidiano, se noi ci imborghesiamo e sminuiamo il significato evangelico dei voti, stiamo in definitiva seppellendo il talento ricevuto per paura di metterlo in circolazione.

 

 

3.2. La profezia della missione



Non esiste consacrazione senza missione. La vita consacrata è per la missione. La stessa consacrazione, vissuta come consegna a Dio, come amore a Gesù e come servizio al popolo di Dio è già missione: la missione per eccellenza di annunciare Cristo, di renderlo presente, ripetendo i gesti esistenziali della sua vita tramite i consigli evangelici (cf. VC 72-75). Questa è la dimensione profetica della vita consacrata.

Oggi si intende soprattutto in senso affermativo, come era la vita di Gesù, vale a dire, annunciando la Buona Novella: “La missione della VC è quella di convertirsi in anticipazione profetica del Regno, per la sua forma di vita fraterna, per la sua forma di governo, la sua semplicità di vita, le sue opere missionarie, educative, caritative e contemplative. Così, si convertirà in segno eloquente del vangelo, sia per la società in cui è inserita e sia per la Chiesa in cui essa fiorisce. Per quanto riguarda le vocazioni, la profezia alternativa, che propone alternative evangeliche visibili ai mali della società, sembra più necessaria della profezia negativa” 7.

Durante il Sinodo sulla Vita religiosa, il Cardinal Ratzinger ha offerto un contributo magistrale sul significato genuino del profetismo, contenuto nella Proposizione n. 39. I valori della profezia si radicano necessariamente nella esperienza di Dio e della sua parola, nella amicizia con Dio che matura nel dialogo della preghiera, nella passione per la sua santità e la sua gloria, nella ricerca appassionata della sua volontà e nella testimonianza della verità. Un’azione profetica che richiede il coraggio dell’annuncio e della denuncia, la coerenza di vita, fino al punto di sigillare col proprio sangue il messaggio di Dio. Un’azione profetica che esige anche la ricerca appassionata di nuovi percorsi per costruire il Regno di Dio, la comunione ecclesiale. Per questo il vero profetismo si nutre della parola di Dio e della contemplazione della sua presenza e della sua azione nella storia.

 

 

3.3. Mística e profezia in “Passione per Cristo e passione per l’umanità”

 

 

Nel novembre 2004 si è celebrato a Roma il Congresso Internazionale della Vita Consacrata sul tema: “Passione per Cristo e passione per l’umanità” 8. In esso sono state affrontate le dimensioni mistica e profetica alla luce di due icone bibliche: l’incontro di Gesù con la samaritana al pozzo di Giacobbe (Gv 4, 1-42) e la parabola del buon samaritano (Lc 10,29-37). Le due icone volevano armonizzare, in maniera feconda, mistica e profezia, contemplazione e azione, esperienza e missione. Infatti, nell’incontro con Dio, la vita consacrata scopre la fonte di un amore che si fa dono e servizio al prossimo, specialmente al più piccolo e al più debole. E da qui si sente sospinta sia verso la dignità della persona, tanto spesso disprezzata, che verso il Dio dell’amore e della misericordia.

 

Alla luce delle due icone bibliche citate, il tema ‘mistica e profezia’ acquista un profondo significato evangelico e rappresenta un impulso alla rinnovazione della vita consacrata per il terzo millennio. La prima icona – quella della samaritana – mette in evidenza l’amore e la passione per Cristo: è concretamente l’adorazione, la conversazione intima della samaritana con il Signore. La seconda icona – quella del buon samaritano – mette in rilievo la compassione, l’amore e l’attezione per i feriti sulle strade della vita. Non si tratta, però, di elementi giustapposti o di momenti separati, ma della radice dell’incontro col Dio della vita, con il Signore della misericordia. Questo è il criterio con cui il Signore ci insegna a vivere l’adorazione grata al Mistero fondante con la compassione impegnata per l’umanità ferita, come cercheremo di vedere nel prossimo paragrafo.

 



4. I nuovi areopaghi della mistica e della profezia

L’Esortazione Apostolica VC, parlando della missione della Vita consacrata (“Servitium caritatis”) indica i seguenti ambiti: la missione ad gentes, l’inculturazione, l’opzione per i poveri e la cura degli infermi (nn. 77-83). Ma, l’orizzonte apostolico e missionario della Chiesa si estende e comprende nuovi areopaghi, nei quali la vita consacrata deve rendersi presente: la presenza nel mondo della educazione e dei mezzi di comunicazione (nn. 96-99) e anche l’impegno nel dialogo ecumenico ed interreligioso (nn. 100-103). Questi areopaghi conservano tutta la loro attualità e possiamo dire che sono più urgenti che mai. Ma, perchè siano davvero una presenza evangelizzatrice, essi sono chiamati a rivestirsi di una forza profetica che renda realmente significativa la sua missione.

 

Ma, quando parliamo qui dei nuovi areopaghi, lo facciamo a partire dalla doppia ottica della mistica e della profezia. Questo significa che non li trattiamo come campi di azione o di apostolato, quanto piuttosto come stile o forma di vita, come atteggiamenti fondamentali, chiamati ad permeare tutta l’attivita apostolica. Per questo, anche se presentati separatamente, formano una unità inscindibile, come risulta dalla nostra presentazione precedente. Le identità mistica e profetica sono due prospettive della vita consacrata che si fondono in un’unica realtà e che, pertanto, non possono essere vissute e coltivate separatamente. Se così fosse, il loro vero significato potrebbe essere snaturato. Solo il mistico è profeta e tutti i profeti devono essere mistici. L’unità nella esperienza porta anche alla unità nel perseguire i cammini che rappresentano oggi i nuovi areopaghi.

Sono atteggiamenti fondamentali che si applicano a tutti gli areopaghi, anche se ovviamente si può coltivare uno più di un altro, secondo il carisma di ogni Istituto e secondo il proprio ambito di missione. Qui indichiamo quelli che a noi sembrano fondamentali.



4.1. Gli areopaghi della mistica



Indichiamo i seguenti: il vissuto personale di fede; l’ascolto della Parola; l’esperienza di Dio “nella mezzo della vita”; l’urgenza di testimoni.

  1. Il vissuto personale di fede

In un mondo – in particolare quello europeo – in cui siamo chiamati a vivere la nostra fede “alle intemperie”, senza appoggi socioculturali né religiosi, le persone consacrate – insieme con i cristiani in cammino – sentono il bisogno di rinnovare la propria fede a partire dalle domande di Gesù ai suoi discepoli: “Perché avete paura? Ancora non avete fede?” (Mc 4, 40) “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6, 67).

Sembra qualcosa di ovvio e che normalmente diamo per scontato, ma non dobbiamo dimenticarlo. La vita consacrata nasce e si alimenta nella fede. Il suo centro è Gesù Cristo, vivo, in mezzo ad essa, che la invia generosamente in missione in un mondo che ha sete di spiritualità, che la riempie del suo Spirito, perchè sia un canto di lode al Dio e Padre di ogni creatura e espressione della sua compassione. Ancora una volta dobbiamo affermare che la fecondità e la gioia della nostra vita nascono dalla familiarità con Dio, tramite l’incontro con Cristo, tramite l’esperienza mistica di fede.

 

In questo contesto acquista un senso il testo di K. Rahner: “Il cristiano del futuro o sarà un mistico, vale a dire, una persona che ha sperimentato qualcosa, o non sarà cristiano. Perchè la spiritualità del futuro non si appoggerà più su una convinzione unanime, evidente e pubblica, nè su un ambiente religioso generalizzato, ma sull’esperienza e sulla decisione personale” 9.

 

 

La motivazione suggerita da Rahner appare oggi molto più radicale. Non è solamente un ambiente contrario alla fede cristiana che esige una esperienza personale, ma è la natura stessa della fede cristiana, che non è solo una formula dottrinale ma un vissuto, un’adesione piena a Dio, una relazione di incontro personale con Lui, la risposta al suo invito amoroso (cf. DV 2.5).

L’esperienza della fede, come sottolinea il grande teologo De Lubac, “non è un approfondimento di sè, è l’approfondimento della fede; non è un tentativo di fuga nell’interiorità, è il cristianesimo stesso”. La novità della mistica cristiana risiede nella peculiarità della adesione a Dio tramite la fede: “al di fuori della mistica, il Mistero si esteriorizza e corre il rischio di perdersi in pura formula” 10.



b) L’ascolto della Parola



L’alimento essenziale della fede è la Parola di Dio, consegnata nella Sacra Scrittura, fonte primaria della mistica cristiana. In essa ci viene offerta, inoltre, la storia della salvezza in forma di alleanza, che si incarna nella tipologia del misticismo cristiano. Per questo, la Parola di Dio come fonte di vita, non può scarseggiare nella vita delle persone consacrate nè nelle loro comunità e congregazioni. Le due icone – quella del Buon Samaritano (Gesù Cristo) e quella della Samaritana (noi) – ci parlano dell’incontro con lui come Maestro e fonte di acqua viva, meravigliosamente descritto da Santa Teresa di Gesù (Vida, 30,19). Per questo, un percorso di rinnovamento è mettere la Scrittura al centro della vita, pregarla, meditarla, condividerla, celebrarla, ascoltarla (cf. VC 94). L’ultimo Sinodo su La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa (cf. Sinodo dei Vescovi, ottobre 2008) ci ha lasciato, a questo riguardo, alcuni preziosi suggerimenti.





c) L’esperienza di Dio "nel mezzo della vita"



Oggi si parla di un’esperienza mistica “nel bel mezzo della vita”11. Il suo fondamento antropologico è “questa esperienza fondamentale di un’attrazione verso Dio” presente in tutti gli uomini, in tutte le donne, e che K, Rahner definisce “esistenziale-soprannaturale” 12. Secondo una prospettiva storico-esistenziale, la persona umana è costitutivamente aperta alla trascendenza.

 

Tale esperienza non è qualcosa di eccezionale, al contrario, accade ogni volta che la persona umana percepisce con chiarezza i fatti della vita quotidiana: la sua ripugnanza interiore di fronte al male, l’amore irrevocabile verso un Tu contingente, la passione per le opere ben fatte, la protesta contro l’ingiustizia, l’impegno per una effettiva fraternità, per una convivenza umana ... Tutte queste esperienze, le più umane e umanizzanti, sono sempre esperienze di grazia.

 

Questa esperienza riporta sempre alla parte più profonda della vita, alla parte migliore che noi esseri umani possediamo. Ma, nella nostra società scarseggiano le esperienze profonde e autentiche delle varie realtà, non solo di Dio. Viviamo tante sensazioni ed emozioni, ma non viviamo alcuna esperienza in particolare, non solamente di Dio, ma nemmeno facciamo un’esperienza profonda della vita stessa.

 

Questa esperienza si può raggiungere attraverso la contemplazione e attraverso uno sguardo di fede teologale: “Lungi dal pretendere carismi straordinari e grazie spettacolari, il cristiano dovrà essere piuttosto avvezzo a contemplare la realtà quotidiana con gli occhi della fede. In questo modo, sarà capace di cercare ed individuare la presenza di Dio” 13. L’esperienza di Dio non è un’esperienza al di fuori della vita quotidiana, ma è – afferma Zubiri – il modo di sperimentare in essa “la condizione divina nella quale la persona esiste” 14.

 

É l’esperienza di Dio nell’umano e nel reale, vivendo nel mondo non “come se Dio non esistesse” (etsi Deus non daretur), come affermano i teologi della secolarizzazione e della morte di Dio, ma piuttosto “come se Dio esistesse” (etsi Deus daretur)15. Questo è il Dio che si è manifestato nella carne, nella debolezza umana, nel dolore della croce, che continua ad essere presente nel dolore umano; e che ha redento il mondo, per mezzo della sua apparente impotenza, per il potere dello Spirito, che ha resuscitato Gesù dai morti (Rm 1, 4).

 

Non avremo alcun futuro nè come Congregazione nè come Chiesa se non coltiviamo l’esperienza di Dio. Abbiamo bisogno di persone che hanno fatto una esperienza interiore di Dio, uomini e donne di spirito in grado di rispondere alla domanda che Giovanni della Croce continua a porre a noi tutti: “Ditemi se è passato tra voi”.

 

 

 

 

d) L’urgenza ecclesiale di testimoni

 

Il nostro mondo attuale ha bisogno di testimoni. Già Paolo VI aveva ricordato opportunamente che l’uomo di oggi è stanco di ascoltare, infastidito dai discorsi e quasi immune alle parole e che, per questo, preferisce i testimoni ai maestri, fino al punto da ascoltare solo quei maestri che sono al tempo stesso testimoni. L’uomo di oggi comprende meglio il linguaggio dei fatti e della vita che il linguaggio delle parole (cf. EN 41-42). E aggiungerei: per la chiesa, il primo mezzo di evangelizzazione è la testimonianza” (EN 41).

 

Giovanni Paolo II, riecheggiando queste parole, ha affermato nella sua enciclica Redemptoris Missio: “L’uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai maestri, più all’esperienza che alla dottrina, alla vita e ai fatti che alle teorie. La testimonianza della vita cristiana è la prima ed insostituibile forma della missione: Cristo, di cui noi continuiamo la missione, è il “Testimone” per eccellenza e il modello della testimonianza cristiana. Lo Spirito Santo accompagna il cammino della Chiesa e la associa alla testimonianza che egli rende a Cristo. La prima forma di testimonianza è la vita stessa del missionario” (RM 42).

 

La vera testimonianza non è disgiunta dalla vita stessa, vissuta intensamente, che irradia all’esterno la sua pienezza interiore. É testimonianza reale, quando si vive ciò che si annuncia, vale a dire, quando si parte dalla propria esperienza. Benedetto XVI, in uno dei suoi primi interventi sulla vita consacrata (Roma, 10 dicembre 2005), propone alle religiose di essere “testimoni della presenza trasfigurante di Dio” e lancia la sfida di essere “pionieri profetici”, come i propri fondatori (Discorso alla Assemblea Plenaria dell’UISG, Roma, 7 maggio 2007)



4.2. Gli areopaghi della profezia

 

a) Da una situazione di esilio

 

 

Viviamo in un’epoca che alcuni hanno paragonato all’esilio. Come Israele che si trovò privo di tutte le sue sicurezze (il tempio, luogo della presenza di Dio), anche nella vita consacrata, specie in occidente, abbiamo perso molti punti di riferimento e si è lasciato il passo alla ricerca. L’esilio è anche una esperienza spirituale: “Ti ho rincorso, gridando, ma eri sparito” (Giovanni della Croce); un’occasione per riprendere il cammino della consacrazione e della missione con speranza rinnovata.

 

Molte voci lo definiscono così: “evangelizzare dai margini” 16. Altri descrivono la nuova situazione come una esperienza pasquale: il passaggio dalle “serre” alle intemperie, dalle clausure alle strade, sulle quali troviamo il prossimo ferito; il passaggio dall’aspettare che “vengano” ad “andare” noi a cercarli, etc. 17. Altri, infine, parlano dell’occultamento di Dio di fronte alla sofferenza umana. Dov’è Dio in un mondo che soffre la sua assenza, per le tante situazioni di dolore, di ingiustizia e di povertà? 18

 

 

b) Creare famiglia (casa-focolare), comunione

 

Viviamo in un mondo in cui la casa e la famiglia vivono una enorme crisi intercontinentale ed interculturale. Il modello tradizionale di famiglia vive una crisi in tutti i continenti. L’ansia e la necessità di una casa, di accoglienza, di ascolto cresce dappertutto. Per questo, uno dei grandi segni che oggi la vita consacrata può offrire, come segno evangelico povero e umile, è semplicemente la casa: che ovunque si trovino consacrati, vi sia una casa aperta, accogliente, fraterna, come segno di comunione nella Chiesa (cf. VC 41ss.).

 

La casa, il focolare (la comunità), è anche il luogo della lettura condivisa della nostra storia personale e comunitaria, dove incontriamo il Signore Gesù come guaritore: nelle nostre carenze, nelle nostre divisioni, nei nostri fallimenti, nelle nostre giustificazioni. Questa lettura condivisa della nostra storia personale, comunitaria, congregazionale è fonte di gioia, di incontro con Dio, di capacità profetica e missionaria.

 

In tale ottica, una delle grandi chiamate della vita religiosa è saper ascoltare. Ascoltare Dio, ascoltare la sua Parola. Ma anche ascoltare il mondo, la società, ascoltare specialmente i poveri, con i loro problemi e le loro gioie, con le loro condizioni di vita e la loro dignità. Ascoltare all’interno della Chiesa: ascoltare i vescovi, ascoltare i laici dei quali parliamo tanto, ascoltare i presbiteri diocesani. Ascoltare nelle nostre comunità, ascoltare i giovani e gli anziani, quelli di altre generazioni, coloro che pensano diversamente. L’ascolto presuppone ricettività e umiltà, pazienza e accoglienza, apertura di cuore per lasciarsi abitare dagli altri. In questo senso, conserva tutta la sua validità l’enciclica Ecclesiam suam di Paolo VI (1964), che ci offre tutta una teologia dell’ascolto e del dialogo come esigenza di rinnovamento.

 

In un mondo frammentato e che desidera il focolare, la comunione, la fraternità, la vita consacrata può offrire un magnifico segno evangelico. Da qui nasce con forza un’identità che si costituisce fortemente come “essere-con”: essere con Gesù Cristo, essere con la Chiesa, essere con i compagni di comunità e di congregazione, essere con i poveri. Essere segni di comunione: è una delle sfide evangelizzatrici che la Novo Millennio Ineunte (n. 43) pone.

 

 

c) Umanizzare

 

Un’altro dei compiti profetici della vita consacrata oggi, è umanizzare di fronte alle schiavitù di questo mondo, demonizzando gli idoli della nostra cultura. Alcuni di essi sono facilmente riconoscibili: la ricompensa a breve scadenza, il piacere immediato, il consumo eccessivo e irresponsabile, l’individualismo, l’esaltazione della identità personale frammentata, etc. Altri appaiono nascosti sotto un’apparenza di bene: l’«io» come centro definitore dei fini ultimi sotto l’ideale della autorealizzazione.

 

La vita consacrata sarà capace di umanizzare la nostra cultura e la nostra società solo se si farà umanizzatrice dei suoi stessi membri. Qui ci viene offerta una grande sfida. Qui si gioca pure l’incontro o lo scontro della fede con la cultura. Come definiamo la qualità delle nostre istituzioni o l’esito delle nostre imprese apostoliche? Se adottiamo la cultura del marketing e del management, finiremo per cadere nella rete dei loro valori e dei loro idoli: efficacia, efficienza, obiettivi realizzati, quota di mercato. Tutta questa trama disconosce completamente la saggezza delle Beatitudini. Funziona secondo il rendimento e non secondo la fecondità.

 

 

d) La saggezza dei piccoli segni

 

Il mondo sanguina copiosamente, internet ci connette con tutto e ci lascia soli davanti allo schermo. Che fare, come reagire? Durante il congresso internazionale si è sottolineata la saggezza dei piccoli passi e dei segni umili, ma reali. Di fronte all’enorme grandezza dei mali che affrontiamo, corriamo il rischio di disprezzare ciò che è piccolo, di voler trovare una soluzione globale. Ma questo non è il cammino del Padre delle misericordie. Inoltre, ciò che scopriamo nella storia della salvezza è che Dio agisce attraverso ciò che è piccolo: sceglie un piccolo popolo, Israele (Dt 7,7); confida in un resto, ancora più piccolo, di questo popolo.

 

Siamo invitati a fare passi piccoli, ma reali, e al segno umile, ma espressivo. I miracoli sono segni del Regno. Gesù non ha organizzato una sorta di “Sicurezza Sociale” per tutta la Palestina, ma ha manifestato attraverso alcuni segni eloquenti che il Regno di Dio si stava realizzando nella sua persona. La salvezza di Dio irrompeva attraverso la vittoria di Gesù su Satana, sull’infermità e sulla morte, come manifestazioni concomitanti della lontananza di Dio e dell’assenza di salvezza.

 

Seguendo questa scia, la vita consacrata è chiamata ad offrire segni del regno di Dio, ad essere essa stessa, nel suo essere e nella sua vita, un segno del Regno di Dio: della irruzione della grazia che genera fraternità, affiliazione, gioia, speranza, accoglienza, generosità, adorazione, coraggio, gratuità.

 

e) Il servizio della carità: un “cuore che vede”

 

“La fede che opera per mezzo della carità” (Gal 5,6). “Il programma del cristiano – il programma del buon Samaritano, il programma di Gesù – è un «cuore che vede». Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce di conseguenza” (Deus caritas est, 31b).

 

“Gli esseri umani necessitano sempre di qualcosa in più di una cura solo tecnicamente corretta. Hanno bisogno di umanità. Hanno bisogno dell'attenzione del cuore. Quanti operano nelle Istituzioni caritative della Chiesa devono distinguersi per il fatto che non si limitano ad eseguire in modo abile la cosa conveniente al momento, ma si dedicano all'altro con le attenzioni suggerite dal cuore, in modo che questi sperimenti la loro ricchezza di umanità. Perciò, oltre alla preparazione professionale, a tali operatori è necessaria anche, e soprattutto, la « formazione del cuore »: occorre condurli a quell'incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l'amore e apra il loro animo all'altro, così che per loro l'amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per così dire dall'esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell'amore (cfr Gal 5, 6)” (Deus caritas est, 31 a).

 

 

 

Conclusione: Un canto di lode

 

 

  • Orazione dell’anima innamorata

 

Il poema della Fonte e il Cantico spirituale di San Giovanni della Croce terminano entrambi con una dossologia, con un cantico di lode. É una lode che abbraccia tutta la creazione: “Miei sono i cieli e la terra; mie sono le genti, miei sono i giusti e miei sono i peccatori; gli angeli sono miei e la Madre di Dio e tutte le cose sono mie; e lo stesso Dio è mio per me, perchè Cristo è mio per me” (Oración de alma enamorada, 27).

 

É la lode innamorata che scaturisce da una pienezza di vita, in cui il mondo della natura è integrato nella bellezza divina e prorompe in un canto di gioia e di speranza. Questa è la grande testimonianza mistico-profetica che si aspetta oggi dalla vita consacrata. Questa, facendo sue “le gioie e le speranze” della famiglia umana, deve essere un “canto”, una vita di “bellezza”, di “giubilo”, per lodare il Signore. È come un corollario della fede, di credere e seguire Gesù. Una vita religiosa triste e sconsolata non ha alcun futuro.

 

  • Esperienza di festa: la gioia interiore e l’apertura all’altro

 

L’esperienza mistica è un’esperienza di festa. Dio si comunica nella gioia della vita, nell’allegria, nel gosere del vino nuovo (cf. Mt 9,17). Le esperienze di festa e di allegria, di gioia e di serenità interiore sono esperienze fondamentali. La gioia di vivere sta alla base dell’esperienza fatta da Giovanni della Croce. Non solo i suoi poemi, nei quali egli esprime la sua esperienza, trasmettono la gioia, ma anche il cammino spirituale tracciato nelle sue opere.

 

Il suo centro non è la mistica del dolore, del sacrificio o della rinuncia (anche se fanno parte del cammino), ma la mistica dell’unione sponsale e gioiosa, nella quale sfocia la notte oscura che illumina le nostre tenebre: “Felice notte” (N 2, 9,1). La “notte” è “un’amorosa presenza di Dio nell’anima” (N 2,5,1), che dà avvio ad un processo di liberazione e di guarigione, ad una trasformazione profonda; è un viaggio verso una nuova, incredibile esperienza di gioia e di libertà.

 

 

  • La mistica di una presenza, che diventa profezia

 

 

La vita consacrata del futuro sarà gioiosa e umile, se vive l’unione con questa presenza - illuminante e trasformatrice - del Signore che canta San Giovanni della Croce: “Mille grazie spargendo/ passò per questi luoghi con sveltezza /e, soltanto effondendo/ lo sguardo con mitezza / li lasciò rivestiti di bellezza” (Cántico espiritual, strofa 5). É la presenza di Dio nella creazione e nella storia, presenza viva e personale, presenza sacramentale, specialmente nell’Eucaristia, presenza nei poveri, presenza nella missione, presenza nei fratelli e nelle sorelle della congregazione, presenza nella Chiesa, presenza nella preghiera e nella lettura della Parola di Dio, presenza nella famiglia umana.

 

L’esperienza mistica di questa presenza ha un carattere performativo, vale a dire, produce alcuni effetti e atteggiamenti sostenibili e legati alla vita reale: una certa gioia interiore, un sentimento positivo e colmo di speranza nei confronti di ciò che accade, ma soprattutto l’esperienza del distacco radicale e dell’apertura all’altro. Questa è l’esperienza che conferma l’autenticità del vissuto mistico. É allora – e solo allora – che l’esperienza mistica si traduce in “sentimenti sostenibili” di carattere positivo, alimentati sempre dalla gioia e dall’amore19. É allora – e solo allora – che l’esperienza mistica diventa significativa, vale a dire, diventa profetica.

 

Che l’esperienza (mistica) di questa presenza illumini il volto della nostra speranza e dinamizzi creativamente la nostra missione profetica.

 

 

Assemblea Plenaria dell’UISG

Roma, 7 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 Ultimamente si è scritto molto su questo argomento. Di seguito alcuni titoli consultati: Aa. Vv., Profetismo, en Dizionario degli Istituti di Perfezione, vol. VII, Edizioni Paoloine, Roma 1983, 972-993; Enzo Bianchi, La vida religiosa, ¿signo profético creíble? Confer 40 (2001) 43-56; Jesús Castellano Cervera, Esigenze odierne di spiritualità: memoria e profezia, en Aa. Vv., Impegni e testimonianza di spiritualità alla luce della lettera apostolica “Novo millennio ineunte”, Teresianum, Roma 2001, p. 75-197; Carlos Domínguez Morano, Místicos y profetas: dos entidades religiosas, Proyección 48 (2001) 307-328; José María Arnáiz, Místicos y profetas. Necesarios e inseparables hoy, PPC, Madrid 2004; José María González Ruiz, Profetismo, en Nuevo Diccionario de Pastoral, San Pablo, Madrid 2002, p. 1208-1214; José Luis Barriocanal, Diccionario del profetismo bíblico, Monte Carmelo, Burgos, 2004, p. 558-590 (“Profetismo/profetas, hoy”); Mons. Jesús Sanz Montes, Mística y profecía. El hilo de Ariadna de nuestra fidelidad (Editorial), Tabor 3 (2007) 8-11; José Cristo Rey García Paredes, Profecía cultural de la vida religiosa hoy. Nuevos caminos, fuentes y oportunidades, Vida Religiosa 102 (2007) 222-234; A. Arvalli, Vita religiosa come profezia? Le lacrime di una difficile transizione imcompiuta, Credere Oggi 27 (2007) 131-144; Aa. Vv., Palabra y profecía, Vida Religiosa 104 (2008) 85-160 (“Profecía y mística en una sociedad secularizada”, p. 149-160); Jesús Álvarez Gómez, El profetismo de los fundadores y el ministerio profético de sus discípulos, Vida Religiosa 106 (2009) 469-479; Mª Carmen Mariñas, La Consagración contemplativa desde una mística de “ojos abiertos”, Vida Religiosa 107 (2009) 375-379; Albert Nolan, Esperanza en una época de desesperanza, Sal Terrae, Santander 2010 (original inglés: Hope in an Age of Despair, Orbis Books, 2009); capitoli da evidenziare (“Teología de carácter profético”, p. 99-111; “El espíritu de los profetas”, p. 113-124; “La vida consagrada como un testimonio profético”, p. 139-147).

 

2 “Dio si comunica all’anima con tanto amore, che non esiste affetto di ‘madre’ che con tanta tenerezza accarezza suo figlio, nè amore ‘fraterno’, nè affetto di ‘amico’ che gli si possa paragonare” (Cantico Spirituale 27,1).

 

3 Cf. J.L. Sicre, Profetismo en Israel, Verbo Divino, Estella (Navarra) 1992.

4 Per questo, secondo San Giovanni della Croce all’inizio di ogni esperienza di Dio vi è sempre un “esodo”, una “uscita” un’esperienza di distacco radicale.

5 Permettetemi di far riferimento ai nostri studi, dove il lettore potrà trovare un’abbondante documentazione: Ciro García, Corrientes nuevas de teología espiritual, Studium, Madrid 1971; Id., Teología espiritual contemporánea. Corrientes y perspectivas, Editorial Monte Carmelo, Burgos 2002; Id., La mística del Carmelo, Editorial Monte Carmelo, Burgos 2002; ; Id., Mística, misterio y teología, Lección inaugural del curso académico 2003-2004, Facultad de Teología del Norte de España, Burgos 2003; ; Id., Mística en diálogo. Congreso Internacional de Mística. Selección y Síntesis, Editorial Monte Carmelo, Burgos 2004.

6 Esistono buoni studi sulla teologia della vita consacrata. Qui riportiamo l’opera di Gabino Uribarri, Portar las marcas de Jesús. Teología y espiritualidad de la vida consagrada, Comillas, Madrid 20084.

7 G. Uribarri, o.c., p. 305.

8 K. Rahner, Espiritualidad antigua y actual, en Escritos de Teología, VII, p. 25.

9 K. Rahner, Espiritualidad antigua y actual, en Escritos de Teología, VII, p. 25.

10 H. de Lubac, en prólogo a Ravier (ed.), La mystique et les mystiques, DDB, Paris 1964, p. 24-27.

11 Gli studi degli ultimi anni, di fronte al cambiamento culturale e socio-religioso del nostro tempo, hanno prestato un’attenzione speciale ai nuovi cammini di esperienza di Dio, aiutando a discernere la sua presenza in questa situazione di cambiamento. Costituiscono una vera mistagogía o iniziazione al Mistero. Rimandiamo alla bibliografia specifica.

 

12 K. Rahner, Naturaleza y gracia, en Escritos de Teología, IV, pp. 215-243.

13 J. L. Ruiz de la Peña, El don de Dios. Antropología especial, Sal Terrae, Santander 1991, p. 400.

14 “La experiencia subsistente de Dios no es una experiencia al margen de lo que es la vida cotidiana..., sino la manera de experienciar en toda ella la condición divina en que el hombre subsiste” (X. Zubiri, El hombre y Dios, Fax, Madrid 1984, p. 333).

15 Santiago del Cura Elena, A tiempo y a destiempo. Elogio del Dios (in)tempestivo, Facultad de Teología del Norte de España, Burgos 2001.

16 Cf. Philip L.Wickeri, Mision from the margins. The Missio Dei in the crisis of World Christianity, International Review of Mission 93 (2004) 182-198.

17 Cf. Amelia Beltrán, Radicalidad y tolerancia en la vida religiosa femenina, Pastoral misionera 192 (1994) 20-24.

18 Cf. Aa. Vv., ¿Dónde está Dios? Un clamor en la noche oscura, Concilium 242 (1992) 571-697.

19 “Andar interior y exteriormente como de fiesta y traer un júbilo de Dios grande, como un cantar nuevo, envuelto en alegría y amor” (Llama de amor viva 2,26).

Last modified on Wednesday, 27 July 2022 09:46

Gli ultimi articoli

Missionari laici della Consolata in Venezuela

16-07-2024 Missione Oggi

Missionari laici della Consolata in Venezuela

Prima di tutto vogliamo essere grati a Dio, alla Chiesa e ai Missionari della Consolata; la gratitudine è la nostra...

Mozambico. Non è mediatica, ma è una guerra

16-07-2024 Notizie

Mozambico. Non è mediatica, ma è una guerra

Una regione del Paese africano alla mercé della guerriglia islamista C’era ottimismo a Maputo, la capitale mozambicana. La guerriglia a Cabo...

Giustizia Riparativa e la “pedagogia allamana”

15-07-2024 Missione Oggi

Giustizia Riparativa e la “pedagogia allamana”

La Corte di Giustizia dello Stato del Paraná (Brasile) ha tenuto dal 3 al 5 luglio l'incontro sulla Giustizia Riparativa...

Perù: prima assemblea dei popoli nativi

14-07-2024 Missione Oggi

Perù: prima assemblea dei popoli nativi

I rappresentanti dei popoli nativi dell'Amazzonia peruviana, insieme ai missionari, si sono riuniti nella Prima Assemblea dei Popoli Nativi, che...

Padre James Lengarin festeggia 25 anni di sacerdozio

13-07-2024 Notizie

Padre James Lengarin festeggia 25 anni di sacerdozio

La comunità di Casa Generalizia a Roma festeggerà, il 18 luglio 2024, il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale di padre...

Nei panni di Padre Giuseppe Allamano

13-07-2024 Allamano sarà Santo

Nei panni di Padre Giuseppe Allamano

L'11 maggio 1925 padre Giuseppe Allamano scrisse una lettera ai suoi missionari che erano sparsi in diverse missioni. A quel...

Un pellegrinaggio nel cuore del Beato Giuseppe Allamano

11-07-2024 Allamano sarà Santo

Un pellegrinaggio nel cuore del Beato Giuseppe Allamano

In una edizione speciale interamente dedicata alla figura di Giuseppe Allamano, la rivista “Dimensión Misionera” curata della Regione Colombia, esplora...

XV Domenica del TO / B - “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due"

10-07-2024 Domenica Missionaria

XV Domenica del TO / B - “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due"

Am 7, 12-15; Sal 84; Ef 1, 3-14; Mc 6, 7-13 La prima Lettura e il Vangelo sottolineano che la chiamata...

"Camminatori di consolazione e di speranza"

10-07-2024 I missionari dicono

"Camminatori di consolazione e di speranza"

I missionari della Consolata che operano in Venezuela si sono radunati per la loro IX Conferenza con il motto "Camminatori...

onlus

onlus

consolata news 2

 

Contatto

  • Viale Mura Aurelie, 11-13, Roma, Italia
  • +39 06 393 821