MISSIONE OGGI: ESPERIENZE E PROSPETTIVE

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Prolusione di S. E. Mons. Fernando Filoni all'inaugurazione dell'Anno Accademico PUU 2011-12

"...ho deciso di indire uno speciale Anno della Fede...e farlo in prospettiva non tanto celebrativa, ma piuttosto missionaria, nella prospettiva, appunto, della Missione ad Gentes e della nuova evangelizzazione" (Angelus 16. 10. 2011).

Dovendo parlare di "missione oggi: esperienze e prospettive" corro il rischio di percorrere un sentiero già ripetutamente battuto da altri. Il pericolo è di riprendere e riportare dei cliché comuni ormai alla terminologia missionaria, che talvolta non ha più molta incidenza. Proverò ad illustrare questo tema in una prospettiva non solo culturale, ma specialmente formativa, dato che l'Università Urbaniana ha come scopo di preparare e formare culturalmente il missionario/a di domani. L'evangelizzazione, infatti, non è teoria, ma è prassi illuminata e approfondita dalla Parola di Dio. La Chiesa e il mondo missionario sono stati spinti a rileggere l'evento cristiano, la validità perenne del Vangelo, e della conseguente validità della missione evangelizzatrice per contestualizzarla nei tempi moderni. Restano validi i motivi di fede, ma occorre rivedere le modalità di mediazione salvifica offerta dalla Chiesa all'umanità contemporanea.

La Chiesa, infatti, quale sentinella vigile, ha captato le nuove emergenze, e riflette continuamente e lavora per inserirsi come protagonista nella transizione epocale. Per questo prima ha guardato dentro di sé. Si è rivolta una domanda fondamentale: "Chiesa, cosa dici di te stessa? Chi sei? Quale il tuo posto e la tua missione in questo mondo?"

E' chiaro che non poteva e non può rispondere a questo interrogativo, offrendo solo delle linee operative. Bisognava riprendere tutto l'evento salvifico, interpretare teologicamente la storia dell'umanità, e in base ad essi, delineare la missione oggi. Era, per così dire, una riflessione globale, in cui nessun elemento della fede può essere estrapolato e pensato separatamente. Il Vaticano II costituisce quella che noi chiamiamo la tradizione vivente della fede. Essa riprende e riassume lo sforzo teologico di fede di generazione di discepoli, per cui la fede si carica di tutta l'esperienza storica ecclesiale del Popolo di Dio sparso nell'umanità. Il punto nodale di tutta l'assemblea conciliare infatti si può riassumere in questa domanda: quale tipo di mediazione salvifica, oggi, deve mettere in atto la Chiesa? Due sono gli elementi che vanno considerati: la Chiesa e il mondo.

1. Chiesa

La Chiesa si riscopre mediatrice di Salvezza, perché, per una non debole analogia con il Verbo incarnato, è strumento della comunione di Dio con l'umanità. La sua è la continuazione della Missio Dei. Con Cristo, sacramento e missionario del Padre, nella potenza dello Spirito Santo, vive, testimonia e trasmette la memoria di Gesù di Nazareth, il predicatore e il realizzatore del Regno di Dio, cioè del progetto di Dio sull'umanità. Essa stessa è convocata dalle genti, (ekklesia) per essere inviata alle genti, cosciente che lo Spirito di Dio opera comunque nell'umanità. In questo contesto, essa è il nucleo germinale della salvezza donata, è anticipazione concreta e visibile della novità che Dio riserva a tutta l'umanità, è la chiamata alla piena comunione con Dio già realizzata attorno all'umanità di Gesù di Nazareth. Essa è in funzione e in vista della missione messianica di Cristo, che deve consegnare l'umanità al Padre, tutta riconciliata, secondo quanto prevedono le Scritture. La Chiesa è necessaria, ma provvisoria come nucleo, come distinzione, come separazione. Il completamento della Missio Dei segnerà anche la scomparsa della Chiesa. Perché Dio sarà tutto in tutti.

E' dunque dalla migliore e più approfondita comprensione di Cristo e del mistero della Chiesa, che si mette in moto un dinamismo che tocca la struttura e la missione del popolo di Dio.

La Chiesa, nucleo iniziale e il giardino sperimentale della nuova umanità, si concepisce come la prima concretizzazione della comunione con la Trinità, e conseguentemente segno e strumento di comunione tra i popoli, le loro religioni e culture.

Comunione per la missione, è il paradigma ecclesiale della missione oggi, al momento attuale il più autentico e comprensivo. E' partendo da esso che la missio ad Gentes dovrà svilupparsi. E' questo che ha permesso il rientro delle missioni nella missione, e il rientro della missione nella ecclesiologia (RM, n. 32 ).

Se è vero che si vede albeggiare un'aurora ricca di promesse per la semina evangelica, come ha detto G. Paolo II, è un imperativo per noi aprirci ai nuovi orizzonti della missione.

In verità, dopo l'entusiasmo e le aperture della prima ora suscitate dal Vaticano II, sembra che attraversiamo un periodo di stasi, di cui la Redemptoris Missio si fa interprete autorevole, focalizzando gli ostacoli esterni ed interni alla stessa Chiesa che "hanno indebolito lo slancio missionario verso i non cristiani, ed è un fatto questo, che deve preoccupare tutti i credenti in Cristo" (RM, 2).

Non voglio soffermarmi sulla critica autolesionista e sulla problematica circa la missione evangelizzatrice, di cui è testimone lo stesso documento pontificio, perché esse sono largamente conosciute ed i cui effetti perdurano anche oggi. Per questo il Papa Benedetto XVI ha indetto anche un Anno della Fede. Qui mi interessa focalizzare la tendenza piuttosto grave che attanaglia le chiese particolari a rinchiudersi in se stesse, preoccupate dei loro bisogni e alle prese con le non facili sfide che l'umanità pone al cristianesimo. Le diocesi, specialmente quelle di antica fondazione, si sentono come dei fortini assediati, serrano le proprie fila, si contano, si danno una migliore organizzazione per bloccare il dissanguamento delle proprie comunità cristiane. La missione è qui — si sente ripetere da molti vescovi preoccupati.

Ma l'esperienza ci dice che cosi esse non vanno troppo lontane, perché l'unico rimedio per ridare vita alle comunità cristiane è la Missio ad Gentes. La fede la si ravviva donandola. Se una diocesi, una comunità cristiana non si mettono nel solco dell'evangelizzazione, esse sono in crisi di fede. Ecco perché "i vescovi, quali successori degli Apostoli, ricevono la missione di insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo ad ogni creatura" (LG. n. 24), devono essere i messaggeri di fede che portano nuovi discepoli a Cristo" (AG. n. 20) e rendere "visibile lo spirito e l'ardore missionario del Popolo di Dio, sicché la diocesi tutta si fa missionaria" (AG. n. 38).

2. Mondo

L'altro elemento è la necessità della lettura dei segni dei tempi, cioè la storia dell'umanità, il luogo teologico della interpretazione e realizzazione del Regno di Dio.

Offro solo uno sguardo sommario alla situazione, descritta quasi in ogni documento del magistero pontificio.

Nel primo capitolo della sua opera "Eschatology, death and eternal life" l'allora prof. Ratzinger offriva una panoramica della riflessione teologica del secolo scorso, passando in rassegna i teologi più significativi che hanno visto nella dimensione escatologica un elemento talmente essenziale, mancando il quale, il cristianesimo si ridurrebbe ad un balbettio di pie parole che solo gli ingenui possono accettare come surrogato della realtà. Anzi alcuni tra loro ascrivono la crisi del cristianesimo al fatto che i cristiani hanno spostato l'asse del messaggio cristiano al presente, su cui si sono appiattiti, privandosi del futuro.

Il destino futuro dell'umanità è divenuto una questione urgente oggi. L'Occidente si trova in una crisi di valori, senza prospettive future. Per gli eventi socio — politici e per le ingiustizie economiche, l'umanità, e in particolare quella europea, si trova in una drammatica ricerca della verità, cui ancorarsi per poter sperare nel suo futuro. Con la scomparsa o il rifiuto di ospitare Dio, l'umanità non ha più alcun punto solido di aggancio, e fluttua eternamente nel vuoto, nel nulla. La stessa libertà, tanto cercata ed amata, valore fondamentale di ogni esistenza umana, senza la verità, pende sul nulla, diventa solitudine angosciante. La pretesa prometeica di autosalvarsi si infrange contro il nulla di senso. Gli stessi valori restano privi di contenuto, e ogni uomo e comunità diventano misura di se stessi, decidendo secondo la convenienza ciò che è bene e ciò che è male.

Ne risulta un uomo frammentato, che assolutizza di volta in volta valori parziali, diviso in se stesso, e in contrapposizione con gli altri.

Se si uccide Dio, si uccide anche l'immagine vivente di Dio, che è l'uomo. E' vero quanto afferma la Gaudium et Spes, secondo cui la domanda sull'uomo coincide con la domanda su Dio." Solo nel mistero del Verbo Incarnato si svela il mistero dell'uomo"( GS, n. 22).

In questa fase postmoderna l'umanità è mendicante di senso, e in angosciosa ricerca di futuro. Guardando poi al quadro angosciante delle condizioni politico-socio-economiche, specialmente dei paesi in via di sviluppo, sembra che l'umanità contemporanea non abbia speranza nell'avvenire Centinaia di milioni di persone vivono ai limiti della sopravvivenza, senza poter usufruire dei beni primari, quali il cibo, l'educazione e le cure mediche; cresce il divario tra paesi ricchi e paesi poveri, a causa della ingiusta distribuzione dei beni della terra, per cui il 20% della popolazione mondiale consuma l'80% della ricchezza; continuano le massicce emigrazioni esodali, per cui i profughi costituiscono il cosiddetto terzo continente più numeroso per popolazione; non si arrestano le tante guerre causate dalla sete di dominio, dalle discriminazioni e intolleranze religiose, culturali ed etniche; è generale la negazione dei diritti umani fondamentali, con la conseguente oppressione degli umili e dei poveri, degli indifesi, gli anelli più deboli di qualunque società; la selvaggia urbanizzazione sta facendo sorgere megalopoli, dove più sfacciatamente si rivela la degradazione della dignità umana; aumentano i non credenti, e le religioni spesso ricorrono al fondamentalismo per tenere dentro i loro adepti.

Tutto questo ci interpella non solo sul senso del cristianesimo, ma sulla necessità, urgenza e metodologia di evangelizzazione. Quale evangelizzazione si richiede perché si realizzi il disegno di Dio?

La fede e la missio ad Gentes, quindi, si trovano oggi di fronte ad un mondo fondamentalmente diverso dal recente passato, e quindi costrette ad affrontare o meglio a misurarsi con nuove sfide. E' un'epoca di transizione. E' nato un mondo nuovo, come già aveva profeticamente anticipato la Gaudium et Spes, testimoniato dalle analisi socio-culturali-religiose che accomunano in tutto il mondo.

La frattura tra cultura e fede è divenuta talvolta rigetto di tutto il passato, per cui i cristiani non riescono più ad integrare il messaggio cristiano nella loro vita quotidiana (Ecclesia in Europa, n. 7). La nostra generazione si caratterizza per un'angosciante ricerca di senso. La Chiesa si sente coinvolta appassionatamente e solidale con la storia dell'umanità, sua compagna nel cammino, molte volte tragico, verso la crescita integrale dell'uomo. L'Ad Gentes va letto, interpretato e realizzato alla luce della Lumen Gentium e della Gaudium et Spes, che insieme indicano il contenuto, il cammino e la metodologia della missione evangelizzatrice.

La missione della Chiesa accompagna e si accompagna all'umanità verso la sua piena realizzazione. La sua azione si inserisce in questo processo globale. Si deve impegnare in tutto ciò che è umano per condurlo alla salvezza piena, integrale, trascendente. Deve camminare con l'umanità verso il Cristo glorioso, verso la deificazione dell'umanità, secondo la visione antropologica dei Padri della Chiesa..

Conseguentemente la via o le vie tradizionali della evangelizzazione non bastano più. L'evangelizzazione è una missione in fieri, non sopporta metodi e regole fisse. Deve essere continuamente aperta alle ispirazioni dello Spirito e al contesto storico dei gruppi umani. La missione è creatività, è soggetta a revisione di mentalità e di metodologia, al rinnovamento.

"Gli orizzonti immensi della missione ecclesiale, la complessità della situazione presente chiedono oggi modalità rinnovate per poter comunicare efficacemente la Parola di Dio" (Verbum Domini, n. 97).

Questo aspetto ha messo in moto una specie di rivoluzione di mentalità nella Chiesa, di cui la Gaudium et Spes è stata il punto di non ritorno. Lì è stata sanata la dicotomia tra Regno di Dio e storia umana, tra Chiesa e società, tra religione e cultura, gettando le basi di un armonico e salvifico rapporto di salvezza integrale.

Il mondo è oggetto di amore da parte del Padre. Egli vi continua ad operare tramite lo Spirito Santo, che è lo Spirito di Cristo, e conduce tutte le cose e gli uomini alla comunione con il Padre, quelli che sono nella Chiesa e anche quelli che temporaneamente sono al di fuori della trasmissione visibile che la Chiesa fa di Gesù di Nazareth. Religioni, culture, società, sono mosse in un certo senso dallo Spirito, e sono suo frutto, quando esse rispondono alle sua azione. La Chiesa, nello svolgimento della sua azione, non opera su una tabula rasa, ma su quanto ha già fatto lo Spirito, che la precede. Essa si inserisce allora nella vicenda dell'umanità, ne condivide la sorte, lavorando allo sviluppo umano. Ma allo stesso tempo, essa è il fermento critico, quella che dà senso a tutta la realtà, in ordine e in vista del Regno di Dio, denunciando la hybris umana, con tutte le deviazioni che comporta.

Costruisce l'umanità sui fondamenti delle beatitudini, la carta costituzionale programmatica del Regno, per la quale l'umanità deve diventare quello che l'amore salvifico del Padre ha ideato e vuole.

Scende perciò alle radici della umanità, si china su quella più sofferente, più oppressa ed emarginata, per annunciare che in Cristo il Regno di Dio è venuto. Si assume il ministero della riconciliazione universale, per la comunione di tutti i popoli tra loro e con Dio. In quanto vive e testimonia la Carità di Dio, essa sta bene dovunque, ma non trova in nessun posto, nazione e cultura la propria casa definitiva. E' sempre critica e dialettica la sua posizione. E' l'era dei martiri per la giustizia del Regno.

3. Missione universale

I documenti conciliari nei quali emerge la missione universale sono la Lumen Gentium, la Gaudium et Spes, e Ad Gentes. In essi l'evangelizzazione si pone come la categoria fondamentale della natura della Chiesa. E' presente e orienta tutti i settori della sua attività, delle persone e degli uffici che sono chiamati a svolgere. Non c'è una sola categoria di persone che ne è risparmiata: Papa, vescovi, preti, religiosi/e, contemplativi; non vi sono settori di pastorale che non stati caratterizzati dalla dimensione missionaria, quali la pastorale sacramentale, la catechesi, la carità, in breve tutta la vita e le attività della comunità cristiana. Per cui l'aforisma `la Chiesa è missione' fotografa la Chiesa uscita dal Vaticano II e ne sintetizza la sua ragione d'essere.

Ormai è comune la convinzione che una persona, una diocesi, un ordine o congregazione religiosa non sono veramente autentici se non si mettono nel solco della missio ad Gentes.

Il tema della missione, infatti, è al centro della persona, del ministero profetico e della preghiera di Gesù. La sua è stata una vita in missione e vuole che i suoi apostoli siano in missione. Nella sua preghiera sacerdotale la missione è il termine centrale: "Consacrali nella verità. Come mi hai mandato nel mondo, cosi anch'io li ho mandati nel mondo. E per loro consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità" (Gv 17, 17 — 19). Apostolo o missionario è divenuto il termine tecnico per indicare tutti i mandati, dapprima dal Gesù terreno e risorto, e in seguito dalle sue prime comunità, allo scopo di continuare la sua opera messianica: sia i dodici mandati da Gesù ad evangelizzare le comunità ebraiche di Gerusalemme e della Samaria, sia poi gli altri mandati alle comunità giudaiche della diaspora e a quelle pagane.

Nel nostro tempo è nato un forte movimento missionario: i preti Fidei Donum hanno permesso a tutte le Chiese locali di assumere in proprio l'attività di evangelizzazione ad extra; gli ordini contemplativi hanno stabilito comunità in territori di missione, migliaia di laici/e, e nuclei familiari si sono portati in altre chiese, sono sorti movimenti ecclesiali con una forte spinta missionaria. "Si sono moltiplicate le Chiese locali, fornite di propri vescovi, clero e personale apostolico, si verifica un più profondo inserimento delle comunità cristiane nella vita dei popoli; la comunione tra le chiese porta ad un vivace scambio di beni spirituali e di doni; l'impegno evangelizzatore dei laici sta cambiando la vita ecclesiale; le chiese particolari si aprono alla collaborazione con le altre chiese cristiane e altre religioni. Soprattutto si sta affermando una coscienza nuova: cioè che la missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e parrocchie, le istituzioni e associazioni ecclesiali" (RM, n. 2).

4. Significato dell'evangelizzazione

Il problema della responsabilità apostolica missionaria delle Chiese non si può risolvere da un'angolatura esclusivamente di missio ad gentes, intesa nel senso molto particolare di missione estera. Se in maniera massimalista si continua a percorrere questa strada, tutto quanto diciamo circa la responsabilità diretta e immediata del Popolo di Dio resta solo letteratura, o al massimo delle buone raccomandazioni.

E' necessario coniugare la cura pastorale e il mandato di evangelizzazione. A questo riguardo credo che la Redemptoris Missio abbia dato una soluzione illuminante, ponendo la specifica attività di evangelizzazione nella globalità della missione della Chiesa.

Bisogna partire dal fatto che la proclamazione della Buona Novella è un'attività ecclesiale, deve rientrare cioè nella missione, e questa nell'alveo ecclesiologico.

L'enciclica testimonia la difficoltà di "interpretare l'attività missionaria, realtà complessa e mutevole in ordine al mandato di evangelizzazione e si manifesta già nel vocabolario missionario: si preferisce il sostantivo missione al singolare e l'aggettivo missionario per qualificare ogni attività della Chiesa" (RM, n. 32). In tutto questo travaglio l'enciclica intravede un aspetto positivo, che è il "rimpatrio" delle missioni nella missione della Chiesa, e il confluire della missiologia nell'ecclesiologia e l'inserimento di entrambi nel disegno trinitario di salvezza. Solo in questa maniera l'attività di evangelizzazione non sarà più un compito ai margini della chiesa, ma inserita nel cuore della sua vita.

Questa visione, a pensarci bene, non diluisce affatto lo specifico missionario, né la sua tensione e passione, anzi lo rende più esigente e totalizzante.

Ti dice sostanzialmente che il mandato di predicare il Vangelo non può esaurirsi unicamente nell'invio di alcuni, ma è totalizzante, coinvolgente tutta l'attività della Chiesa, tutti i suoi settori, tutta la sua spiritualità, in breve tutto il suo essere e operare. Questo ha prodotto il Concilio, questo è stato l'aspetto positivo della riflessione ecclesiologico-missionaria confluita e ripensata nella Redemptoris Missio.

Due punti sono di estrema importanza perché la responsabilità missionaria dei vescovi trovi effettiva realizzazione, cioè 1. il significato di Missio ad Gentes e 2. la correlazione e interdipendenza di questa con le altre attività della Chiesa.

4.1. Significato della Missio ad Gentes

C'è stata un' evoluzione terminologica nella teologia missionaria.

Missioni, missione, evangelizzazione, evangelizzazione ad extra sono termini spesso interscambiabili, ma che hanno significato diverso.

Missione: è tutto ciò che la Chiesa opera nel nome di Cristo. E' un termine comprensivo di tutto, tanto da fare l'equazione: Chiesa è missione.

Missioni: con questo termine veniva indicata l'attività di evangelizzazione ad extra, dei missionari che si recavano presso paesi e chiese di altre culture e religioni. A questo riguardo, già il beato P. Paolo Manna assumeva un atteggiamento critico: il nome stesso di missioni tradisce il fine stesso dell'attività dell' evangelizzazione, mettendo allo stesso tempo in crisi lo stesso metodo di evangelizzazione. Gli apostoli non fondarono missioni, ma chiese. Per cui è detto nella Redemptoris Missio che le missioni devono rientrare nella missione, e questa nella Cristologia.

Evangelizzazione: propriamente indica l'annuncio del Vangelo a gruppi umani che non hanno ancora conosciuto Cristo, e le cui realtà socio - economiche, culturali non hanno alcun riferimento a Cristo. Essa non può essere definita esclusivamente da criteri geografici, ma dai gruppi umani, cui è diretta. Ogni Chiesa locale evangelizza le realtà irredente presenti nell'ambito del suo territorio, e la comunità cattolica presente è in funzione di questo fine. Essa si presenta come sacramento di salvezza per quell'umanità.

Evangelizzazione ad extra: è quell'attività specifica, diretta a quei paesi, in cui la maggioranza della popolazione non è cristiana, e in cui la Chiesa è una piccola minoranza. La Redemptoris Missio accetta, con distinzione, l'uso di evangelizzazione per gli ultimi due termini, ritenendo che questa attività della Chiesa conserva tuttora la sua validità, e la massima urgenza, perché dopo duemila armi dalla redenzione, il numero dei non cristiani è aumentato.

E' in questo senso che si può dire che tutta la Chiesa è per sua natura missionaria, perché dovunque essa è presente ha il compito di annunciare e testimoniare la Buona Novella del Regno di Dio.

Da qui derivano l'insistenza e l'esigenza di trasformare la pastorale di conservazione, tesa alla cura della comunità, in una pastorale missionaria, con la quale tutta la Chiesa locale esiste e agisce in funzione dell'annuncio.

5. Metodo moderno di Evangelizzazione

Sono sicuro che l'autocomprensione della Chiesa e l'attuale fase della storia dell'umanità, anche se problematiche, sono ricche ed entusiasmanti. Per questo la missione non è solo un dovere da compiere, ma una sfida che può liberare e aggregare nuove energie.

Ma si richiede assolutamente una conversione :

  • dalla mentalità di una missione già compiuta, ad una dinamica del piccolo gregge, che deve evangelizzare le Genti.

  • da una salvezza intesa esclusivamente o in senso spiritualistico o immanente ad una salvezza integrale.

  • dalla situazione di "missioni" a quella di Chiesa o Chiese

  • dalla prevalenza delle strutture alla missione nella potenza dello Spirito Santo

  • da una missione dai connotati generalmente universali (metodologia valida sotto tutti i cieli) ad una contestualizzata.

Io credo che resti ancora valida la descrizione che Paolo VI ha fatto dell'evangelizzazione nella Evangelii Nuntiandi, quando non ha voluto circoscriverne gli ambiti e il tipo di attività. Ne ha solamente tracciato la natura, lasciando aperto agli operai evangelici un campo enorme di creatività e di sperimentazione.

"Nessuna definizione parziale e frammentaria può dare ragione della realtà ricca, complessa e dinamica, qual è quella dell'evangelizzazione, senza correre il rischio di impoverirla e perfino mutilarla. E' impossibile capirla, se non si cerca di abbracciare con lo sguardo tutti gli elementi essenziali" (EN n. 17).

Quale sia poi il dato essenziale che soggiace a tutti gli elementi, e che costituisce l'autenticità di ogni azione evangelizzatrice, egli apertamente lo affermava così:

"Evangelizzare, per la Chiesa, è portare la buona novella in tutti gli strati dell'umanità e, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa, sconvolgendo, in virtù della sola potenza del Vangelo, strati dell'umanità, le culture, e convertendo la coscienza personale e collettiva degli uomini alla novità di vita del Vangelo" (EN. nn. 19-20).

a. Proclamazione di Cristo

Un dato essenziale e imprescindibile che emerge è che l'evangelizzazione è essenzialmente proclamazione della storia di Gesù di Nazareth . E' urgente ed imperativo l'annuncio esplicito di Cristo, perché non ci può essere "vera evangelizzazione se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati" (Verbum Domini, n. 98).

Questo è il contenuto, questa è la sua energia, questa la validità di ogni missione della Chiesa. Non è permesso tacere o sottintendere la persona di cui siamo annunciatori e testimoni. Sarebbe veramente un non senso. Se fossimo di questo avviso, dovremmo avere il coraggio di cambiare mestiere. "Si, questo messaggio è necessario. E' unico. E' insostituibile. Non sopporta né indifferenza, né sincretismi, né accomodamenti. E' in causa la salvezza degli uomini" (Verbum, Domini, n. 5). Se questo non fosse la nostra coscienza motivante, noi mancheremmo di qualsiasi legittimazione.

Il paradigma della proclamazione per necessità deve includere tutto l'evento Cristo, la sua predicazione e la sua vita : l'incarnazione, la vita terrena, la morte, la risurrezione, l'ascensione, la Pentecoste, la Parusia. E' il Cristo totus che deve essere annunciato, testimoniato, realizzato, non solamente un elemento di esso, pena la decurtazione o la deviazione dell'attività di evangelizzazione. E' su Cristo che si stampa il paradigma dell'evangelizzazione: Egli è la luce delle genti e della Chiesa, Egli è il realizzatore della salvezza, Egli ha assunto tutti gli aspetti personali, collettivi dell'umanità nella sua interezza.

La Chiesa, popolo messianico, non ha alcuna missione sua da fare, ma solo la missio Dei, così come realizzata da Cristo. Essa è il germe, che posto nel suolo, fa crescere il Regno di Dio nell'umanità. Perché in fondo questa la salvezza offerta: il Regno di Dio.

Sorge allora la componente rilevante che deriva dal rapporto Chiesa - Regno. Come Cristo, così la Chiesa è per l'avvento del Regno nell'umanità. I suoi ambiti, le sue scelte, la sua azione sono estese e dettate dal Regno di Dio. I suoi stili di vita, il suo essere stesso sono caratterizzati dalla logica del Regno, cioè dalla Paternità universale del Dio misericordioso. Essa si riconosce ministra della missione del Padre in Gesù Cristo nella potenza santificatrice dello Spirito Santo. Dovunque si costituisce per la convocazione di discepoli dalla gentilità, essa diviene segno e strumento della cultura del Regno, e chiama gli uomini dalla dispersione all'unità superiore nel Regno di Dio, così come annunciato e realizzato da Gesù di Nazareth. Essa allora si pone tra gli uomini, ne interpreta e ne condivide la loro storia, legge ciò che Io Spirito di Cristo vi ha operato e vi opera, in un dialogo continuo, nella ricerca della giustizia. E' grazie a questa nuova visione che dialogo, ricerca di giustizia, promozione umana, scelta dei poveri fanno parte integrante dell'attività di evangelizzazione. La Chiesa al servizio dell'umanità per la missione di Dio, seguendo il paradigma di Gesù di Nazareth nella potenza dello Spirito. Si comprende allora come resta la distinzione necessaria che il Regno di Dio va annunciato prima di tutto a quei gruppi umani dove esso non è stato mai annunciato, e le cui culture e stili di vita non sono mai state impregnate dal Vangelo, senza tener conto della risposta che ne hanno dato, come capita nei paesi dell'Occidente cristiano. Per cui resta un imperativo per la Chiesa di andare prima e soprattutto ai paesi non cristiani.

b. Interdipendenza tra le varie missioni

La missio ad Gentes è una parte della missione della Chiesa. Essa non è un elemento facoltativo, ma fondamentale a tutta l'esistenza cristiana. Deve perciò vivificare, orientare e determinare, ogni altra attività della Chiesa. Pur essendo specifica, deve essere come il lievito che fa crescere e conferisce autenticità ai vari ambiti della pastorale, della catechesi e della carità. Difatti "i confini tra cura pastorale dei fedeli, nuova evangelizzazione e attività missionaria specifica non sono nettamente definibili, e non è pensabile creare tra di esse barriere o compartimenti-stagno" (RM, n. 34). Essa è il paradigma di tutta l'attività pastorale. Il che vuoi dire che catechesi, carità, sacramenti non sono pienamente autentici se non sono animati, vivificati, attualizzati o celebrati nella intenzionalità e in vista della Missio ad Gentes, la categoria unificante tutte le espressioni della missione della Chiesa. Solo così la comunità diocesana sarà formata e spinta a realizzare sul proprio territorio e fuori dai propri confini ecclesiali e culturali le multiformi e molteplici attività di evangelizzazione, quali l'annuncio, la promozione umana, il dialogo, l'aiuto alle giovani chiese, come sono enumerate nella Evangelii Nuntiandi e nella Redemptoris Missio.

C'è questa domanda fondamentale che ci obbliga a dare una risposta:

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c. Quale missio ad Gentes ? Rischio di una secolarizzazione dell'evangelizzazione

La nostra missione non è un progetto umano, ma divino.

Da Cristo, primo evangelizzatore, derivano contenuto e metodologia di evangelizzazione. Infelicemente abbiamo una ferita aperta: come persone, come missionari, come istituzioni missionarie possiamo cadere facilmente nella tentazione di porre eccessiva fiducia nell'organizzazione, nei mezzi materiali e nella nostra azione. Sopravvalutiamo le risorse umane e materiali, e diamo l'impressione che la predicazione di Cristo sia questione di danaro, di opere. Il centro di gravità ha cambiato luogo: non è più il Vangelo di Cristo, ma le nostre opere e risorse. L'attività missionaria viene considerata preferibilmente in termini e in vista del contributo che può dare alla promozione umana, alla giustizia e alla pace. Le missioni sono diventate un cantiere perennemente aperto. Certo è' necessario impegnarsi in questo, come segno concreto della Carità di Dio. Senza queste opere il Vangelo sarebbe incomprensibile, considerato alla stregua di una spiritualità gnostica, come ve ne sono tante oggi.

Ma perché queste opere assumano la qualifica di annuncio, è necessario che sgorgano dalla contemplazione di Cristo, perché tutta l'attività apostolica deve essere riferita a Lui, che ne è il modello.

La contemplazione del volto di Cristo è una condizione necessaria perché sorga la passione di proclamarLo e donarLo agli altri e di riconoscerLo nel volto dei poveri, degli emarginati, dei dannati di questa terra

Preghiera, contemplazione e imitazione di Cristo sono la conditio sine qua non per ogni attività apostolica. Esse non sono un optional, ma l'anima dell'apostolato. L'apostolo sarà sorgente di amore solo se egli stesso beve a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l'amore di Dio (cfr Gv 19, 34; Deus caritas est, n. 7). Con insistenza il magistero sta richiamando i missionari alla necessità della santità (cfr. RM, n. 90)

Il missionario è l'uomo della carità, s'ispira alla carità stessa di Cristo, fatta di attenzione, tenerezza, compassione, accoglienza, disponibilità, interessamento ai problemi della gente, per cui spende la propria vita( RM n. 89). Ciò che è in questione non è l'impegno appassionato della promozione umana, ma la sua motivazione profonda. E' necessario che essa venga realizzata "nel rispetto del profilo specifico del servizio richiesto da Cristo ai suoi discepoli. La carità è sempre più che semplice attivismo: "Se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova". La carità è la fonte che giustifica e rende evangelizzatrice la nostra azione. "Tutta l'attività della Chiesa deve essere espressione di un amore che cerca il bene integrale dell'uomo: cerca la sua evangelizzazione mediante la Parola e i Sacramenti...e cerca la sua promozione nei vari ambiti della vita e dell'attività umana" ( Deus caritas est n.19). Tutto questo è possibile grazie all'azione dello Spirito Santo, "la forza che trasforma il cuore della cornunità ecclesiale, affinché sia nel mondo testimone dell'amore del Padre" (id. 19). E' quest'amore che ci deve spingere alla completa dedizione personale agli altri, cui non offre solamente un aiuto materiale, ma uno sguardo di amore di cui hanno bisogno" (id. n. 18) Ciò che resta insostituibile nel servizio evangelizzante della carità è la familiarità col Dio personale e l'abbandono alla sua volontà (id. n. 37). Pur immersi come gli altri uomini nella drammatica complessità delle vicende della storia, dobbiamo rimanere saldi nella certezza che Dio è Padre e ci ama (id. n. 38).

 

6. Una esigenza didattica

Trovandomi a parlare a docenti e studenti di una Università missionaria, mi piace fare anche un accenno all'ambito teologico che più dovrebbe appartenerci.

La formazione culturale teologica è in vista e in funzione dell'annuncio. Se come ministri ordinati e laici siamo impegnati nell'evangelizzazione, dobbiamo porci sulla linea della missione messianica di Cristo, in un mondo multietnico, multiculturale e multi religioso. La teologia deve divenire teologia della missione, teologia dell'annuncio. Solo in questa maniera potremo superare quella che è dolorosamente avvertita come schizofrenia tra teologia e vita. La dimensione missionaria appartiene all'esperienza fondante della chiesa, è intrinseca all'approfondimento del mistero di Dio e di Gesù Cristo. Essa è l'autocomprensione stessa della Chiesa, è la coniugazione tra kerigma e dogma, tra comunicazione della fede e il vissuto del mistero di fede. E' l'esperienza di fede della comunità cristiana, su eui si imposta la riflessione teologica, operata da quello che si chiama esercizio teologico- pastorale. Si tratta di dare ragione della propria fede a chiunque te lo chiede, ma anche a chi non te lo chiede. Essa ci deve dire la verità di Dio e dell'uomo, ci deve spiegare Gesù Cristo, il di più dell'uomo, che noi dobbiamo immettere nelle culture, perché sostenga e valorizzi le diversità culturali, così come la Pentecoste, la epifania dello Spirito, fu la celebrazione delle diversità culturali dei popoli, di tutti i popoli. C'è bisogno di una teologia in contesto, perché siamo interessati e impegnati essenzialmente nell'annuncio che deve essere significativo e operante per tutti.

Solo così lo studio della teologia farà di noi l'uomo cristiano, perché investirà l'essere stesso della nostra vita culturale.

Se la Chiesa in questo tempo favorevole è chiamata ad uscire da se stessa per portare l'annuncio al mondo, allora deve poco alla volta operare una riflessione seria sui curricula e sulla stessa impostazione della struttura teologica. Segni di questa necessità sono le continue sollecitazioni del rnagistero universale e di quello delle Chiese locali a fare un salto di qualità anche nella cultura teologica. Oggi, come accennato prima, siamo posti davanti ad una situazione sociale culturale e religiosa dell'umanità qualitativamente differente. La post-modernità per l'Occidente, la globalizzazione e il revival delle grandi religioni esigono da noi una preparazione adeguata che ci metta in grado di comunicare il Vangelo. Queste sfide, è stato detto, non sono congiunture del tempo, perciò ci chiedono di essere attenti alla storia Ed eventualmente di operare anche un capovolgimento nella riflessione sistematica del dato di fede cristiana. La realtà dell'annuncio, o del comunicare il Vangelo nel mondo contemporaneo, deve costituire una spina nel fianco del nostro modo di teologizzare, deve divenire l' interlocutrice all'interno della nostra riflessione sistematica di fede. In ogni caso si avverte l'urgenza e la necessità di un cambiamento di rotta, perché entusiasti delle sfide ma anche preoccupati e ansiosi della preparazione per affrontarle, siamo chiamati ad:

  • approfondire e rendere prioritaria la teologia della missione, orientando in tal senso tutta la riflessione teologica, quasi da esserne il principio unificante e la struttura fondante.

  • approfondire il mistero dell'uomo, perché non si operi una separazione della chiesa dal mondo, che sono compagni di tenda.

  • costruire con maggior insistenza una teologia che sia in dialogo per un confronto serio e competente con la società contemporanea, con una maggior apertura verso contesti culturali e religiosi mondiali.

  • evitare una eccessiva europeizzazione della teologia, quasi ritenendola l'unica seria e valida, mentre l'Associazione dei Teologi del Terzo Mondo, a Dakar, nel lontano 1975, denunciava la teologia occidentale come accademica, irrilevante, poco influente sulla formazione del cristiano e della comunità cristiana.

 

7. Conclusione

lo ho fiducia che questa università già sensibile alla realtà dell'evangelizzazione, nello spirito di fede, e nella forza dello Spirito Santo, darà un contributo specifico non solo alla formazione dei nostri studenti, ma anche al cammino missionario di tutta la Chiesa.

Ciò ha tanto più significato se contestualizziamo la nostra opera nella prospettiva dell'Anno della Fede voluto da Benedetto XVI nella ricorrenza del 50° anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II.

E' un'occasione assai importante che la nostra Università deve cogliere - e ciò lo affido al Rettore Magnifico e a tutte le componenti di questo Ateneo — per rinnovare il senso della nostra ecclesialità, della nostra missione, dell'opera di evangelizzazione.

Se la Chiesa è un corpo — secondo l'insegnamento Paolino di 1 Cor. 12, 12 — questo corpo ha anche due membra per camminare nel mondo: penso alla prima evangelizzazione e alla seconda evangelizzazione. Senza l'una o l'altra la Chiesa sarebbe handicappata. Anche Benedetto XVI parlando e annunciando l'Anno della Fede ha detto che "vorremmo celebrare questo Anno in maniera degna e feconda...per aiutare...a rinvigorire l'adesione al Vangelo" ( Porta Fidei, n. 8), ricordando che "per fede (gli Apostoli) andarono nel mondo intero, seguendo il mandato di portare il Vangelo ad ogni creatura e, senza alcun timore, annunciarono a tutti la gioia della risurrezione di cui furono fedeli testimoni" (id. n.13). E nell'Angelus del 16 ottobre 2011 spiegava che quest'Anno della Fede intendeva "farlo in prospettiva, appunto, della missione ad Gentes e della nuova evangelízzazione".

Last modified on Thursday, 05 February 2015 16:39

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