IL NATALE E L'ALLAMANO

Published in Missione Oggi

Durante il tempo del Natale viene spontaneo domandarsi come il nostro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, percepiva e viveva questo grande mistero del Signore e come insegnava ai suoi giovani missionari e missionarie a viverlo. La sua spiritualità era eminentemente cristologica, per cui non c'è dubbio che tutti i misteri di Cristo erano da lui vissuti e proposti con intensità.

Il Natale aveva un posto caratteristico, che valorizzava seguendo lo svolgimento della tempo liturgico, a partire dalla preparazione con l'Avvento e la Novena, fino alla celebrazione del 25 dicembre e e per tutto il periodo natalizio.

 

Qui riporto alcune informazioni su come l'Allamano viveva e educava a vivere il Natale e quale era il suo insegnamento su questo grande mistero.

 

 

COME L'ALLAMANO VIVEVA IL NATALE

 

Non è possibile, data la scarsità delle notizie, fare la cronaca di come l'Allamano trascorreva la festa del Natale insieme alla comunità sacerdotale del convitto ecclesiastico e del santuario della Consolata. Possiamo, comunque, riportare alcune notizie di un certo interesse su come partecipava al Natale celebrato nell'Istituto.

 

 

Gli auguri natalizi. Incomincio da questo aspetto, sul quale mi dilungo un po', perché racchiude un significato molto umano ed esprime bene la cordialità del rapporto tra l'Allamano e i giovani dei suoi due Istituti missionari. Il “Diario del seminario maggiore” di quegli anni annota diverse volte, sia pure in forma schematica, questo fatto. Per esempio, il 24 dicembre 1911: «Ore 6: auguri al Rev.mo Sig. Rettore (1 lettera dei chierici - 1 dei giovani [coadiutori] - 1 poesia declamata – 2 pastorali popolari»(p. 16); 23 dicembre 1913: «Alle 6 il Ven. Sig. Rettore con Mons. Barlassina vengono ricevuti con battimani nel salone messo a festa [sono fatti gli auguri di Natale]. Il Sig. Rettore ringrazia commosso, indi ci benedice. - Si distribuiscono delle caramelle» (p.18); 23 dicembre 1914: «Alle 5 circa ci raduniamo tutti nel salone per augurare buon Natale al Ven. Sig. Rettore e Vicerettore, tutti e due presenti. Due chierici, un coadiutore, uno studente, ed un sacerdote leggono ognuno un componimento d'occasione: uno studente ancora declama una poesia. P. Cravero, arrivato dall'Africa alcuni giorni fa, chiude l'accademia con un discorso Gikuiu. Il Ven. Sig. Rettore risponde brevemente e poi dopo averci benedetti, ci lascia un'immagine ricordo del S. Natale» (pp.15-16).

 

Si potrebbe continuare con citazioni simili, ma mi limito a riportare la nota del Diario il 1° gennaio 1911, perché indica quanto i missionari ci tenessero a porgere gli auguri al loro Padre: «Ritiro mensile - Orario festivo - Alla Benedizione del SS. Sacramento, data dal Rev.mo sig. Rettore, rinnovazione dei voti battesimali. - 6-7,15 trattenimento, in principio del quale si fanno al Sig. Rettore gli auguri non potuti fare a Natale [...] ed infine si distribuiscono frutta candide regalateci» (p.19).

 

È certo che l'Allamano gradiva questi auguri, perché erano la manifestazione concreta dello spirito di famiglia che regnava nell'Istituto. Ecco le sue parole di riposta nell'incontro con le missionarie del 23 dicembre 1915: «Stamattina sono arrivate le lettere dall'Africa; non ho ancora avuto tempo di aprirle, penso però che saranno tutte di augurio ed io quegli auguri li godo già benché non li abbia ancora letti. Io non aspetto altro augurio che la vostra santificazione, proprio apostolica. […]. Come S. Paolo che diceva: “non vestra sed vos”, io non cerco altre cose che voi, per santificarvi».1 Si noti l'abilità dell'Allamano di elevare il livello del discorso dal piano puramente affettivo a quello più importante della coerenza vocazionale.

 

Anche con i missionari, il 23 dicembre 1920, la sua risposta è stata altrettanto significativa: «Vi ringrazio di tutti gli auguri: ma una parola non la voglio... voglio che si cancelli quello che il buon Coadiutore Carlino ha detto per umiltà, rappresentando quelli d'Africa, che siete figli ingrati... questa parola non va... noi abbiamo mai ricevuto nessuna ingratitudine da voi... abbiamo solo sempre ricevuto consolazioni... qualche sbaglio è naturale ... ma c'è sempre stato quella buona volontà ... ci avete sempre consolati... Noi siamo sempre stati contenti di voi, e anche adesso passate le feste contenti...».2

 

C'è una risposta dell'Allamano agli auguri delle missionarie il 23 dicembre 1921, che mi piace riportare, perché appare come un'occasione per spiegare il motivo di certi atteggiamenti piuttosto decisi del Padre verso le figlie: «Ora che cosa debbo dirvi?... non vi risponderò niente, perché avete già capito, avete già capito tutto!. Eh, qualche volta sono un po' brusco, ma quello è anche amore, sapete! “Fortis sicut mors est dilectio” [l'l'amore è forte come la morte]; l'amore molle non è amore... Se faccio così è per il vostro bene. S. Paolo avrebbe dato la vita per tutti, eppure sapeva correggere a tempo e luogo e non ha tralasciato di scomunicare qualcuno».3

 

Parlando di auguri natalizi, infine, non posso tralasciare un passaggio di una magnifica lettera che il canonico G. Camisassa ha scritto all'Allamano dal Kenya, ove si trovava in visita alle missioni, per il Natale del 1911. Anche dal punto di vista puramente umano, ma non solo, le parole del Camisassa aprono uno spiraglio che ci lascia intravedere l'intesa che regnava tra quei due uomini di Dio: «La nostalgia era forse uno degli affetti umani che avevo sentito poco in vita mia; ci voleva questa lontananza perché lo capissi bene, e quanto sia forte in certi momenti il bisogno del cuore di trattenersi e conversare - almeno in spirito - colle persone più care là in patria. […]. E questo bisogno si fa più vivo all’appressarsi del Santo Natale, la festa della poesia del cuore. Ciò che voglio augurarle si compendia in una parola, che è quella della preghiera che facciamo ogni giorno tutti riuniti per lei: che il Signore ce la conservi per molti anni alla formazione di santi missionari, ripieni di spirito apostolico».4

 

 

La Messa di Mezzanotte. L'Allamano approfittava sempre della concessione liturgica di celebrare tre Sante Messe a Natale. Quella di Mezzanotte, però, esercitava anche in lui un'attrattiva speciale, in quanto era considerata il momento centrale del mistero natalizio. Ecco una sua confidenza alle missionarie fatta durante la conferenza del 23 dicembre 1921: «Io canterò la S. Messa nella notte del S. Natale; tutti hanno voglia di quello, ma non me la lascio prendere; sono furbo... Anche che non sia qui con voi, vi sarò presente in spirito... In queste feste bisogna fare tante carezze a Gesù Bambino, facendole consistere in piccoli sacrifici. […]. Tutte le volte che andate a vederlo vi dà la benedizione... Così passando bene queste feste, termineremo bene l'anno...».5

 

Ovviamente l'Allamano celebrava la Messa di Mezzanotte al santuario della Consolata, traboccante di gente. Qualche rara volta, però, l'ha celebrata nell'Istituto, come annota il Diario in data 24 dicembre 1909: «Alle 9 circa giunge il Rev.mo sig. Rettore - Verso le 9 ½ cominciano le proiezioni luminose, interrotte alle 10,30 per distribuire 3 cioccolatini ciascuno - fino alle 11,20 - Sollievo (Si era disposto di recitare in cappella il Mattutino e Lodi di Natale, mentre i giovani riposerebbero alquanto in studio, ma non si poté) - 12 - Messe lette del Rev.mo Sig. Rettore, la prima e la terza con canti di mottetti, la seconda solo con accompagnamento d'armonio - Alle 1,30 dopo le 3 Messe, si va in refettorio a prendere una scodella di brodo caldo ed un bicchiere di vino - Riposo» (pp.15-16). Tutto molto semplice, ma familiare e ordinato.

 

 

Il giorno di Natale è festa. Si sa che l'Allamano, essendo rettore del santuario della Consolata e per di più canonico del Duomo, generalmente non poteva essere presente nell'Istituto il giorno di Natale. Voleva, però, che i suoi giovani facessero una festa completa, che consisteva in celebrazioni solenni e in momenti di fraternità e allegria.

 

Sarebbe interessante riportare come il Diario descrive, con il solito stile quasi telegrafico, come ogni anno si svolgeva la festa del Natale nell'Istituto. Bastino questi cenni: «25 dicembre 1911. S. Natale. Alle ore 9,30 assistiamo alla S. Messa di P. Sales, accompagnata dal suono dell'armonium. Il neo Sacerdote è pure celebrante ai Vespri solenni e alla Benedizione eucaristica. La serata è allietata da canto e suoni e distribuzione di dolci» (p. 16); 25 dicembre 1912: «Le funzioni del mattino e del pomeriggio sono celebrate con maggiore solennità. Trascorriamo il tardo pomeriggio in un fraterno raduno tra canti e letture» (p. 17); 25 dicembre 1913: «Alla Messa della Comunità segue, alle 9,30, la Messa solenne cantata. Nel pomeriggio Vespri e Benedizione solenne impartita da Mons. Barlassina. Dopo la visita al presepio, ha luogo in salone un trattenimento allegro e familiare che si svolge tra canti e suoni, scene comiche e e acclamati discorsi di Don L. Sales e del Prefetto. La riunione ha lieto epilogo con distribuzione del panettone natalizio che viene consumato in sereno spirito di famiglia» (p. 19); «S. Natale 1917. Messa solennissima alle 10. Invece della conferenza del Sig. Rettore, si ha una rappresentazione mimica, con distribuzione di dolci» (p.11).

 

All'inizio della prima guerra mondiale, però, la festa del Natale è stata vissuta in un clima più modesto, come risulta dalle note del 25 dicembre 1915: «Quest'anno causa la mancanza di tanti nostri confratelli soldati, cioè di 20, causa le miserie della guerra, il S. Natale per noi fuori Chiesa ha niente di speciale; si è fatto solo un po' di presepio in Cappella, in coro, al posto e sul modello dell'anno scorso. Del resto niente, né lotterie, né albero di Natale, né presepio grande. Il Sig. Prefetto tuttavia ci distribuisce lungo il giorno dei dolci regalo della Provvidenza Divina. Naturalmente il Ven. sig. Rettore non può oggi venire a trovarci» (p.20). Si noti che una delle ragioni che hanno fatto ridurre drasticamente la festa è stata la lontananza dei confratelli sotto le armi. Una comunità forzatamente separata non poteva festeggiare!

 

 

 

L'INSEGNAMENTO DELL'ALLAMANO SUL NATALE

 

Una premessa: leggendo le conferenze dell'Allamano che hanno come tema il Natale ci si accorge facilmente che il suo obiettivo non era tanto di illustrare la teologia di questo mistero, quanto piuttosto di suggerire come viverlo. Questo suo atteggiamento è più che comprensibile se si tiene conto che parlava a dei giovani che si preparavano alla missione. Era contemporaneamente padre ed educatore. Possiamo quindi definire il suo insegnamento come una “pedagogia” per vivere in pienezza il mistero del Natale.

 

Siccome nella feste del Natale generalmente l'Allamano non poteva recarsi all'Istituto, il suo insegnamento su come vivere il Natale lo troviamo in prevalenza nelle conferenze delle domeniche precedenti, durante l'Avvento e all'inizio della Novena.6 Ecco perché i testi che riporterò sono datati appunto nei giorni prima del Natale.

 

Ancora una precisazione: non essendo possibile configurare una dottrina ordinata e completa dell'Allamano sul Natale, perché non è stato questo l'obiettivo dei suoi interventi, evidenzio alcuni temi prevalenti del suo insegnamento e dei suoi consigli, lasciando a chi legge il compito di comporli in unità.

 

 

Natale evento già realizzato e storicamente irripetibile. Seguendo la dottrina corrente, l'Allamano affermava che la festa del Natale commemora un mistero che si è realizzato in un preciso momento storico, alla pari di quello della morte e risurrezione del Signore, a differenza della Pentecoste che è un'attuale effusione dello spirito Santo, sia pure in forma invisibile. Nella solennità di Pentecoste del 1910, così si esprimeva: «Il nostro S. Massimo scrive che la festa della Pentecoste non è solo come le altre feste dell'anno, una memoria di un atto antico, come il S. Natale, la Pasqua e simili, ma è una vera rinnovazione del fatto sempre antico e sempre nuovo della discesa dello Spirito Santo non in forma sensibile, ma in senso intimo nella Chiesa e nei fedeli che vi sono preparati; altrimenti non sarebbero a proposito quelle invocazioni: “Veni, Sancte Spiritus” [Vieni Santo Spirito] - “Veni, pater pauperum” [Vieni Padre dei poveri]»7.

 

Su questo aspetto, che ha una indubbia importanza per la vita spirituale, merita ascoltare le sue parole pronunciate in diverse occasioni. Il 15 dicembre 1912, per esempio, invitando a vivere con fervore la novena del Natale, ha detto: «La S. Chiesa già da due settimane ci va esortando... Regem venturum...[il Re che verrà...]. Oggi poi per più scuoterci: “Prope est jam Dominus [Il Signore è già vicino]”... - Si commemora in questa solennità la nascita di Nostro Signore di duemila anni fa, e la nascita spirituale in noi. A questo secondo intento sono dirette le parole della Chiesa» (Conf. IMC, I, 474).

 

L'Allamano era costante nell'insegnare che le “venute” del Signore nel mondo praticamente sono tre: la prima, commemorata appunto nel Natale; l'ultima, quando verrà glorioso alla fine del tempo; e quella così detta “intermedia”, con la grazia in ogni persona. E raccomandava di vivere con consapevolezza questa “venuta intermedia”, che si realizza sempre, anche fuori del periodo liturgico natalizio, in proporzione alla nostra preparazione.8

 

 

Mistero del Natale e mistero dell'Epifania. È questo un aspetto in certo senso curioso, che si comprende solo tenendo conto che l'Allamano educava giovani che si sarebbero impegnati nella missione. Lo propongo prima di altri aspetti, precisamente per il suo spessore missionario.

 

In occasione della solennità dell'Epifania del 1916, l'Allamano ha fatto un discorso quasi provocante, seppur liturgicamente discutibile, alle missionarie: «Questa festa è superiore a quella del S. Natale. Vi scandalizzerete ad udire ciò? Ebbene, in quanto alle feste le prime sono: Pasqua, Pentecoste; le seconde: Epifania e Corpus Domini; le terze: Natale ed Ascensione. Vi scandalizzerete? L'Epifania è il compimento, il perfezionamento del S. Natale. Sarebbe stato inutile che il Signore fosse nato e non si fosse manifestato; l'importante è che si sia fatto conoscere, si sia fatto sentire. Il Signore non nacque solo per la Giudea, […] ma per tutto il mondo, ed è per mezzo dei Re Magi che si è manifestato. In modo particolare l'Epifania è nostra festa; non si farà mai abbastanza con solennità. […].

Ringraziate il Signore che è nato per tutti e, come per mezzo di un Angelo ha chiamato i pastori, così per mezzo della stella ha chiamato i Re Magi. Ringraziate del dono della fede per noi e per gli altri».9

 

 

Il Natale mistero di amore. Da come si esprime quando consiglia altri, emerge chiaro che l'Allamano viveva il Natale in un clima non solo di fede, ma anche di intensa sensibilità affettiva. Altrimenti non si spiegherebbero tutte le sue insistenze sulla dimensione di “amore” propria di questo mistero. In preparazione al Natale del 1914 così si esprimeva: «Il Signore vuole amore. Il Padre eterno ce lo ha mandato per amore. “Sic Deus dilexit mundum ut Filium suum Unigenitum daret” [Così Dio ha amato il mondo, da dare il suo Figlio]. Nostro Signore poi, il Santo Bambino, è venuto per amore. “Propter nos homines et propter nostram salutem” [Per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo]. […]. S. Agostino dice: “Sic nasci voluit, qui amari voluit” [Ha voluto nascere così (cioè bambino), perché ha voluto essere amato]. E S. Francesco di Assisi vero devoto del Bambino Gesù andava esclamando: “Amemus puerum de Betlehem!” [Amiamo il Bambino di Betlemme], “Amemus puerum de Betlehem!” a tutti quelli che incontrava. […]. Dunque, il Paradiso vuole che l'amiamo; la Chiesa vuole che l'amiamo; i Santi dicono che Egli viene per amore; e noi siamo freddi come il ghiaccio? No! Scuotiamoci! Tutti; vogliamo bene al Bambino, per essere da Lui amati. […]. Se desiderate molto Egli verrà con molta grazia. […]. Nella notte del Santo Natale sarete contenti di esservi preparati. Egli desidera di essere desiderato. Fate così e sarete contenti di esservi preparati bene».10

 

Ancora: «Dobbiamo voler bene al Bambino. Dobbiamo voler bene, sì, a Gesù Crocifisso, ma anche tanto al Bambino. […]. Il primo mezzo per ottenere di veramente amarlo è di pregare Nostro Signore che ci dia questo amore. S. Agostino diceva sempre: “Che io ti ami, o Signore”, “Domine ut amem Te”. Domandateglielo questo amore. Lui è contento».11

 

Come sintesi del pensiero dell'Allamano al riguardo, si possono rileggere quelle magnifiche parole pronunciate nella conferenza alle missionarie, il 16 dicembre 1917: «Chi non ama il Bambino? In questa festa non deve entrare la testa, ma tutto il cuore».12

 

 

La Madonna nel Natale. È superfluo affermare che l'Allamano sapeva percepire con spontaneità il coinvolgimento della Madonna nel mistero del Natale di Gesù. Al riguardo c'è da fare un'interessante precisazione, che gli fa onore. Quando parlava della festa dell'Annunciazione, che a lui era molto cara, faceva notare che quella festa era di fatto il vero Natale, perché era la festa dell'Incarnazione. Dopo avere ricordato che l'Annunciazione non era più, come in precedenza, festa di precetto, nella conversazione del 25 marzo 1917. così ha continuato: «E veramente si fa una festona al Natale, ma la festa vera, quando il “Verbum caro factum est” [il Verbo si è fatto carne], è quest'oggi. Oggi è la vera festa dell'incarnazione e perciò si dovrebbe fare una festa come si fa nel Natale».13

 

Nella solennità del Natale, poi, non dimenticava di richiamare l'attenzione alla presenza della “mamma” di Gesù. Come sarebbe stato possibile dimenticarla? Ai missionari il 15 dicembre 1914: «Che faremo per prepararci [...] alla venuta spirituale di Gesù nel nostro cuore? Ameremo Gesù Bambino; e come? Con tanti sospiri del cuore, non solo cantando ogni sera le belle profezie, ma ripetendole anche lungo il giorno, come giaculatorie e comunioni spirituali; e ciò nello studio, in ricreazione e dovunque. Così ci prepareremo alla festa. E chi non sente in sé questo amore, lo domandi a Gesù stesso per intercessione della SS. Vergine, che tutta divampava di amore nell'aspettazione del suo Gesù».14

 

Alle missionarie nei giorni susseguenti al Natale del 1918: «Interponete la Madonna. Essa è la Madre del Bell'Amore. La Madonna ci dia la grazia di amar Nostro Signore».15

 

 

Nel Natale Gesù è modello. Il coinvolgimento nella solennità del Natale per l'Allamano doveva essere attivo. Non solo essere coscienti del mistero; non solo far partecipare il cuore, ma rendersi conto che il Bambino, proprio in questo mistero, ha qualcosa di concreto da insegnarci. Gesù Bambino diventa, quindi, modello di vita e, in particolare, di alcune virtù caratteristiche, quali la povertà, l'umiltà, la semplicità, ecc. Propongo di seguito alcuni interventi dell'Allamano su questo punto.

 

Anzitutto il Gesù del Natale è modello di povertà: «Gesù fu povero nella nascita: Egli nacque non quando Davide e Salomone erano in trono, ma aspettò a nascere quando i loro discendenti erano divenuti artigiani e nacque a Betlemme, neppur in casa propria, bensì in una spelonca e fu deposto in una mangiatoia sprovvisto di tutto o quasi tutto. Insomma ha scelto quello che vi era di più povero».16

 

Ed ecco un consiglio ai missionari, dopo avere illustrato come il Bambino sia modello di povertà: «Non dobbiamo vergognarci del nostro stato qualunque sia: amare la povertà; amare di essere povero di quel che non posso avere - e di quel che non voglio avere».17

 

Poi, anche modello di umiltà e semplicità:«Dunque in questa novena imiterete Nostro Signore nell'umiltà. E guardate un po': dopo che Nostro Signore è nato povero e umile che è successo? L'Eterno Padre gli ha dato un nome “quod est super omne nomen”, sopra tutti gli altri nomi. “Qui se humiliat exaltabirur” [Chi si umilia sarà esaltato]. […]. Domandiamo, perciò, a Nostro Signore di essere umili, togliamo la radice della superbia dal nostro cuore».18 E alle missionarie spiegava addirittura meglio lo stesso concetto: «S. Paolo dice che l'Eterno Padre ha dato un Nome al suo Divin Figlio al quale terra, Cielo, abisso s'inchinano e che ogni lingua deve proclamare il bel nome di Gesù. Chi si umilia sarà esaltato. Il Signore dopo 33 anni di umiliazioni sedette alla destra di Dio Padre. Domandate al Signore di farvi conoscere la preziosità dell'umiltà».19

 

Ancora: «Nel presepio si vede l'umiltà e la semplicità che si deve prendere, e se uno non gode di questa festa, è segno che è ben superbo. Se il Signore si è fatto piccolo, perché non dobbiamo noi farci piccoli?».20 «Non crediamo di umiliarci per riconoscere il Bambino. S. Bernardo diceva: “Nostro Signore si è fatto piccolo per essere molto amato: “Parvulus Dominus et amabilis nimis...”».21 «Tre lezioni dà il Bambino nella sua nascita. Come tre sono le concupiscenze che ci tribolano in questo mondo, così il Signore ha voluto vincerle tutte e tre ed ha mostrato anche a noi a vincerle. Le concupiscenze sono: i piaceri, le ricchezze, gli onori. Il Signore ci ha dato l'esempio coi patimenti, colla povertà e coll'umiltà. Egli mancava di tutto; aveva una spelonca, una mangiatoia, pochi pannolini, un bue ed un asino che soffiavano nella stalla e basta».22

 

 

Come accogliere il Signore che viene nel Natale. L'atteggiamento di fondo per rapportarsi con Gesù Bambino nel Natale è quello di desiderare che venga in noi. L'Allamano insisteva molto sul valore del desiderio, perché intendeva suscitare un ardore apostolico nei suoi giovani. Così nell'imminenza del Natale del del 1918: «Dunque desiderate di riceverlo il Bambino, con tutte le sue grazie. Egli viene con le mani piene e le dà secondo la nostra preparazione. Quindi in questo tempo dire: “Veni Domine”. Vieni Signore, non tardare».23 E prima del Natale del 1922: «Desiderate molto che venga a nascere spiritualmente nelle anime vostre ed anche nella comunità; che venga a portarvi tutte le sue grazie. Il Signore ci darà grazie secondo il desiderio maggiore o minore che abbiamo».24

 

In altre occasioni precedenti l'Allamano era sceso anche a particolari pratici, come il 15 dicembre 1915: «Per ben prepararsi a ricevere Gesù e le Sue grazie: 1) non peccati neppur piccoli deliberati: montes et colles. [i monti e i colli saranno abbassati] - 2) raccoglimento, fedeltà agli inviti della grazia di Dio, ed aspirazioni: “Veni Domine” [vieni Signore]. Gesù vuol essere desiderato, e verrà nelle nostre anime a proporzione dei nostri desideri...».25

 

 

Conclusione - Natale festa della gioia interiore. Concludo queste riflessioni sul Natale e l'Allamano, riproponendo in sintesi questo suo pensiero dominante: chi vive bene il Natale vive nella gioia, perché sa che Gesù è vivo e presente anche oggi. Il 13 dicembre 1908, la seconda domenica di Avvento, ha valorizzato il testo di Paolo ai Filippesi, che la liturgia proponeva nella prima lettura, per invitare i suoi giovani alla gioia: «Siamo alla Novena di Natale e bisogna che ci prepariamo più prossimamente; a questo serve l'Epistola di oggi: “Gaudete in Domino semper, iterum dico gaudete; modestia vestra nota sit omnibus hominibus, Dominus enim prope est” [Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siete lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!]. Godete pure, godete, state allegri, ma nel Signore. E perché soggiunge: “modestia vestra ecc”? Per dire ai Filippesi (4,4-5): rallegratevi sì, ma con moderazione; sempre secondo la santa modestia».26

 

L'invito alla gioia natalizia è ricorrente nell'insegnamento dell'Allamano: «Domani sarà Natale, la festa del cuore. Sì, godetela questa festa che specialmente c'ispira due cose: la confidenza e la semplicità. […]. Bisogna stare di buon umore».27 Addirittura anche durante i giorni difficili della prima guerra mondiale, mentre si sentiva l'effetto delle privazioni e molti confratelli erano stati chiamati sotto le armi, l'Allamano non voleva vedere missionari e missionarie tristi. Così concludeva la conferenza sulla preparazione al Natale del 1915: «Dunque, santo gaudio».28

1 Conf. SMC, I, 261.

2 Conf. IMC, III, 505.

3 Conf. SMC, III, 348-349.

4 Lettere, V, 739.

5 Conf. SMC, III, 350.

6 L'Allamano stesso dava per scontato che nel giorno di Natale non poteva essere presente nelle comunità di casa madre. Ecco un simpatico episodio successo il 22 dicembre 1918 nella comunità delle missionarie: «Bisogna che questa festa sia la festa del cuore. Io vi darò un'immaginetta che anticipi la nascita del Bambino, perché non posso essere qui a farlo nascere con voi. Così potrete già vederlo e desiderarlo. Vedete? Qui c'è un angelo che presenta tre colombine a Gesù Bambino. Ditemi, che cosa figurano queste tre colombe? - I tre voti figurano, sicuro! - Rappresentano pure le virtù che ha esercitato Gesù in principio della sua vita: umiltà, semplicità, ubbidienza. Voi mettete le intenzioni che volete.

(Alcune sorelle dicono: Lei, Padre è la colomba che è più vicina a Gesù. Ed egli risponde: No, io sono quella là... e sorridendo indica la stella che splende sulla piccola culla)»: Conf. SMC, II, 449.

7 Conf. IMC, I, 337; cf. anche Conf. SMC, I, 377. Qui l'Allamano cita uno dei suoi autori alla cui dottrina ricorre spesso, cioè P. Giuseppe Bruno (1826-1907) della Congregazione di S. Filippo.

8 Per l'Avvento del 1904, quindi già all'inizio dell'Istituto, l'Allamano proponeva questo insegnamento: «La S. Chiesa ci prepara alla venuta di N.S. con quattro settimane d'Avvento . In esse ci ricorda le tre venute di N. Signore: la venuta nel mondo coll'Incarnazione..., la venuta pel Giudizio Universale, e la venuta spirituale nelle anime nostre»: Conf. IMC, I, 76.

9 Conf. SMC, I, 271-272; cfr. II, 216.

10 Conf. IMC, II, 141-142; cfr. Conf. SMC, I, 261; II, 453, 456-457.

11 Conf. SMC, II, 456-457.

12 Conf. SMC, II, 197. Durante la novena di Natale del 1922, l'Allamano ha pronunciato parole non abituali sulla bocca di un uomo adulto e, per di più, della sua personalità: «Intanto fate bene la novena: è la novena del cuore. Un bambino si fa mangiare»: Quest'ultima frase è stata proprio pronunciata dall'Allamano, perché è riportata con le stesse parole dalle due diverse amanuensi che hanno ripreso la conferenza: Conf. SMC, III, 489; cfr. anche II, 492.

13 Conf. IMC, III, 82.

14 Conf. IMC, II, 140.

15Conf. SMC, II, 457.

16 Conf. SMC, II, 13.

17 Conf. IMC, III, 377.

18 Conf. IMC, II, 444- 446.

19 Conf. SMC, I, 254.

20 Conf. SMC, II, 197.

21 Comf. SMC, III, 491-492.

22 Conf. SMC, II, 707. Dallo zio S. Giuseppe Cafasso, l'Allamano aveva ripreso un pensiero forte sull'esemplarità del Bambino nel presepio: «Anche noi almeno in questi santi giorni portiamoci a Betlemme e tratteniamoci con spirito di fede davanti al S. Presepio. Quivi impareremo, dopo adorato il Santo Bambino tutte le virtù, particolarmente la nullità dei piaceri, delle ricchezze e degli onori, ed apprezzeremo i patimenti, la povertà e l'umiltà (Ved. Ven. Cafasso: Med. ai Sac. sulla nascita di Gesù)»: Conf. IMC, III, 375; Conf. SMC, II, 706.

23 Conf. SMC, II, 441. Riguardo all'ardore apostolico, in vista del Natale del 1919, l'Allamano suggeriva: «Pregate Nostro signore adesso che viene il Bambino nel vostro cuore: Voi che siete venuto per salvare le anime, datemi un grande ardore perché ne possa salvare tante, tante, tante; che possa dare mille, mille battesimi. Questo dovete chiedere nella notte di Natale»: Conf. SMC, II, 704.

24Conf. SMC, III, 493.

25 Conf. IMC, I, 474.

26 Conf. IMC, I, 280.

27 Conf. SMC, I, 496; 498.

28Conf. SMC, I, 262.

Last modified on Thursday, 28 July 2022 08:39

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