Eugenio Cotter. Vescovo di Pando (Amazzonia boliviana). Foto Infodecom
I profeti sono quell'insieme di persone, giovani, adulti, catechisti, animatori, religiosi, sacerdoti che vivono l'esperienza di fede in contatto con la gente, vivono la profondità della relazione con Dio nella preghiera, nella celebrazione, ma vivono anche la comunione con la comunità e raccolgono nelle sfide di ogni giorno la fatica di discernere e di capire come essere dentro la storia per costruirla con i criteri della giustizia, dell'amore, dell'incontro e del vangelo. Loro incarnano quei valori umani illuminati dalla fede e quei valori della fede che diventano storia dell'umanità.
Tutte queste persone hanno nomi concreti e sono i volti che animano la comunità, quelli che dopo il lavoro si danno il tempo di trovare le persone della comunità, preparare la celebrazione ma anche riflettere insieme sui problemi che la comunità e la famiglia sta vivendo. Oggi più che mai interrogarsi su come possiamo aiutare a partire dalla fede ci fa essere testimoni e anche profeti perché nel momento in cui riflettiamo su queste cose capiamo come essere cristiani in questa realtà e smettiamo di essere insignificanti... ma di diventiamo significativi e anche provocativi. (...)
Se non ci fossero catechisti e laici la nostra chiesa sarebbe fatta da un gruppo piccolissimo di sacerdoti, religiosi e religiose, probabilmente insignificanti rispetto alla vastità del territorio come rispetto alle sfide che il mondo cristiano presente rispetto alla realtà dell'Amazzonia e della gente. Invece i catechisti, laici e animatori diventano la presenza della chiesa nella nostra realtà del vicariato e della missione: non una chiesa che visita o di passaggio ma una chiesa che resta ed è presente nel territorio. (...)
Profezia non è mai rimanere al chiuso, al sicuro e al comodo ma è uscire all’incontro di chi soffre ed è provato dalla vita. Profezia è uscire portando una luce con una forza, portando non solo l'olio della lampada ma portando anche la borsa del grano, il pacchetto delle medicine e anche la sapienza umana che permette riscattare la medicine tradizionali e condividerle perché altri possano curarsi. Tutto questo ci fa essere persone incarnate che vivono la propria umanità in solidarietà.
Quando insegnamo a non deforestare, diamo fastidio a chi fa le leggi e spinge alla deforestazione; a chi ha studiato una economia che punta al guadagno immediato indipendentemente dalla sostenibilità dello stesso. Tagliare la foresta per aprire pascoli estensivi o vendere le risorse forestali è a tutti gli effetti una strategia coloniale e neocoloniale che è costruita e portata avanti con perseveranza da persone senza scrupoli. Questo certamente da fastidio ma non possiamo non farlo; non farlo darebbe fastidio alla nostra coscienza e continueremmo a ingannare i poveri prima e l'umanità poi.
La chiesa dell'Amazzonia e dell'America Latina in genere insegna alla chiesa italiana ad essere cristiani nelle concretezza di ogni giorno; a ripensare le strutture ecclesiali non a partire dalla dimensione liturgica ma a partire della dimensione della vita, dai problemi della vita che poi diventano preghiera e celebrazione illuminati dal vangelo. Queste chiese amazzoniche possono insegnare alle chiese europee una ministerialità non nuova ma che la dimensione clericale ha un po' spento e marginato togliendo l'ufficialità. È una ministerialità battesimale che, riconosciuta ufficialmente, la fa essere presenza della chiesa nel mondo. Il sacerdozio ordinato deve porsi al servizio di questa ministerialità; non la sostituisce ma l’accompagna.