Lo slogan di "state a casa".
L'abbiamo sentito e visto scritto ovunque da quando è iniziata la pandemia. La casa divenne così un luogo di sicurezza, ma allo stesso tempo un luogo di esclusione. Chiunque venisse da fuori era un pericolo, anche se erano amici o addirittura parenti.
La visita, così frequente nei nostri costumi popolari, divenne una prelibatezza proibita. Riunioni, feste di compleanno e altri eventi sociali hanno perso il sapore, l'odore e il colore della presenza fisica. Uscire di casa era audace. Molti hanno cercato la fuga, apparendo come fantasmi sui social network e la “casa dolce casa” è diventata una specie di prigione dalla quale bisognava fuggire.
Poco a poco, ancora imbavagliati dalla paura, i più audaci cominciarono a rubare spazi in strada per sopravvivere. Hanno deciso di uscire.
Un imperativo pre-pandemico.
Ci eravamo abituati a sentire ovunque negli ambienti ecclesiastici cattolici l'invito di Papa Francesco a "uscire" per portare la fede nelle strade, a uscire perché è meglio avere un incidente in strada che affogare nella sicurezza della propria casa. L'invito ad essere una "chiesa in missione" è stato sentito in ogni discorso missionario. E quindi è apparso un dilemma inaspettato: andiamo in missione o stiamo in a casa? Evidentemente l'uno o l'altro hanno la loro ragione d'essere e la loro giustificazione.
Nuove partenze?
L'uscita può ritrovare il suo significato originale e universale, cioè il suo valore esistenziale?
Uscire per incontrare l'altro è fondamentale, non solo per il credente, ma per ogni uomo o donna che vuole vivere la ricchezza umana dell'incontro, frutto di un'uscita permanente.
Dio Padre è sempre stato in perenne uscita. Potremmo considerare la bella creazione come la sua prima grande partenza. Ma la partenza più splendida fu quella di Gesù: lasciò la sua condizione divina per assumere la nostra condizione umana. Non c'è niente di più bello che contemplarlo nella sua vita missionaria; sempre in movimento e itinerante. Puoi usare tutti gli aggettivi che vuoi, ma non a casa tua, nel tuo villaggio, nel tuo luogo sicuro.
Come possiamo collocarci in questo dilemma? Non si tratta di riflessioni e meditazioni, ma di decisioni che sicuramente influiranno sulla vostra esistenza nel presente e nel futuro.
*P. Armando Olaya è superiore regionale dei missionari della Consolata in Colombia.