Carovane migranti alla frontiera USA: l’azione della Chiesa centroamericana

Published in Missione Oggi

Oltre 4 mila migranti centroamericani sono arrivati - ed altri ne stanno arrivando - a Tijuana, alla frontiera con gli Stati Uniti, dopo una lunga camminata dai loro paesi d'origine. Gli Stati Uniti, destino e sogno delle carovane, non intendono fare entrare i marciatori senza visto. L'assistenza umanitaria è fornita quasi del tutto dalle Chiese.

Oltre 4 mila migranti centroamericani sono arrivati - ed altri ne stanno arrivando - a Tijuana, alla frontiera con gli Stati Uniti, dopo una lunga camminata dai loro paesi d'origine. Sono il primo contingente delle tre carovane partite in ottobre dall'Honduras e da El Salvador, che contano complessivamente almeno 9 mila persone. Sono composte prevalentemente da uomini, giovani “tra i 16 e i 30 anni, spesso laureati, universitari o diplomati, con alcuni adulti, donne, famiglie intere, minorenni non accompagnati e qualche anziano, anche in sedia a rotelle”, ha spiegato all'Agenzia Fides Julio Buendía, incaricato della Pastorale per i migranti e i rifugiati di Caritas El Salvador. Rifiutando le tesi di finanziamenti esterni, Buendía indica che la povertà, la violenza causata dalle bande criminali (che oltre all'estorsione ed altre minacce, praticano il reclutamento forzato), la miseria e la corruzione sono le cause di questo fenomeno che ha portato oltre 311 mila nicaraguensi, salvadoregni e honduregni a lasciare i loro paesi nel primo semestre del 2018, secondo dati ONU.

Gli Stati Uniti, destino e sogno delle carovane migranti, non intendono fare entrare i marciatori senza visto. La Segretaria per la Sicurezza (ministro dell'Interno) Kirstjen Nielsen ha affermato martedì che saranno arrestati ed espulsi tutti coloro che cercheranno di entrare al paese illegalmente. Nielsen ha criticato la decisione di un giudice federale che ha ordinato al governo di accettare le richieste di asilo, indipendentemente dalla provenienza e dal modo in cui i richiedenti entrino negli USA, invalidando il decreto del presidente Trump, ora all'analisi della Corte Costituzionale.

L'idea delle carovane è sorta da un ex deputato dell'Honduras che il 12 ottobre si offrì pubblicamente, per televisione, ad accompagnare un gruppo di migranti fino alla frontiera col Guatemala. Immediatamente partì da San Pedro Sula un primo contingente, inizialmente un gruppo ridotto che si ingrandì cammin facendo, poi un secondo e una terza, da El Salvador, convocata via facebook e whatsapp. “Per noi che lavoriamo in questo ambito, queste cose succedono tutti i giorni, ma individualmente”, commenta Buendía, aggiungendo che “viaggiare in gruppo diminuisce le possibilità di assalti e sequestri ed evita il pagamento di migliaia di dollari ai ‘coyotes’, criminali specializzati in emigrazione clandestina”.

Tanti marciatori hanno parenti negli USA che li aspettano. “La maggioranza può contare, se riuscisse ad entrare, su una rete sociale di salvadoregni che si è andata consolidando negli anni. Ma non manca chi va all'avventura”. Per la Chiesa, la preoccupazione principale è l'assistenza, afferma don Arturo Montelongo, responsabile dell'area Mobilità umana della Conferenza episcopale messicana. “Quando la prima carovana è partita non c'è stato tempo di avvisare la diocesi di Tapachula (Ciudad Hidalgo è la porta di frontiera col Guatemala) dell'arrivo di 3-5 mila persona da assistere”. Una volta raggiunta Città del Messico, lo Stato ha offerto loro come rifugio lo stadio Jesús Martínez Palillo. È stata la Chiesa a mettere in dialogo i sindaci delle città nelle quali i migranti pernottavano con le istituzioni pubbliche a livello statale e federale, insistendo che è lo Stato il primo responsabile di “non ostacolare ma assistere i migranti, e soprattutto i richiedenti asilo, perché alcuni sono rimasti in territorio messicano”.

L'assistenza umanitaria, eccettuando i punti di informazione dell'agenzia ONU per i rifugiati e la Croce Rossa, “è fornita quasi del tutto dalle Chiese, soprattutto da quella Cattolica, che offre anche accompagnamento spirituale con sacerdoti e vescovi che si sono fatti presenti”. "Manifestiamo la preoccupazione della Chiesa affinchè l'integrità e la salute di tutta questa gente in gran necessità sia salvaguardata, nel rispetto dei loro diritti, in spirito evangelico di carità, perchè possano raggiungere una vita degna e con migliori opportunità”, esprime don Montelongo. Dall'Honduras, l'avvocato Ricardo López, responsabile dell'Ufficio di difesa dei migranti della Commissione nazionale dei diritti umani, chiarisce alla Fides che “dal momento della partenza della prima comitiva è stato attivato il protocollo per la difesa dei diritti umani, in coordinamento con gli enti omologhi degli altri paesi interessati”. L'ombudsman honduregno ha visitato le carovane in Guatemala e Messico, chiedendo ai governi l'assicurazione del libero transito e del diritto di asilo, oltre a misure cautelari per la loro protezione internazionale.

 “Chi rimane in Messico - testimonia Buendía, da El Salvador - racconta della solidarietà del popolo messicano, con assistenza alimentare, passaggi per strada ed anche offerte di lavoro o di alloggio”. L'incaricato della Caritas denuncia invece l'operato di alcuni consoli salvadoregni nel sud del Messico: costoro invece di assicurare ai migranti il diritto di asilo per tutti, se lo chiedono anche solo verbalmente, il diritto a non essere deportati, il diritto all'assistenza legale, cercano di convincerli a firmare la deportazione volontaria spaventandoli con la probabilità dell'arresto.

Le pressioni per il ritorno delle carovane prendono varie forme. Circa 6 mila soldati sono stati dispiegati dal governo Trump alla frontiera USA-Messico. “Secondo alcuni media, circa 100 persone sarebbero state sequestrate in Messico, in due camion, ma sebbene una ONG messicana abbia messo a disposizione linee telefoniche e internet per la comunicazione gratuita con i loro parenti, nessuno nei paesi di origine ha denunciato la sparizione”. La Segretaria per la Sicurezza USA ha affermato che sono stati identificati tra i migranti circa 500 “delinquenti”, senza fornire altri dettagli.

A Ciudad Hidalgo, un gruppo di circa 250 salvadoregni appena giunto in territorio messicano è stato condotto dalla Polizia in un centro di detenzione per regolarizzare la situazione migratoria ed eventualmente chiedere asilo o residenza temporanea, ed è stato negato loro il permesso di transito. Considerando le migliaia di richieste di asilo già inoltrate, queste persone “rischiano la detenzione anche per un anno”, denuncia Buendía. Inoltre, chi riuscisse ad entrare negli USA e richiedesse asilo lì, dovrebbe pagare 10.000 dollari per avere diritto alla protezione e gli si applicherebbe una cavigliera elettronica con un raggio di libero movimento di 500 metri, oltre il quale sarebbero avvertite le autorità migratorie. Pratica, questa, che le Ong denunciano come “un chiarissimo abuso”.

La preoccupazione per l'incolumità dei migranti è cresciuta con l'arrivo dei primi a Tijuana, dove si sono verificati episodi isolati di intolleranza, accentuata dalla circolazione di notizie tendenziose da parte di persone interessate a macchiare l'immagine dei migranti, afferma don Montelongo, Scontri con le forze dell'ordine hanno prodotto la morte di una persona. Compatti nella difesa dei diritti e della protezione dei migranti, gli episcopati di Messico e Stati Uniti sono in dialogo costante.

A Nord della frontiera, con la guida del Vescovo di Austin (Texas) Joe S. Vásquez, responsabile della Commissione per la mobilità umana, la Chiesa fa pressione sul Congresso, mentre sono in contatto permanente i vescovi di frontiera di entrambi i paesi.

 “Nell'assemblea della conferenza episcopale messicana recentemente conclusasi - sottolinea don Montelongo - c'è stata la nomina di Mons. José Guadalupe Torres, vescovo di Ciudad Juárez, come responsabile della mobilità umana. Si tratta di un Vescovo di una sede diocesana di frontiera che lavora con il suo omologo Mons. Daniel Flores, di Brownsville (Texas) nelle riunioni dei vescovi Tex-Mex". Nel messaggio al popolo di Dio, i Vescovi messicani segnalano tra l'altro: “Riconosciamo l'azione responsabile di alcune autorità statali e municipali che hanno risposto efficacemente a questa emergenza, ma constatiamo che molte altre hanno lasciato da parte le responsabilità indicate dalla Legge Nazionale di Migrazione. Come società e come Chiesa abbiamo cercato di assistere fraternamente i migranti nel loro passaggio per il nostro territorio, rispondendo alla chiamata di Papa Francesco di accoglierli, proteggerli, promuoverli ed integrarli”.

Last modified on Sunday, 25 November 2018 22:42

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