La formazione integrale del sacerdote

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Lo scopo della formazione iniziale nel sacerdozio

Noi comprendiamo il sacerdozio come un carisma dato dallo Spirito Santo alla Chiesa per l’edificazione del Corpo di Cristo attraverso l’attività pastorale e di evangelizzazione. Sono due gli elementi chiave che, se combinati, possono offrire l’immagine completa di un sacerdote:

1. Le modalità e le forme del suo ministero per l’umanità contemporanea
2. La personalità spirituale interiore del sacerdote.

La formazione iniziale mira a preparare il futuro sacerdote per la sua attività pastorale e di evangelizzazione e a formare la sua personalità interiore in funzione della prima.

Sappiamo bene che le funzioni pastorali e le altre funzioni di leadership nella Chiesa, nonché la credibilità dei leader cristiani nell’attività missionaria, si basano spesso sulla qualità di questi ultimi. Parimenti, i leader spiritualmente immaturi, non qualificati, egoisti o addirittura cattivi che hanno posizioni di responsabilità nella Chiesa, provocano danni irreparabili alla causa di Cristo.

Ecco perché mi concentro sulla formazione spirituale come parte essenziale dello sviluppo dei sacerdoti in quanto persone che sono riconosciute leader cristiani. Anche se una buona reputazione cristiana è sempre stata richiesta ai fedeli (cf. Mt 5, 20; 43-48; Gal 3, 1-13), l’accento posto sull’essere e sulla reputazione è un ‘must’ oggigiorno. Sono infatti convinto che stiamo vivendo un’oscura crisi della leadership. Questo non significa che non ci sia leadership nelle Chiese. Molti leader sono impegnati nel lavoro liturgico e pastorale, nella predicazione e nella ricerca teologica, nel lavoro missionario, in compiti amministrativi, in progetti comunitari come l’assistenza all’infanzia, lo sviluppo delle capacità professionali, la lotta alla povertà e l’assistenza ai malati di AIDS/HIV. Dobbiamo però anche ammettere che la Chiesa ha perso credibilità a causa delle accuse di cui è fatta oggetto per cattiva gestione finanziaria, teologia d’evasione, leadership autoritaria e incompetente, scandali a sfondo sessuale che hanno avuto come protagonisti dei leader cristiani.

Se il cristianesimo deve diventare il sale della terra e la luce delle nazioni, la formazione di leader credibili e spiritualmente maturi costituisce un’area cruciale di permanente ricerca, preghiera, onesta autoriflessione, attento ascolto degli altri, rigorosa attuazione e analisi rinnovata. Dobbiamo chiederci se la Chiesa, i seminari teologici, le facoltà universitarie di teologia hanno la visione adatta a produrre dei leader che vivano una vita di leadership basata sul servizio e impregnata di Dio.

1. Modalità e forme del ministero sacerdotale contemporaneo

Non occorre precisare che ogni servizio della Chiesa è finalizzato alla liberazione e alla salvezza dei popoli. La Chiesa, lo sappiamo, esiste ed è definita dalla missione che Dio le ha affidato. Non si tratta di una missione che può e deve compiere da sola, si tratta invece della missione di Dio. Quindi i contenuti, la forma, le modalità e i tempi di tale missione sono dettati dalla Parola di Dio incarnata in Gesù Cristo, in conformità con le necessità e le aspirazioni delle persone alle quali la Chiesa deve trasmettere il messaggio salvifico di Dio.

Nella comunità cattolica ci sono molti carismi, ovvero doni dati dallo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo, che porta avanti la sua missione messianica attraverso il suo Corpo, che è la Chiesa. Gesù e la sua missione devono essere resi contemporanei per la nostra generazione. È quella che chiamiamo la mediazione storica della Chiesa.

Quindi la salvezza cristiana è integrale, olistica, ci giunge in termini umani e materiali, comprende l’intero fenomeno umano. Non c’è spazio per la discrepanza fra lo spirito e il corpo, il mondo materiale e quello spirituale, fra la vita e il culto religioso. Ecco perché a noi cristiani viene detto di scrutare i segni dei tempi, di andare sempre più in profondità nella storia umana degli uomini e delle donne che vivono accanto a noi, di partecipare, come fratelli e sorelle, allo stesso destino, comune a tutti, e di condividere e risolvere i problemi che affliggono l’intera umanità. Siamo spinti proprio dal compito della missione che ci è stata affidata ad analizzare le tendenze della società in cui la Chiesa è presente come sacramento e strumento di comunione.

2. La situazione del nostro Paese

Il nostro ministero si rivolge prima di tutto agli altri uomini e donne del nostro paese; è qui che Gesù Cristo e il suo messaggio di salvezza devono affrontare le sfide sociali, culturali e religiose.

Con quale situazione ci troviamo a confrontarci?

2.1. Trasformazioni socio-culturali

Penso a quello che hanno detto i rappresentanti della Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche (FABC), dove sta venendo fuori un mondo appena nato. I paesi si stanno sviluppando rapidamente. L’era tecnologica coinvolge anche i paesi in cui la maggioranza della popolazione vive dell’agricoltura e abita nelle zone rurali. Sta avanzando l’urbanizzazione, e con essa si formano nuovi modelli sociali e culturali. Molti valori tradizionali sono a rischio, come i legami familiari di sangue, un certo tipo di fratellanza e solidarietà etnica, i sani valori spirituali e religiosi, quali la fiducia semplice in Dio e nella sua Provvidenza. Al contrario, le persone stanno soffrendo problemi molto gravi: nuove tipologie di povertà, privazioni, solitudine, disperazione, disoccupazione. Insicurezza e pessimismo caratterizzano il clima psicologico dei nostri giorni.

Fra i carismi, c’è quello citato nella Lettera ai Corinti di “governare”, di essere responsabile della comunità, la cui concezione nel tempo si è concretizzata nella categoria biblica del pastore, la cui missione consiste nel coltivare la comunità cristiana, nel diffondere la Buona Novella della salvezza fra tutti i popoli della terra. Deve essere fedele al Vangelo e, allo stesso tempo, sensibile alla storia umana, vale a dire alla vita, alle aspirazioni, alle angosce di tutti i suoi concittadini.

2.2. Il Concilio Vaticano II

Il Concilio Vaticano II ha realizzato una profonda riflessione sul mistero cristiano. Questi punti sono i due punti nodali: 1) il Cristocentrismo; 2) l’orientamento missionario.

Vorrei solo accennare le idee fondamentali.

Cristo è la luce del mondo. La Chiesa è illuminata da Cristo. Non esiste da se stessa e per se stessa, ma dipende totalmente da Cristo per la sua esistenza e la sua missione. Essa è l’organismo vivente di Cristo ed è il sacramento vivente della sua persona e della sua missione. Non ha una propria missione da compiere. Non ha una propria esistenza.

La Chiesa è per il mondo. Di sicuro è stata scelta per essere la stirpe santa, sacerdozio regale. Ogni scelta è in funzione dell’umanità. Tutta la Chiesa deve essere missionaria per natura. La Chiesa esiste e agisce per la piena redenzione dell’umanità. È una Chiesa ministeriale. I carismi e le istituzioni sono per la comunità cristiana e per l’intera umanità.

In quanto Chiesa che serve, non è al di sopra dell’umanità, non esercita alcun potere; non è al di fuori di questo mondo. Al contrario, offre umilmente il suo servizio a tutti, specialmente ai poveri e agli emarginati. Certamente, è un’esperta in umanità, ma ancor più un’umile serva di quest’ultima.

Tutti i carismi e le istituzioni ecclesiastiche debbono seguire la linea messianica. Fra i carismi, di cui troviamo un elenco nella prima Lettera di San Paolo ai Corinti, c’è quello di governare. Coloro che hanno la responsabilità di presiedere la comunità sono chiamati pastori, sull’esempio del Pastore Supremo, Gesù Cristo, che ha dato la sua vita per il gregge. I vescovi e i sacerdoti, i loro collaboratori, debbono essere plasmati su Cristo. Devono avere la forma di Cristo. La loro vita, la loro spiritualità, le loro motivazioni, la loro natura debbono essere caratterizzati dallo Spirito di Cristo, il Supremo Pastore delle nostre anime.

Secondo il Vaticano II, i pastori debbono essere evangelizzatori. Questo significa che debbono scendere sempre più nel profondo della vita dell’uomo, condividere con lui i problemi esistenziali e collocare il seme del Regno di Dio nella società, che è lontana da Dio e oppressa dal male. Significa che i pastori stessi sono inviati a predicare la Buona Novella ai poveri, che stanno aspettando la venuta di Dio. Il pastore non solo si occupa del suo gregge, ma vive, lavora e soffre, addirittura muore per l’umanità. Questa vocazione richiede una formazione specifica, in cui la preparazione umana, culturale, spirituale e ministeriale è non solo necessaria, ma deve essere integrata: il ministero sacerdotale deve essere fondato sulla solida struttura di una personalità unificata.

3. Cosa percepiamo come formazione integrale:

Cosa intendiamo per formazione integrale:
Significa che tutti gli aspetti e le dimensioni (umana, culturale, spirituale, pastorale) della formazione sacerdotale devono convergere per formare l’uomo di Dio, come sottolinea la FABC, in funzione del servizio alla comunità cristiana e al mondo. Tutti gli aspetti della personalità sono importanti e devono essere coltivati con lo stesso impegno, poiché i pastori sono pienamente uomini, immersi nella storia dei loro fratelli e sorelle, che vogliono servire al fine di ottenere la piena liberazione e redenzione. Sappiamo che, fino a poco tempo fa, la formazione iniziale metteva l’accento quasi esclusivamente sulla formazione spirituale, trascurando l’aspetto umano della personalità, nella convinzione che la preghiera, la meditazione e i sacramenti fossero mezzi per sconfiggere anche i lati oscuri del comportamento umano. Era soltanto una conseguenza diretta di un’antropologia cristiana distorta, secondo cui non c’è solo una distinzione, ma una vera e propria separazione fra materia e spirito, corpo e anima, nel disprezzo e nel rifiuto di tutta la realtà materiale. C’era e si viveva, in pratica, una sorta di schizofrenia, una personalità divisa nel singolo soggetto. Ora ci rendiamo conto di tutte le conseguenze. Talvolta, sacerdoti che hanno una solida spiritualità, trovano molta difficoltà a comunicare e relazionarsi con gli altri. Possono essere santi, ma sono inavvicinabili. I sacerdoti che portano ancora le conseguenze delle loro ferite psicologiche passate; i pastori che, invece di coltivare il proprio gregge lo dominano, incapaci come sono di relazioni umane, di dialogo, di amicizia; nei peggiori dei casi, vediamo sacerdoti che sviluppano in modo progressivo un’avidità per il denaro, interessati agli affari propri e della loro famiglia; quelli che vivono una doppia vita.

I sacerdoti che diventano alcolizzati, perché si sentono frustrati e soli. Non li condanniamo, ma dobbiamo analizzare le cause di questa situazione drammatica. Potremmo concludere che tale comportamento inappropriato è dovuto alla mancanza di una formazione umana. Al contrario, ci sono sacerdoti che perdono le motivazioni vocazionali del loro ministero pochi anni dopo la loro ordinazione sacerdotale. Diventano dei manager: bravi nell'organizzare attività pastorali, nell'aiutare le persone, ma sembrano senza vita; sono operatori sociali piuttosto che sacramenti viventi del sacerdozio di Cristo. La preghiera, la meditazione, la celebrazione della liturgia delle ore, la stessa celebrazione eucaristica, quando non sono richieste dai parrocchiani, sono tralasciate. È soltanto una vita materiale, fino al punto di mettere da parte la stessa credenza in Dio, di cui sono i ministri.

Ecco perché, oggi, dobbiamo fare sintesi: l'unica sintesi possibile può essere compiuta dal soggetto stesso. Il seminario deve considerare tutti gli aspetti che concorrono a formare una solida personalità. Abbiamo decisamente bisogno di un progetto di formazione a 360 gradi per il nostro tempo.

4. Analisi della situazione attuale

Per quanto ne so, la situazione attuale della formazione e del seminario ha bisogno di essere rivista e rinnovata. Andava bene per il passato, quando i cambiamenti culturali, economici e religiosi non avevano un impatto tanto forte sulla società e sulla cultura. I metodi tradizionali di formazione funzionavano, e formavano sacerdoti nella santità, che compivano opere meravigliose nella vigna del Signore. Tuttavia la società sta attraversando un processo di modernizzazione. Il contatto con i differenti modelli sociali e culturali, tramite i mezzi di comunicazione sociale di massa, la globalizzazione economica, la possibilità di viaggiare e visitare altri paesi stanno progressivamente inducendo una nuova mentalità e cambiando la visione complessiva della vita. La secolarizzazione, il pragmatismo, l'edonismo e una visione materialistica stanno prendendo il posto dei valori spirituali tradizionali. C'è un nuovo gusto della libertà. C'è un disperato bisogno di un ruolo partecipativo nel costruire la società e la Chiesa. In questo delicato passaggio culturale, ci si sente persi, specialmente i più giovani, che stanno perdendo il loro patrimonio culturale e sentono la mancanza di valori veri e autentici per cui vivere. Questa situazione colpisce anche coloro che dovrebbero essere stati formati come leader delle comunità cristiane e dei gruppi sociali per essere sacramenti del sacerdozio di Cristo e servire l'umanità, uomini di Dio al servizio dei loro fratelli e delle loro sorelle, i quali vogliono predicare e dare testimonianza della Buona Novella della liberazione integrale.

Di conseguenza, debbono essere veri uomini e autentici testimoni di Gesù Cristo, il Salvatore.

Questo può essere realizzato solo considerando il soggetto della formazione, il seminarista, come un'unità in cui la distinzione fra corpo e anima, fra materiale e spirituale, fra naturale e soprannaturale non diventa separazione, bensì elemento costitutivo dell'unico soggetto, che è la persona umana. Ogni tipo e ogni forma di dualismo, che potrebbe dare come risultato una persona divisa, non appartiene all’antropologia cristiana.
Quando parliamo specificamente della formazione umana, della formazione culturale e della formazione spirituale, lo facciamo per un'esigenza di chiarezza, non come se fossero tre settori separati. Abbiamo bisogno di una personalità unificata.

5. Crescita umana, culturale e spirituale

Ci si aspetta dai sacerdoti che siano esperti in umanità. Debbono essere veramente e autenticamente umani. Ecco perché i programmi di formazione ad ogni livello debbono includere una crescita progressiva verso una maturità umana che deve essere integrale e realizzata secondo l’età e lo sviluppo psicologico dell'individuo.

Prima di tutto, la formazione deve mirare a sviluppare negli studenti la capacità di compiere una scelta libera e autentica, attraverso una crescita emozionale, sociale e spirituale. È importante considerare la persona nella sua totalità, aperta al futuro in relazione con se stesso, con il mondo e con Dio. Per questo, la collaborazione della comunità e il coinvolgimento dell'ambiente sociale ed ecclesiale dello studente sono necessari. “L'ambiente della formazione deve essere aperto alla realtà dei seminaristi, al mondo dei giovani, alla vita della Chiesa e ai problemi del nostro tempo” (RF 21).

Uno degli obiettivi principali della formazione umana è la "capacità di compiere una scelta libera e autentica". Senza libertà di scelta, non ci può essere alcun processo di formazione, non ci può essere alcuna formazione integrale. A dire la verità, penso che questo punto sia il più delicato. La formazione non può essere realizzata attraverso una severa disciplina o attraverso l'obbedienza alle regole, ma solo attraverso il dialogo. La formazione è sempre dialogica. Il dialogo implica libertà, ricerca, stima, conoscenza e comprensione reciproca tra i formatori e i seminaristi. Da questo punto di vista, l’attuale situazione potrebbe richiedere un cambiamento.

Prima di tutto, c'è un'assoluta necessità di un profondo discernimento vocazionale, che è una conditio sine qua non di ogni processo di formazione. Finora, non esisteva tale compito da realizzare. I giovani venivano mandati nel seminario minore senza alcuna selezione preliminare riguardo alle loro motivazioni vocazionali. Bastava che fossero dei bravi ragazzi, studiosi e obbedienti nei confronti dei superiori. Tuttavia, raramente erano consapevoli del significato interiore della vita umana e cristiana, delle implicazioni e persino delle motivazioni implicite della vocazione sacerdotale, nonché della missione a cui erano chiamati. Questa prassi adesso non può andare avanti in questo modo. Queste azioni preliminari non possono mancare.

La formazione, quindi, deve portare i seminaristi ad acquisire:

• un'autentica immagine di sé, accompagnata dalla capacità di riconoscere i propri punti di forza e di debolezza
• stabilità emozionale; capacità di comprendere e controllare i propri sentimenti
• maturità affettiva; la capacità di darsi veramente e totalmente agli altri; una disciplina nei confronti della propria sessualità, che presuppone una maturità a livello dell’attrazione genitale e psicosessuale, la capacità di andare oltre il livello fisico, inclusa la conoscenza e la stima dell'altro
• una visione sicura e critica del mondo e dell'umanità
• una concezione unificante della vita, che renda la persona in grado di vedere la finalità delle proprie attività, di dare un ordine di priorità ai diversi valori e di mantenere rapporti sereni con gli altri
• la capacità di essere onesti con se stessi

Si tratta di un lungo processo, in cui sia il formatore che il seminarista sono coinvolti. Tutto ciò presuppone necessariamente che la formazione diventi un dialogo permanente sincero e onesto fra i due. Quello che è assolutamente necessario è la relazione personale reciproca fra formatori e seminaristi. Formatori e seminaristi non possono essere due entità separate, che vivono la propria vita ognuno per conto proprio. Devono formare un'unica comunità, debbono condividere preghiera, pasti, tempo libero; debbono creare e avere gli stessi interessi. Devono formare un unico corpo.

6. Il ruolo dell'équipe di formazione

I formatori svolgono un ruolo importante e decisivo nella crescita umana e spirituale dei seminaristi. Il modo in cui svolgono il loro ruolo deve cambiare, altrimenti è completamente inutile riflettere sulla formazione integrale.

Prima di tutto, il seminario deve essere inteso come una comunità di formazione, che deve vivere il mistero della comunione. Tale comunità è guidata da un’équipe di formatori i quali, pur con ruoli differenti, sono co-responsabili della formazione. Debbono collaborare in modo sincero, e soprattutto pregare, tanto fra loro quanto con gli studenti, al fine di testimoniare che non è possibile vivere in modo veramente fraterno se non siamo uniti nel Padre. Di conseguenza, ogni membro dell’équipe di formazione deve:

• riflettere sugli aspetti fondamentali della formazione
• mantenersi costantemente informato sui seminaristi, eccetto in quelle aree coperte dalla direzione spirituale
• mettere a disposizione degli altri i suoi doni umani e la sua spiritualità, dando testimonianza attraverso l'esercizio del suo ministero sacerdotale

In secondo luogo, una comunità grande (100-200 seminaristi) non è capace di mettere in atto questo processo dialogico di formazione. Tuttavia, la forma tradizionale di formazione non funziona più. Nei limiti del possibile, la formazione nei seminari dei paesi dell'Asia dovrebbe privilegiare la prassi orientale, basata sulla relazione personale fra il guru e il discepolo, attraverso la condivisione totale della loro vita. In questo contesto, non ci si aspetta che i formatori siano i guardiani dei loro discepoli, esercitando una specie di autorità e di potere, controllando il loro comportamento. Al contrario dovrebbero essere come dei fratelli maggiori i quali, per la loro età e per la loro esperienza umana e spirituale, sono compagni di viaggio dei loro fratelli più giovani. Dovrebbero fare da modelli, forma e aiuto dei loro discepoli. Coloro che sono stati affidati alla loro cura sono esseri umani, sono persone. La formazione non può essere generale, anonima, deve invece rivolgersi in modo personale a ognuno dei vostri seminaristi. Tutto ciò implica dei cambiamenti pratici nella vita e nelle attività della comunità.

• I seminaristi di ogni corso dovrebbero essere guidati da un formatore che vive con loro, e insieme ai seminaristi dovrebbe studiare e stabilire gli obiettivi adeguati della formazione e, di conseguenza, il programma della loro vita in seminario. La preghiera, la meditazione, la celebrazione liturgica, le revisioni di vita periodiche, i colloqui con i superiori e con il direttore spirituale e alcune iniziative speciali daranno vita a un clima di fiducia reciproca e di famiglia, e soltanto in un simile clima il processo di formazione risulterà possibile e potrà aiutare i seminaristi a crescere nella loro maturità umana e spirituale.

• In vista di ciò, bisognerà prevedere differenti programmi di formazione secondo la crescita evolutiva dei seminaristi, fra i differenti seminari e all'interno della stessa comunità di formazione.

7. Seminario pre-teologico

Il programma di formazione deve includere:

Una crescita progressiva verso una maturità umana, che dovrà essere integrale e realizzata secondo l'età e lo sviluppo psicologico dell'individuo.

Una progressiva crescita nella fede, nell'ambito della quale si possano sviluppare le motivazioni di una scelta per il sacerdozio, in quanto risposta incondizionata a Dio, al servizio dei propri fratelli e sorelle.

Un sano discernimento vocazionale.

Gli studenti dovrebbero avere l'opportunità di studiare e approfondire la conoscenza delle problematiche essenziali riguardanti la crescita umana, con l'aiuto di esperti in psicologia, pedagogia e antropologia, al fine di promuovere una crescita emozionale e umana armonica. Anche l'educazione ai mass media è importante.

La formazione spirituale deve spingere la formazione "umana e culturale" all'interno della sfera della motivazione cristiana. Durante questa fase evolutiva, è essenziale portare gli studenti verso una maggiore consapevolezza di se stessi e un'interiorizzazione dei valori cristiani fondamentali percepiti in senso esistenziale, attraverso un dialogo permanente e personale, specialmente con il direttore spirituale.

Il fine che si prefigge il seminario pre-teologico è di coltivare negli studenti, attraverso un'appropriata metodologia catechetica e pedagogica, una mentalità comune per quanto concerne il processo di formazione, i suoi valori e le sue dinamiche, le motivazioni esplicite del sacerdozio, le esigenze della vita del seminario e la necessità di affidarsi all'aiuto dei formatori. Tutto questo esige assolutamente fiducia e confidenza reciproche.

8. Periodo di studi di filosofia

Le finalità del programma di formazione devono essere perseguite facendo ricorso a:

Il coraggio di compiere una scelta libera ed evangelica.

La scelta del celibato, che deve essere il frutto di una sufficiente maturità emozionale, e conseguenza di una libertà psicologica sia interna che esterna. Questo, quindi, richiede un’adeguata educazione alla sessualità, affrontando con serenità tutte le problematiche che possono emergere. I seminaristi, attraverso i contatti con i gruppi e le differenti aree dell'apostolato sociale, seguendo l'esempio di Cristo, sono portati a manifestare un amore caratterizzato da un rapporto personale sincero, umano, fraterno e dal dono di sé verso tutti indistintamente e ognuno individualmente, specialmente verso i poveri e i sofferenti e verso i loro compagni.

Il seminario, se possibile, dovrebbe ricorrere a uno psicologo per assistere i seminaristi nella loro formazione umana. Lo psicologo può rappresentare un aiuto efficace per loro nella loro crescente autoconsapevolezza, che costituisce la base di qualunque autentica spiritualità.

Una formazione intellettuale che fornisca ai seminaristi una visione equilibrata della realtà attraverso la quale possano realizzare il loro scopo nella vita, nonché un’introduzione sistematica e basata sulla riflessione al mistero di Cristo, della Chiesa e della sua missione.

La vita di Dio dentro di noi, sperimentata attraverso la Parola e i sacramenti; i sacramenti della riconciliazione e dell'Eucaristia devono diventare la fonte costante e regolare di sostentamento che porta a maturità la vita personale e comunitaria degli studenti.

Vivere la propria scelta vocazionale attraverso la pratica dei consigli evangelici, nel desiderio di mettersi al servizio del Regno, nell'opzione preferenziale per i poveri e gli emarginati, nella consapevolezza e nel senso di appartenenza alla comunità cristiana e al presbiterio.

9. Periodo di studi di teologia

A questo livello, la maturità umana dovrebbe raggiungere un equilibrio psico-emozionale, con un'apertura di mente e di cuore per essere una persona di dialogo, generosa, innamorata del suo futuro ministero, sensibile ai bisogni degli altri, pienamente capace di assumersi le proprie responsabilità a livello personale e in totale autonomia.

La vita cristiana dovrebbe raggiungere la sua pienezza nella carità.; questo, tuttavia, risulta vero soltanto se trova il suo riferimento in Cristo. La sfida primaria del lavoro pastorale e dell'evangelizzazione, nelle nostre condizioni, consiste nell’essere autentici testimoni di Cristo e del cristianesimo. Siamo chiamati ad essere un segno visibile e tangibile dell'amore di Cristo per tutti. Ecco perché i candidati al sacerdozio debbono costruire la loro vita su questi fondamenti, in particolare:

- cercando, discernendo e accettando la volontà di Dio, restando soggetti alla comunità che è guidata dalla gerarchia
- costante riferimento e fiducia nella Parola di Dio
- preghiera contemplativa
- preghiera personale, comunitaria e liturgica
- condivisione fraterna delle esperienze e revisione di vita
- l'Eucaristia come centro della giornata e della vita
- ricorso al sacramento della riconciliazione e alla direzione spirituale

Dal punto di vista culturale, lo studio della teologia deve promuovere l'apertura progressiva delle menti dei seminaristi al mistero di Cristo, che permea l'intera storia dell'umanità, continua ad agire nella Chiesa e opera principalmente attraverso il ministero sacerdotale. Lo studio della teologia deve permeare l'intera persona e tutte le sue facoltà con la fede, poiché la rivelazione divina non può essere conosciuta senza un'intelligenza che crede e ama, che – a sua volta - è il risultato dello sviluppo di una vita teologica.

Formazione spirituale

La spiritualità cristiana è una spiritualità incarnata perché prende sul serio il corpo umano e la realtà sociale, superando in tal modo il precedente dualismo tra la dimensione fisica e quella spirituale. Riguarda il fatto che nella vita umana sono state infuse la salvezza e l'amore di Dio, che poco per volta portano alla trasformazione personale e all'amore pratico per la creazione e per il prossimo. È radicata in un incontro permanente con Dio che, a sua volta, esercita un profondo impatto sulla coscienza degli individui e sul modo in cui essi vivono la propria vita e influenzano il proprio contesto.

Si tratta, in primo luogo e principalmente, di un’azione di Dio. È lo Spirito Santo che attira i credenti in modo più profondo nella vita spirituale; sono la presenza di Dio, il suo amore e la sua gioia che rinnovano i discepoli. Da un punto di vista umano, la formazione spirituale avviene quando le persone entrano coscientemente e volontariamente in un processo di iniziazione avviato da Dio stesso, al fine di diventare come Cristo. Si tratta di un viaggio o pellegrinaggio interiore verso Dio e verso il nostro vero io, un viaggio condiviso e un viaggio che punta lontano (nella missione e nel servizio al mondo). Questa formazione è unica, perché cambiano le circostanze culturali, e le azioni di Cristo hanno bisogno di essere interpretate e imitate in modo diverso nei nuovi contesti. La formazione spirituale è una formazione personale e relazionale; porta alla maturità del carattere e rende capaci di persone di entrare in un rapporto significativo e sano con Dio, con le altre persone e con la creazione del suo insieme. Riguarda l'integrazione fra fede e vita.

• La formazione spirituale genera una visione più ampia e un impegno approfondito nel proprio contesto di vita.

• Visione vivente: la Chiesa e il sacerdote devono diventare se stessi. Questo può essere vero soltanto se i leader cristiani sperimentano in modo autentico il rapporto con Dio e diventano più profondamente radicati nell'amore di Dio. Se i leader cristiani non gustano e vivono la realtà della presenza e dell'amore di Dio, non avranno alcun contributo da offrire al mondo. Tutti i ministeri, i gesti di servizio, di conoscenza, di lotta sociale e di culto debbono scaturire dalla realtà dell'amore di Dio. La nostra teologia, tuttavia, sembra che sia stata colpita da una forma di sterile intellettualismo, in cui il parlare di Dio ha sostituito il fare l'esperienza di Dio. Qualcuno ha sostenuto che, da quando la teologia ha cominciato a essere scritta e stampata, ha iniziato a diventare tendenzialmente più concettuale. Il pensiero teologico è diventato sempre più distante dalla teologia del cuore. Tale approccio cerebrale e apertamente razionale nei confronti della teologia ha avuto come conseguenza che l'esperienza umana, l'emozione, la volontà, l'immaginazione e la contemplazione sono state sempre più sottovalutate o scartate. Questo approccio discorsivo e deduttivo della teologia ignora o esclude la conoscenza derivante dall'esperienza intuitiva, dall’illuminazione o dalla rivelazione. Le Chiese che sono iper- intellettuali devono ricordarsi che gli esseri umani sono spiriti incarnati; di conseguenza, nella liturgia, la dimensione simbolica e quella rituale sono importanti. Dobbiamo riscoprire la spiritualità contemplativa in funzione del ministero cristiano. Questa riscoperta del bisogno di fare l’esperienza di Dio equivale alla possibilità di una "nuova integrazione per le varie branche della teologia nel suo insieme (…) Tale approccio potrebbe rispondere al grido dei ministri e dei pastori che hanno fame e sete di spiritualità e che non possono più essere sostenuti soltanto dai sistemi teologici”.

• Aprire la porta della verità al proprio io

Overcoming the Dark Side of Leadership: The Paradox of Personal Dysfunction (Andare oltre il lato oscuro della leadership: il paradosso della disfunzione personale) (Gary McIntosh e Samuel Rima). Un leader cristiano che è psicologicamente ferito, poco equilibrato o immaturo, oppure che non ha intenzione di pentirsi dei peccati e progressivamente abbandonarli, costituisce un pericolo per se stesso e per gli altri. La formazione spirituale deve essere integrata e completata dal lavoro degli psicologi. Centinaia di anni prima che la psicologia diventasse un campo di studio, direttori spirituali come Teresa d'Avila e San Giovanni della Croce affermavano che la conoscenza di se stessi è fondamentale per la vita spirituale.

• Discernere il bene e male e riflettere sulla propria chiamata

Il discernimento, la formazione e la direzione sono estremamente importanti. Per questo bisogna iniziare un processo di direzione spirituale, in cui si possa essere guidati dallo Spirito Santo e da un fratello più maturo e perspicace per scoprire la propria vera identità e la propria chiamata, i propri desideri più profondi. Questo deve essere radicato nella tradizione cristiana, nella vita della Chiesa locale e nella sollecitudine di Dio per la santità e la giustizia sociale.

10. Un pensiero concernente i problemi pratici

Quello che è stato detto finora potrebbe suonare piuttosto teorico e deve essere contestualizzato in una situazione specifica. Vorrei perciò sottolineare alcuni fattori che considero rilevanti per la metodologia e le attività di formazione.

10.1. I seminaristi specie in paesi in via di sviluppo

La maggioranza di loro viene dalle aree rurali, dove erano abituati a una vita molto sobria e semplice, con un proprio linguaggio e, in quanto minoranza, molto spesso discriminati dalla cultura e dalla religione egemoniche. In alcuni paesi hanno sperimentato - o almeno sono venuti a conoscenza - anche di minacce, violenze e persecuzioni latenti perpetrate contro la loro comunità umana e religiosa. È presente talvolta un senso di frustrazione e di vendetta. Sperimentano un complesso di minoranza. Si sentono feriti nella propria intimità. Entrare in seminario equivale quasi a sottoporsi a un trapianto, ma le ferite sono ancora lì, non vengono automaticamente sanate.

Inoltre, debbono imparare un nuovo modo di comportarsi, di pensare, di sentire, di parlare. Se riescono ad essere ammessi al seminario, hanno poi paura di essere mandati via. Ecco perché cercano di osservare nel migliore dei modi le regole e i regolamenti, non perché siano consapevoli del loro valore, ma perché hanno paura.

Obbediscono, ma non si fidano di nessuno. Sappiamo la ragione di ciò. Raramente metteranno in discussione gli ordini del personale, preferiscono rimanere zitti e non fare obiezioni. Ecco perché anche la direzione spirituale risulta così difficile per loro. Ne consegue una vera e propria falsità, che voglio considerare una forma di autodifesa. Tengono per sé i propri problemi e difficoltà, che rimangono irrisolti. Questo atteggiamento può durare per tutti gli anni della formazione.

Penso che una situazione come questa non rappresenti un buon punto di partenza per qualunque processo di formazione. Costituisce un ostacolo rispetto alla loro possibilità di assimilare i valori umani spirituali che offriamo loro. E arriviamo a quella che abbiamo definito con il termine di ‘formazione umana’.

Prima di tutto, i formatori debbono guadagnarsi la fiducia e la confidenza dei seminaristi, creando un clima in cui si sentano a loro agio, tranquilli, liberi dalla paura e da altri tipi di condizionamenti. Questo sarà l'unico modo di riuscire a conoscerli e accompagnarli nel loro cammino verso un processo di maturità umana. È l'unico modo di avviare un dialogo amichevole.

10.2. Discernimento vocazionale

Coloro che entrano in seminario possono avere motivazioni vocazionali autentiche, anche se implicite e generiche. Tuttavia, per tutta una serie di ragioni, a motivo della difficile situazione del paese, ad alcuni piace l'idea di diventare sacerdoti per altri scopi, che non hanno niente a che fare con la consacrazione e il ministero sacerdotale. Si tratta di una questione delicata, che rappresenta un requisito fondamentale per qualunque processo di formazione.

Un processo di formazione consiste essenzialmente nell'aiutare coloro che hanno motivazioni generiche ad approfondire la conoscenza di se stessi, della loro identità umana, delle molte modalità di impegno al servizio della Chiesa, della natura e delle implicazioni del sacerdozio. Qui l'intera persona costituisce l'oggetto della nostra attenzione, della nostra sensibilità nell’affrontare tutti gli aspetti dei seminaristi (umani, spirituali, cristiani, vocazionali).

Coloro che sono entrati in seminario indubbiamente con degli obiettivi non autentici dovrebbero essere invitati a lasciare il seminario, poiché la struttura formativa non è adatta per loro, per costruire la loro personalità umana e cristiana.

Si deve trovare la maniera e il mezzo per un discernimento razionale della vocazione. Il come, il quando e il dove possono rappresentare altrettanti contenuti per i lavori di gruppo.

10.3. Un tocco di antropologia

Per far crescere i vostri seminaristi in termini di maturità umana e spirituale è necessario prendere nella dovuta considerazione il loro retroterra sociale, culturale e spirituale. La formazione sacerdotale non può ignorare né distruggere la storia umana degli individui e della società da cui provengono e in cui vivono. Nell'era della globalizzazione economica, culturale e religiosa, la tentazione di far propri i modelli culturali occidentali è forte. Questi non possono essere accolti in modo acritico. In questo caso, la formazione non sarebbe altro che un'imposizione di valori, e dubito che potrebbero essere trasmessi e assimilati. Questo non farebbe altro che creare personalità distorte.

Si deve insistere sui valori genuini della cultura propria, che debbono essere coniugati con il mistero cristiano e con i requisiti della personalità e del ministero sacerdotale. Bisogna conoscere e accettare le radici culturali e spirituali. Questo vale non soltanto per la crescita umana, ma anche per l'intera intelligibilità del mistero cristiano, per la formazione teologica, per la sensibilità spirituale dei nostri studenti.

10.4. Che tipo di sacerdote per i nostri tempi?

Si tratta di una domanda consequenziale che ci dobbiamo porre. Potremo trovare tutta la filosofia della formazione sacerdotale nei documenti ufficiali della Chiesa. Essi rappresentano le linee guida necessarie per tutte le strutture formative. Sono universali. Però debbono essere contestualizzati, poiché la missione universale della Chiesa deve essere realizzata in termini storici. I sacerdoti solo coloro che presiedono le comunità cristiane, che le guidano a vivere e testimoniare il Vangelo agli occhi dei loro concittadini. Devono essere incarnati nella loro situazione: il Vangelo e la comunità cristiana condividono lo stesso destino della loro società. Lì debbono spargere il seme del Regno di Dio. Non possono essere estranei al loro stesso ambiente. Hanno bisogno di una formazione specifica per questo fine.

Abbiamo bisogno di riflettere sulle sfide con cui ogni chiesa locale si deve confrontare, di valutare quale immagine o modello della Chiesa deve fare proprio, quale tipo di ministero è chiamata a realizzare. Partendo da questo, Ogni chiesa locale dovrà preparare anche un direttore della formazione adatto per i suoi ministri ordinati.

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