DIALOGO INTERRELIGIOSO CON GLI YANOMAMI *

Category: Missione Oggi
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Sommario:


A. Dialogo come mezzo filosofico, letterario e teologico per conoscere la realtà


B. Dialogo Interreligioso per capire, rispettare e apprezzare la diversità religiosa

1. Dialogo e Diversità

2. Spiritualità e Adattamento Religioso

3. Dialogo Interreligioso con gli Yanomami

4. Storia Recente degli Yanomami

5. Gli Yanomami e l’Evangelizzazione

6. Sfide per Missionari e Yanomami

 

A. Dialogo come mezzo filosofico, letterario e teologico per conoscere la realtà

Dialogo deriva dal greco: dia-legein, conversazione. Dialogo è principalmente uno scambio di idee e opinioni su un particolare argomento politico, filosofico e religioso con la finalità di giungere ad un accordo amichevole. Il dialogo può anche essere inteso come mezzo di comunicazione tra esseri viventi con lo scopo di scambiare informazioni, fare cambiamenti e adattamenti all’ambiente.

Platone (c. 437 B.C. – c. 347 B.C.) ha introdotto l'uso sistematico del dialogo come forma letteraria. Nel corso degli anni lo ha semplificato e ridotto a pura conversazione. Dall’anno 400 in poi Platone perfezionò il dialogo, specialmente nel ciclo direttamente ispirato dalla morte di Socrate. Platone è considerato un maestro del genere. Dopo Platone, il dialogo è diventato un importante genere letterario dell'antichità. Diverse opere sono state scritte sul dialogo sia in latino che in greco. Il dialogo è stato spesso utilizzato da scrittori cristiani, come Giustino, Origene e Agostino. Particolarmente degno di nota è il dialogo di BoezioSulla consolazione della filosofia". Questo genere è sopravvissuto fino al periodo scolastico. Nel secolo XII, Pietro Abelardo compose il "Dialogo con un ebreo, un cristiano e un filosofo”. Più tardi, a seguito dell'influenza potente degli scritti di San Bonaventura e San Tommaso d'Aquino, la tradizione scolastica adottò il genere più formale e conciso della summa, che venne a sostituire il dialogo come forma di discussione filosofica.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) pose un'enfasi sul dialogo con il mondo. La maggior parte dei documenti conciliari incoraggiano Cristiani e Non-Cristiani a cimentarsi nel dialogo: dialogo con le altre religioni (Nostra Aetate), dialogo con cristiani non-cattolici (Unitatis Redintegratio), dialogo con la società moderna (Gaudium et Spes) e dialogo con le autorità politiche (Dignitatis Humanae).

*Questo documento è stato rivisto e corretto da Francesca Bigoni e Roscoe Stanyon, dell’Università di Firenze, Dipartimento di Biologia Evoluzionista, Laboratori di Antropologia, Via del Proconsolo, 12, 50122 Firenze, Italia. Li ringrazio per aver corretto, snellito e suggerito approfondimenti al testo originale.

B. Dialogo Interreligioso per capire, rispettare e apprezzare la diversità religiosa



1. Dialogo e Diversità

La teoria evolutiva è attualmente la migliore spiegazione biologica, genetica e logica dell’inizio e dello sviluppo della vita sul pianeta terra. Variazioni di DNA, modificazioni genetiche, adattamenti ambientali, eredità sono i mezzi usati dal processo evolutivo per creare un'enorme varietà di specie viventi ed estinte. Non è possibile immaginare il pianeta terra senza la presenza di miliardi di speci differenti di batteri, virus, piante, insetti e animali che durante milioni e milioni di anni si sono adattati ai diversi ambienti! Ogni essere vivente è aperto alla diversità. Diversità è sinonimo di vita. Tutto ciò che possiede una struttura logica (genetica, musica, poesia, pittura, architettura, ingegneria, informatica, lingua, religione, ecc.) è necessariamente aperto alla diversità. Un mondo con una sola specie di batteri, virus, insetti, vegetali, piante, animali è impensabile! Il mondo attuale ha quasi 7 miliardi di persone è impossibile che tutti appartengano ad un solo sistema culturale; cantino, dipingano e danzino in un solo stile; parlino una sola lingua e credano in una sola religione. La vita esiste a causa della diversità e la diversità ha bisogno del dialogo per interagire, espandere ed evolvere. La diversità è figlia del dialogo! Senza dialogo non c’è diversità. Senza dialogo non c’è vita. Ogni struttura biologica (pianta, animale, DNA-RNA, ecc.) e ogni struttura logica (matematica, geometria, lingua, religione, ecc.) ha bisogno del dialogo per sussistere e diversificare. Il dialogo è essenziale per l’interazione degli esseri viventi, per il loro adattamento all’ambiente in continua mutazione e per passare geni e sistemi culturali alle prossime generazioni.

Fu il processo evolutivo a causare l'incredibile sviluppo di vita sul pianeta terra e la sua diversificazione mediante la modificazione di tratti genetici, fenotipi, strutture sociali, sistemi culturali, vita intellettuale e spirituale. Il dialogo può essere meglio compreso attraverso la dinamica del processo evolutivo: adattamento, eredità e modifica. C'è dialogo tra materia ed esseri viventi, c'è dialogo all'interno delle speci, c’è dialogo dentro ogni essere vivente.

Così come sul pianeta terra si è generata un'incredibile varietà di speci estinte ed esistenti, si è sviluppata anche un'enorme varietà di sistemi culturali, comportamenti, lingue, religioni e spiritualità. I sistemi culturali estinti e quelli esistenti sono il risultato dell'adattamento dell'uomo ai cambiamenti ambientali e agli “incontri-scontri" con altri sistemi culturali. Ci sarà sempre un'enorme varietà di sistemi culturali sul pianeta terra, e ci sarà sempre una grande varietà di spiritualità e religioni.

Raimundo Panikkar --il teologo morto il 21 agosto 2010, vicino a Barcellona (Spagna) — definì il pluralismo religioso come "consapevolezza dell'irriducibilità e della incommensurabilità dei vari sistemi religiosi, filosofici e culturali. Non bisogna ridurre la realtà ad un unico sistema perchè non esiste un super-sistema che dia conto di tutta la realtà e non ce n’è bisogno". ("Al limite: il lungo viaggio teologico di Raimundo Panikkar". Analisi dell’opera letteraria di Raimundo Panikkar fatta da James L. Fredericks in "Commonweal", 19/11/ 2010).

Il cardinale Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, scrisse che "il dialogo interreligioso è l'incontro di persone con fedi diverse in un'atmosfera di libertà e apertura per cercare di capire gli uni gli altri con la speranza di poter vivere e lavorare insieme.” Questa definizione del cardinale Francis Arinze è una delle migliori che ho trovato.

Nelle pagine seguenti sintetizzo il lungo viaggio del genere "Homo", tento di stabilire una distinzione tra religione e spiritualità e descrivo come i missionari contattano ed interagiscono con le popolazioni autoctone Yanomami dei fiumi Negro (Nord Brasile), Orinoco (Sud Venezuela) e i loro affluenti della foresta pluviale sudamericana. Dall’ottobre 1968 all’agosto 1995 ho vissuto tra un gruppo di Yanomami del Brasile e nel gennaio del 1990 ho visitato alcuni gruppi tribali Yanomamo –così vengono chiamati in Venezuela-- del fiume Orinoco e affluenti. Missionari evangelici e cattolici stabilirono contatti permanenti con loro, i primi negli anni quaranta e i secondi all’inizio degli anni cinquanta. Prima del Concilio Ecumenico Vaticano II l’approccio dei missionari cattolici alla cultura Yanomami seguì il modello tradizionale, catechesi-conversione-battesimo; ma dagli anni settanta in poi i missionari introdussero lentamente le innovazioni suggerite dal Concilio: dialogo interreligioso e evangelizzazione e si impegnarono assiduamente allo studio della lingua e della cultura Yanomami.

 

2. Spiritualità e Adattamento Religioso

Nel mondo attuale si confonde spesso religione con spiritualità. Una persona è considerata spirituale se pratica un sistema formale di religione. Nel mondo globale in cui viviamo, ci sono centinaia di milioni di persone (se non miliardi) che non appartengono ad una chiesa specifica o ad una religione formale, ma che tuttavia si preoccupano con la realtà dello spirito e si sforzano di vivere un sistema di valori spirituali. La diminuita influenza delle religioni tradizionali sulle popolazioni post-moderne (esclusi forse l’Islam e il Buddismo) e la riscoperta della spiritualità aumenta il numero di simpatizzanti di questa forma antichissima di fede e speranza.

Gli scienziati affermano che il nostro universo è esistito da almeno tredici miliardi di anni ed evolverà per altri miliardi di anni. Forse esistono universi paralleli! Il pianeta “terra” ha iniziato la sua evoluzione circa 4.5 miliardi di anni fa e si calcola che almeno 4 miliardi di anni fa ebbe l’inizio della vita sulla terra. Il genere "Homo" ha circa 1.5 milioni di anni e "Homo Sapiens" (noi, come siamo oggi) esiste da circa 200.000 anni. Circa 100.000 anni fa "Homo Sapiens" uscì dal continente africano e iniziò il lungo cammino che lo portò ad abitare ogni angolo della terra. Questi semplici dati rivelano che per circa il 99,9% del tempo della sua esistenza, la vita sulla terra evolse senza che l'uomo fosse presente! Sembra che le religioni formali siano iniziate circa 8.000 anni fa. Se così è, durante 99,9% del tempo dell'esistenza del genere "Homo", l'unica forma di religiosità conosciuta e praticata fu la spiritualità! Yanomami e altri popoli autoctoni simili aloro possono essere considerati fossili spirituali!

Nella Bibbia Abramo viene considerato il padre della fede. Abramo accettò l'invito di Dio di lasciare Haram (Ur), regione della Mesopotamia. Con Dio come compagno di viaggio e con famiglia estesa e greggi iniziò il lungo viaggio verso la terra promessa. In Haram Abramo era probabilmente seguace di una spiritualità centrata sulla divinità Sin, la dea della Luna. Abramo che parlava e camminava con Dio fu il fondatore della religione ebraica. Ciò nonostante, morì molto tempo prima che la religione ebraica diventasse realtà. Mosè è stato il primo leader spirituale a fare un sommario della religione ebraica condensandola in leggi e rituali portatili, il Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia. Con Mosè, il "Dio inaccessibile" di Abramo diventò un "Dio portatile", la “spiritualità" di Abramo divenne una "religione monoteista", un "popolo schiavo" diventò il "popolo prediletto di Dio, il popolo della promessa".

1900 anni dopo Abramo e 1200 anni dopo Mosè, nacque Gesù, un “giudeo marginale” come lo definisce John P. Meier nel primo volume della sua opera “A Marginal Jew: Rethinking the Historical Jesus”(Doubleday, 1991). Come Abramo, Mosè e i profeti, Gesù fu un leader spirituale. Critico della sua stessa religione, denunciò con veemenza le persone incaricate del culto, accusò Farisei e Scribi di sfruttare economicamente poveri e vedove, di mettere pesanti pesi sulle spalle della gente semplice, di non rispettare i comandamenti che Dio aveva dato a Mosè e di interpretare erroneamente le Sacre Scritture. Gesù aggiornò e reinterpretò la religione ebraica come fecero Abramo, Mosè e i profeti prima di lui. Gesù mostrò ai suoi coetanei il volto umano di “Dio Padre", anche se mantenne sempre separato il “Padre Suo” dal “Padre Nostro”.

È importante ricordare che tra le persone come tra le nazioni, onestà, bontà, bellezza, dedizione e altri valori sociali precedono la costruzione delle strutture sociali. È pure importante ricordare che la spiritualità esisteva prima della religioni formali. Come fiducia, buona vicinanza, alleanza, ecc. hanno preceduto di millenni i concetti di nazionalità e cittadinanza, così la spiritualità ha preceduto di millenni ogni struttura religiosa. L'uomo ha inventato migliaia di sistemi culturali e migliaia di lingue, ma fa uso di un solo modo di ragionare, un solo modo di fare matematica, un solo modo di camminare, respirare, sorridere... Persone con differenti lingue e culture dialogano a causa del comune ‘blue print” genetico e del loro modo di ragionare. Nel mondo ci sono centinaia di differenti religioni, ma c'è una sola spiritualità e un solo ”social networking” che unisce tutti e rende possibile condividere valori e credenze. Quando diffamiamo la religione degli altri per aumentare l'importanza della nostra; quando definiamo “superstizioni” credenze differenti dalle nostre e chiamiamo "pagani, idolatri, infedeli" i seguaci di altre religioni, ignoriamo le comuni origini spirituali dell’umanità e facciamo un cattivo servizio alla religione.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-65) ha sottolineato l’indipendenza di Dio dalle costrizioni e dalle ridotte vedute imposte da spiritualità e religioni. I mezzi di grazia e di salvezza lavorano in modi differenti e misteriosi tra gli esseri umani. Nessuna religione detiene la totalità della verità. Dio rivela un poco di se stesso in ogni spiritualità e religione del mondo. Anche se noi cristiani crediamo che la nostra fede fu rivelata da Dio ed è la strada principale per ottenere la Redenzione, la Chiesa non ha un diritto esclusivo sul "Regno di Dio". La Chiesa non ha mai escluso che Dio possa seguire altre vie per portare la sua Salvezza ai popoli. La teologia cristiana ha sempre affermato che la salvezza offerta da Gesù con la sua morte in croce è universale. Il suo sangue fu versato per la redenzione di tutte le persone, anche degli Yanomami.

 

3. Dialogo Interreligioso con gli Yanomami

Il 18 ottobre 1967, accompagnato da due fratelli italiani dell’Istituto Missioni Consolata di Torino e da un sacerdote brasiliano che ritornava in patria, partii dal porto di Genova e dopo 11 giorni arrivai al porto di Santos, Brasile. Dopo aver passato due mesi a São Paolo, Rio de Janeiro e Brasília a studiare la lingua portoghese, il 3 gennaio 1968, in un DC-3 della FAB (Força Aérea Brasileira) atterrai nel piccolo aeroporto di Boa Vista, capitale del Territorio di Roraima -ora Stato di Roraima- la regione più al nord del Brasile. Nel 1968 la popolazione di Roraima era di circa 65.000 persone, di cui la metà erano Indios autoctoni. Nella savana lavoravano una dozzina di missionari e una ventina di suore della Consolata. Nella foresta tropicale lavoravano due sacerdoti missionari e un fratello. Un sondaggio condotto da p. Bindo Meldolesi, missionario della Consolata, alla fine degli anni sessanta, mostrava che circa l'85% degli abitanti non-autoctoni di Roraima erano cattolici.

Spesi i primi nove mesi per abituare il mio fisico al clima e al cibo tropicale e per conoscere il modello di pastorale locale chiamato desobriga”: visite periodiche alle comunità di brasiliani e indigeni autoctoni durante le quali si amministravano i sacramenti. Durante i viaggi di “desobriga” ero generalmente accompagnato da un paio di suore infermiere della Consolata che curavano gli ammalati.

Il 16 ottobre 1968, con fratel Carlos Zacquini e lo sciamano Pedro Korihanatheri Yanomami, su un aereo Cessna 170 voliamo da Boa Vista alla Missione Catrimani sulla riva sinistra del fiume omonimo. Dopo un’ora e mezza atterriamo sulla pista di 600 metri della missione. Appena l’aereo si ferma, due dozzine di Yanomami appaiono quasi dal nulla per salutare fratel Carlo, lo sciamano Pedro e me.

Giovani Yanomami, portando sulla testa i nostri zaini, arrivano alla capanna-missione molto prima di noi. Quasi totalmente nudi con il corpo dipinto con pigmenti rossi (chiamati onoto in Yanomami e urucu in Portoghese), gli uomini seduti sui calcagni e le donne sedute per terra con le gambe incrociate, fanno commenti sugli ospiti. I bambini giocano, si rincorrono e ridono. Il caldo equatoriale e l’umidità fanno aderire i vestiti alla pelle. Non ho mai visto una donna nuda, ma vicino alle donne Yanomami non mi sento a disagio. Sono come sorelle che conosco da sempre. Dopo che l’aereo riparte per Boa Vista, seduti all’unico tavolo della missione, fatto con tronchi di palma paxiuba tagliati a metà, mangiamo pesce alla griglia e manioca dolce. Due ragazzi accoccolati davanti all'ingresso della missione, chiamano fratel Carlo e gli indicano il mio zaino appoggiato su di una panca. Fratel Carlo mi chiede se all'interno dello zaino c’è un animale perché i ragazzi sentono qualcosa che si muove... Dico di no, ma è bene controllare il contenuto. Durante la breve passeggiata dalla pista di atterraggio alla missione, l’Indio che trasportava il mio zaino aveva premuto accidentalmente il tasto “rewind” del registratore e la bobina del nastro girava a vuoto!

Dopo cena, alla luce della lamparina (una lampada a cherosene di forma conica che fa molto fumo e poca luce), fratel Carlo ed io celebriamo la messa. A causa della superficie del tavolo irregolare, è difficile mantenere il calice diritto e dobbiamo lottare continuamente contro un esercito di blatte affamate che da sotto il tavolo risalgonono alla superficie e cercano di rubare un pezzo dell'ostia consacrata! Ogni tanto fratel Carlo dà un pugno sul tavolo per allontanare quei sacrileghi scarafaggi!

La notte scende rapidamente all'equatore. Passo la prima notte in foresta dormendo nell’amaca al piano terra della capanna-missione mentre fratel Carlo, dopo avere salito una ripida scala, dorme sotto il tetto coperto con foglie ubim, la pila a portata di mano per ogni evenienza. Il giorno dopo, di buon ora, vado a pescare con due uomini che lavorano alla missione come manovali, cacciatori, pescatori conoscitori delle rapide del fiume. Abboccano le nostre esche una mezza dozzina di pirañas e un pesce gatto, cibo sufficiente per pranzo e cena.

Nel pomeriggio, a piedi, visito con fratel Carlo un villaggio Yanomami distante circa mezzo km dalla missione. Donne sedute sulle amache preparano la cena fatta di pesce alla griglia, banane platanos arrostite sulla brace e carne di porco selvatico bollita dentro una pentola di terracotta. Gli uomini Yanomami sono ottimi cacciatori e pescatori. Dopo aver portato a casa la selvaggina o il pesce, mentre le donne preparano il pranzo, si sdraiano sull’amaca e conversano tra di loro. Il fumo di una dozzina di focolari ristagna nell’interno della grande casa circolare chiamata yano. Gli occhi lacrimano ed è difficile riconoscere le persone e dialogare. L'aria è impregnata dei forti odori della foresta e della selvaggina. Bambini e adolescenti giocano. Quando il cibo è pronto, gli uomini adulti si servono per primi, poi le donne, i ragazzi e i bambini. Gli Yanomami non usano piatti o posate. Intingono fette di naxihi (pizza fatta con farina di manioca amara) dentro il brodo e vi collocano sopra pezzi di carne, pesce bollito o manioca dolce.

La capanna Yanomami ha 5-6 ingressi. Vicino a quello principale, due sciamani –accoccolati sui calcagni- inalano una polvere allucinogena chiamata yakoana depositata su di un piatto di terracotta. Questa polvere fu preparata con la resina della corteccia interna dell’albero Virola sp. e con erbe. Uno sciamano cammina verso il centro della casa invocando gli hekurape --spiriti benigni in forma umanoide, più brillanti delle lucciole-- perché lo assistano durante la cura. L’altro sciamano graffia con le mani il torace di un ammalato coricato nell’amaca e succhia lo spirito malefico newani che si è annidato dentro il torace. Poi lo sputa fuori dell’entrata principale.

Gli sciamani Yanomami sono come uno scudo di difesa spirituale contro i poteri malefici di nemici umani (gruppi tribali) e non-umani (spiriti newani). Gli sciamani tengono sotto controllo il tuono, i venti e le tempeste; provvidenziano la selvaggina per le feste e con le mani alzate sostengono il cielo impedendo che cada come accadde agli inizi dei tempi. Gli Yanomami credono che molto tempo fa il cielo si incrinò e la parte che conteneva foresta, fiumi e antenati precipitò giù formando la terra.

 

4. Storia Recente degli Yanomami

Gli europei invasero la regione amazzonica perché era un territorio vasto e disabitato. Ancor oggi cercatori d'oro, agricoltori e allevatori di bestiame invadono le terre Yanomami con la scusa che la foresta appartiene a tutti! Antropologi, linguisti, difensori dei diritti umani e missionari hanno una visione differente: rio Negro, Orinoco e i loro affluenti sono abitati da tempo immemorabile da popoli autoctoni. La loro terra, cultura e il loro stile di vita devono essere rispettate e preservate attraverso la creazione di riserve indigene. Questa visione profondamente umana fu ratificata dal Congresso Brasiliano il 5 ottobre 1988 nella nuova Costituzione Brasiliana. Nel 1991, il Presidente del Venezuela riservò una grande area della foresta pluviale per gli Yanomamo Venezuelani. Il 15 novembre 1992, Fernando Collor de Mello, Presidente del Brasile, riservò 94.000 km quadrati di foresta per il popolo Yanomami del Brasile. Nell’ aprile 2010 Luis Inácio (Lula) da Silva, Presidente del Brasile, riservò la regione di savanna “Raposa-Serra do Sol” per le popolazioni indigene Makuxi, Wapichana e Ingarikò.

Nella decada del 1940, missionari Evangelici degli Stati Uniti (MEVA, New Tribes Missions, Battisti) furono i primi a contattare gli Yanomamo del Venezuela e gli Yanomami del Brasile. Il loro approccio teologico era simile a quello dei missionari del XVI secolo: gli Yanomami sono "pagani", le loro credenze religiose, miti e riti sono frutto di superstizione e devono essere sostituiti dalle “verità” della fede cristiana. I missionari Salesiani contattarono gli Yanomami negli anni cinquanta e i missionari della Consolata all’inizio degli anni sessanta. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha dato grande enfasi al dialogo con il mondo. I sedici documenti pubblicati durante il Concilio hanno portato una ventata di "aria fresca" nella rigida tradizione trionfalista della Chiesa Cattolica e hanno aiutato missionari/e a capire, rispettare e apprezzare la "spiritualità Yanomami".

La spiritualità delle popolazioni autoctone Amerindie merita di essere rispettata come facciamo con le grandi religioni dell’oriente e del medio-oriente: Induismo, Buddismo, Confucianesimo, Islamismo e Giudaismo. I documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II Ad Gentes, Dignitatis Humanae, Nostra Aetate e le lettere encicliche Evangelii Nuntiandi di Paolo VI e Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II, suggeriscono e promuovono il dialogo tra evangelizzatori e evangelizzati. La dichiarazione conciliare Nostra Aetate --sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane-- presenta quattro grandi religioni come esempio per un dialogo interreligioso: Induismo, Buddismo, Islamismo e Giudaismo. Il documentio conciliare non fa in nessun modo distinzione tra le religioni dell’Estremo e del Medio Oriente e la spiritualità delle popolazioni indigene Amerindie, Africane e Australiane. La dichiarazione Nostra Aetate conclude al # 5 che la fraternità universale esclude “qualsiasi discriminazione o persecuzione perpetrata tra gli uomini per motivi di razza, di colore, di condizione sociale e di religione”. Tutte le religioni meritano comprensione, rispetto e apprezzamento!

La lettera enciclica di Giovanni Paolo II (7 dicembre, 1990) --circa la permanente validità del mandato missionario-- offre ai missionari nuove piste per il dialogo interreligioso. Redemptoris Missio al # 55 (da qui in poi citerò la lettera enciclica come RM) afferma che “il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. Inteso come metodo e mezzo per una conoscenza e un arricchimento reciproco, esso non è in contrapposizione con la missione ‘ad gentes’, anzi, ha speciali legami con essa e ne è una espressione". RM al # 56 suggerisce che "il dialogo non nasce da tattica o da interesse. (…) È richiesto dal profondo rispetto per tutto ciò che nell’uomo ha operato lo Spirito, che soffia dove vuole. Con esso la Chiesa intende scoprire i ‘germi del Verbo’, i ‘raggi della verità che illumina tutti gli uomini’, germi e raggi che si trovano nelle persone e nelle tradizioni religiose dell’umanità. Il dialogo si fonda sulla speranza e la carità, e porterà frutti nello Spirito”.

Da migliaia di anni, gli Yanomami vivono in simbiosi con l'ambiente della foresta pluviale tropicale. Hanno sviluppato un rapporto quasi perfetto con l'ambiente. Valori come generosità, affidabilità, unione, altruismo sono gli ingredienti basilari della loro spiritualità. RM al # 52 afferma che "il processo di inserimento della Chiesa nelle culture dei popoli richiede tempi lunghi: non si tratta di un puro adattamento esteriore, poiché l’inculturazione ‘significa l’intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l’integrazione nel crisitanesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture’. È, dunque, un processo profondo e globale che investe sia il messaggio cristiano, sia la riflessione e la prassi della Chiesa. Ma è pure un processo difficile, perché non deve in alcun modo compromettere la specificità e l’integrità della fede cristiana”.

Durante questo processo le due culture si conoscono reciprocamente, scambiano valori/conoscenze e avviene una nuova sintesi. Gli Amerindi devono essere i creatori del processo di inculturazione. I missionari devono essere gli ispiratori e testimoni della nascita di una "nuova cristianità". I missionari, vivendo con gli Yanomami, imparano da loro. Gli evangelizzatori devono essere prima evangelizzati dal popolo a cui sono stati inviati. Con il passare del tempo, attraverso l'opera dello Spirito Santo, la familiarità, il mutuo intendimento, la compassione, gli Yanomami sapranno trovare la propria forma di cristianesimo. Con l'aiuto di esperti (antropologi, sociologi, ecologi, teologi) gli Yanomami riscopriranno la "buona notizia" di Gesù, incarnandola in uno stile di vita che risponda alle loro esigenze.

RM al # 53 esorta, "i missionari provenienti da altre Chiese e paesi a inserirsi nel mondo socio-culturale di coloro ai quali sono mandati, superando i condizionamenti del proprio ambiente d’origine. Così devono imparare la lingua della regione in cui lavorano, conoscere le espressioni più significative di quella cultura, scoprendone i valori per diretta esperienza. Soltanto con questa conoscenza essi potranno portare ai popoli in maniera credibile e fruttuosa la conoscenza del mistero nascosto. (...) Per (le popolazioni indigene) non si tratta certo di rinnegare la propria identità culturale, ma di comprendere, apprezzare, promuovere ed evangelizzare quella dell’ambiente in cui operano e, quindi, mettersi in grado di comunicare realmente con esso, assumendo uno stile di vita che sia segno della testimonianza evangelica e di solidarietà con la gente”.

I suggerimenti e le riflessioni contenute nei documenti conciliari e nella lettera enciclica Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II furono recentemente rivisitati e attualizzati da Benedetto XVI nell’esortazione apostolica Verbum Domini dell’ 11 novembre 2010. La parte finale della esortazione apostolica ha come titolo “La Parola di Dio e il Dialogo Interreligioso”. Al # 117 il papa scrive, “La Chiesa considera parte essenziale della proclamazione della Parola l’incontro, il dialogo e la cooperazione con tutte le persone di buona volontà, specialmente con chi segue differenti tradizioni religiose. (...) Al # 119 il papa afferma che “la Chiesa rispetta le religioni e le tradizioni spirituali dei vari continenti. Queste possiedono valori che possono facilitare l’intendimento tra individui e popoli. (...) Noi siamo lieti di scoprire che altre religioni credono nella trascendenza di un Dio Creatore, nel rispetto per la vita, per il matrimonio, per la famiglia e possiedono un forte senso di solidarietà”. Al # 120 il papa conclude che “rispetto e dialogo esigono reciprocità in tutto, specialmente nell’area della libertà, in particolare la libertà religiosa. Rispetto e dialogo favoriscono pace e comprensione tra i popoli.”

Nel processo di adattamento ispirato al Vangelo, la comunità Amerindia esprimerà progressivamente la propria esperienza cristiana, mantenendo le proprie tradizioni culturali senza tradire la nuova fede. Nel mondo ci sono diverse culture, lingue, gusti, alimenti e comportamenti, come ci sono diverse religioni e teologie all'interno della stessa religione. La Teologia della Liberazione —nata nell’America Centrale durante il Concilio Ecum. Vaticano II— è una teologia che risponde alle esigenze spirituali delle popolazioni che vivono ai tropici e nell'emisfero sud. I teologi Gutierrez, Boff… hanno riconfezionato il Vangelo adattandolo alle moderne popolazioni autoctone come Paolo, Patrizio, Benedetto, Cirillo e Metodio, Bernardo, Francesco d'Assisi, Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Roberto de Nobili e Matteo Ricci riconfezionarono il Vangelo e riti e li adattarono alle popolazioni del loro tempo.

 

5. Gli Yanomami e l’Evangelizzazione

Nel mondo del XXI secolo un numero crescente di persone è molto sensibile a minoranze, diritti umani e religiosi, razzismo, ecumenismo, ecologia, speci di animali e piante in pericolo di estinzione, conservazione delle foreste pluviali tropicali, riscaldamento globale, ecc. L’impegno sociale per la soluzione di questi problemi è la bandiera di movimenti umanitari ed ecologici, ma è anche una missione dei cattolici.

RM #56 offre ai missionari chiari orientamenti per una sfida positiva al dialogo interreligioso e all’evangelizzazione: "L’interlocutore dev’essere coerente con le proprie tradizioni e convinzioni religiose e aperto a comprendere quelle dell’altro, senza dissimulazioni e chiusure, ma con verità, umiltà, lealtà, sapendo che il dialogo può arricchire ognuno." Anche se gli Yanomami sono stati contattati dai missionari da più di 60 anni, finora nessuno di loro ha accettato volontariamente e consapevolmente la fede cristiana.

Negli anni sessanta, un missionario Salesiano che lavorava tra gli Yanomamo del Venezuela, battezzò una dozzina di persone. L'esperienza finì pochi anni dopo, perché i missionari Salesiani capirono che cibo, scuri, machetes, lenze e ami da pesca, utensili domestici, medicine, barche di alluminio e motori fuoribordo erano realmente gli oggetti che gli Yanomamo desideravano possedere e che per ottenerli accettavano di essere battezzati. Da allora i missionari Salesiani hanno ideato un nuovo approccio pastorale: evitare la conversione di individui; non dividere famiglie e gruppi tribali per ragioni religiose, ma evangelizzare il sistema culturale Yanomami attraverso il sistema scolastico venezuelano. È un processo che richiede molta pazienza e tempi lunghi, come afferma la Redemptoris Missio, ma è la strada giusta da percorrere.

 

6. Sfide per Missionari e Yanomami

Attualmente gli Yanomami del fiume Catrimani di Roraima, Brasile, non riescono a comprendere molti concetti scientifici, filosofici e religiosi occidentali. Dodici mila anni separano la loro cultura dalla nostra. Forse ci vorranno ancora quattro o cinque generazioni prima che gli Yanomami possano capire e accettare la cultura, filosofia e religione occidentale. Il modello di vita Yanomami è ben adatto all'ambiente della foresta pluviale in cui essi vivono. Cambiamenti climatici, la distruzione della foresta pluviale, la prepotenza ed invadenza della cultura occidentale, forzeranno gli Yanomami ad adeguarsi a una nuova realtà. Con il passare del tempo, molte delle loro credenze tradizionali diventeranno insostenibili e verranno ridicolizzate. Scienza, storia, arte e filosofia saranno la grande sfida alla loro visione mitica del mondo. L’informazione globale attraverso Internet e le conoscenze scientifiche acquisite a scuola provocheranno una divisione nei villaggi tra anziani analfabeti e ragazzi/giovani letterati che hanno frequentato la scuola della missione e usano il computer. I cambiamenti saranno inevitabili e dolorosi. Il dialogo interreligioso e la inculturazione potranno offrire risposte adeguate alle sfide del futuro! I missionari diventano veri testimoni di Gesù quando cercano di capire, rispettare e apprezzare il sistema culturale Yanomami e offrono appoggio politico, attendimanto medico e insegnamento scolastico.

Culture e spiritualità sono doni di Dio, padre di tutti, ispiratore di bontà, verità e bellezza. La buona notizia di Gesù —riconfezionata e adattata alla cultura Yanomami— diventerà un prezioso compagno durante il lungo viaggio di adattamento culturale. Negli ultimi 50 anni, più di 25 missionari e missionarie della Consolata hanno lavorato tra gli Yanomami della missione Catrimani. Finora non un solo Yanomami ha chiesto di diventare cristiano! Gli Yanomami sembrano interessati alle credenze degli stranieri, ma non più di tanto! Gli Yanomami sono orgogliosi di Oma e Yoasi, i fondatori della loro cultura e spiritualità. Il dialogo interreligioso è un processo che richiede tempi lunghi ed esige 100% di umiltà da parte dei missionari, 1000% di adattamento da parte degli Yanomami e la “pienezza dei tempi” da parte del Signore!



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Una regione del Paese africano alla mercé della guerriglia islamista C’era ottimismo a Maputo, la capitale mozambicana. La guerriglia a Cabo...

Giustizia Riparativa e la “pedagogia allamana”

15-07-2024 Missione Oggi

Giustizia Riparativa e la “pedagogia allamana”

La Corte di Giustizia dello Stato del Paraná (Brasile) ha tenuto dal 3 al 5 luglio l'incontro sulla Giustizia Riparativa...

Perù: prima assemblea dei popoli nativi

14-07-2024 Missione Oggi

Perù: prima assemblea dei popoli nativi

I rappresentanti dei popoli nativi dell'Amazzonia peruviana, insieme ai missionari, si sono riuniti nella Prima Assemblea dei Popoli Nativi, che...

Padre James Lengarin festeggia 25 anni di sacerdozio

13-07-2024 Notizie

Padre James Lengarin festeggia 25 anni di sacerdozio

La comunità di Casa Generalizia a Roma festeggerà, il 18 luglio 2024, il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale di padre...

Nei panni di Padre Giuseppe Allamano

13-07-2024 Allamano sarà Santo

Nei panni di Padre Giuseppe Allamano

L'11 maggio 1925 padre Giuseppe Allamano scrisse una lettera ai suoi missionari che erano sparsi in diverse missioni. A quel...

Un pellegrinaggio nel cuore del Beato Giuseppe Allamano

11-07-2024 Allamano sarà Santo

Un pellegrinaggio nel cuore del Beato Giuseppe Allamano

In una edizione speciale interamente dedicata alla figura di Giuseppe Allamano, la rivista “Dimensión Misionera” curata della Regione Colombia, esplora...

XV Domenica del TO / B - “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due"

10-07-2024 Domenica Missionaria

XV Domenica del TO / B - “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due"

Am 7, 12-15; Sal 84; Ef 1, 3-14; Mc 6, 7-13 La prima Lettura e il Vangelo sottolineano che la chiamata...

"Camminatori di consolazione e di speranza"

10-07-2024 I missionari dicono

"Camminatori di consolazione e di speranza"

I missionari della Consolata che operano in Venezuela si sono radunati per la loro IX Conferenza con il motto "Camminatori...

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