I FRATELLI COADIUTORI IMC: COME GIUSEPPE ALLAMANO LI VOLEVA

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   P. Sandro Bonfanti,  IMC

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I FRATELLI COADIUTORI IMC

 

COME GIUSEPPE ALLAMANO LI VOLEVA

 

 

  

 

 

ISTITUTO MISSIONI CONSOLATA

TORINO 1 GENNAIO 2014

 

 

INTRODUZIONE

 

 

Dalla lettura delle Conferenze Spirituali e delle Lettere dell'Allamano, mi è sembrato di scorgere molti elementi interessanti sulla figura del Fratello Missionario della Consolata validi anche ai nostri giorni. Sono parole che presentano il Fratello con un calore tutto speciale, perché fanno vedere l'affetto del Fondatore per i “suoi beniamini” che, secondo le sue parole, “sempre lo hanno consolato”. Il rapporto cordiale tra l'Allamano e i Fratelli appare evidente anche nelle testimonianze e nei diari dei Fratelli stessi.

 

È per questo motivo che il presente lavoro riporta le parole dell’Allamano riguardanti i Fratelli e le parole dei Fratelli riguardanti l'Allamano. Ho esaminato tutto il materiale che in modo diretto o indiretto coinvolge il rapporto tra l'Allamano e i Fratelli, cioè: le conferenze domenicali ai missionari e alle missionarie, lettere scritte, le testimonianze, i diari e le commemorazioni tenute dai Fratelli. Ho sistemato questo materiale seguendo un ordine logico.

 

Si tenga presente che l'insegnamento del Fondatore ai Fratelli è molto più vasto di quello presentato in questi testi, perché quando parlava alla comunità abitualmente non distingueva tra Sacerdoti e Fratelli.

 

Ancora due precisazioni di metodo. Per quanto riguarda le lettere del Fondatore, anzitutto riporto integralmente quelle indirizzate ai singoli Fratelli e quelle scritte da loro all’Allamano; in seguito anche quelle indirizzate ad altri dove si parla dei Fratelli. Inoltre, le fonti dalle quali ho desunto questo materiale sono indicate nelle note a piè pagina. Chi intendesse ampliare la propria conoscenza ha così la possibilità di consultare le singole fonti.

 

Spero che la comprensione dello “spirito” presente nelle parole del Fondatore e in quelle dei Fratelli aiuti a capire come attualizzare, oggi, l'identità del Fratello alla luce dei cambiamenti e delle nuove esigenze. Ovviamente questa attualizzazione dovrà essere sempre fedele allo spirito originario.

Torino, 1 gennaio 2014

Fr. Sandro Bonfanti, IMC

 

 

 

PREDILEZIONE PER I FRATELLI

 

Il Fondatore consolato dai Fratelli. «[Per il Natale del 1920] Vi ringrazio di tutti gli auguri, ma una parola non la voglio … voglio che si cancelli quello che il buon Coad. Carlino ha detto per umiltà, rappresentando quelli d’Africa, che siete figli ingrati … questa parola non va … noi abbiamo mai ricevuto nessuna ingratitudine da voi … abbiamo solo sempre ricevute consolazioni … qualche sbaglio è naturale … ma c’è sempre stato quella buona volontà … ci avete sempre consolati …. Noi siamo sempre stati contenti di voi, e anche adesso passate le feste contenti, sicuri che i superiori son contenti di voi …»[1].

 

 

 

IDENTITÀ DEL FRATELLO MISSIONARIO

 

Bellezza della vocazione missionaria. «Se si sapesse che cosa vuol dire essere sacerdote o Coadiutore missionario, tutti vorrebbero esserlo. Noi ne siamo assicurati dal Signore, un posto da missionario! […]. Noi dobbiamo essere come il sole nell’estate che illumina e riscalda». […]. Lo stato di missionario è il più perfetto».

 

«Che cos’è la vocazione apostolica? E’ quell’atto di Provvidenza soprannaturale con cui Dio presceglie alcuni e li fornisce delle doti convenienti per portare la fede agli infedeli. Un sacerdote è missionario di natura sua. [...]. Se poi si tratta di un religioso non sacerdote, se è di vita attiva e specialmente se si riferisce agli infedeli, è un vero missionario, come i nostri Coadiutori».[2]

 

«Uh! Quante grazie ricevute! Io, per me, ogni minuto della mia vita è una grazia di Dio. Così anche voi avete ricevuto la vocazione missionaria, o sacerdote o Coadiutore … Non dite mai: io non sono fatto per fare il missionario, eccetto che i superiori non trovino abbastanza salute o altre doti necessarie. Del resto tutto sta nel corrispondere alla vocazione. Se non posso essere sacerdote sarò Coadiutore, ma sempre missionario; anche solo un Coadiutore missionario in paradiso sarà sopra gli altri sacerdoti. Quanti hanno il desiderato di farsi Coadiutori! Come il B. Alano che era un professore dell’università e tanti altri santi. E’ una bella grazia di Dio anche quella dei Coadiutori! … Dunque non bisogna dire: “Non sono fatto!” La vocazione qui dentro c’era e c’è sempre, eccetto che lo dicano i superiori ... Quel che può mancare è la corrispondenza … ».[3]

 

«[Patrocinio di S. Giuseppe] S. Giuseppe è protettore di tutti, chierici, Coadiutori e sacerdoti: guai a chi non ha devozione a S. Giuseppe! […]. In particolare avete fatto bene ad inaugurare questa festa, come quella particolare dei Coadiutori. Non c’è esempio migliore di S. Giuseppe; egli è il nostro maestro e ci deve proteggere in modo particolare. E’ il più gran santo. La Chiesa lo ha costituito il patrono universale di tutto il mondo. Pare perfino che abbia fatto un torto a S. Pietro e S. Paolo che erano sacerdoti, mentre S. Giuseppe non lo era. Per voi Coadiutori deve essere un santo orgoglio, che la Chiesa abbia preferito un santo che non era sacerdote per costituirlo patrono di tutta la Chiesa.

Questo vi deve insegnare ad amare il lavoro, a fare bene il vostro lavoro, a corrispondere alla vostra vocazione. Se corrisponderete bene alla vostra vocazione voi potrete anche essere superiori ai sacerdoti, avrete più merito e chissà che in Paradiso non avrà più merito un Coadiutore di tanti sacerdoti! Quanti Coadiutori si sono fatti santi! S. Pasquale Baylon, S. Alfonso Rodriguez non erano mica sacerdoti eppure si sono fatti santi. […].

Dovete pensare che siete missionari, e dovete avere un santo orgoglio di appartenere alla classe di S. Giuseppe. E’ vero che qui in comunità facciamo una sola cosa, siamo tutti uguali, tutti fratelli. Ma voi Coadiutori avete meno responsabilità, mentre i sacerdoti e chierici avranno da rendere più conto a Dio. […].

In una congregazione c’è questo di bello, che si coopera tutti insieme a fare il bene, meritano tutti lo stesso: tanto chi scopa, come chi lavora o studia, purché si faccia solo quello che l’obbedienza ci comanda. […].

Fortunati voi Coadiutori che potete abitualmente avere il lavoro in mano! […].

Conchiudendo, a S. Giuseppe dobbiamo chiedere delle grazie, ed amare il lavoro. Un missionario che non abbia questa parte di preparazione, che non sappia e che non abbia voglia di lavorare, non è un vero missionario. Infatti in principio che si va giù e che non si sa ancora la lingua, che si fa? Si lavora un poco e lavorando un poco quegli uomini là, ci dicono delle parole e ci insegnano la lingua … Non si può andare a predicare senza lavorare … Come se un missionario andasse giù e dicesse: “Ah, io voglio solo predicare e non lavorare… “e difatti tutti i nostri sacerdoti che vanno giù cominciano a lavorare … E poi ce n’è bisogno sempre del lavoro. Se in una missione c’è un superiore che non sa lavorare che cosa farà? Se non sa lavorare lui, come farà a fare lavorare gli altri? ... Quindi il lavoro bisogna saperlo e volerlo fare … Ai chierici più è anche necessario il lavoro. Io credo che per prepararsi a partire per l’Africa la migliore cosa da fare è quella di imparare a prendere amore al lavoro: imparare e saper fare un po’ di tutto …

Dunque ringraziamo e preghiamo S. Giuseppe. Ed ora resta approvata la festa dei Coadiutori e fissata pel Patrocinio di S. Giuseppe».[4]

 

 

Missionari “Messaggeri di Dio”. «Noi stessi, se entrando in una casa la vediamo disordinata, la servitù scomposta, ci sentiamo inclinati a perdere la stima al padrone di essa. Quanto più dunque il mondo a riguardo di noi, rappresentanti presso lui Iddio. E questo avviene ancor più presso i selvaggi che si formano l’idea di Dio da quelli che loro lo predicano. Se vedessero che abbiamo i loro difetti direbbero: ci si presentano come messaggeri di Dio, e poi sono come noi. E questo tanto pei sacerdoti come per i Fratelli, ché tutti sono messaggeri di Dio, ed i selvaggi li chiamano tutti “Padri”, non sapendo per ora distinguerli».[5]

 

 

Zelo per le anime. «Riempirsi di zelo per salvare delle anime. […]. Leggete qualche cosa tutto zelo, eccitarsi a questi sentimenti, non aspettare di essere in Africa. E fin d’ora, con preghiere, lo studio ed i Coadiutori col mestiere, dare importanza a tutto, serve per la conversione delle anime».[6]

 

 

Consacrati nella vita religiosa. «In occasione della Professione Religiosa di 10 membri dell'Istituto (2 Sacerdoti - 1 perpetui = P.T. Gays - 7 chierici, 1 fratello) - 21 Nov. 1907 - Presentazione di Maria SS.

Non è caso che voi fate i vostri voti in questo giorno della Presentazione di Maria SS. al Tempio, né siete i primi che usiate farli in questo giorno, che parecchi Istituti hanno fissato questa festa come il giorno in cui pronunziano i loro voti.

Certo Maria SS. fin dalla Sua Concezione s'era offerta tutta a Dio, ma nella Presentazione esternò questa offerta e si diede tutta al Signore.

Quali sono le virtù specialmente praticate dalla Madonna in questa occasione, e da imitarsi da voi? La generosità e la costanza.

1°. La generosità: in staccarsi da tutto, dai parenti buoni ecc. Voi pure offritevi generosamente al Signore, senza riserva - generosità in ogni distacco.

2°. Costanza: ciò che diede in quel giorno al Signore non glielo tolse mai più, ma sempre crebbe in virtù. Anche voi dovete essere costanti, mai rallentare per molto o poco tempo.

Venite pure: la V. SS. presenterà i vostri voti al Signore; ognuno dica:

Vota mea Domino reddam coram omni populo eius: con trasporto.

Vi assistono i Santi, i vostri Angeli Custodi, i vostri compagni, i confratelli dell'Africa, tutti i popoli che aspettano per vostro mezzo la salute.

 

«[Professione del Fr. Anselmo] Mi rallegro con te, o caro Anselmo, per la grazia che oggi hai ricevuto da Dio. E con me teco si congratulano il tuo Rev.mo Superiore qui presente, i tuoi confratelli sacerdoti, chierici e coadiutori ed anche questi giovanotti. A noi si uniscono i fratelli maggiori d'Africa. Tutti godiamo del tuo bene, perché oggi hai offerto a Dio te stesso in perfetto e perpetuo olocausto. Il buon Gesù che non si lascia vincere in generosità, ti colmerà delle grazie più elette. L'ha detto: colui che avrà lasciato la casa, il padre o la madre, i fratelli o le sorelle, i campi pel mio nome, riceverà il centuple e la vita eterna (S. Matt. XIX, 23).

1) La prima grazia l'hai ricevuta or ora. [… ].

2) Ma soprattutto Gesù promise al religioso la vita eterna. È questa per lui un gran tesoro, come disse a quel giovane chiamato alla sua sequela: habebis thesaurum in coelo - avrai un tesoro in cielo. E qual tesoro! Tesoro di felicità: specialmente per un religioso missionario, perché circondato dalle molte anime salvate dalle sue fatiche e sacrifizii, le quali proclameranno che opera tua sumus: siamo opere tue, salvate da te.

Ecco il soave pensiero che devi teco portare, o caro Anselmo, pensiero che dovrà sostenerti nell'apostolato in tutti i giorni della tua vita e ti renderà dolce e santa la tua partenza da questo mondo».[7]

 

 

Veri ausiliari e coadiutori dei sacerdoti. “I laici o Coadiutori, se sono utili in tutte le religioni, sono indispensabili nelle Missioni. Eppure il loro numero è generalmente scarso per la poca conoscenza che vi ha nel mondo del loro sublime stato e del bene che possono fare. Essi sono veri ausiliari e coadiutori dei sacerdoti, talora li eguagliano nel fare i catechismi, dare battesimi, ed anche possono superarli nel fare il bene col buon esempio, perché lavorando insieme coi neri fanno amare la S. Religione che vedono risplendere nella pratica della pietà, pazienza e carità. Ma per ben corrispondere alle speranze dei Superiori debbono:

1. Stimare ed amare lo stato di Coadiutore

2. Buon fondo di umiltà ed obbedienza, e di amore alla fatica

3. Le Costituzioni aggiungono principalmente, perché anch’essi devono studiare quanto la comunità vuole, di catechismi e lingue per essere più utili in Missione. […]».[8]

«Anch’essi [i fratelli] saranno parroci. […]. Là in Africa avrete tutti, anche voi Coadiutori, una parrocchia, e vanno tutti alla domenica a fare catechismo, e Carlino dice che è un bravo parroco, ora dice che ha preso le pulci e non ha potuto visitare la sua parrocchia, dunque vedete».[9]

 

«Voi invece in Africa avrete tutti una parrocchia anche i Coadiutori, come scrivono che hanno anche loro la parrocchietta».

«O miei cari Coadiutori! … Se sono utili in tutte le comunità, qui in missione sono indispensabili. … Né sono come nelle altre comunità solo destinati al lavoro manuale, ma anche allo spirituale e quindi devono avere anche quel tanto d’istruzione. C’è un Coadiutore che mi scrive dall’Africa: la mia parrocchia. E’ parroco. Ci sono certe stazioni dove non si può mandare uno, allora va un Coadiutore le domeniche a fare il catechismo e amministrare i battesimi, come fa Coad. Benedetto.

Soprattutto i Coadiutori possono fare del bene perché si trovano a capo dei lavori, sono più a contatto con gli indigeni e possono fare loro molto del bene con l’esempio, con le parole e col catechismo che fanno loro dopo pranzo e alla sera. Un Coadiutore può fare più del bene che un missionario perché si trova all’atto pratico; è come le suore per le donne. […]. L’essenziale è che ci sia unione e carità, si faccia unum corpus. Ogni membro deve essere contento della sua posizione, aiuto anche io a formare il corpo, anche se sono solo un dito, perché un corpo senza un dito non è perfetto. … Quindi abbia poco o molto ingegno, poca o molta salute, formiamo tutti un corpo, tutti siamo utili, anzi, quello che par meno è più necessario degli altri».[10]

 

 

Gelosi della propria vocazione. «[Il Fondatore] Legge una lettera del Coad Falda. “Vedete che non rimpiange, anzi, hanno tentato di trarlo fuori dall’Istituto, geloso (della sua vocazione), ma egli disse:” Aspetto un’altra paga”. Poco fa è stato qui il Console Italiano di Nairobi e mi diceva:” C’è quel tipografo (Coad. Angelo) che se volesse andare a Nairobi guadagnerebbe oro a volontà … ma lui non vuole”. Ecco lo spirito che ci deve essere nell’Istituto e grazie a Dio c’è questo spirito. Coad. Benedetto mi scriveva. “Sono maligno, mi mandi una benedizione che venga più buono. Tutte le sere domando perdono a Dio e scusa a chi ha trattato male».[11]

 

 

Organizzazione: le due classi. «Anticamente gli Ordini Religiosi costituivano una sola famiglia, senza diversità di soggetti, i quali tutti lavoravano secondo le proprie forze ai lavori manuali ed intellettuali. Solo nel sec. XI, S. Giovanni Gualberto sulla regola Benedettina divise i monaci in due classi: i dedicati all’Officio Divino, e quelli dati ai lavori manuali. Prevalse in seguito questo sistema».[12]

 

«Anticamente in tutte le religioni vi era una sola classe di frati non sacerdoti. […]. Ora è meglio che vi sia una sola classe o due? Dove non sono sacerdoti si disputa. Ma dove sono sacerdoti hanno il breviario, il ministero ecclesiastico e non possono applicarsi ai lavori manuali. Si vorrebbe, con una sola classe, ci sia più unione, perché c’è uguaglianza. Ma questa uguaglianza non può esistere: siamo tutti disuguali: ad uno il Signore da di più ingegno, più santità, ad un altro meno … e poi bisogna che ci sia un superiore … . L’uguaglianza assoluta dei socialisti è una utopia: è la carità che deve fare l’unione».[13]

 

 

Ammissione e preparazione. «[Il Fondatore commenta un decreto della Santa Sede sui laici degli ordini religiosi. Al termina fa due considerazioni] Facciamo due considerazioni dal detto: 1) la verità delle parole del Cardinal Vives: la porticina ed il portone... Si dirà che non è più a questi tempi che si fanno religiosi per godere, mentre sono disprezzati e poveri? No, anche al presente... Es. dei Chierici pel Sacerdozio. 2) Se la Chiesa vuole sì lunga prova in laici, che staranno chiusi in un Monastero, quanto più per missionari, sacerdoti e coadiutori che... Via quindi la smania di partire ...e spaventarsi. Es. i giovani confessori di una volta ed ora. Esaminarci se già pronti...».[14]

«[Continua il commento al decreto della Santa Sede] Il decreto passa agli studi ed istruzioni da darsi ai laici; e poi parla delle principali virtù loro necessarie, e ne indica quattro: Umiltà – Obbedienza – Spirito d’orazione – Santificazione del lavoro. Parliamone, che a tutti sono necessarie, specialmente come missionari».[15]

 

«Se uno vuol farsi missionario bisogna che abbia una costituzione sana. […] E poi naturalmente bisogna che non sia tabula rasa, aver quel tanto di ingegno che è necessario per lo studio per divenire sacerdote, o per Coadiutore per sapere fare un po’ di catechismo. Ciò posto bisogna incominciare subito la nostra vita religiosa. […]. Fare in modo che si possano applicare le parole di S. Paolo. “Vivo autem iam non ego, vivit vero in me Cristus”. S. Paolo era sol più una maschera. Vedete come è bello! C’è da fare una meditazione».[16]

 

«Per essere religiosi basta volerlo; naturalmente che i superiori vedano in noi le qualità speciali dell’Istituto. Allora se non fosse chiamato al sacerdozio, c’è posto tra i Coadiutori».[17]

 

 

Abito. «A quei che non solo sono già novizi, ma anzi professi, ed anche da parecchi anni, voglio mettere la fascia al più presto (l'abito ai coadiutori lo metteremo quando sarà preparato, e potranno servire anche loro nelle funzioni), stasera; - e a quelli poi che invece di mandare in Africa teniamo qui, daremo anche il Crocifisso, da portare, non all'esterno, ma all'interno, o tenerlo sullo scrittoio. Voglio però che sappiate cosa significa la fascia (per i coadiutori il cordone)».[18]

 

«[L'abito religioso – vigilia della partenza] Per il viaggio non indossano l'abito bianco come li avete veduti Domenica, e questo per non fare tanta reclame, tanto rumore, ma in Africa i Padri l'indossano sempre e i Coadiutori quando vanno in chiesa e tutto il giorno nelle Domeniche. […]. Vedete: i Coadiutori, domani vedendo il loro compagno anche vestito della veste talare, dovranno avere una santa invidia. […]. Così, come vi dissi, sebbene l'abito non faccia il monaco, tuttavia non v'ha monaco senz'abito - Esso aiuta molto, molto. Voglio che tutti lo desideriate... E quando io crederò essere arrivato quel giorno in cui tutti l'indosserete: Coadiutori, Aspiranti e Studenti, quel giorno voglio che facciam gran festa».[19]

 

«[Vestizione dei Coadiutori e degli Studenti] L’abito clericale e religioso distinguit, unit, et ornat clerum. … Particolarmente, o cari Coadiutori, queste tre doti sono preziose per voi, e come già in missione saranno qui la vostra gloria ed il vostro onore».[20]

 

 

 

VITA SPIRITUALE E SANTITÀ

 

Santità. «È molto più facile per i Coadiutori farsi santi; tanti Santi non hanno voluto celebrare la Messa! San Francesco d'Assisi, e così tanti altri. Adunque: Stimare il loro stato ed amarlo – sentirsi felici del loro stato. […]. Umiltà e ubbidienza. […]. Questi sono i loro caratteri. Umiltà pietà e amore alla fatica. Umiltà nelle cose, lavori umili. Pietà soda altrimenti nei pericoli si cade, e poi amore alla fatica».[21]

«[Parole per la imposizione dei crocifissi della partenza dei Coad. Bartolomeo e Giacomo

Carissimi figli in N.S.G.C., prima di partire per le missioni, voi desiderate un mio ricordo. Ed io ve lo do con un pensiero da portare con voi e tenere vivo nella mente tutta la vita. Il pensiero è il fine per cui siete venuti all'istituto, il fine per cui siete qui stati per un certo tempo; ed il fine per cui ora partite. E perché tutto questo: prima per santificare voi stessi, ed in secondo luogo convertire gli infedeli. Ecco il pensiero che dovete sempre avere in mente: santificarvi e non solo come sono obbligati tutti i cristiani, coll'osservanza dei santi comandamenti, ma di più coll'osservanza dei consigli evangelici per essere degni seguaci ed apostoli di N. S. G. C. Solamente facendo voi santi e grandi santi, potrete ottenere il secondo fine, proprio del nostro Istituto: salvare, salvare molte anime infedeli.

S. Vincenzo de' Paoli scrive che i coadiutori devono aiutare i sacerdoti missionari nei loro ministeri, facendo specialmente l'uffizio di Marta secondo i comandi dei superiori e particolarmente aiutandoli colle loro preghiere, sacrifici e col buon esempio. Si, dovete pregare e pregare molto, oltre le preghiere comandate, prendete l'abito delle giaculatorie e comunioni spirituali in mezzo al lavoro, rivolgendo il pensiero a Gesù Sacr. che sta non lungi da voi in quella meschina Cappelletta della stazione. Sacrifizii, veramente scrisse pochi giorni sono il nostro caro Coad. Carlino, non vi sono poi tanti sacrifìzi da fare; mangiare mangiamo, bere, beviamo almeno della buona acqua, abbiamo sempre un buon clima... ma c'è un sacrificio da fare, e si è di avere molta pazienza coi poveri neri: rozzi e cocciuti bisogna trattarli sempre bene; e guai che si scappasse la pazienza, sarebbero anime che si allontanerebbero e perderemo. Dunque pazienza e mansuetudine...

In terzo luogo dovete dare buon esempio ai confratelli ed ai neri, i quali impareranno più dal vostro contegno che dalle vostre parole la stima e l'amore alla nostra S. Religione. Eccovi miei cari, i ricordi che vi do, teneteli a mente e praticateli, e sarete santi missionari.

Arrivati in Missione, baciate quella terra che dovrà essere cosparsa dei vostri sudori, ed offritevi vittime al Signore per l'adveniat Regnum tuum».[22]

 

«[Ordinazione di 5 sacerdoti] A tanta dignità [del sacerdozio] deve corrispondere altrettanta santità. […]. Ecco perché tanti santi non osarono procedere al sacerdozio, S. Antonio, S. Benedetto. S. Francesco d’Assisi, istigato dai suoi frati a rendersi da diacono sacerdote, ebbe una visione, in cui un angelo mostrandogli una fiala di cristallo purissimo, gli diceva se era puro come quell’acqua andasse avanti … ; per cui volle tutta la vita stare diacono. Siano questi fatti di consolazione a voi, cari Coadiutori».[23]

 

«Cari Coadiutori, prima per voi e poi per gli altri, scuoterci e farci santi, se no era meglio stare nel mondo, che cercare cose più alte con pericolo di non salvarci più. Bisogna che abbia pazienza e dirvi le cose come sono e come le sento. Territus terreo, devo render conto, e mi fa molto impressione, e lo esigo sul serio lo spirito, che si pigli sul serio lo studio e le virtù, e chi si forma, bene; chi non si forma, c'è entrato per una porticina e si esce per un portone».[24]

 

 

 

PREGHIERA

 

Preghiera Eucaristica – S. Messa. «È l’unica vera preghiera perché è il Signore che prega. […]. E così i Coadiutori servirla bene».[25]

Preghiera mariana: Ufficio e Rosario. «Una parte di voi hanno già la fortuna di essere obbligati all’Uffizio Divino; altri, mentre aspettano il suddiaconato vi si preparano col recitare l’Ufficio della Consolata; ed i Fratelli quando possono, specialmente nelle feste, dicono pure tale Uffizio, e negli altri giorni vi suppliscono col Rosario intero».[26]

«[Orazioni vocali] Per i Coadiutori che devono recitarne [del Rosario] tre parti, dà subito uno spazio di tempo alto, quasi che occupa già esso solo un'ora».[27]

 

«Tutti gli Istituti religiosi e ogni comunità cattolica, tengono nei loro orari il tempo per il s. Rosario. Da noi, mentre i sacerdoti ne recitano la terza parte, quasi aggiunta al S. Breviario, i Coadiutori e le suore lo dicono intiero ogni giorno. E quante grazie discendono per esso sul nostro Istituto!».[28]

«I Coadiutori e le Suore lo dicano intiero ogni giorno».[29]

 

 

Obbedienza. «Monsignore non transige: prima la pietà poi il dovere; così anche per i Coadiutori, devono lasciare nulla. Non si ricorderà mai abbastanza. Assoluta ubbidienza per riuscire bene, non solo ai comandi ma anche ai desideri. Avvisi e moniti: si ubbidisce per fare il bene; questa deve essere una virtù in noi medesimi: dobbiamo fare l'abito prima di andare in Africa. Quando si esprime un desiderio e poi non si fa ... ma... Questa certo è una virtù».[30]

 

«Quando questo Coadiutore è partito, poco tempo prima io avevo raccontato il fatto che è capitato al B. Sebastiano Valfré. Sapete quello che è capitato a questo santo? … (Racconta il fatto, quando il Beato fu permesso di andare a Roma, ed arrivato sul Po, un biglietto dal Padre superiore lo richiamava immediatamente a casa.) Ebbene quando è partito questo Coadiutore, giunto sul treno è andato a cacciarsi in un cantuccio, e stava là tutto solo senza parlare … Temeva che gli dessero qualche biglietto, a mio nome, in cui gli dicessi di ritornare a casa».[31]

 

«[Alle suore missionarie] Mi ricordo di un bravo Coadiutore che, per timore che io lo facessi tornare indietro, giunto alla stazione si andò a cacciare in un angolo del carrozzone ferroviario e più non si mosse. E noi? Chi va più presto in Africa e chi andrà più tardi. Chi non parte è una dimostrazione (di stima da parte) dei superiori il non farli partire, quindi non è una penitenza».[32]

 

 

Castità. «Messi per conservare la castità]. A tutti è necessaria la mortificazione a tavola e nel letto; ma specialmente nel lavoro. In comunità si dice che il lavoro è cosa molle e senza energia, e si cessa facilmente prima del suono della campana. Questo non è il lavoro che abbatte la carne; perciò deve stancarla ed abbatterla. Tenete ciò bene in mente o Coadiutori».[33]

 

 

Povertà e lavoro.  «Lavorare non solo per mantenere se stessi, ma anche per poter fare elemosina; voi non potete dare, ma tutti però dovete lavorare, non solo voi (ai fratelli), ma tutti lavorano».[34]

«In tutte le Religioni si lavora, e quando una parte deve tutta dedicarsi agli studi ed alla predicazione, vi suppliscono i Fratelli coadiutori; tuttavia anche ai lavori compossibili, come nei servizi di tavola, pure i sacerdoti attendono. […]. I missionari attenderanno anche all’esercizio dei lavori manuali; e per ben riuscirvi si faranno un impegno di abilitarsi nelle arti e mestieri utili per i luoghi di missione. […]. Questa è povertà positiva. Si, certo anche il materiale! C’è la fattoria ecc… il pane, bisogna seminare … Tutto per poter vivere, le case, ecc. Così i Coadiutori devono farlo con vero spirito».[35]

 

Le virtù del Coadiutore. «Per corrispondere alla vostra sublime vocazione dovete esercitare tre virtù: l'obbedienza, lo spirito di pietà e la carità tra di voi.

Obbedienza nelle cose grosse e nelle piccole, domandando tutti i permessi, ed ascoltando di cuore non solo i comandi, ma anche i consigli ed i desideri del vostro assistente. Felici voi, così sarete certi di fare sempre la volontà di Dio. […].

La Pietà deve essere il vostro cibo, prendete affetto alle preghiere accorrendo e non per forza in Cappella, non tralasciando alcuna preghiera, […]. Non tralasciate mai il Rosario.

La Carità, sopportandovi l’un l’altro, e non pretendere che gli altri si pieghino a noi. Tutti abbiamo difetti, diversi caratteri, correggetevi… Fate buoni discorsi».[36]

 

 

Umiltà. «Bisogna che vi esercitiate in tutte le virtù, nell'umiltà; anche nell'obbedienza, ecc.; ma soprattutto nell'umiltà; sentire bassamente di sé, reputarsi inferiore a tutti. Per esempio, tu. Luigi, (rivolgendosi al più giovane fratello) devi crederti inferiore a tutti gli altri, e credo che non ci voglia tanta fatica; e così ognuno degli altri. Il B. Sebastiano Valfrè era tanto fisso in questo sentimento che credeva di essere sopportato dai suoi compagni e temeva da un momento all'altro di essere mandato via; eppure faceva già dei miracoli, era il lustro della Congregazione. Non ci vuol mica uno sforzo per farsi umili: l'umiltà è verità! Esaminiamoci e guardiamo quel che abbiamo di nostro: la vita, l'ingegno, l'abilità al lavoro, la sanità è tutto di Dio; di nostro non abbiamo che il peccato».[37]

«[Commento del decreto della Santa Sede sui fratelli laici degli ordini religiosi] Amore, affezione all’umiltà, e quando c’è qualche ripugnanza, vincerla; se non viene dal cuore non è più umiltà. Preghiamo il Signore che ascolta la preghiera di noi che vogliamo essere umili, e, quando ci arriva l’occasione, vinciamola; in particolare, dice quel decreto, è la prima virtù, che dopo la civiltà e la carità è necessaria ai Coadiutori».[38]

 

«Sapete di quel predicatore che convertiva tante anime, e poi invece quelle anime erano dovute a quel Fratello che pregava, era umile e le convertiva».[39]

 

 

Difetto da evitare. «Ah! Guai a colui che mette male in mezzo agli altri! In Africa c’era un Coadiutore che faceva così … Anche qui mancava già di sincerità, … che se ne facciano, pazienza! Ma almeno che ci sia la sincerità di confessarlo! … Ebbene in Africa ci è messo a metter male fra i Coadiutori che mi scrivevano, poi sono venuti tutti a un filo da perder la testa. … Guai al metti male! E’ un demonio incarnato! …. Quanta responsabilità avrà al tribunale di Dio!».[40]

 

 

SCIENZA E STUDIO

 

Importanza della scienza in genere. «Parlando della scienza intendo la cognizione di tutto ciò che si richiede per divenire un buon missionario, cioè, la scienza propriamente detta e quella delle arti e mestieri, poiché tutte e due sono necessarie per salvare anime; ed il missionario, sia sacerdote come il coadiutore è eletto a questo fine”.

 

«Noi la prendiamo [la scienza] in senso largo, non solo quella dei libri ma di tutte, anche ortolano e calzolaio ecc. Per i Chierici la parte principale è lo studio, ma anche il lavoro; i Coadiutori lavorano, ma anche studio. […]. Bisogna sapere altrimenti non si insegna la verità; ed anche i Coadiutori e le Suore devono capire per non dire spropositi; e questo è il motivo per cui si è cominciato a fare l'istruzione, che mettono in pratica ciò che leggete nei trattati: dategli tanta importanza. […]. Vedete dunque l’importanza che c’è nella scienza. … perché anche per noi è molto necessaria, come missionario e come Coadiutore; ma tuttavia è prima la bontà. Certi santi con meno scienza e più santità hanno fatto molti miracoli».[41]

 

«I Coadiutori prima questa [studio delle lingue e arti e mestieri] senza trascurare la prima [studio della teologia] con lo studio della dottrina cristiana, ecc. Anch’essi saranno parroci. […]. Là in Africa avrete tutti, anche voi Coadiutori, una parrocchia, e vanno tutti alla domenica a fare catechismo, e Carlino dice che è un bravo parroco, ora dice che ha preso le pulci e non ha potuto visitare la sua parrocchia, dunque vedete. L’importanza di sapere anche per voi Coadiutori, quando non avete da fare, studiare il catechismo».[42]

 

«Non studiare solo in modo che si carta cadit tota scientia vadit. … essi fanno la loro parte, e così i Coadiutori fanno la loro parte».[43]

 

 

Studio della S. Scrittura. «Dovete raccomandarvi al Santo Gerolamo perché vi ottenga un vivo amore ai S. Libri, ed il dono di ben intenderli. Nell’Istituto questo è lo studio primo, che forma materia di tutti i corsi; in missione dovrà essere la vostra lettura quotidiana e la vostra consolazione, come gli Ebrei habentes solatio S. Libros (Maccabei). E’ ciò anche per voi Fratelli, specialmente quanto al Nuovo Testamento. Vergogna per noi è l’esempio dei protestanti».[44]

 

«Tanto più devono amare e studiare la S. Scrittura i sacerdoti, i chierici, i Coadiutori; nessun Coadiutore deve essere senza il Nuovo Testamento!».[45]

 

 

 

LAVORO E STUDIO

 

Lavoro e studio per la missione. «Più si acquista la scienza, più bene si farà alle anime; è per questo che bisogna animarsi a studiare. Per un monaco basta avere la pietà, ma un sacerdote, un missionario deve avere la scienza e perciò deve acquistarla con lo studio. E per studiare è adesso il tempo. […]. La S. Scrittura è il primo studio senz’altro per i chierici e i Coadiutori. […]. Poi c’è la filosofia e la teologia secondo l’orario della comunità. Poi vengono le materie secondarie, le quali però, se sono secondarie per altri non sono così per un missionario.

Così i lavori manuali: come sono importanti! Domandatelo a quelli che sono stati in missione come servono! Servono a diminuire le spese, poi servono di occasione per insegnare il catechismo. S. Paolo, che pure aveva diritto di non lavorare, lavorava per mantenere sé e i suoi compagni. S. Girolamo Emiliani per fare il catechismo si univa a quelli che tagliavano il grano e li aiutava a tagliare e così poteva insegnare loro catechismo. Il Card. Massaia rattoppava i neri e con quella carità prendeva l’occasione di avvicinarli! Ah quanto sono importanti! Quindi devono essere contenti e santamente orgogliosi i Coadiutori ed anche gli altri. Tutto viene in taglio! […]. Poi ci sono le lingue! Se uno non sa la lingua, non può manifestare quello che sa. […]. E poi tutto: medicina e chirurgia, studiarla bene e andare all’ospedale a far pratica: si è sempre fatto! Monsignore si raccomanda tanto di avere dei medici per noi e per gli altri!».[46]

 

«[Alle suore missionarie] Vedete, di là hanno tanti studi e non possono lavorare tanto, tuttavia io insiste sempre che lavorino. Hanno le loro ore di lavoro: tutti devono imparare a fare un paio di scarpe, a fare un po' il falegname ecc., ma naturalmente non possono lavorare tutto il giorno, perciò ci sono coadiutori i quali sono prima per il lavoro e poi per un po’ studio (teologia)».[47]

 

 

 

LAVORO

 

Lavorare e fuggire l'ozio. “Questo corpo ha bisogno di essere stancato per mezzo del lavoro. Così voi Coadiutori lavorate intensamente! Fuggite l’ozio! Dunque prima cosa essere occupati, fuggire l’ozio; quando si studia, studiare; quando è tempo di lavorare; lavorare bene, non da folli. E così fare anche un po’ di lavoro di testa, non solo un lavoro di fatica».[48]

 

«Avete sentito nella lettera di Fratel Giuseppe che ha dovuto fare il carbonaio. Aveva bisogno di carbone per lo forgia; monsignore avrà detto: “Ti aggiusti!”. E lui ha dovuto andare nella foresta, tagliarsi il legno, farsi il carbone, fare il carbonaio, aggiustarsi».[49]

 

«[Al Fratel Michelino» E tu Michelino? Quanti anni hai? (16, non ancora compiuti) sta lì non muovere più, finché ci sia passata la guerra. Vedi adesso sono fortunati i giovani ed i vecchi, perché non hanno da andare alla guerra Tu sei giovane ed io vecchio: fortunati tutti e due! E adesso cosa fai? Quando sarai in Africa ti metteranno a lavorare in una vigna; adesso la vite non produce ancora; andrai poi tu a piantare il vigneto, così non ci sarà più bisogno di mandare il vino da qui».[50]

 

«[Patrocinio di S. Giuseppe] Il lavoro non è solamente un dovere, ma è anche un onore per essere stato santificato da N.S.G.C. e la S. Famiglia. Per 30 anni Gesù con Giuseppe lavorò nell’umile mestiere di falegname e di Lui sta scritto: Pauper sum ego et in laboribus a juventute mea. La strada più diritta per farsi santi, per cui molti abbandonano gli onori e le ricchezze e lo stesso sacerdozio (es. Beato Alano). Specialmente i missionari anche sacerdoti, devono lavorare materialmente. Lo dicono le nostre Costituzioni al N. 26. […]. Stimatevi tutti, e specialmente voi Coadiutori, fortunati di seguire questi doveri ed esempi. Ma si lavori per amor di Dio, e quindi con energia e per imparare. Raccomandate a S. Giuseppe».[51]

«Il lavoro manuale non è solo pei Coadiutori, ma per tutti; chi non lo fa volentieri manca di qualche cosa alla sua vocazione. In Africa ci vuole per tutti, e voi Coadiutori non credete di essere in basso; anche Gesù ha fatto la volontà del Padre facendo per trenta anni il falegname!

Non abbiamo mai paura di imbrattarci le mani! Bisogna affezionarsi al lavoro: per me sarà un po’ di penitenza ed un mezzo necessario per fare il bene … Siete pochi! … meglio poche missioni, ma curarle molto … ognuno di noi deve essere capace di fare per molti altri …».[52]

 

 

 

ATTIVITÀ VARIE IN MISSIONE

 

Si fa di tutto. «Avete letto le lettere di Carlino? … Ha battezzato, vedete … lo spirito dei Coadiutori. […]. Ringraziamo il Signore, si fatto il bene che si può. […]. Calzoleria, legatoria; non dire: non sono fatto. Storie! Fatto per tutto. Non disprezzare nulla e così al fine si sarà un buon missionario un Africa. […]. Così voi Coadiutori: anche il Coadiutor Giovanni dice che quando non sa rispondere li fa lavorare».[53]

 

 

DEFUNTI - MORTE DI FRATELLI

 

Missionari defunti. «[Nella S. Messa] Prima di tutto gli ho ricordato tutti i vostri defunti, e poi i vivi. N. Signore aveva già voluto prendere una rappresentanza di tutti i nostri missionari: Sacerdoti in Africa e qui, Chierici e Coadiutori».[54]

 

Fr. Giacomo Gaidano. «[Per la morte del Coad. Giacomo Gaidano] Ad edificazione ed esempio vostro sentite ciò che mi scrisse il 29 Sett. 1915: “S’incomincia al mattino con un lavoro, e alle volte prima che sia notte se ne fanno anche dieci di generi diversi. Però quando si lavora per il Signore, si avesse ben da farne venti, oltre che dieci, va sempre bene, solo che si faccia la Sua volontà, e per Sua maggior gloria.” Il 28 Marzo 1916 da Gaturi “Ho detto ch’ero solo¸ ma ho detto un gran sproposito, perché nella Chiesa vi era il SS. Sacramento; e quindi altro che solo; ero nientemeno che col re dei re, ed io solo a corteggiarlo. Lungo il giorno lavorando da falegname … , lavorava accanto alla Chiesa per così essere vicino a Nostro Signore, e per poter pensare solo a Lui, facendo atti di adorazione e di amore, per supplire a quelli che avrebbero fatto i miei confratelli che andarono a Tuso pel battesimo di Caroli».[55]

 

«[Alle suore missionarie] È andato in Paradiso un nostro Coadiutore. Vedete, il Signore ha preso una vittima in guerra, il chierico Baldi; il chierico Leynardi (non era ancora partito per il fronte) ed una in Africa, il Coad. Giacomo Gaidano. Quando sono tanto buoni rincresce, ma d’altra parte fa piacere. Vedete come fa il Signore?! Fa come dice S. Agostino: i cattivi li lascia qui, perché abbiano tempo a perfezionarsi, ed i buoni se li prende. Questo Coadiutore era buono e se l’è preso. … Fa piacere morire così, benedetto da tutti. Questo giovane aveva sempre delle buone parole, aveva sempre un sorriso. Tutti lo lodavano. Pensate che era disposto a vivere 80 anni ed anche 120 come S. Romualdo.  Fa piacere morire così, benedetto da tutti. Questo giovane aveva sempre delle buone parole, aveva sempre un sorriso. Tutti lo lodavano. Aveva tanta volontà. […].

Nel nostro modo di vedere questa perdita pare una disgrazia, ma in realtà non lo è. Anche dal paradiso aiutano. Il Signore ha voluto premiarlo; cosa farci? Il Signore è padrone Lui».[56]

 

«[Alle suore missionarie] Adesso vi leggo qualche parola di quel bravo (Coadiutore) che il Signore ci ha preso. Scriveva dalla Madonna delle Grazie il 29 settembre 1915: «S'incomincia dal mattino a variare le occupazioni secondo il bisogno, però quando si lavora per il Signore, se si dovessero ben cambiare 20 lavori anziché 10, va sempre bene, solo che si faccia sempre la sua volontà e per sua maggior gloria». Quando una non ha nessuna occupazione fissa e quindi deve cambiare continuamente i lavori, e ben? ... che importa? Essere sempre indifferenti, anche nei lavori; purché si faccia la volontà di Dio. In un'altra lettera - siccome si trattava di dare il Battesimo a Karolí l'hanno lasciato a casa - diceva: «Ero solo con un catechista che serviva a tenermi compagnia la notte, in caso di qualche incidente. Avevo la casa, i maiali, le galline da accudire... Ho detto che ero solo, ma ho detto male, perché nella chiesa v'era il SS. Sacramento, e quindi, altro che solo! ... Ero niente meno che col Re dei re, ed ero io solo a corteggiarlo. Lungo il giorno, dovendo   fare qualche lavoro, portai il banco da falegname vicino alla chiesa; così di lì potevo pensare di più al Signore e meglio supplire a quel che avrebbero fatto i miei Confratelli che erano andati a Tusu ». Vedete, teneva tanta compagnia a Gesù già in questa terra, ed ora è andato a fargliela in Cielo».[57]

 

«[Alle suore missionarie] Fate come quel bravo coadiutore (Gaidano). I Signore era là e lui lo adorava continuamente. Metteva presso di lui il suo banco da falegname e lavorava da falegname. […].

 Imparate a vivere di fede come viveva lui, il quale era indifferente anche nel cambiare sovente i lavori per assecondare l’ubbidienza. Diceva sempre: Purché si faccia tutto per amore di Dio. Nella lettera che vi lessi diceva che era solo, ma a di quella parola se ne fece un’accusa e subito aggiunse: era con il Re dei Re … ed infatti si trasportò il banco. Così, vivendo sempre di fede si meritò la grazia di partirsene più presto degli altri.

Il babbo e la mamma di questo coadiutore sono venuti a trovarmi e piangevano. Io dissi loro: Sareste stati più contenti se fosse morto qui sacrestano (faceva il sacrestano), oppure là, missionario? Oh, missionario! risposero. Fate come quel bravo coadiutore che è morto; il Signore era là e lui lo adorava continuamente».[58]

 

 

Fr. Umberto Arossa. «In Africa è morto Coadiutore Umberto Arossa. Era già un po’ di tempo che non stava tanto bene ed è morto che aveva 33 anni. […]. Era partito per l’Africa 11 Gennaio 1911. [.... Il Signore lo ha sempre favorito e aiutato. A Torino frequentava tanto la Consolata ed un giorno la Madonna gli ha fatto sentire la sua voce: “Tu mi chiami tante grazie, chiamami anche quella che voglio io”. Allora è stato preso da una malattia infettiva, e fu trasportato all’ospedale Vittorio Amadeo; e mentre stava là stucco domandò un libro al servente. Costui gli portò la pratica di amar Gesù Cristo di S. Alfonso, e alcuni annali della Propagazione della Fede: e da questa lettura gli venne la voglia di farsi missionario. Perciò dopo ha domandato il prete, D. Andrea, che confessa ancora adesso in quell’ospedale, gli ha detto che voleva farsi missionario, e gli ha domandato dove voleva andare. E quel prete lo mandò alla Consolata. Allora è venuto da me … e ha poi fatto la vestizione il 6 Gennaio 1911.

Ultimamente, siccome non stava bene, si voleva farlo rimpatriare. Ma quando Monsignore è tornato dal Meru, lui è venuto alla stazione per supplicare Monsignore che non lo lasciasse venir via … E Monsignore ha detto.” Per questo non c’è premura: per ora aspettiamo…”. Il Signore ha disposto così … Certamente è stato molto più contento di morire là sul luogo dell’apostolato, che non tornare su … Qui faceva il calzolaio … e faceva anche scuola, perché era istruito».[59]

«È morto un nostro Coadiutore in Africa, si chiamava Umberto, aveva 33 anni. Era un bravo giovane. Non aspettavamo che il Signore ce lo prendesse così presto, ma cosa mai… il Signore è il padrone.

È fortunato: è morto con la palma degli apostoli; chissà quanti battesimi ha dato! Insegnava, faceva anche scuola. Non c’è che piegare la testa quando il Signore vuole così».[60]

 

 

Fr. Michele Cavigliasso. «[Alle suore missionarie] Il nostro Coad. Michele non si vide mai triste: aveva un fastidio, una malignità, un’impazienza ecc… deponeva lì in Gesù Sacramentato. (Dice questo nel dare annunzio della morte del Coad. Michele Cavigliasso)».[61]

 

«[Alle suore missionarie] Il Coad. Luigi scrive che Michele era sempre tranquillo e devoto. Quando gli dicevano che era il più vecchio, perciò toccava a lui morire, era contento. Mandò una lettera ai suoi poco prima di morire, parlando della morte come se sapesse che doveva morire. Era uomo di fede, che pregava; ed il signore manda le ispirazioni, li prepara. Quel fratello era sempre allegro. Ah! Pensare alla morte fa stare allegri! …».[62]

 

«[Alle suore missionarie] Il nostro Coad. Michele mai più avrebbe creduto di morire così giovane. Aveva solo quarant’anni, era robusto. Uscito a cavallo, un giorno non tornò più a casa».[63]

 

 

Fratello anonimo. «[Alle suore missionarie] Voglio leggervi un fatto di un coadiutore che ha assistito un condannato a morte. (Legge una lettera di un coadiutore che catechizza i prigionieri e la relazione riguardo ad uno do issi il quale fu condannato a morte, la cui anima fu salvata dal medesimo coadiutore). Anche un ciabattino può salvare anime. Questo fa vedere che si vuole fare del bene, lo si può fare in qualunque condizione e circostanza».[64]

 

 

 

VARIE

 

Avvisi e norme disciplinari. «Desidererei che tutti parlassimo italiano, tutti. È un gran bene anche per i Coadiutori, che anche alla partenza non abbiano da fare brutta figura».[65]

 

«[Alle suore missionarie] Di là dai missionari hanno fatto la funzione di partenza di un Coadiutore».[66]

 

Dimissione di un fratello. «Carlo dopo dodici anni che era qui! ecco che in questi ultimi due anni... noi abbiamo usata tanta tolleranza, ma lui ubbidienza niente! voleva fare come voleva! E anche alla Consolata erano tutti stanchi, perché andava là, e si chiudeva in una camera, e nessuno più lo vedeva: e l'abbiamo preso alle buone, ma non c'era modo!

Il giorno poi di S. Giuseppe, vedete che cuore, che bel complimento da fare! invece di scrivere la lettera di augurio come fate; mi ha scritto una lettera di prepotenza, quattro pagine di foglio, dove si lamentava di tutto, e persino dell'ultima vestimenta che gli avevo fatta fare nuova. E diceva che lo mandavo vestito come una zebra: e così di quel passo».[67]

 

«[Alle suore missionarie] Non si è mandato via nessuno per essersi troppo confidato. Ho mandato via tre coadiutori poco fa, non perché si siano confidati, ma perché non si sono confidati. A confidarsi non c’è mai da pentirsi».[68]

 

Le suore missionarie sono collaboratrici. Voi siete suore che servono i sacerdoti, i quasi sacerdoti ( i coadiutori)».[69]

 

Il Fondatore legge lettere di Fratelli alle suore. «Legge una lettera del Coad Falda. “Vedete che non rimpiange, anzi, hanno tentato di trarlo fuori dall’Istituto, geloso (della sua vocazione), ma egli disse:” Aspetto un’altra paga”. Poco fa è stato qui il Console Italiano di Nairobi e mi diceva:” C’è quel tipografo (Coad. Angelo) che se volesse andare a Nairobi guadagnerebbe oro a volontà … ma lui non vuole”. Ecco lo spirito che ci deve essere nell’Istituto e grazie a Dio c’è questo spirito. Coad. Benedetto mi scriveva. “Sono maligno, mi mandi una benedizione che venga più buono. Tutte le sere domando perdono a Dio e scusa a chi ha trattato male».[70]

 

«Non vi avevo mai detto niente del Kaffa, bisogna parlarne perché fa del bene (legge una lettera del Coad. Carlo dal Kaffa)».[71]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LETTERE A SINGOLI FRATELLI

 

 

Al Fr. Luigi Falda

Torino 12 Dicembre 1902.[72]

Caro Luigi,

Dal tuo ritratto vedo che godi buona salute, e mi scrissero che hai buone gambe... Bene, la barba se non vuol sorgere, non importa; dovrai sempre essere semplice e puro come un matotu [ragazzo, ragazzino]. Ti do anch’io la notizia che il caro fratello Benedetto, il quale tanto piangeva al tuo partire, è già entrato nell’istituto, ed ora fa gli Esercizi Spirituali. La buona madre ne fu contenta ed anche il padre, i quali da veri cristiani ne fecero il sacrifizio. Scrivigli una lettera di rallegramento e d’incoraggiamento.

Avrete un nuovo confratello di nome Andrea, amatelo ed aiutatelo a farsi con voi forte missionario ed a non scoraggiarsi nelle prove...

Prega anche per me, che ti voglio santo...

Tuo aff.mo in Nostro Signore Gesù Cristo

C. G. Allamano

 

 

Torino 13 Settembre 1917.[73]

Caro Luigi,

Non ti rifiuto certamente una parola d’incoraggiamento. Ti conosco per non disanimarti maggiormente. Ti devi sempre tenere alto ad onta delle tue ripetute infedeltà. Il Signore ti perdona, ti sopporta; ma tu confessati sovente e bene; se necessario anche ogni giorno. Prega poi, anche ne sentissi ripugnanza. Il buon Dio che ti fece tante grazie non ti abbandona: digli che coroni le sue grazie col dono della perseveranza, che tu in Paradiso sarai un trofeo della Sua misericordia.

Coraggio, e sempre incomincio: Nunc coepi. Prego tanto per te la cara Consolata.

Il C. Camisassa non ha semi di Wattle; ne fece venire, ma seminati qui, non nacquero, il clima è troppo freddo. Potresti scrivere a Mons. Perlo, che te li manderà per pacco postale.

Adunque animo in Domino; ti benedico

Aff.mo in G. C.

C. G. Allarmano

 

 

 

W. G. M. G. Torino 13 Dicembre 1917.[74]

Caro Luigi,

Mi rallegro con te della grazia ricevuta, e penso di avervi contribuito colle mie preghiere alla SS. Consolata. È segno che il Signore ti vuol bene; sta a te corrispondervi con tenacia e costanza.

Coraggio e confidenza.

Mi fai sempre piacere a scrivermi; avrai solo pazienza se io non ti rispondo subito e sempre.

Avanti nella vita religiosa ed infine ne sarai contento. Benedetto sta bene, e serve negli Ospedali. [di guerra].

Prega per me, che quale figlio ti benedico.

Buon Natale... aff.mo in G. C.

C. G. Allamano     

W. G. M. G. Torino 4 Gennaio 1918.[75]

Il CAN.CO  GIUSEPPE  ALLAMANO

RETTORE DEL SANTUARIO DELLA CONSOLATA

SUPERIORE DELL’ISTITUTO CONSOLATA

PER LE MISSIONI ESTERE   –  TORINO

 

Si rallegra col caro Luigi della grazia ottenuta; è segno che il Signore ti predilige ed è pronto anche a concederti grazie maggiori. Viviamo di confidenza.

Tanti cordiali augurii pel corrente anno, che sia un tempo di progresso nel bene; e ciò ad ogni costo. Mi sarà sempre caro ogni tuo scritto; però non aspettando subito e sempre risposta. Questa farò certamente sempre presso la SS. Consolata.

Coraggio adunque e dì ogni mattina: Nunc coepi: Incomincio.

Ti benedico di tutto cuore

aff.mo in G. C.

C. G. Allamano.

 

 

Torino 17 Febbraio 1918.[76]

Caro Luigi,

Ho ricevuto a suo tempo la tua lettera con quella pel fratello Benedetto. Questa spedii al medesimo dopo pochi giorni. Ritardai a risponderti per le molte mie occupazioni; ma gradii molto le buone notizie. Ora ricevo la tua con altra a Benedetto e te ne ringrazio.

Continua pure a scrivere a me e al fratello come scrivesti finora. Le tue lettere gli faranno del bene. Tu intanto fatti coraggio, e procura di santificarti dove Dio ti vuole. Lontano da me non sarai dimenticato; ma ti terrò sempre come figlio della Consolata, ed a Lei ti raccomando.

In Paradiso ci troveremo poi insieme se ciascuno adempiendo i propri doveri procurerà di tendere alla perfezione cui il Signore ci ha chiamati.

Coraggio...; riverisci i tuoi degni Superiori

 aff.mo in G. C.

C. G. Allamano.

 

 

Torino 21 Luglio 1920.[77]

Carissimo Luigi,

Non devi inquietarti pel mio lungo silenzio. Ho tante occupazioni che mi fanno sempre allungare le risposte alle lettere. Era più comodo quando venivi a trovarmi nelle tue gite a Torino. E poi aspettavo sempre lettere da Benedetto per accompagnarle.

Credi però che non ti ho abbandonato e ti ricordo sovente presso la nostra SS. Consolata. Quindi le tue lettere mi sono sempre care, sebbene io non ti risponda subito e sempre. Ti raccomando tanto di abbandonarti alla S. volontà di Dio in tutti gli eventi, pensando che il Signore ti vuol bene, dimentica le nostre miserie e ti darà il Paradiso.

Coraggio dunque sempre anche nelle tue miserie; Dio non è come l’uomo che pensi a castighi, ma vuole misericordia.

Ti benedico, e tu prega per me

aff.mo

C. G. Allamano.

 

 

 

 

W. G. M. G. Torino 16 Novembre 1920.[78]

Carissimo Luigi,

Invitasti ripetutamente il fratello Benedetto di venirti a trovare a Roma od a Frascati. A me pare che dovresti venire tu a Torino per rivederlo. Voi dovete avere una riduzione sulle Ferrovie, che noi non abbiamo. E poi il fratello venne dall’Africa per festeggiare il cinquantesimo di matrimonio dei genitori; mi pare che sia conveniente che anche tu vi venga da più vicino. La tua salute non solo non ne perderà, ma ne guadagnerà da pochi giorni di aria patria.

Esponi la cosa a’ tuoi buoni Superiori, specialmente al Superiore Gen.le, e digli anche della mia umile domanda ed insistenza.

Benedetto partirà presto per l’Africa, è quindi necessario che non aspetti a venire.

Il Signore ti benedica.

Aff.mo in G. C.

C. G. Allamano.

 

 

Torino 20 Giugno 1922.[79]

Dichiaro io sottoscritto che il Signor Falda Luigi nel tempo che passò nel nostro Istituto, cioè dal 28 Dicembre 1901 sino a Luglio 1907, tenne buona condotta e non contrasse alcuno impedimento canonico.

C. G. Allamano Rettore.

 

 

Torino 13 Giugno 1924.[80]

Mio caro Luigi,

Non ti ho mai abbandonato; se non ti scrissi fu perché non ne sapeva il preciso indirizzo, e poi pensava che presto saresti ritornato a Torino. Del resto ti considero quale mio antico figlio, e ti faccio partecipe del bene che operano i nostri missionari in Africa. Ti esorto a stare tranquillo nel Sacro Cuore di Gesù, e non ti lasciare sopraffare dal nervoso e fors’anche dalle insidie del demonio. Diceva S. Agostino che egli si poneva nel Sacro Cuore, e lì stava tranquillo ed in pace: tuta requies in visceribus Salvatoris.

Prego per te la nostra Ss Consolata specialmente in questa Novena; e tu prega pel tuo

Aff.mo

C. G. Allamano

 

 

Al Fr. Benedetto Falda.

Torino 22 Aprile 1903.[81]

Al mio in Nostro Signor Gesù Cristo Figlio Falda Benedetto perché nella costanza della sua vocazione riesca santo missionario.

Canonico G. Allamano Rettore

 

 

 

 

Torino 3 Febbraio 1904.[82]

Mio caro Benedetto,

La tua figura svelta e schietta mi viene sovente alla mente, e nella mia camera sovente mi pare di vederti entrare, e parlarci alla buona. Potessi rivederti! ... Ma ti vedo e ti parlo nel Signore e presso l’altare della cara Consolata, alla quale ti raccomando per la perseveranza nella grande grazia che hai ricevuto.

Pensa che questo è un brutto mondo, e che dovunque bisogna soffrire. Costì almeno fatichi per guadagnarti un bel Paradiso, che acquisterai ad onta dei tuoi difetti inevitabili alla miseria umana. Fatti sempre coraggio e sta allegro nel Signore: suona e canta quando ti assale la malinconia.

Il R. T. Perlo ti avrà già fatto i miei complimenti per l’impegno attorno alla sega, così pure il Sig. V. Rettore; ora te li faccio io direttamente. Con questo lavoro tu sarai di grande utilità alle missioni; ed il Signore ti mandò specialmente per questo scopo a cooperare alla conversione di cotesti infelici.

Mi piacquero i tuoi diari, specialmente pel candore di schiettezza con cui li scrivi. Continuali sempre così, pensando che parli ad un padre che ti ama in Gesù teneramente, e che non li legge ad altri se non in quelle cose che non sono confidenziali.

La tua famiglia sta tutta bene, e si ricorda di te, specialmente la tua mamma che viene a trovarmi.

Coraggio adunque, mio caro Benedetto, prega per me che di gran cuore ti benedico, e ti raccomando ben sovente alla cara Consolata.

Nel Signore aff.mo

C. G. Allamano

 

P. S.: A quest’ora forse avrai già abbracciato il caro Anselmo; come ne sarai stato contento!

Un certo Bertone, meccanico, tuo amico, desidera pure di entrare nell’istituto; vedremo se sarà vera vocazione4. Ecco l’effetto del tuo buon esempio e delle tue preghiere.

 

 

Torino, 4 Agosto 1904.[83]

Carissimo Benedetto,

Dalle tue lettere rilevo che non perdi l’allegria anche a dispetto delle malattie. Bravo! continua in questo spirito, ed il Signore ti aiuterà. Lessi ai confratelli dell’istituto la tua lettera, e ne risero di cuore: Benedetto è sempre Benedetto!

Io spero che sarai ora guarito, e procurerai di esserlo usando i rimedii necessari. Pensa che hai abbandonato i parenti, amici e patria per amor di Dio; che ti renderà il centuplo in questo mondo, e nella vita futura la gloria eterna. Questo pensiero spinse tanti a lasciare ogni cosa, e consacrarsi ad ogni sorta di sacrifizi: il Paradiso è così bello, che non sarà mai abbastanza pagato.

Procura col caro Agostino di aiutarvi a farvi santi sotto l’ubbidienza; ed eccovi felici anche colla privazione di tante cose.

Il Signore ti benedica, e la cara Consolata ti preservi dalle disgrazie.

Nel Signore aff.mo

C. G. Allamano R.

 

 

Torino 26 Gennaio 1905.[84]

Carissimo Benedetto,

Ben sovente penso al mio caro Benedetto, e vorrei nuovamente averlo al mio fianco in mia camera per sentirlo parlare sempre animoso ed allegro. Anche fra le suore ed i chierici dell’istituto è ricordato molto il brio e l’attività di Benedetto.

So bene che pel tuo cuore sensibile è facile la nostalgia ed un po’ di melanconia, ed hai bisogno di qualche parola d’incoraggiamento cordiale.

Quando è così pensa a me, ed immaginati di sentire da me un coraggio in Domino e quanto ti direi! E poi non hai il superiore che ti vuol molto bene e mi scrisse tante belle cose di te? E poi Gesù in Sacramento, che rende leoni i deboli! Sei sacrestano...!

Desidero che non ti affatichi troppo nel lavoro, e sudato ti ripari bene dall’aria e dall’umidità; insomma voglio che ti usi i dovuti riguardi per la salute. Non riprovo le tue lunghe lettere ai parenti ed agli amici, che tanto ne godono: scrivi pure e lungamente; ma perché io non divenga geloso, scrivi pure molto a me ed al Signor V. Rettore.

Giungerà un caro giovane, Aquilino Caneparo, che sa bene la professione di falegname ed insegnerà ad altri; ricevilo come un fratello minore, come fosse il tuo Alessandro. Egli è fratello come voi ed in tutto osservante delle vostre regole; amalo ed aiutalo a farsi buon missionario, tenendolo (in confidenza) lontano da Ametis... Confido in te ed in Agostino.

Coraggio nel Signore e nel Paradiso, che, quando non avrai più voglia di stare in terra, ti è preparato.

Ricevi una mia speciale benedizione che ti do ai piedi della nostra cara Consolata.

Aff.mo in G. C.

C. G. Allamano R.

 

 

25 Febbraio 1906.[85]

Sempre carissimo Benedetto,

Le tue lettere (un po’ scarse) mi sono carissime, specialmente l’ultima, colla quale mi parve di trovarci insieme nella mia camera il giorno che ti presentasti a me per la prima volta. Credimi, che negli scritti si vede tutto il tuo cuore, e mi piacciono grandemente.

So che di salute stai meglio, ma io voglio che guarisca perfettamente, e te lo comando in nome della Consolata. Procura di non stancarti troppo nel lavoro, non affannandoti, ed avendo pazienza quando (ed è sovente) tutto non va a tuo gusto ed i neri ignoranti non ne capiscono.

Ciò che ti raccomando particolarmente si è di non mai scoraggiarti de’ tuoi difetti, sia di umiltà, di ubbidienza, di carità o d’altro. Non sei ancora santo, e di questa roba ne avrai sempre finché vivrai, frutto in gran parte del tuo carattere vivace. Basta che abbia davanti a Dio il desiderio di emendarti, di diminuire la quantità e la gravità delle mancanze, cadendo umiliarti davanti a Dio ed ai compagni o superiori. E poi allegro come prima e la S. Comunione quotidiana.

Quanto bene puoi fare a cotesti neri coll’istruirli a lavorare, e loro insegnando le verità della nostra S. Fede! Nel diario scrivi al minuto i discorsi che fai con loro; credimi il tuo diario ci piace molto, e fallo almeno una volta la settimana.

La tua buona mamma, che vedo sovente, prega per te e per la stabilità della tua vocazione; gradirono i parenti i tuoi regali e sono contenti di averti missionario della Consolata.

Adunque, coraggio sempre, caro Benedetto, rispondimi presto, e pensa che il giorno della tua festa dirò Messa per te, perché ti faccia santo e santo missionario.

Nel Signore aff.mo

C. G. Allamano R.

 

 

6 Marzo 1908.[86]

Caro Benedetto,

Mi piace la tua sincerità ed apertura di cuore. Anch’io ti parlo da padre francamente. I bisogni presenti della Missione mi pare che esigano che tu ritardi di qualche mese la tua venuta in patria; così potresti essere supplito da alcuni fratelli meccanici che stanno preparandosi nell’istituto.

È vero che davanti a Dio nessuno è necessario, ed anche senza di te la Missione andrebbe avanti. Pensa però che sebben uomo e religioso hai un cuore molto tenero e la terra ed il sangue potrebbero farti perdere la vocazione che Dio ti diede, ed il Signore non è poi obbligato a sostenere nella lotta chi troppo confida nelle proprie forze. Non vorrei che più tardi avessi a pentirti del mal passo come già altri ebbero a piangerne.

Sii dunque uomo ed abbandonati alle disposizioni del Rev.mo P. Perlo; invece di fare i voti perpetui rinnovali solamente sinché ti presenterai da me a Torino, così fece Padre Gays.

Tuo fratello Luigi lavora dal fabbricante di organi Vegezzi-Bossi, ed ha discreta paga. Egli senza ripresentarsi alla seconda visita, ebbe il congedo assoluto dalle armi. Deo gratias! È sempre desideroso di ritornare nelle missioni, e me ne fa sovente domanda. Io lo animo a stare buono, ed a continuare il lavoro finché il Signore si faccia sentire meglio.

La nostra Consolata ti benedica e tu prega pel tuo aff. in G. C.

[Canonico G. Allamano]

 

 

S. Ignazio15 luglio 1908[87]

Carissimi [al teologo Mario Arese e a Fratel Benedetto Falda],

Nel desiderio di presto abbracciarvi, stimo bene darvi i seguenti avvisi.

1. Nell’istituto tenete un contegno edificante, pensando che tutti gli occhi degli alunni sono rivolti a voi per conoscere chi sono i missionari della Consolata. Il vostro parlare sia pio e senza dare giudizio dai vostri fratelli di Africa.

Siate regolari nelle pratiche della comunità e specialmente agli esercizi di pietà.

2. In mia assenza domandate al Sig. V. Rettore quando e come potete recarvi dai parenti, ed uscendo di casa consegnatevi al Sig. Prefetto.

3. Durante la vostra permanenza in Piemonte: 1) non dovete con alcuno parlare delle cose intime della missione e non giudicare e dire male dei missionari e delle Suore. 2) Non dovete scrivere lettere in Africa senza che passino per le mie mani. 3) Qualsiasi offerta riceviate sia in denaro come in oggetti, eccetto che dai parenti stretti, dovete consegnarla a me come data alla Missione.

Ponetevi subito sotto il manto della nostra Consolata nel caro Santuario.

Arrivederci presto... aff. in G. C.

C. G. Allamano

 

Non lettere ad altri, né andare al Cottolengo senza mio avviso.

 

 

S. Ignazio 23 Agosto 1908.[88]

Mio caro Benedetto,

Comprenderai che almeno è pari al tuo il mio dolore di non poterti più vedere ed abbracciarti prima della tua partenza per l’Africa. Avrei voluto essermi teco più trattenuto in privato colloquio a S. Ignazio. Ma fiat voluntas Dei. Ciò che non abbiamo potuto dirci ce lo diremo per lettera; io ti scriverò prima che tu parta di costì, e poi in Africa ripiglieremo l’antica intiera espansione di lettere. Certamente tu ritornerai col tempo a Torino, in caso estremo ai 39 anni. Allora forse io non ci sarò più, e sarò in Paradiso; ma ben dici che ci troveremo per sempre radunati colla nostra cara Mamma. Ti manderemo per compagno di viaggio il buon Don Morino e ti accompagneranno le nostre preghiere. Il Sig. V. Rettore ti spedirà quanto desideri; la roba che lasciasti a S. Ignazio ed a Torino, la filarmonica [!] desiderata, il revolver, ecc.

Sta certo che io continuerò a proteggere i cari Luigi e Celeste e procurerò che vivano da buoni cristiani. Tua madre venne a trovarmi Giovedì alla Consolata e si dimostrò avere nulla di te. Il Signore permise quelle miserie perché non ti costasse troppo la partenza e sempre più ti affezionassi alle missioni. In Paradiso ci rivedremo in santa armonia.

Intanto io ho già parlato al Deputato Marchese di Saluzzo, il quale s’incarica di parlare presso il Ministero ed il Ministro Tittoni dei nostri affari, e tiene per certo di sistemare tutto a nostro favore.

Per ora non scrivi ad alcuno il motivo della tua permanenza a Marsiglia e della tua partenza precipitata per l’Africa; fra pochi giorni ti farò sapere il modo di ciò annunziare a chi desideri scrivere.

Sta allegro nel Signore, il quale ti prepara tante grazie in compenso dei sacrifizii; e stimati felice di soffrire qualche cosa per amor di Dio, così potrai dire con S. Paolo: ora incomincio ad essere vero discepolo di N. S. Gesù Cristo.

Tante altre cose nel Signore... aff.mo in G. C.

C. G. Allamano R.

 

 

2 Settembre 1908.[89]

Carissimo Benedetto,

Ti vedo generoso, non solamente nel fare il sacrifizio di non più rivedere la patria, ma ancora nella risoluzione di renderti santo missionario: Deo gratias.

Veramente per godere la pace del cuore in questa misera vita bisogna essere risoluti e darsi a Dio intieramente, senza riserbo. Sii pio, umile, ubbidiente e dolce con tutti, e godrai un paradiso anticipato. Non mi stupisco della tentazione temporanea di scoraggiamento, hai ancora un po’ di mondo nella testa. Colla grazia di Dio ti passerà, e riuscirai un missionario di spirito; che vuol dire non vivere solo per lavorare ed anche far del bene ai neri, ma soprattutto procurare di convertirli col tuo buon esempio e colle tue preghiere. No, la nostra Missione andrà innanzi e prospererà, perché è opera di Dio e di Maria SS. Consolata. Passeranno gli uomini, con merito più o meno secondo il loro spirito, cadranno pure alcune foglie, ma l’albero benedetto dal S. Padre prospererà e verrà albero gigantesco; io ne ho prove prodigiose in mano. Fortunato chi resisterà alla tentazione e persevererà; egli vedrà esiti splendidi. Felice te che per essere il primo fratello, cui è data la fortuna di fare i voti perpetui, sarai capo di una grande schiera di santi fratelli in Cielo, e dovrai colassù anche ringraziare me che non ti risparmiai le correzioni. Per ora rinnova i voti finché il R. Superiore P. Perlo, al quale scrivo, ti faccia fare solennemente i voti perpetui. Fin d’ora ne hai il merito pel desiderio di farli.

Puoi mandare i ritratti a chi credi, ed anche a me che così ti rivedrò in effigie e ti abbraccerò come fossimo presenti.

Nel consegnare le tue lettere alla madre, vidi che ti vuol sempre bene; né si stupì che non ritornassi, anzi mi disse che già lo pensava; le dissi il vero motivo della leva e ne restò contenta. Ti scriverà una bella lettera. Ieri venne Luigi e ti chiamò fortunato; è pure rassegnato di non più vederti per non essere infelice come lui che perdette una vocazione, di cui non può darsi pace. Lo animai a stare buono, ed a proseguire la via intrapresa.

Domenica a S. Ignazio faremo in piccolo una funzione di partenza del buon D. Morino, e consegnerò ai giovani la tua lettera. Tu vi sarai presente in spirito e prenderai pure tu la paterna Benedizione.

Ti scriverò nuovamente colla venuta del compagno; frattanto fin d’ora ti raccomando di guidarlo ed aiutarlo fraternamente; è tanto buono, ma un po’ timido; è però felice di essere stato prescelto a partire.

Adunque coraggio nel Signore, e consacrati ai piedi di N. S. della Guardia come fossi ai piedi della nostra Consolata.

Ti benedico di tutto cuore... aff.mo in G. C.

C. G. Allamano R.

 

 

7 Settembre 1908.[90]

Carissimo Benedetto,

Ho ricevuto ieri al mio ritorno da S. Ignazio la tua lettera, e mi fu il compimento della gioja provata colassù nella bella giornata. Altri risponderanno alla tua bella lettera ai confratelli ed il caro D. Morino ti racconterà tutto.

Adunque coraggio nel Signore e buon viaggio per le Missioni, dove ti arricchirai di tanti meriti pel Paradiso. Te felice che superate le miserie mondane ti dai tutto all’unum necessarium, senza di cui il resto nihil prodest.

Non potendoti mandare altri libri te ne faccio tenere uno che letto e riletto ti farà molto bene e ti servirà di conforto nella vita dell’apostolato.

Va con fortezza cristiana, sii umile, dolce, ubbidiente e pio e sarai anche felice in terra. Saluti a tutti... Fa da guida al tuo compagno...

in G. M. G. aff.mo

C. G. Allamano Padre

 

 

8 Dicembre 1908[91]

Carissimo Benedetto,

Comprenderai come il mio cuore paterno abbia esultato nel sapere la tua professione perpetua. Il caro P. Morino me ne scrisse una minuta relazione [non conservata], riferendo i punti principali del bel discorso del P. Cagliero. Metti in pratica tale predica, e sarai il modello di quanti fratelli verranno dopo di te. La grazia ricevuta da Dio in quel giorno ti sarà di grande gloria in Paradiso; procura di corrispondervi colla fervorosa pratica delle virtù religiose.

Colla mia benedizione intendo confermarti come primo fratello dell’istituto.

Ricevi con le mie le congratulazioni del Sig. V. Rettore, dell’economo, del Prefetto e di tutta la Casa.

Nel Signore tutto aff.mo

C. G. Allamano R.re

 

 

All'ex Fr. Agostino Negro

Torino 6 aprile 1909.[92]

Io sottoscritto dichiaro che il Sig. Negro Agostino nativo di Robella (Asti) aggregandosi spontaneamente nel 1903 all’Istituto delle Missioni della Consolata, ed obbligandosi a cooperare per 5 anni senza alcun compenso pecuniario alla Opera delle Missioni, vi attese con impegno e con soddisfazione dei suoi Superiori, tenendo costantemente buona condotta religiosa e morale fino al tempo in cui, cessato il suo impegno verso l’Istituto stesso, se ne uscì di sua libera volontà e col consenso del sottoscritto. Riconoscente per l’opera prestata da lui all’incremento delle Missioni, me ne dichiaro soddisfatto e ne lo ringrazio.

Can.co Giuseppe Allamano Rettore

 

 

27 Marzo 1912.[93]

Caro Agostino,

Ho gradito le tue congratulazioni pel mio onomastico, e come padre spirituale ti pregai da S. Giuseppe tante grazie, anche la sanità, per poter adempiere ai tuoi doveri.

Ho trovato il sciroppo che desideri, proprio genuino, in Torino; e già ieri te ne mandai un botticino, in seguito riceverai gli altri due.

Fatti coraggio e curati subito. Non è il caso che pensi alle spese; sono ben contento di aiutarti con questo poco a guarire. Non ti ho più spedito le lettere perché speravamo sempre nell’arrivo del Sig. V. Rettore, e mai non viene. Ne sappiamo poco.

Prego per te e per la degna consorte; voi pure ricordatevi del vostro aff.mo

C. G. Allamano

 

 

Torino, 8 Agosto 1916[94]

Il sottoscritto, Superiore dell’Istituto Consolata per le Missioni Estere, attesta che il Sig. Negro Agostino lavorò per anni cinque – dal gennaio 1904 al dicembre 1909 – nel laboratorio-scuola delle Missioni del Kenya (Africa Orientale Inglese), distinguendosi per abilità e diligenza nell’arte sua di falegname, come pure nell’insegnarla agli allievi operai neri.

In fede

Can.co G. Allamano.        

 

 

A Fratel Luigi Bezzone

Torino 13 Novembre 1912.[95]

Caro Luigi,

Godo delle frequenti tue lettere; continua, e scrivimi minutamente le cose che vedi; si potrà unendole insieme fare un articolo pel periodico.

Non è più tanto lontano il tempo, in cui dovrai fare i voti perpetui; prega per meritarti sì grande grazia, e per tempo scrivimi esprimendo le tue intenzioni.

Rinnova ogni giorno la volontà di farti santo; ed usa i mezzi, specialmente l’esercizio della presenza di Dio, per lui sei costì.

Procurerò di mandare poco a poco per non fare troppe spese varie Vite di Santi per tutti e quelle che tu desideri. Per questa volta mandai 2 volumi del B. Sebastiano Valfrè; dopo verranno gli altri libri.

Adunque animo a farci santi missionari, ubbidienti di cuore e pazienti...

Ti benedico paternamente.

aff.mo in G. C.

C. G. Allamano s[uperiore]          

 

 

[data incerta].[96]

Il  CAN.CO GIUSEPPE ALLAMANO

RETTORE DEL SANTUARIO DELLA CONSOLATA

SUPERIORE DELL’ISTITUTO CONSOLATA

PER LE MISSIONI ESTERE – TORINO

al carissimo Coadiutor Luigi con tante benedizioni

 

 

Al Fr. Cesare Piacco.

22 Marzo 1914 [promemoria a matita].[97]

Stia in prova: 1) sincerità, sicché ad ogni bugia o detto non retto, a posta o no, subito andare a disdire; così si spera la conversione. 2) Non più usurpare cosa anche minima, e tutto consegnare ai superiori e staccarsene. 3) Lavorare non da comunità, ma con spirito.

Accetto:

1) di non mai fare i voti perpetui

2) di anche stare tutta la vita nella Casa Madre senza andare in Missione, e fare il calzolaio o altro sempre.

 

 

A ignoto fratello coadiutore

[Torino, 21 dicembre 1914].[98]

Son contento di te, del caro Bartolomeo e di Eugenio tuoi compagni. Amatevi, correggetevi ed aiutatevi a fare tutto per Gesù.

Vi benedico ai piedi della SS. Consolata, aff.mo in G. C.

C. G. Allamano sup.         

 

 

Al Fr. Carlo Gilardi

22 Marzo 1917.[99]

Caro Coad. Carlo,

Rispondo alla tua lettera, nella quale ti dichiari disposto a qualsiasi cosa.

Per conservare la vocazione religiosa e corrispondervi devi specialmente osservare i punti seguenti:

1. Ubbidire di cuore ai Superiori e praticare le Regole; domandare tutti i permessi sia in casa sia per fuori, e senza previa licenza non recandoti alle case private; anche a quelle delle sorelle.

2. Pel giuramento di povertà essere contento di quanto la Comunità provvede a’ suoi membri nel cibo, vestito, abitazione ecc.; intanto impiegare bene il tempo nei lavori propri secondo gli ordini e i desideri dei superiori.

3. Quale anziano, essere di esempio ai confratelli negli esercizi di pietà, nei discorsi famigliari ed in ogni cosa.

Il Signore ti faccia comprendere il bello della vita religiosa passata nel fervore e la consolazione che ne proverai in punto di morte.

Ti benedico

Rettore      

 

 

Al Fr. Giacomo Ronco.

[Torino, prima dell’agosto 1917].[100]

Caro Giacomino,

Coraggio..., continua in tutte le pratiche di pietà mentre hai tanto tempo; ringraziamo il Signore. Ti benedico

Rettore

 

 

Al Fr. Giacomo Gaidano.

[Torino, 20 agosto 1917][101]

E tu caro Giacomo pensa sovente al fine per cui hai lasciato tutto: per farti santo. Con questo pensiero e colla presenza di Dio riuscirai tranquillo e felice in mezzo a qualsiasi occupazione. Presto arriverà il giorno della tua Professione ed io ne avverto Monsignore. Coraggio, non temi le tentazioni.

Vi benedico come foste a me presenti, desideroso d’infondervi colla benedizione della nostra Consolata quanto un padre vi desidera in Domino.

Salutate i Sacerdoti e Coadiutori che sono con voi.

In G. C. aff.mo

C. G. Allamano s.

 

 

Al Fr. Aquilino Caneparo.

Torino 20 agosto 1917.[102]

Caro Coad. Aquilino,

Nella tua lettera del 25 Giugno mi scrivi consolanti parole sul tuo amore per la perfezione e ne godo. Prosegui in questo spirito ed otterrai il centuplo e la vita eterna.

Mi piacque la tua schiettezza nel parlare della cambiata dicitura dei N.ri 20 e 21. Devi sapere che sin dalla presentazione alla S. Sede delle Costituzioni nel 1909, ci fu notata la necessità di quel cambiamento; ed io ve ne scrissi subito, e so esservi pervenuta questa mia lettera e fu comunicata a tutti.

D’altra parte la diversità consiste in una licenza ragionevole, che è assolutamente necessaria all’essenza del voto, senza cui, disse Roma, non può concepirsi il voto. Penso quindi che facendoti religioso implicitamente l’hai accettata ed esplicitamente nel fare i voti perpetui nell’Aprile del 1910.

Dall’esperienza passata poi vedi che a tuo riguardo non cambiai metodo pe’ tuoi interessi particolari, e sempre tu hai chiesto la dovuta licenza. Ti prego quindi di non parlare con altri della tua difficoltà per non mettere malumori fuori ragione.

Intanto ti benedico.

Canonico G. Allarmano

 

 

Al Fr. Anselmo Jeantet e a P. Angelo Dal Canton.

Torino li 27 Settembre 1918.[103]

Carissimi Padre Dal Canton e Coad. Anselmo,

Anch’io da Casa-Madre saluto il vostro ritorno, e mi unisco alle feste che ben a ragione vi fecero i fratelli di Nyeri. Come Padre vi tenni sempre presenti nei quattro anni del vostro Apostolato, e tutte le sere senza eccezione vi mandai la mia speciale Benedizione con due segni di Croce. Il Signore vi ha sostenuti nel corpo e nell’anima; ed avrà scritto in oro il sacrifizio di P. Dal Canton del non aver confessore.

Non fu certamente inutile ogni vostra fatica, ed a suo tempo i semi gettati faranno frutto. Al presente ristorate le vostre forze fisiche e spirituali; e godendo della compagnia di Monsignore e dei confratelli vi terrete preparati a quanto Dio vorrà da voi.

Ho ricevuto la lettera di P. Dal Canton e di Anselmo da Mojale del Dicembre 1917, e quella del 4 Luglio scorso da Nyeri.

So da Monsignore che ora attendete a preparare il compimento della Chiesa; bene, lavorate per preparare una Casa meno indegna a Gesù Sacramentato [...].

Vi benedico a’ piedi della cara Consolata e con voi benedico i sacerdoti e coadiutori di costì.

aff.mo in G. C.

C. G. Allamano s.

 

 

Al Fr. Angelo Marchina.

Torino 5 Giugno 1919.[104]

Caro Angelo,

La notizia della fatta professione mi recò vera consolazione, e mi sollevò dalla pena procuratami dalla penultima tua lettera. Il Signore volle provarti con pene interne ed esterne; ma ti tenne fermo nel momento della caduta. Ringrazialo, e forse vi cooperai anch’io con le mie preghiere e benedizioni. Certamente non siamo ancora in paradiso, ma in una valle di lacrime, e tu non devi scoraggiarti per certe miserie tue e degli altri. Il Signore le permette per tenerci umili e tutti confidenti in Lui, e per darci occasione di farci meriti. Ognuno per sua parte deve avere carità e tolleranza, procurando di santificarsi con non osservare i difetti altrui, ma solamente i nostri.

Specialmente raccomando a te questa cosa pel tuo carattere un po’ permaloso e superbietto. Non temere tanto di quelle tentazioni; dì al Signore che non è roba tua, e va avanti tranquillo. Ti raccomando poi di essere discreto con coloro che ti aiutano nei lavori; non pretendere troppo da loro, non disgustarli, anzi istruiscili con tutta carità pel bene dell’istituto.

Mi hai capito?

Il fratellino andò a casa per qualche tempo per essere caduto in grande debolezza; al presente sta bene e vorrebbe ritornare, ma lo faccio un po’ ritardare per la completa guarigione. È buono e si fa sempre più serio. Il papà venne a prenderlo e gli vuol molto bene. Tu scrivendo al padre ringrazialo e dimostragli che continui a volergli bene.

Mi saluti tutti e ciascuno dei coadiutori, che sono fra i missionari i miei beniamini. Dirai che ne ricevetti le lettere, ultimamente dei cari Aquilino, Luigi, Tomaso; spero poter loro rispondere.

Ti benedico di gran cuore e ti prego allegria in Domino e tante grazie per te e per tutti i compagni.

Abbimi tuo aff.mo in G. M. G.

C. G. Allamano s.

 

[Torino, dopo il 1° novembre 1919].[105]

Caro Angelo,

Mi rallegro pe’ tuoi bei lavori; fa che ogni sillaba che componi sia un atto d’amor di Dio ed una Comunione spirituale. Il Signore così ti aiuterà contro l’impazienza ed ogni tentazione. È buono il pensiero di morire ma io voglio che succeda dopo tanti anni di lavoro per le anime: Opera enim eorum sequuntur illos. Animo!

Il caro Pacifico ora sta bene, studia e con voglia attende a perfezionarsi. Alla fine dell’anno passerà in filosofia vestendo il S. Abito. Sarà un buon missionario; la sant’anima della mamma vi aiuta dal Cielo. Sta tranquillo che io penso a tutto; e non si domanderà più nulla a casa.

Dirai tante cose a ciascun Coadiutore, assicurandoli che sono sempre i miei cari, che tutti benedico.

rettore

 

 

 

Torino 7 ottobre 1920.[106]

Carissimo Coad. Angelo,

Ho ricevuto le varie tue lettere, ed in tutte vedendo il tuo buon spirito ed anche certa allegria e contentezza del tuo stato, ne godetti molto, e ringraziai la nostra Ss. Consolata.

Caro Angelo, fai bene a desiderare il Paradiso, ma secondo la S. Volontà di Dio e non per risparmiarti fatiche, prove e tentazioni. Il Paradiso sarà più bello dopo le prove e le fatiche. Vedi, io sono prossimo ai 70 anni, e sebbene desiderassi fin da chierico di partire [per il Paradiso], vi sono ancora e non voglio che la S. Volontà di Dio.

Il Signore ti dà buon volere e capacità di stampare molti buoni libri e fogli, donde verrà tanto bene alle anime; siine contento, e continua in questo vero apostolato anche fino alla vecchiaia. Ricordati del detto di S. Teresa: nulla ti turbi; tutto passa!

Il caro P.Perrachon ti aiuterà nello spirito;egli mi parlò tanto bene di te e ti vuol bene.

Mi rincresce doverti dire che il caro Pacifico è di nuovo a casa per salute dopo avergli in Comunità usate tante cure. Io però non lo abbandono e gli mandai solo dei passati giorni £. 100 perché la nonna possa sostenerlo. È tanto buono e studioso, e gli scrissi che lo considero già fra i chierici. Prega che il Signore lo consoli e risani per le missioni. Ti mando l’ultima lettera che mi scrisse. Sta tranquillo su di lui perché mi è più che figlio.

Mi rallegro del bel racconto fatto al fratello; lo stamperemo sul periodico. Coraggio ed avanti a fare molto bene; il tuo è vero apostolato. Ti benedico...

aff.mo in G. C.

Rettore      

 

Torino 18 Novembre 1922.[107]

Carissimo Angelo,

Mi ha fatto viva pena la tua lettera del 20 Agosto; ma con la venuta di P. Gillio rimasi consolato per le tue mutate disposizioni. In quel frattempo ho pregato molto per te e ti raccomandai al caro V. Rettore, perché dal Paradiso non permettesse che dopo tanti sacrifizi fatti perdessi così miseramente la santa vocazione. Anche al presente ti dico coraggio, e ti esorto vivamente a perseverare costì, dove la tua mano è necessaria. Persevera con costanza, non pensando solamente ai sacrifizi e ai difetti degli altri, ma anche ai tuoi, ed al premio che ti aspetta come santo e forte missionario: Merces tua magna nimis. Queste sono certamente le parole che ti dice dal Cielo la tua buona e cara mamma.

Come fossi presente ti abbraccio e benedico, con tutti i miei cari Coadiutori.

Aff.mo in G. C.

Rettore.

 

 

Al Fr. Davide Balbiano

Torino 21 Novembre 1921.[108]

Al mio caro Coad. Davide affinché studi su questo libro il modo di farsi santo.

C. G. Allamano sup.         

 

 

[Torino, 20 settembre 1923].[109]

Sebbene tu mi dimentichi alquanto, io ti ricordo, e prego per la costanza e carità.

 

 

Al Fr. Giuseppe Antonio Benedetto.

[Torino, prima del 5 maggio 1922].[110]

Il Signore ti assisterà in Africa; tu devi essere forte nella partenza, e più colà, dove in principio farai come tutti un po’ di malattia morale e fisica.

Sii generoso con Dio, prega molto ed abbi carità e pazienza. Ti benedico

Rettore      

 

 [data incerta].[111]

Caro Antonio, il Signore ti ha voluto bene e ti vuol bene. Tu prega tanto, anche per forza; dopo Gesù ti renderà contento. Senza pregare bene e molto non potrai emendarti dei difetti e farti santo.

So che già molto ti emendasti nel carattere, continua ad ubbidire di cuore in tutto ed a tutti i superiori. Se vi manchi, umiliati subito e chiedi perdono. Sii di esempio ai compagni. Coraggio: Gesù e la SS. Consolata ti aiuteranno a farti santo. Io ti benedico...

 

[data incerta].[112]

Approvo e benedico i bei proponimenti.

Aiuta nel bene i coadiutori minori.

 

 

Al Fr. Bartolomeo Liberini.

W. G. M. G. Torino 7 Agosto 1924.[113]

Mio caro Bartolomeo,

Ho ricevuto le tue due lettere, e godo di saperti bene e che la tua venuta abbia fatto piacere ai tuoi parenti, ed abbia specialmente consolata la tua buona mamma; godila pure in po’ prima di separarti forse per sempre.

In questa stagione non si tratta di ripartire per l’Africa; si aspettano tempi più propizi; in Novembre o Dicembre.

I tuoi compagni sono a S. Ignazio e parte a Giaveno; al tuo ritorno li raggiungerai per fare salute.

Dirai tante cose alla cara madre ed ai parenti; di’ loro che preghino per me.

Ben ricordo il M. R. D. Morelli, ch’ebbi la fortuna di accogliere profugo nel Convitto. Se lo rivedrai salutalo, e digli che lo raccomando alla SS. Consolata, e preghi per me.

Tante benedizioni paterne al mio caro Bartolomeo

aff.mo in G. C.

C. G. Allamano rett.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LETTERE DEI FRATELLI A GIUSEPPE ALLAMANO

 

I Fratelli coadiutori per gli esercizi spirituali a G. A.

Madonna delle Grazie 8 Novembre 1913.[114]

Ven.mo Sig. Superiore Generale,

Dopo d’aver con santo entusiasmo rinnovato ai piedi dell’altare il Santo Giuramento di restare fedeli figli di Maria Santissima ed osservanti generosi delle Sante Costituzioni, che regolano il nostro caro Istituto, sentiamo il dovere ed il bisogno di mandare la nostra protesta di venerazione, di rispetto e di riconoscenza, alla Signoria Vostra Rev.ma che di questa Congregazione ne fu coll’aiuto di Dio il fondatore e come Padre e Capo di questa sempre più grande famiglia promuove il dilatarsi di questa ampia rete che, obbediente al comando di Gesù Nazareno ed in nome di Lui gettò – ad imitazione del Pescatore di Galilea – nel grande mare degli infedeli. E noi che di questa grande rete ne siamo – in grazia della sua carità nell’averci accettato in questo Istituto – i più piccoli, ma non meno entusiasti sostenitori, ci sentiamo ora il bisogno di rivolgere in questo giorno un ringraziamento per averci procurato con questi Santi Spirituali Esercizi il mezzo, non solo per rimetterci con novello fervore nelle pratiche di pietà e di osservanza delle Sante Regole, ma ci procurò pure momenti di somma dolcezza, gustando di nuovo quel fervore che infiammò già i nostri cuori di generose ispirazioni, di proponimenti e rinunzie virili, quando staccandoci dal mondo ed entrando nel noviziato ci sentivamo di nuovo bambini fidenti nelle braccia materne che la Chiesa ci apriva amorosamente per accoglierci tra i suoi figli più eletti che creò apostoli.

Ed ora, che fortificati dall’esempio continuo dei nostri Rev.mi Superiori e Confratelli, sostenuti e guidati dalla parola sapiente del nostro amatissimo Pastore e più ancora in questi giorni che illuminati con grande carità e sapienza dai nostri Rev.di Predicatori ci sentiamo di nuovo infiammati di santo fuoco per corrispondere alla grazia dell’apostolato, mandiamo alla Signoria Vostra Rev.ma l’assicurazione che coll’aiuto di Dio non verremo mai meno al nostro giuramento.

Me se lo spirito fortificato ci anima a sante imprese, temiamo per noi stessi ed umilmente riconosciamo d’esser i più deboli nelle virtù che formano gli apostoli ed è per questo che animati dalla confidenza nella sua paterna amorevolezza, ricordandoci che in patria, sapendoci i più bisognosi ci teneva a Lei vicino chiamandoci i suoi beniamini, così approfittiamo per dirle: Padre, siamo tanto lontani ma ella è vicino alla nostra Mamma Celeste, voglia adunque stringerci in un solo paterno amplesso e presentandoci a Maria Santissima Consolatrice ci consacri in modo speciale affinché mai nelle nostre file ci sia un disertore.

La Vergine Santissima che ha un cuor di Madre, non può rifiutare una grazia domandata da un amoroso Padre per i suoi figli, ma come da quello altare lo creò capo e fondatore d’una sì grande famiglia consacrata al suo nome, così darà ai singoli membri quella forza necessaria per diventare veri servi del suo Divin Figlio.

Mandiamo pure un rispettoso saluto ai Rev.di Sacerdoti, Confratelli e studenti della Casa Madre, a tutti mandiamo un grazie di cuore per le preghiere che innalzano al Signore per noi e contraccambiamo, coll’augurio di presto averli con noi in questo vasto campo dell’apostolato.

Porgiamo i nostri umilissimi ossequi al Rev.mo Signor Vice-superiore Generale ed a Lei Ven.mo Padre domandiamo in ginocchio la sua Santa Benedizione.

Ci creda Ven.mo Superiore Generale suoi umilissimi ed aff.mi figli in Nostro Signore Gesù Cristo

Coad. Benedetto Falda

Coad. Anselmo Jeantet

Coad Aquilino Caneparo

Coad. Cavigliasso Michele

Coad. Tommaso Demarchi

Coad. Luigi Bezzone

Coad. Carlino Damiano

Coad. Umbero Arossa

Coad. Bartolomeo Liberini

Coad. Giacomo Gaidano

Coad. Giovanni Ponsetto

 

 

I Fratelli coadiutori di Torino a G. A. e G. Camisassa.

Natale 1919.[115]

Veneratissimo Sig. Rettore e Vicerettore,

Gli auguri loro fatti or ora erano presentati a nome di tutti i loro diletti figli, e quindi anche a nome di noi Coadiutori.

Ma noi, che abbiamo sì poche occasioni di esprimere ai nostri amatissimi Superiori tutti i sensi di filiale amore, riconoscenza e obbedienza dei nostri cuori, vogliamo nell’occasione di queste liete e solenne Feste, alla presenza del Bambino  Gesù, che ci guarda con amoroso sorriso dalla povera Sua culla e ci anima e c’incoraggia, vogliamo fare al nostro Venerato Padre, ed in modo speciale al Rev.mo Signor Vicerettore, Capo supremo dei Lavori Pubblici nell’Istituto e nelle Missioni, un augurio tutto particolare. Noi ben sappiamo quanta importanza loro danno al lavoro materiale dei missionari della Consolata, quanto esso sia utile, anzi necessario, per fare un vero lavoro di missione, e sappiamo che questo è principalmente il nostro compito, la nostra speciale vocazione, benché anche noi, coadiutori, abbiamo spesso da far direttamente i missionari col catechizzare e battezzare.

Perciò, per render loro più lieto e consolante questo Natale, noi promettiamo loro, con tutta la sincerità e l’ardore dell’animo nostro, di voler amare il lavoro manuale, di voler faticare instancabilmente in qualunque luogo, in qualunque occupazione a noi affidata, stimandoci ben fortunati d’essere stati scelti dalla Santissima Consolata, con nessun nostro merito, ad aiutare i Suoi Missionari nell’opera divina della redenzione degl’infedeli. Sì, noi ameremo il nostro rude lavoro, vi metteremo lo stesso impegno, la stessa buona volontà che nel fare la nostra preghiera; lavoreremo solo per dar gloria al Buon Gesù e a Maria Santissima, per salvare molte anime: certi che lo zelo nostro nel compiere bene il nostro lavoro sarà la misura del frutto delle nostre fatiche fra i poveri neri, e la misura del nostro premio eterno in Paradiso. Siamo certi che il buon Gesù che volle nascere poverello in una misera stalla, volle faticare al banco dell’operaio fino all’età di trent’anni, benedirà questa nostra promessa, questo nostro augurio. Noi ne Lo pregheremo in questi giorni con tutto l’ardore dei nostri cuori, e, prostrati ai piè della culla del Divin Bambino, specialmente nella nostra prossima notte di Natale, Lo supplicheremo a darci la grazia di poterci rendere laboriosi, attivi, obbedienti, santi Coadiutori, per gloria Sua, pel bene d’innumerevoli anime infedeli, e per conforto e consolazione dei nostri Ven.mi Superiori, e specialmente di Lei, Rev.mo Signor Vicerettore, che tutto si spese e si spende incessantemente, cuore, mente ed energia, per far guadagnare e conservare ai Missionari della Consolata la bella fama di indefessi lavoratori, di forti civilizzatori dei popoli a loro affidati. E qui, davanti a Gesù Bambino, nostro Salvatore, per la cui gloria Ella ha sacrificato tutto quanto il mondo le offriva di comodi, onori e dignità, noi, a nome di tutti, protestiamo che non dimenticheremo giammai quello che Ella fece e fa ognora pel bene del nostro Istituto e di tutti i suoi figli; e a nome di tutti lo ringraziamo con tutto lo slancio di cuori amati e riconoscenti, pregando Gesù Bambino che siede sulle braccia della Santissima Consolata, a benedirlo, consolarlo, ricompensarlo... Egli che tutto vede... e tutto può...

Si degnino, amatissimi Superiori, di accogliere questo augurio nostro particolare, ed invocare su di noi da Gesù Bambino e dalla Sua Santissima Madre una particolare benedizione che avvalori queste nostre sante promesse.

Suoi devotissimi ed amatissimi figli

Missionari Coadiutori della Consolata.

 

 

Fratel Carlo Damiani a G. A.

Genova 12-1-1921.[116]

Non so resistere alla piena del mio cuore per l’affetto che sempre mi ha dimostrato in particolare, prometto di non essere ingrato e di non far disonore alla Consolata. Mi benedica, salperemo stasera alle 9.

Devt.mo

C. Carlino

 

Aden 31-1-1921.[117]

Rev.mo Signor Rettore

Siamo felicemente giunti ad Aden, dopo un viaggio che non poteva essere migliore. Ci sarà da aspettare qualche giorno ad Aden perché il vaporino non vi sarà che per il 6, oppure il 25 di Febbraio.

A Massaua vi furono un’infinità di scosse di terremoto; alla missione (retta dai Padri Cappuccini) ne contarono più di 70, alcune molto forti mentre eravamo noi a terra. Non vi fu danno alcuno. Accludo qui una lettera per i Reverendi Chierici ed una per i Cari Giovani.

I miei rispetti al Signor Vice Rettore e La prego inviarmi la Sua paterna Benedizione.

Con affetto mi creda sempre suo devo.mo figlio.

C. Carlino Damiani

 

Mogadiscio 16 Agosto 1925.[118]

Rev.mo Sig Rettore,

Lessi la lettera circolare riguardante la definitiva sistemazione della nostra Congregazione, e per conto mio senza fare tante disquisizioni se appartengo alla prima o seconda categoria intendo di dedicarmi interamente secondo le ultime disposizioni venute da Roma. Desidero perciò fare i miei voti di castità, povertà ed obbedienza, e per questo desiderio un’ultima parola V S R.ma al più presto possibile. Mi faccia anche sapere se i nuovi voti che pronunzierò avranno virtù di un intera remissione di tutti i peccati della vita passata, con remissione della relativa pena, oppure se questi voti saranno solo una formalità, giacché pronunziandoli ho vivo desiderio di mutar vita con un’intera riforma del mio interiore, e darmi sul serio a Dio con maggior buon esempio, giacché per il passato la mia vita non fu conforme a quella che si richiede ad un buon Missionario. Inoltre intendo pure di prepararmi a ciò con un corso di S Spirituali Esercizi, e ripassare i miei sedici anni di apostolato, se ho corrisposto alle grazie da Dio elargitemi, e quanto ho da riformare in me.

Io ho sempre creduto di aver emesso sacri voti, ed avevo mai dubitato che non erano completi secondo il diritto canonico. Come Ella sa io pronunziai i primi voti il 21 Novembre 1908, i perpetui il 9 Gennaio 1915.

Qui tutto procede bene, io ho la sola difficoltà che Le notificai nell’ultima lettera scrittale appena arrivato qui, e che son vergognoso di nuovo insistere, e perciò non esito più.

Il cantiere datoci dal governo della colonia per la scuola arti e mestieri funziona bene. Si fanno lavori pel governo e per estranei ed in questo modo si aiuta un po’ la missione mentre resta una vera scuola e non solo una finzione. Abbiamo in tutto 15 giovani intelligenti e fanno insperati progressi, del resto per me non è cosa nuova l’insegnare ai neri a lavorare; nel Kaffa se potemmo fare qualcosa ed avere degli aiuti si dovette incominciare dall’insegnare ai neri, ed io fui sempre contento perché ebbi dei validi aiutanti a buon prezzo. Il somalo è un tipo intelligente ed abbastanza fidato, io credo che i più ladri sono i galla, ne ho mai visti dei così ladri.

Anche noi abbiamo preso vivo interesse e gaudio per la beatificazione del Suo Zio il B G. Cafasso, e prendiamo vivo interesse per lo sviluppo che prende il nostro Istituto, io specialmente che lo vidi quasi a nascere.

Mi raccomando per una buona benedizione; sento il bisogno di fare un corso di esercizi spirituali giacché son quasi 6 anni che non ne faccio più.

Con affetto e riconoscenza mi dico dev.mo

C Carlo Damiani

 

Mogadiscio 30 Agosto 1925.[119]

Ill.mo Sig Superiore,

Già le scrissi una lettera dalla Somalia, ed ancora godo intrattenermi colla P V a cui sento essere debitore di tanta e tanta riconoscenza. Da tre mesi e più sono in questa nuova Missione e grazie alla bontà e Misericordia infinita di Dio, anche sentendo fortemente il rammarico del distacco dal Kaffa, ho ancora buona volontà di lavorare per la nostra Missione. A dirla a Lei solo che mi è Padre, ho sentito un cambiamento nel tatto, nel vitto ecc. Mons Barlassina era per me il Superiore ideale. Ma come le dissi, trattandosi di fare la volontà di Dio, volentieri ho fatto questo sacrifizio pur di guadagnare una bella corona in Paradiso, e non presentarmi al Divin Giudice con tanti debiti. Mi consola poi il pensiero che mentre altri lasciano l’aratro in mezzo al campo, il Signore concede a me indegnissimo suo servo la grazia di continuare; e questo lo ascrivo a una grazia sua singolarissima. Qui si lavora febbrilmente al cantiere donatoci dal Governo, gli operai ammontano al numero 12. Coad Carlo Macario è in forzato riposo per essersi ferita la mano alla piallatrice, ne avrà per giorni. Come saprà questo fratello ha deciso di andarsene, vinto dalle difficoltà e sacrifizii inerenti alla vita del Missionario. E pensare che costoro hanno neppur fatto la 10° parte delle vitacce che abbiamo fatto noi negli anni passati. Anche il Sig Corrado Borello non serve al nostro scopo; dopo 2 mesi gli venne l’idea di mettere su bottega da solo in Mogadiscio, anch’egli non potendo fare in piccola parte (i sacrcifizii) della vita di abnegazione, benché nel vitto e nel riposo abbia già un trattamento speciale dal nostro. Suo fratello Guido al Kaffa è molto più serio, e fa la vita di vero Missionario, anzi ci era persino di esempio. Tutte le mattine si alzava con noi per la meditazione, la S Messa e Comunione, veniva alla visita, al rosario ecc... questo invece viene a quella Domenicale e basta. Ci procuri Ella un altro meccanico dei nostri e ce lo mandi.

Mi mandi la Sua S Benedizione, preghi per me che non tradisca la mia vocazione, mi creda sempre suo devot.mo

Coad Carlo Damiani

 

 

Il Fratello Giovanni Ponsetto a G. Allamano e al papa Pio XI.

Torino 25, Gennaio 1923.[120]

Beatissimo Padre,

Il sottoscritto umilmente implora dalla Santità V. la dispensa dei voti semplici perpetui emessi nella Congregazione della SS. Consolata di Torino per le Missioni adducendone la causa della malferma salute che, secondo il parere dei sanitari è tale da sconsigliargli il ritorno alle Missioni.

Prostrato umilmente al bacio del Sacro Piede vivamente ringrazia del favore si professa della Santità V.

Dev.mo ed Cbb.mo figlio

Giov. Ponsetto      

 

Torino 1 Marzo 1923.       

Il sottoscritto, Superiore Generale dell’Istituto della Consolata per le Missioni Estere, conferma la verità di quanto sopra dichiarato dal Coadiutore Laico Giovanni Ponsetto e si unisce a lui nella sua supplica, per ottenere la dispensa dai voti semplici perpetui emessi nel nostro Istituto il 20 Giugno 1918.

Can. Giuseppe Allamano Superiore Generale

 

 

I Fratelli coadiutori del Kenya a G. A.

Nyeri 15 Agosto 1923.[121]

Veneratissimo Signor Superiore Generale e Padre Amatissimo,

Fra i giubilanti auguri di tanti figli amati, voglia, Veneratissimo Padre, gradire anche quelli dei Coadiutori del Vicariato del Kenya, ultimi ma non meno devoti suoi figli. Valendoci del titolo di Beniamini che ciascuno di noi tante volte si sentì ripetere nei fortunati giorni passati sotto la Sua illuminata tutela nella Casa Madre e fatti per questo arditi, Le promettiamo che il 20 settembre sarà per noi un giorno tutto dedicato ad implorare dal Cielo grazie e benedizioni su di Lei Amatissimo nostro Padre, e di ringraziamento alla Vergine Santa per aver, or son cinquant’anni, accolto al suo speciale servizio il giovane Levita che tanto doveva onorarla fondando la nostra Famiglia Missionaria che avrebbe portato ai posteri ed alle più lontane tribù pagane il dolce nome della Consolata.

In sì fausta ricorrenza, sentiamo vivissimo il dovere di ringraziarLa di vero cuore per averci fatti membri di questa Famiglia, dandoci così il mezzo di santificare il nostro lavoro e farci partecipi della mercede degli Apostoli. Voglia la Paternità Vostra in quel giorno accogliere i nostri voti di figliale affetto e gratitudine, e stringendoci tutti nel Suo paterno amplesso, voglia ancora presentarci a Colei che abbiamo – seguendo il di Lei esempio – consacrata la vita nostra fino all’ultimo respiro. Implori su di noi pure la Celeste Benedizione affinché, conformati ai consigli di Vostra Paternità, possiamo poi un giorno farLe una bella corona in Cielo.

Implorando la Sua Santa Benedizione godiamo professarci

Dev.mi ed obbl.mi figli

Coadiutor Benedetto Falda

Coadiutor Tomaso Demarchi

Coadiutor Luigi Bezzone

Coadiutor B. Liberini

Coadiutor Eugenio

Coadiutor Angelo Marchina

Coadiutor Domenico

Coadiutor Davide

Coadiutor Giuseppe Benedetto

 

 

Il Fratello Aquilino Caneparo a G. A.

In carovana 22 Febbraio 1925 Abissinia.[122]

Rev.mo Sig Superiore Generale,

Dopo una assai lunga pausa dovuta al lungo e fortunoso viaggio di cui spero d’esser presto alla fine, riprendo la penna per farle noto mie nuove. Sono in viaggio da circa 70 giorni con una carovana immensa pel trasporto della grande casa e mobilio del Ras. Ho già fatto 16 cambi di portatori ed ad ogni cambio me ne occorrono almeno 3000. Però siccome oltre i portatori propriamente detti c’è sempre il codazzo dei capi e loro soldati, non è azzardo dire che più di 60 mila uomini furono già mossi per questo lavoro. Non occorre che le dica tutte le volte che la pazienza mi scappò e tutte le altre che mi rattenni. Le dico solo che è una di quelle cose che sono incomprensibili per chi non le ha provate e vissute. A parte però il lato antipatico, c’è pure la parte buona, ed ebbi occasione di riallacciare conoscenze ed amicizie coi grandi capi che quasi tutti furono assai cortesi. Ebbi proposte formali, esibizione di località adattissime per nuove stazioni e fra l’altro pochi giorni fa la signora del Fitaurari Apte Ghiorghis (Ministro della guerra) che dopo il Ras Tafarì è il più gran capo d’Etiopia, trovandomi io nel suo territorio mi fece chiamare dopo una mia prima visita concernente il mio lavoro, e mi propose di inviare qualcuno dei nostri in un suo terreno, che loro avrebbero ceduto, con l’impegno d’impiantarvi un piccolo mulino. Io mi tenni sulle generali, che ne avrei parlato con Monsignore, ecc. ecc.

Ieri l’altro tornando Monsignore dal giro nell’interno, l’incontrammo per istrada ed avendogliene parlato, trovò la proposta d’un grande valore morale, dato i proponenti. Ciò è solo un episodio, e ne potrei riportarne altri parecchi. Glielo riferisco come sintomo del rassodamento (!) che il nostro lavoro di penetrazione compie nel paese, nel quale si potrebbe sviluppare molto di più il nostro lavoro.

Ed ora a proposito di questa scarsezza di personale, l’altro giorno Monsignore mi disse che aveva traslocato il Coad Damiani da Compto alla quasi nuova stazione di Ciaha molto più vicino ad Addis Abeba e che dopo aver fatto qualche lavorucchio per quel posto era stato destinato altrove, fuori della Prefettura... Ora, io voglio far presente a Vostra Signoria la nostra situazione dei lavori e la prego a volermi dar ascolto con pazienza.

Come Vostra Signoria ben sa abbiamo due impianti importanti su questa linea, senza calcolare la regione Kaffa propriamente detta. Ora in questi due impianti il personale lavorativo era composto dal Coad Damiani, Angelo, il sottoscritto, e Guido Borello. Ora io da circa 3 mesi sono assente da Umbi dove lasciai un impianto di quella portata in mano a Guido Borello che per buona volontà che abbia può supplire in parte al bisogno. Di più avendosi prese le febbri, ed avendo assai lavoro per la sua parte di meccanica di necessità deve trascurare il lavoro del legname, che in una segheria è certo la parte più redditizia. Oltre tutto ciò il lasciare quell’impianto deserto, e pagare tutti i mesi la tassa che dobbiamo pagare, opprime talmente il bilancio di quell’azienda che mi scoraggia. Io non so quando potrò ritornare colà e per chi sa quanto tempo questo stato di cose continuerà laggiù. In quattro anni dacché mi trovo in questa prefettura ho già fatto 340 giorni di carovana, corro su e giù; organizzo, incomincio e quando ho formato qualcuno che mi aiuta, lo mandano altrove, oppure io vado a ricominciare.

Come Vostra Signoria sa l’anno scorso avevamo incominciato la Stazione di Compto. Dopo aver incominciato i lavori avevo lasciato il Coad Damiani colà, e tutti e due fecero un lavorone. Non essendo sufficiente il Coad Damiani da Umbi mi privai del Coad Angelo che cominciava a servire a qualcosa e restai solo con Guido in quel momento ammalato – con tutto questo lavoro da finire. Pochi giorni prima il Coad Alfonso era stato traslocato al Kaffa ed un operaio Greco che avevamo assoldato si era licenziato perché invalidato dal clima. Ritornando alla questione della Stazione di Compto aggiungo che si erano presi impegni di lavori, oltre le costruzioni della stazione che da pochi mesi impiantata ha assoluto bisogno d’essere almeno sommariamente sistemata. Difatti le Suore arrivate colà ultimamente sono in una catapecchia assolutamente inadatta, fanno cucina per terra, mancando ancora di tutto, nemmeno una sedia.

Oltre ciò per risolvere la scarsità del denaro hanno dovuto prendere dei lavori esterni prima di sistemarsi loro e perciò furono presi impegni scritti per una certa quantità di lavori (14 – 15 mila lire). Ora alla metà dei lavori, Monsignore è costretto ad allontanare il Coad Damiani che è l’unico falegname che c’è sul posto e lasciare un impianto come quel di Compto, in mano ad un ragazzo come è ancora il Coad Angelo che, per buona volontà che abbia, è assolutamente impari al compito, e se anche lo compie non mancherà di incontrare critiche, e conseguenze letali per l’avvenire. Difatti nella mia ultima assenza da Umbi, quando mi recai ad Addis Abeba per la prima casa, la presenza di elementi poco pratici, portò nell’impianto di Umbi un danno notevolissimo, e che essiccò in parte la fonte delle ordinazioni. A questo stato di cose poco incoraggiante si aggiunge ora l’allontanamento dell’unico pratico che abbiamo in due impianti, perché non è solo la tecnica che conta ma anche quella esperienza che si acquista coi lunghi anni di permanenza in Africa. Non mi dicano perciò che il Coad Giovanni terrà il posto del partente. Lo potrà essere fra 5- 10 anni, anche se realmente è un vero operaio. Il Coad Angelo assolutamente non è falegname, e forse lo sarà mai, ciascuno abbiamo le nostre inclinazioni e poi ha bisogno di fare esperienza in generale.

Il sottoscritto è per quest’anno occupato in Addis Abeba. Ho tale un grattacapo per mano che se lo finisco ad ottobre canterò un Te Deum. Perciò prego caldamente Vostra Signoria a voler riesaminare la situazione al lume di queste spiegazioni e se possibile cambiare le disposizioni già date.

In questo paese, dove le distanze sono così enormi, è necessario che vi siano individui su cui si possa contare e non apprendisti. Vostra Signoria che ama tanto il Kaffa vorrà benignamente ascoltare queste ragioni, e considerarle prive di egoismo e sincere. Il Coad Carlo ed Alfonso sono al Kaffa e da loro è inutile sperare cooperazione, essendo anche già bene occupati colà, e poi sono lontani 20 - 30 giorni da questa linea occidentale.

Se i nostri impianti stanno fermi anche un notevole cespite resta essiccato ed il danno non è solo della Prefettura ma dell’Istituto. Io sono persuasissimo che anche altrove hanno bisogno di personale, e sarebbe giusto che anche noi cooperassimo, ma le condizioni nostre sono così critiche, che mi spinsero a scrivere questa mia.

Benché non sia troppo lontano da Addis Abeba (70 – 80 km), pure non arriverò colà prima di due settimane. Ho ancora da fare 4 cambi di portatori. Qui allo Scioa sono tutti territori piccoli, ed a ciascuno devo fare il cambio. E’ una vera miseria. Che Iddio ce la mandi buona.

Gradisca Rev.mo Sup. Generale i miei più profondi filiali ossequi

C. Aquilino Ceneparo

 

 

Il Fratello Bartolomeo Liberini a G. A.

Camerletto 15 Agosto 1925.[123]

Veneratissimo ed Amant.mo Padre Superiore Generale,

Colgo la fausta ricorrenza dell’Assunzione della Madre nostra Ss al Cielo, cui da Essa tante volte beneficato, e che sempre benigna mi porge la Sua Materna protezione con tanto amore, e me in particolare segnato di tante Sue cure amorose.

In questo giorno dico solenne di cui il Cielo e la terra tripudia per l’allegrezza del trionfo della Loro cara Regina, e in questo giorno anch’io come l’ultimo dei Suoi amati figli, ma nella piena dell’allegrezza, ben sapendo d’essere pure, un Suo beniamino che m’ama tanto; in questo giorno, dopo d’avermi ad Essa raccomandato, mi metto a scriverle o Veneratissimo Padre questa mia, per essere così in piena regola riguardo alla lettera circolare inviatami.

Veneratissimo Padre, io a otto anni fa, emisi il mio giuramento perpetuo, secondo le costituzioni che allora esistevano; così ora sentendo che questo non sia valido, e date le consolanti concessioni del S Padre; faccio domanda alla P V M R.ma di rinnovare i miei voti, e così essere in piena regola, nelle presenti costituzioni, nella sua forma attuale di congregazione ecc e così essere totalmente consacrato a Gesù, cui a Lui generosamente offersi la mia vita, per la mia santificazione e pel bene dei poveri infedeli.

La Ss nostra cara Madre Consolatrice, voglia continuarmi la Sua Materna protezione, e tenermi benché indegno, suo caro amato figlio, cui Le prometto, col Suo aiuto, una fedele corrispondenza, amore, e grande generosità al Suo servizio.

Gesù buono dal S Tabernacolo sempre pronto con tante Sue buone ispirazioni, benedica la mia risoluzione, e m’assista con la Sua grazia, cui ad ogni momento – sempre – imploro, per bene continuare nella via intrapresa(!)

Eccole o Venerato Padre la mia decisione al riguardo cui La prego pure di benedire. Deo gratias.

Amatis.mo e mio buon Padre, inginocchiato in spirito a Suoi piedi (cui ora pure si raramente posso vederla) La prego d’una Sua speciale Paterna benedizione, ed esternandole i miei affettuosi rispetti e ossequi di profonda venerazione. Le bacia la mano l’ultimo, ma beniamino dei Suoi amati figli.

Devitis.mo obbe.mo figlio in Gesù Cristo

Coad Bartolomeo Liberini

 

 

Il Fratello Angelo Alfonso Caffo a G. A.

Djimma 22 Agosto 1925.[124]

Rev.mo Padre Superiore Generale,

Eccomi di bel nuovo a farle queste misere righe. Ne approfitto della partenza della posta che in questi paesi non è tanto sovente come in Italia. Comincio a dirle che ricevetti una 10cina di giorni fa la sua gradita circolare. In poche righe le voglio esporre il mio stato senza ritardare. Entrato a l’Istituto Missioni Consolata fine Gennaio 1921. Il 24 Maggio cominciato il noviziato e fatto i voti il 1° Ottobre 1922, or son tosto 3 anni – (fatti allora per 5 anni).

Il mio desiderio è di entrare quanto prima ad aggregarmi completamente e formalmente all’Istituto nella sua forma attuale di ecc. Disposto a rinnovarli (se necessario) o farli perpetui. In tutto mi conformo alla sua decisione. Lei ben mi conosce e con lei anche il M Rev.do Padre Gays. Spero che anche che mi vedano sempre con gli stessi difetti e miserie non mi vogliono cacciare dall’Istituto. Lei ben lo sa che il mio desiderio (gran desiderio) era di salir a l’altare lei mi disse che non era più per me, essendo troppo attempato ebbene questo desiderio sempre ancora mi assale specialmente quando leggo questo e quest’altro sono stati ordinati ma poi mi tranquillo pensando che mi disse lei una volta se Iddio veramente ti volesse prete certamente troverebbe il mezzo da farti giungere. Dall’altra quasi mi consola che non essendo sacerdote mi pare di aver tanti fardelli di meno da portare.

L’Africa l’ho trovata più o meno come l’aspettavo con sue gioie e sue croci tutti i giorni son contento e lieto di far qualche piccola cosa nella vigna del Signore di spendere tutta la vita o lunga o corta come è volontà di Dio in Missione.

Ora è da un po’ di tempo che sono a Djimma a fare qualche lavoretto e fra una settimana partirò (se a Dio piacerà) alla volta di Andaraccia a ritrovare i cari Confratelli Don Olivero e P Masera.

Fatti importanti da narrare non ho fuorché domani gli Amara (copti) celebrano la festa della Ss Vergine (l’Assunta) hanno un digiuno di 40 giorni che precede la festa ma qui una gran parte della popolazione è islama.

Per non allungarmi di più termino coll’annunziarle la morte di mia cara sorella che lei ben conosce è venuta da lei quando passò la visita per poi essere accettata a l’Istituto che è poi stata accettata a Susa dalle Terziarie Francescane (fece i voti da prima tempo), chiamata in religione Suor Maria Caterina, la morte venne a toglierla a 25 anni. Morì giovane ma soffrì molto mi scrisse la sorella maggiore. (requiescat in pace).

Gradisca i miei più sinceri auguri e i miei filiali ossequi.

Gradisca pure inviarmi la sua paterna benedizione.

C A. Alfonso Caffo

 

 

Il Fratello Angelo Marchina a G. A.

Torino 27 Agosto 1925.[125]

Ven.mo ed Amatissimo Sig Rettore,

Anch’io qual devoto ed ossequente di Lei figlio desidero di porgerLe il mio filiale attestato di riconoscenza pel grande amore che ci portò ed a me in modo particolare porta non ostante tutte le mie infedeltà e tutti i dispiaceri coi quali ho amareggiato i di Lei giorni.

Siccome intendo di mettermi in regola con le Nuove Costituzioni del nostro Istituto approvate definitivamente dalla S Sede, mi dichiaro disposto ad accettarle con tutte le innovazioni fattevi ed osservarle in ogni singola parte; supplico quindi la P V a voler permettermi di rinnovare i S Voti secondo le dette Nuove Costituzioni. Mentre ringrazio la P V per tal favore che mi fa, colgo pure l’occasione per esprimerLe la mia riconoscenza per la grande grazia che mi elargì col permettermi d’intraprendere la via che conduce allo stato sublime del Sacerdozio.

Trovandomi assai debole di forze sì morali che fisiche, supplico la P V a voler ognor sempre assistermi, ammonirmi, proteggermi ed aiutarmi e progredire negli studi, nella virtù ed a superare tutti gli ostacoli affinché possa divenire un santo Sacerdote secondo il Cuore Santissimo di Gesù, che è quanto desiderava la mia carissima mamma buon’anima. Quest’aiuto, questa assistenza e questa protezione supplico a volermela benignamente continuare in modo del tutto particolare anche quando andrà lassù in Cielo a ricevere la splendida “coronam vitae”.

Imploro la V Santa Benedizione, prostrato ai Vostri piedi mi professo

Dev.mo ed obbl.mo figlio in Gesù Maria Giuseppe

C Angelo Marchina

 

 

Il Fratello Tommaso Demarchi a G. A.

Torino 6 Settembre 1925.[126]

Amat.mo e Rev.mo Padre,

Ho letto la sua lettera circolare in data 31 Maggio 1925 le nuove disposizioni riguardanti la sistemazione definitiva dell’Istituto, ebbene, intendo con questo mio scritto di voler abbracciare tutto quanto c’è di sistemato, rinnovando con ciò se fa di bisogno i voti di povertà di castità di obbedienza, già fatti e che riconfermo vedendo in quello il miglioramento del mio stato spirituale.

Voglia accettare amat.mo Padre questo mio desiderio e benedirlo affinché possa giungere al fine voluto da lei e da tutti i Superiori del nostro Istituto.

Chiamando la sua S Benedizione mi professo suo ubbid.mo figlio

Coad Tomaso Demarchi

 

 

Il Fratello Giuseppe Antonio Benedetto a G. A.

Kaheti 20 Settembre 1925.[127]

Veneratissimo Padre,

Sono in possesso della Sua lettera circolare che ci indirizzò e mi faccio premura di risponderLe. Per me riguardo ai voti non ho nulla da dire essendo che l’anno scorso ai 20 Giugno quando pronunciai la formula dei Voti che per me erano perpetui, era già in vigore la formula presente testé approvata. Dunque come dico non ho nulla da dire al riguardo.

Ora sarei proprio contento se mi fosse dato di parlarLe a viva voce per poter dire tante cose che l’animo mio sente il bisogno di manifestarLe, ma ho paura di rattristare troppo il Suo cuore Paterno e di non farmi comprendere come desidererei. Perciò lascio questa difficile impresa per me e di dolore per Lei, perché come dico certe cose fanno male a udire ed anche doverle dire. Mi raccomando perciò alle Sue ferventi e sante preghiere. O non mi dimentichi per carità ai piedi della S Effige della Consolata. Creda Venerato Padre che ne ho proprio, proprio bisogno per superare questo periodo di prova, questa burrasca che da un anno imperversa sopra di me ed ho paura che se continua con questa intensità di soccombere. Certo però glielo dico schiettamente che se questo accadrà della mia vocazione, dovranno rendere conto poi a Dio quelli che ora abusano di quella autorità che il Signore diede, non ha (!) rovina dei sudditi, ma per la loro salute.

E faccio punto fermo, perché il mio cuore ferito nei più sublimi ideali, ferito nelle sue più sacre promesse potrebbe in questo stato oltrepassare i limiti e per questo basta. Spero però anzi son certo che Ella, Venerato Padre, non le sfuggirà nulla al suo occhio e da queste poche parole comprenderà lo stato morale del mio animo. Non so, ma lo dico schiettamente, ed Ella Venerato Padre che per 10 anni fui sotto il suo sguardo, che lesse nel mio cuore tutto quanto vi era di buono e di cattivo, Lei lo sa ed io lo dico proprio col cuore alla mano, che venni in Africa col pensiero e col desiderio di lavorare e sacrificarmi per le Missioni, altro pensiero non ebbi.

Orami fa male a dirlo, ma pur bisogna che lo dica a Lei. Venerato Padre, è meglio che sappia quello che penso. Se la mia permanenza qui in Africa da un anno a questa parte è venuta così dannosa sia nel materiale che nel morale, per carità lo domando in ginocchio, recida senza compassione questo tralcio inutile, dall’albero prosperoso dell’Istituto, perché non voglio che la mia presenza, sia strumento di Satana nella rovina delle anime e non voglio defraudare i beni delle Missioni, perché so che è carità dei benefattori resa più sacra questa loro offerta perché bagnata dai loro sudori e sacrifici.

Mi perdoni se parlo così, ma voglio riassumere quanto si disse e si sparse qui a mio riguardo e che anche a me in privato mi dissero i Superiori di qui. Non voglio dire quello che mi dissero, perché fa troppo male a dirlo e a leggere parrebbe impossibile, che si possano dire certe frasi da Superiori che hanno il dovere di cercare il bene degli individui e poi ancora a dire certe cose dopo che si è fatto la professione perpetua.

A Lei Venerato Padre, io metto nelle sue mani la mia vocazione, disponga pure come Le parrà meglio, mi troverà pronto a qualunque decisone Sua che prenderà a mio riguardo, perché so che sarà la volontà di Dio a mio riguardo.

Dal canto mio come cercai sempre di fare il mio dovere, continuerò con tutta la mia volontà e le mie forze, di adempirlo con la maggior fedeltà possibile e per questo e per raggiungere questo scopo domando in ginocchio la Sua Paterna benedizione che spero vorrà concederla anche a me, ultimo dei suoi figli, affinché il Signore benedica i miei sforzi, le mie fatiche, i miei sudori e mi conceda alla fine il premio che aspetto dalla sua Misericordia.

Obblig. Figlio in Corde Jesu

Cd Giuseppe Benedetto

 

 

 

Il Fratello Carlo Angrisani a G. A.

25 Settembre 1925.[128]

Rev.mo Sig Rettore,

Ricevetti la lettera per i nuovi voti.

Con questa ne faccia (!) domanda per i voti. Mentre sono avvertirla che essendo sovente molestato dalla febbre – energia morale e non salute necessaria secondo lo scopo.

Quantunque la mia vocazione con buone prove era sicura chiamata da Dio, e sono venuto unicamente per sollevare i padri dai lavori materiali coadiuvati che potessero più liberamente attendere alla spirituale (!)

Con questo credo che un Cd. avesse una libertà come un fattore da noi fa coltivare dove i raccolti che comanda il padrone, un impresario che presenta (!) disegni per sua esperienza da consigli – ma fabbrica (!) sempre dove e come vuole il padrone. A tagliar corto qui i lavori mal condotti perciò – mai risultati quindi molti inutili se non dannosi, feci qualche osservazione per risposta fu che un Cd. non poteva intendersi di niente, e era un buon nero.

Così come dissi tra salute e poca soddisfazione mi trovo un po’ duro a fare questo passo, che mi assoggetterò solo se così sarà la volontà di Dio – e operando per Sacro Cuore o amatissimo padre stare alla sua decisione.

C Carlo Angrisani

 

 

Il Fratello Domenico Ambrosio a G. A.

Nyeri 4 Ottobre 1925.[129]

Amatissimo Sig Padre Generale,

Sia lodato G C.

Mi scusi il mio ritardo. V S Veneratissima sa benissimo che non son capace né a preamboli, ne a cerimonie, né ad altro che si confaccia ad una persona distinta e per questo lasciando da parte tutto entro subito in argomento. V S desidererebbe forse qualcosa di meglio da me; ma cosa vuole ricavare da una bestia sfrenata? Da un senza spirito? Insensato al pari di me? Lo si vede ai fatti e dai suoi scritti, mi abbia in considerazione.

In primo luogo quel certo Ambrogio al quale mandano e scrivono non esiste in Missione della Consolata in Africa, un altro però che si chiama Ambrosio Domenico esiste ed è colui che fa girare la testa a tutti quanti si avvicinano. Per favore si guardino di scrivere bene il cognome.

Secondo luogo in riguardo alla circolare mandataci, non intendo per niente cambiare dallo stato in cui sono, ciò che ho fatto, ò fatto, mi pare secondo la mia poca capacità, che a cambiare di quando in quando, sia prendere le cose in ridicolo. Però se la S V R.ma crede sia meglio portare tutti ad una sola, starei ben volentieri a ciò che mi dirà di passare all’ultimo stato di cose, solamente desidererei che mi cambiassero o di Missione per Mozambique o in Italia sempre inteso in una Fattoria, mi pare che è più mio pane quotidiano il lavorar così. Coloro che mi stettero da Superiori in campo di Missione fecero sì che mi girò la testa e domandai di essere tolto dalla Fattoria per non dar più motivi di scandalo a tutti. Mi pare che ò già domandato altra volta, ma non ò avuto alcuna risposta… Attendo ansiosamente.

S E R Mons Perlo sa benissimo in che stato di cose mi son trovato a Nyeri col R P Antonio per diverse volte. Se pel motivo di Lui, parecchi altri confratelli sono andati via da Nyeri malcontenti e forse (hanno) fino perso la vocazione, possiamo dirgli tutti assieme, tante grazie dei suoi trattamenti, ammaestramenti e simili.

Persino tutta la popolazione e cristiani e non cristiani sono contro e anche gli inglesi delle Farms vicine, non sarà mica perché è un uomo dabbene o solamente trattabile.

Ne avrà già sentito tante al riguardo che ormai ne avrà già basta e questo basti anche per me. Iddio benedica tutti e a Lei ginocchioni e in ispirito domando la sua santa benedizione aspettando risposta.   In G e M

Coad Domenico

 

 

Il Fratello Luigi Bezzone a G. A.

28 Novembre 1925.[130]

Ven.mo ed Amat.mo Sig Sup Generale,

Si avvicina Natale, ed è con tutto il cuore che vengo a V P Rev.ma per porgerle i miei auguri per un’ottima festa, come pure mi è caro augurarle buon fine, ed ottimo principio del nuovo anno, e sempre prego il signore affinché Le conceda tutte le grazie che desidera, e La conservi ancora per moltissimi anni all’affetto dei Suoi sempre più numerosi cari figli e figlie.

E’ giunto qui il M R P Andreoni e molto piacere ci fece dall’apprendere il meraviglioso sviluppo che il nostro caro Istituto va prendendo sempre più, il seme crescente numero di persone e le nuove 3 case che si sono aperte ecce cc. Si vede che il piccolo granello di senapa incomincia a farsi grande albero, ed ovunque far sentire i suoi benefici influssi. Di tutto ne sia ringraziato il Signore, che con tanta generosità ci prodiga le Sue grazie e benedizioni, ed un bel grazie pure a V P Rev.ma autore principale di tutto. Ci fece pure molto piacere nell’apprendere che V P Rev.ma è sempre in buona salute, e che pare che il Beato l’abbia fatto ringiovanire. Bene anche di questo un gran Deogratias. Anch’io grazie a Dio ora va abbastanza bene, però le conseguenze dell’operazione si fanno ancora sentire, e mi ha lasciato una grande debolezza di stomaco. Il dolore non l’ho più violento come prima, ma di tanto in tanto si fa ancora sentire. Già il dottore me l’aveva preannunziato dopo l’operazione che ne avrei ancora avuto per qualche mese e non si sbagliò. Tutto questo però non m’impedisce di attendere al disimpegno delle mie occupazioni, e la mia clientela non ebbe mai a difettare per mancanza di scarpe. Grazie a Dio vado sempre migliorando e di tutto Deogratias.

Il dottore mi disse che avevo tardato troppo a farmi operare e che ciò fu conseguenza della flebite e gli altri malanni che m’incolsero. Comunque sia stato ora è tutto passato e ne sia ringraziato il Signore, il Beato, e S Teresa del B Gesù che sempre m’aiutarono.

Riguardo a quella circolare che c’inviò tempo fa a riguardo dei S Voti io doppocché benignamente ci concessero la validità, dopo avere molto pregato, ed essermi consigliato, intenderei di restare come mi trovo attualmente. Mi compatisca se fo così.

Rinnovandole i miei più sinceri auguri pel Buon Natale e pel capo d’anno, e chiedendole la Santa Benedizione mi creda sempre Suo

Dev.mo ed Obbl.mo figlio in G e M

C Luigi Bezzone

Il Fratello Eugenio Marinaro a G. A.

Toro 6 Dicembre 1925.[131]

Rev.mo Sig Rettore,

Come vede è circa due mesi che mi trovo qui alla Missione di Toro per la fabbricazione delle case, dopo aver finalmente terminato i lavori alla Stazione del Tigania, dove passai un anno da solo nei lavori – con solo l’aiuto dei neri. Ora qui godo dirle che sono anche più contento perché siamo in due, cioè col Rev.do Coad Davide, e qualche volta anche col Rev.do Coad Domenico, ma questo secondo ha sovente da guardare la faccenda dei carri, del trasporto ecce ecc.

Del resto stiamo tutti bene e ci facciamo buona compagnia. Anche la mia salute che in questi ultimi tempi era assai giù, ora ringraziando la Divina Provvidenza va abbastanza bene, e devo solo avermi un po’ di cura da non fare troppi sforzi nei lavori, e poi fin quando andrà così va ancora abbastanza bene.

Ora pertanto Rev.mo Sig Rettore, desidero pur rispondere alla sua tanto gradita Circolare a riguardo dei Voti, e quindi conoscendo il suo desiderio che tutti si mettano a posto secondo le nuove Costituzioni, per parte mia non faccio che dirle che ben volentieri accetto la parte migliore, cioè secondo il suo desiderio, e nel medesimo tempo le domando anche perdono se sono stato un po’ in ritardo a rispondere al riguardo.

Avevo sempre speranza di vedere a spuntare di nuovo qui tra noi il mio Amatissimo Conf Bartolomeo, ma ormai le mie speranze sono deluse, però il sacrifizio di tanta perdita mi è stato assai grande e non so se troverò ancora altra compagnia come trovavo in Lui, durante la nostra permanenza assieme di 10 anni. Il nostro ricordo però è sempre vivo ugualmente, e sempre siamo uniti tra noi nella preghiera.

Rev.mo Sig Rettore, avrò ancora la fortuna di vederla quaggiù? L’assicuro che questa sarebbe la mia più grande consolazione, e lo spero. Intanto continuerò a pregare il Buon Gesù a volerla mantenere ancora tra noi per molti anni, e così chissà che ancor io non abbia ad essere favorito di tanta fortuna.

Porgendole i miei più rispettosi saluti ed auguri di buone feste Natalizie, di buon fine e buon principio, la prego ad avere la bontà di inviarmi la sua Ssma Benedizione.

Suo aff.mo in G e M obb.mo. Dev.mo figlio

Coad Eugenio M

 

 

Il Fratello Edoardo Caffo a G. A.

Nyeri 8 Gennaio 1926.[132]

Veneratissimo Padre,

Sono in dovere di esporre la mia domanda a riguardo la circolare da Lei inviatici per la validità dei voti secondo le norme delle nuove Costituzioni. Me ne rimanevo tanto tranquillo e convinto di non aver nulla da fare. Mentre mi suggerirono che era necessaria pure la mia domanda per motivo del noviziato fatto secondo le costituzioni vecchie.

Desidero risolutamente di partecipare alla prima categoria: cioè di essere vero membro dell’Istituto di godere di tutti i diritti che si è possibile nel medesimo a costo anche di far qualche rinnovamento di voti oppure anche del noviziato (ma qua in Africa). Sarei perciò desideroso di una risposta risoluta prima di emettere i voti perpetui ai primi di Ottobre venturo.

In attesa di tanto gradito favore, prostrato Le domando la Sua Santa e Paterna Benedizione e le bacio con somma riverenza la mano riconoscendomi indegnissimo di sottoscrivermi.

Suo obbl.mo ed umil.mo figlio

Coad Edoardo Caffo

 

 

Il Fratello Marco Mauro a G. A.

Nyeri 9 Gennaio 1926.[133]

Vener.mo Sig Sup Generale,

Son ritornato qui a Nyeri per la tipografia e adesso son qui con il Rev ch Marchina in tipografia, che in due adesso andrà certamente bene, ciò che speriamo coll’aiuto del Signore che tutto vada sempre bene ed anche la concordia che da parte mia non ce ne ho troppa.

La ringrazio della circolare inviatami che è appunto per quello che scrivo.

Lo (!) letta e riletta, e poi me la volevo far spiegar bene dal Rev. Padre Gillio, che poi me ne son sempre dimenticato finché senza volerlo me l’à detto lui stesso, ed è per quella domanda della circolare a) e b). Riguardo a questo faccia come crede ella io ho piacere di essere religioso in tutte le regole dovute, non m’importa di rinnovare i voti anzi ò perfin piacere, che ho paura anche che il mio noviziato che ho fatto non sia valido. L’ho fatto due anni (ancora dell’antica legge) il primo anno non lo conto nemmeno che ero solo novizio di nome, sono stato fuori un mese circa dal noviziato. Il secondo anno è anche dubbio che non sia in regola che il noviziato era (nel tempo delle vacanze) a S Ignazio, ed io ci son solo andato una decina di giorni solo il resto sono stato a Torino lontano dal noviziato.

Quindi io avrei piacere di essere proprio in regola, anche di rinnovare i voti, però se sarà scomodo che io solo rinnova i voti, rinunzio, starò come prima. Quindi faccia pure come crede bene io per me mi sottometto a qualunque decisione che si sarà presa al riguardo altro non mi resta che ubbidire ai Superiori.

Le auguro che il suo Santo Patrono S Giuseppe, ed il novello beato G. Cafasso che la mantengano sempre bene in salute, ed auguri pel suo Onomastico

Domando la sua paterna benedizione

Coad Marco Mauro

 

 

Il Fratello Benedetto Falda a G. A.

Meru 6 Febbraio 1926.[134]

Rev.mo Sig Superiore Generale, Can.co Allamano,

Mi permetto di inviare alla V Ptà questa mia povera letterina per porgerle, coi miei ossequii, i miei figliali e più affettuosi auguri pel giorno del suo onomastico di S Giuseppe, suo e nostro grande Protettore. Spero che questa mia trovi la S V Rma in perfetta buona salute. Da parte mia sto molto bene e sono sempre qui a Meru per questi lavori che proseguono adagio per mancanza di trasporti.

Avevo scritto nel mese di Settembre riguardo ai miei voti. Spero che vorrà, nella sua bontà, ammettermi a questi definitivamente benché riconosco che ne sono poco degno. Del resto sono sempre contentissimo di essere Missionario e tutti i giorni, non potendo avere la Messa, rinnovo nelle mie povere preghiere questi voti.

Ho fatto una piccola chiesetta che pare una Cappellina claustrale – speriamo che possa presto essere officiata, e più di tutto che presto questi poveri Ameru possano conoscere il bene che potranno trovare qui rinchiuso, purtroppo pare però che occorreranno ancora molti anni.

Voglia la S V rma benedirmi e confermarmi come suo sempre aff nel Signore

Coad Benedetto Falda

 

 

Il Fratello Michele Mauro a G. A.

Tosamaganga 8 Febbraio 1926.[135]

Veneratiss Sig Rettore,

Sono tornato l’altro giorno da Madibira, dove sono andato a fare i Santi spirituali esercizi e fare la professione perpetua, dopo tanto desiderio finalmente è arrivato il bel giorno di consacrarmi nuovamente tutto al Signore e per tutta la vita.

Sono stato fortunato che monsignore (era) a Madibira con P Ferrero, e che lui già era stato mio maestro dei novizi e così ò potuto confidare meglio i miei fastidi e lui da buon padre mi spiegava tutto, e mi suggeriva sempre la parte migliore, e mi ha insegnato bene come dovevo farli andar via, e io per questo ringrazio molto il Signore perché mi trovo molto contento, e credo che sarò sempre contento.

Riguardo alla Sua Circolare, non le ho risposto perché non avendo capito bene le costituzioni non sapevo come decidere per non trovarmi poi scontento per l’avvenire, ò aspettato questa occasione di andare a fare gli esercizi e così farmela spiegare bene e decidere tutto, e così credo di essere tranquillo per tutta la mia vita lunga o corta finché il Signore crederà bene di lasciarmi su questa terra.

Riguardo alla mia professione, io ò sempre avuto un gran desiderio di farla e anche adesso ringrazio molto il Signore con le mie povere preghiere della grande grazia che mi ha fatto. E pregherei vostra Signora se volesse dire una Parola al Buon Gesù e alla Consolata il giorno del Suo onomastico affinché io possa sempre perseverare nella mia Santa vocazione, e per poi andare a ricevere la Corona del apostolato in Paradiso.

Avvicinandosi alla Grande festa del nostro gran Protettore San Giuseppe io le auguro di tutto Cuore Buona festa e Buon onomastico. Sono il più grande miserabile tra i suoi Figli, ma ella che è tanto buona abbia la bontà di ricevere questi poveri e miseri auguri da me misero peccatore.

Buona Festa e buon onomastico.

Di salute ringraziando il Signore e la Consolata sto sempre ottimamente bene. Come spero di ella amatissimo Signor Rettore (!), e così se il Signore vorrà spero di continuare.

Augurando nuovamente buon Onomastico come e Buona Festa mi creda sempre il Suo

Aff.mo Fi in G e M

Coad Michele Mauro

LETTERE A DIVERSI

 

Qui sono riportati i testi desunti da lettere del Fondatore a persone diverse, che riguardano la vita dei Fratelli, benché il termine “Fratelli” si trovi anche in molte altre lettere, soprattutto in elenchi o statistiche.

 

 

Al P. Calcedonio Mancini.

Torino, 6 aprile 1891.[136]

Ill.mo e Rev.mo Signore,

[…]. Anche oggi ho un certo numero di sacerdoti, (i laici poi non mancheranno) che hanno da poco terminato la loro educazione. […] I sacerdoti e secolari dopo una sufficiente prova e preparazione in una casa apposita di Torino, si impegneranno di rimanere per cinque anni nelle missioni.

Can.co G. Allarmano Rettore.

 

 

Ai primi membri della casamadre.

Ss Consolata 28 Luglio 1901.[137]

Carissimi in Nostro Signore Gesù Cristo

Amate quindi il ritiro nelle vostre camere, dovete attendere allo studio della Sacra Scrittura, delle lingue e delle materie insegnate. Evitate le passeggiate inutili e le visite superflue. ...

I giovani chiedano le licenze, specialmente per le uscite, al superiore, ed in sua assenza al sacerdote anziano che si trova in casa, e dipendano in tutto dà suoi ordini e desideri. ...

Ogni giorno si coltiva e si bagna il giardino d’entrata e quello interno. ....

Canonico G. Allamano Rettore.

 

 

A P. Tommaso Gays.

Torino, 4 Luglio 1902.[138]

Tutti gradirono le fotografie, nelle quali però osservai che siete un po' malinconici, forse per la stanchezza del viaggio? Sono certo che moralmente siete allegri, e questo è il più, ma non trascurate la salute corporale. Usando a voi e ai cari giovani le necessarie attenzioni.

C.G. Allarmano Rettore.

 

 

A don Tommaso Gays.

[Pian della Mussa – frammento di lettere] 30 Luglio 1902.[139]

Quanto ai giovani (Fratel L. Falda e C. Lusso) fate come meglio credete; tuttavia che qualche volta sia in chiesa, sia altrove vestano la veste, mi pare che li conservi più a loro posto, e li allontani da certi pericoli.

 

 

 

A don Tommaso Gays.

[Torino – frammento di lettere] 19 Settembre 1902.[140]

In quanto ai giovani (i Fratelli) li lasci pure scrivere liberamente ed alla loro presenza suggelli la lettera perché si credano liberi di dirmi tutto... Vostra Signoria abbondi di riguardi e consolazioni spirituali. Abbisognano di confidenza per aprire il cuore specialmente peri pericoli della castità; li tenga uniti a Dio e faccia loro disprezzare con pensieri soprannaturali le impressioni di nudità. Gesù Sacramento farà Lui.

 

 

A don Tommaso Gays.

[Torino – frammento di copia] 6 Marzo 1903.[141]

In quanto alla veste ... tutto ben ponderato, io credo bene che per ora si porti sempre dai Sacerdoti e chierici eccetto nei viaggi, nei lavori manuali e nelle cure dei malati; i fratelli la mettano almeno in Chiesa e quando non lavorano in casa, come nelle feste.

 

 

A don Tommaso Gays.

Torino 18 Settembre 1903.[142]

Carissimo in Nostro Signore Gesù Cristo,

Ringraziamo il Signore che l’istituto a Torino è in floridezza; vi sono venti alunni, un sacerdote teologo Gagliero, due che domani riceveranno l’Ordinazione sacerdotale: Vignoli e Barlassina, gli altri chierici di varie diocesi ed un fratello. […]. I fratelli ricevono e danno del lei da tutti, chierici e sacerdoti; fra loro come si è detto dei chierici (si danno del tu). Questa è la norma adottata in casa madre, e credo la migliore da ricevere anche costì. La cosa è semplice, basta pensare al Seminario. Quanto ai fratelli è meglio così per vari motivi; tuttavia costì veda se per quelli che si trovano sia il caso di cambiare o no; a me pare di sì, ed all’occasione lo notifichi a tutti.

Canonico G. Allamano

 

 

Al teologo Filippo Perlo.

23 Dicembre 1903.[143]

Carissimo Teologo

[…]. Dei fratelli l’Anselmo è piissimo, e di ottime speranze per l’allevamento del bestiame e la cura del latte eccetera. Lo animi sempre a farsi gran santo nel lavoro.

L’Agostino è ancora un po’ ragazzo e faccendiere, ma di molto ingegno e di buon conto. Formandosi sotto una mano ferma riuscirà in tutti i lavori e potrà sostituire Ametis. […].

Forse le troppo occupazioni dell’ultima ora m’impediranno di scrivere agli altri, specialmente ai cari Celeste e Benedetto, incominci Vostra Signoria a porgere a questi i miei speciali encomii. Del resto la nostra Consolata continuerà ad assisterli e benedirli; e nel prossimo anno centenario spargerà maggiormente anche costì le Sue consolazioni.

Canonico G. Allamano Superiore

Al teologo Filippo Perlo.

6 Maggio 1904.[144]

Carissimo Teologo,

Probabilmente avremo in Dicembre quattro sacerdoti e un fratello preparati; ma di ciò le parlerà il Vice rettore a suo tempo.

Il fratello di Andrea mi portò Lire 100 in oro pel fratello; Vostra Signoria gliele consegni, prendendole dai comuni ed io li conto nel mio registro (operazione finanziaria in favore di Fratel Andrea Anselmetti, partito per il Kenya fin dal 15 Dicembre 1902).

C. G. Allarmano S.

 

 

A don Tommaso Gays.

26 Gennaio 1905.[145]

Carissimo Don Gays,

 Il giovane Aquilino (Caneparo) è da lei ben conosciuto, lo ritengano in tutto come un vero confratello, sebbene non abbia fatto i voti.

Canonico G. Allamano R.

 

 

Al teologo Francesco Cagliero.

Torino 6 Dicembre 1908.[146]

Carissimo Teologo.

Don Morino scrivendo ai chierici della Casa riferisce un sunto del discorso che facesti per fratel Benedetto Falda: mi piacquero i pensieri che esprimesti: continua ad infondere nei dipendenti ed in quanti confratelli t’incontri il buon spirito.

C. G. Allarmano.

 

 

A don Umberto Costa.

Torino 4 Settembre 1910.[147]

Caro Don Costa,

Probabilmente mercoledì mattina verranno i coadiutori e vi si fermeranno solo sino a venerdì sera. Non c’è Vittorio, che chiese di andare a casa per un po di mal d’orecchio, a cui sin da giovanetto era soggetto. Andandovi studierà meglio la vocazione, su cui esso ed io abbiamo dubbi. Diglielo al fratello.

C. G. Allamano S.

 

 

    Al canonico Giacomo Camisassa.

    3 Agosto 1911.[148]

    Carissimo Vicerettore,

Ho anche incominciato gli aspiranti coadiutori, e sono quattro compreso Eugenio. Si studia e lavora con spirito. Dei superiori debbo lodarmi; hanno tutta l’intenzione di dirmi tutto, raccomando loro sovente la dolcezza nel modo di comandare. Lunedì partiranno per Sant’Ignazio, anche i coadiutori per una settimana. Io li seguirò presto e passerò con loro una decina di giorni, nei quali parlerò sovente individualmente.

C. G. Allarmano.

 

 

Il canonico Giacomo Camisassa a G. A.

Tusu 11 Settembre 1911.[149]

Amatissimo Signor Rettore,

E dei coadiutori non ne avrebbe da spedire qui con Padre Bianciotto? Alla fattoria sarebbero tanta manna, massime i meccanici. Però bisogna siano ben formati per lo spirito, e se non sono ancor tali è preferibile aspettare.

C. G. Camisassa.

 

 

Al canonico Giacomo Camisassa.

Torino 22 Settembre 1911[150]

Carissimo Vicerettore,

In pacco postale arriverà quanto desidera Benedetto (mozzo bicicletta), e poi similmente il bambino in legno comperato da Taverna e regalato dalla Signorina Capra ...

Nel vestire i coadiutori, omessa la veste, benedico loro un cordoncino bianco sulla forma del grosso da portare sempre indosso come i terziari, così fanno gli Artigianelli.

C. G. Allarmano.

 

 

Al canonico Giacomo Camisassa.

Torino 19 Dicembre 1911.[151]

Caro Vicerettore,

Il coadiutor Michele bisognerà prenderlo com’è...

C. G. Allarmano.

 

 

Il canonico Giacomo Camisassa a G. A.

Nyeri 4 Gennaio 1912.[152]

Rev.mo ed Amatissimo Signor Rettore,

[…]. Le mando uno scritto di Benedetto (Falda), quale avevo già fatto correggere un poco, e copiare per mandarlo agli Annali della Propagazione della fede, e che servirà invece per noi (Un battesimo nel bosco, in “La Consolata” 14 Aprile 1912). Questo però va ancor corretto un poco prima di metterlo sul Periodico... Questo della carestia può fare da cappello allo scritto di Benedetto.

Canonico G. Camisassa.

 

Al C. G. Camisassa.

Torino, 15 Gennaio 1912.[153]

Carissimo Vice Rettore,

[…]. Il Coadiutor Giuseppe [Agagliatti] prese il tifo a Torino, dove stette quasi sempre, bevendo troppa acqua in gallarini non usati. […].

Non bisogna fare tanto caso in quei che ritornano che parlano a casaccio, pur di sublimare follemente se stessi. Necessario sostenere i nuovi venienti contro l’esempio dei vecchi, specie coadiutori.

Canonico G. Allamano

 

 

Ai missionari del Kenya.

Torino 21 Luglio 1912.[154]

Carissimi nel Signore,

[…]. C’è una virtù sulla quale io credo di dover insistere come quella che è maggiormente necessaria a ciascun di voi sacerdoti e coadiutori, sia nelle opere di sacro ministero, sia nell’esercizio dei lavori manuali, ed è la virtù dell’obbedienza: quella che le nostre Costituzioni chiamano virtù fondamentale di un Istituto di missioni (v N° 35) e la cui mancanza basterebbe a mandar in dissoluzione qualunque Comunità Religiosa.

Canonico G. Allamano superiore

 

 

Al padre Umberto Costa.

Melezet 15 Agosto 1912.[155]

Caro Don Costa,

[…]. Mi domandi di ritenere i coadiutori per la passeggiata di Lunedì. Ma la prima squadra dei coadiutori ritornava sempre a Torino l’indomani dell’Assunta; perché allungare loro la già troppo lunga vacanza? Ora la cosa è fatta, ed è inutile il domandarmene il permesso quando sai che non ho più tempo a mandarlo. In ciò c’entra, credo, Don Dolza col suo gran cuore specialmente pei coadiutori, procura che la stessa sera sieno a Torino.

C. G. Allamano S.

 

 

Al padre Luigi Perlo.

Torino 28 Agosto 1912.[156]

Caro Don Perlo,

[…]. Dì pure ai cari sacerdoti, chierici, coadiutori e giovani che nella mia breve dimora con loro sono stato ben consolato pel buono spirito che osservai. Continuino ad impegnarsi nella pietà e nella perfetta ubbidienza.

C. G. Allamano S.

 

Il padre Lorenzo Sales a G. A.

Sant’Ignazio 12 Settembre 1914.[157]

Reverendissimo e amatissimo Padre,

[…]. Siccome i Coadiutori vollero partire Mercoledì sera, benché piovesse, li lasciai partire. Fu provvidenziale, perché così il mattino seguente fummo liberi di fare la passeggiata lunga. Infatti subito dopo la partenza dei Coadiutori avemmo un forte vento che spazzò tutta la densa e tenace nuvolaglia, e comparvero di bel nuovo le cime dei monti tutte coperte di neve.

Don L. Sales

 

 

Il padre Angelo Dal Canton a G. A.

Abara di Sidano (Abissinia) 7 Agosto 1915.[158]

Rev.mo Padre e Superiore generale,

[…]. E del buon Anselmo qual ne è la sorte? Egli sta bene di salute, sospira solo la mia liberazione. Egli tiene sempre il solito posto a Burgi, dove io l’ho lasciato con il caro cristiano Filippo e un interprete burgese che sa lo swaili ed anche l’abissino. Anselmo non fu fatto prigione perché figura il mio domestico, egli quindi resta custode della roba come io ho domandato. Un buon abissino che noi abbiamo curato va a dormire alla tenda tutte le notti, così Anselmo ne resta più tranquillo, ché di sicurtà qui in Abissinia (non parlo di Addis Abeba) ve ne sono ben poche.

P. Angelo Dal Canton

 

 

Al cardinale Domenico Serafini.

Torino 2 Marzo 1918.[159]

Eminenza Reverendissima,

[…]. Di questi ospedali, di cui sono addetti 45 dei nostri, il principale fu quello di Nairobi con 1500 e fin 2000 degenti, e vi attendono or uno or due sacerdoti missionari con 5 suore, ai quali si unirono per aiuto, talvolta due fratelli coadiutori. Son questi due nostri fratelli che, non paghi della messa celebrata dal missionario nell’ospedale, andavano talvolta ancora nelle feste ad ascoltar la messa nella chiesa pubblica di Monsignor Neville, ove furono forse creduti missionari sacerdoti.

Naturalmente questi coadiutori, oltreché dell’Ospedale, s’occupavano pure in Nairobi degli acquisti di mercanzie necessarie alle nostre missioni, come pure del ritiro delle merci dalla ferrovia e simili. E fu in grazia all’opera loro che in questi tre anni quell’ospedale servì in qualche modo di casa procura per i nostri in Nairobi. Ora però, finita la guerra nell’Africa tedesca, il governo va spopolando e sopprimendo quegli ospedali da campo, ed i nostri dovranno ritirarsi da quello di Nairobi. In previsione di ciò io ho insistito ripetutamente presso il mio procuratore, Monsignor Barlassina, perché sollecitasse la decisione di questa casa procura, che urge aprire al più presto in Nairobi.

Can.co Giuseppe Allamano Superiore

 

 

Il padre Giuseppe Prina a G. A.

28 Aprile1918.[160]

Molto Rev. Sig. Rettore,

[…]. Ora ho qui il Coad. Carlino il quale mi fa da secondo e quindi posso ottenere un po’ di respiro.

Padre Giuseppe Prina

 

 

Monsignor Filippo Perlo a G. A.

Nyeri 28 Dicembre 1918.[161]

Veneratissimo Sig. Superiore e Padre,

[…] Ad ogni modo spero che anche soltanto dei rapidi accenni possano servire al fine per cui la Paternità Vostra li desidera. La prego di non voler dare ai seguenti “giudizi” che un valore relativo.

Angelo: lavoratore assiduo – riesce bene – produce molto; difficile alla vita di comunità – ombroso – misantropo.

Aquilino: lavoratore frettoloso – intelligente – produce molto; impaziente – ombroso – indipendente, ma obbedisce.

Bartolomeo: buon spirito – obbediente – lavoratore assiduo e pronto; talvolta un po’ smemorato – produzione minore nel lavoro effettuato.

Benedetto: lavoratore svelto – abbastanza buon spirito – produce molto; impaziente – critiche – invidiuzze.

Carlino: lavoratore assiduo e instancabile – buon spirito anche per gli indigeni – produce molto; qualche critica – gli pare talvolta di non essere stimato basta.

Domenico: tranquillo – servizievole – lavora; brontolone – pessimista – poca capacità.

Eugenio: lavoratore assiduo – tranquillo – riesce bene; piuttosto chiuso – il voler troppa accuratezza nel lavoro gli fa produrre assai meno.

Giovanni: abbastanza obbediente – s’adatta – non s’offende; produce poco – fanfarone – poca abilità e costanza nei lavori.

Luigi: lavoratore instancabile – produce molto – si interessa per i neri; lavora un po’ all’ingrosso – suscettibile, ma gli passa subito.

Michele: buon spirito – pratico d’aratro – fa dei piaceri ai confratelli; incostante – produce poco – un po’ di critica innocua.

Tommaso: s’occupa – non si risparmia – osservanza; produce pochino – un po’ cocciuto – non molta abilità.

Ugo: servizievole – abilità in certi lavori – obbediente; produzione media – sensibilissimo – un po’ smemorato.

Umberto: bene quando va bene – un’innegabile abilità in parecchi lavori; soggetto a crisi nervoso-morali – produce poco perché troppo minuzioso – da prendere con le molle. […].

Il coadiutor Angelo, dopo i voti si addimostra assai contento e si dice del tutto tranquillo. Speriamo perseveri bene.

F. Perlo

Ai missionari d’Italia.

Torino 17 Febbraio 1919.[162]

Carissimi in Nostro Signore Gesù Cristo

Con vivo dolore vengo a darvi nuovamente l’annuncio della dipartita pel Paradiso, di un caro Confratello, il Reverendo Coadiutore Giacomo Gaidano, professo da 7 anni missionario nel Kenya.

Il più bell’elogio sono le parole che di lui scrive Monsignor Perlo, che vi propongo a meditare e ricopiare in voi stessi (riprodotta in da Casa Madre, N° 11).

Vi ricordo intanto il mese dedicato a San Giuseppe, nostro speciale Protettore.

Onorate il gran Santo con qualche ossequio giornaliero. Vi benedico

Aff.mo C. G. Allamano Sup.re.

 

 

Ai missionari d’Africa.

Torino 4 Marzo 1919.[163]

Carissimi nel Signore,

Il buon Dio volle nuovamente tra di noi una vittima; e la scelse nel caro Coadiutore Giacomo Gaidano. Era un frutto maturo pel Paradiso, come a ragione scrissemi Sua Eccellenza Monsignor Vicario, e voi potete confermare come testimoni delle sue virtù. A comune edificazione vi riporto due tratti di sue lettere a me dirette, che dimostrano quanto operasse con spirito di fede. Il 29 Settembre 1915 mi scriveva: “Si incomincia al mattino con un lavoro e alle volte, prima che sia notte, se ne fanno dieci di diversi generi; però quando si lavora pel Signore, se si avesse ben da farne venti, va sempre bene; solo che si faccia la sua santa volontà e per la sua maggior gloria”.

Il 28 Marzo 1916 riferendomi come pel Battesimo di Karoli egli era stato lasciato solo alla Missione di Gaturi, aggiungeva: “Ho detto che ero solo, ma ho detto un gran sproposito; perché nella Chiesa vi era il Santissimo Sacramento e quindi altro che solo! Ero nientemeno che col Re dei re, ed io solo a corteggiarlo. Lungo il giorno, lavorando da falegname attorno a diverse cosette, stavo volentieri presso la chiesa per così essere più vicino a Nostro Signore e per poter pensare solo a Lui, facendo atti d’adorazione e di amore onde supplire a quelli che avrebbero fatto i miei Confratelli che andarono a Tusu”.

Preghiamo per quell’anima bella, che confidiamo abbia già ricevuto la corona dell’Apostolato.

Vostro aff.mo.

C. G. Allamano Superiore.

 

 

L’agente consolare Antonio Corrado Cavicchioni a G. A.

29 giugno 1919.[164]

Signor Canonico,

[…]. Sua Altezza Reale il Luogotenente Generale di Sua Maestà il Re si è degnato di conferire a sei Missionari della Consolata la Croce di Cavaliere della Corona d’Italia per l’opera da loro prestata con abnegazione e zelo negli Ospedali Militari dei Portatori Indigeni dell’Africa Orientale.

I neo decorati sono: [...]  Rev. Fratello Cav. Aquilino Caneparo.

A.C. Cavicchioni

Al padre Giuseppe Gallea.

Sant’Ignazio 12 Luglio 1919.[165]

Caro Don Gallea,

Ho ricevuto l’unita lettera dal coadiutor Davide. Leggila per saperti regolare e vedere il netto. Rincrescerebbe che qualcuno seminasse il disanimo; saremmo sempre da capo con cotesti benedetti coadiutori. Non dare a conoscere che ti ho spedito le lettera. Sono miserie che di tanto in tanto bisogna dissipare.

C. G. Allarmano.

 

 

Monsignor Filippo Perlo a G. A.

Nyeri 6 Agosto 1919.[166]

Veneratissimo Sig. Superiore e Padre

[…]. Per buona parte dei nostri che furono agli ospedali militari si riuscì ad ottenere un viaggio gratuito per il bastimento fino in Inghilterra (stiamo trattando concedano per Genova): d’andata e ritorno per quelli che servirono oltre 20 mesi, e di sola andata per gli altri; durevoli fino a tutto maggio dell’anno venturo. Tiriamo il colpo a far rendere impersonali questi biglietti, rinunciando alla metà d’essi; ma con poca speranza. Vi sono alcuni dei nostri che vi “muoiono su”; ad esempio il coadiutor Benedetto, che anni fa non vi poté restare che alcuni giorni e che l’anno venturo avrebbe le nozze d’oro dei suoi; ed Aquilino, che ci terrebbe a venir a sistemare i suoi affari materiali; che con la sorella non son troppo ben amministrati, avendo perso una forte somma mutuata. Come già accennai in altra mia, le sarei grato per istruzioni a questo riguardo.

F. Perlo

 

 

Monsignor Filippo Perlo a G. A.

Nyeri 8 Dicembre 1919.[167]

Veneratissimo Sig Superiore e Padre,

[…]. Alla circolare aggiunsi una postilla in fondo di non parlarne con alcuno; poiché se i coadiutori vengono a saperlo (alcuni almeno) si montano subito la testa e fantasticando su quali nuovi legami siano per essere imposti!! Della così detta questione della povertà, a quanto mi consta, ormai più nessuno ne parla; meno di tutti i coadiutori, i quali di regola, prima di spendere un soldo del proprio ci pensano le mille volte e di quel della comunità non hanno occasione di toccarne. […].

Ma, eccettuato Benedetto, il quale desidera tanto trovarsi alle nozze d’oro dei suoi, e Aquilino, per la sistemazione dei suoi affari di famiglia, nessun altro me ne fece parola; né pare che pur se lo aspettino.

F. Perlo

 

 

Al padre Tommaso Gays.

Torino 17 Agosto 1921.[168]

Caro Padre Gays

[…]. Il Coadiutore Michele [Mauro] mi scrisse quindici giorni sono, dicendomi che è ancora alla cura di uova e latte; come doveva fare. Gli risposi che provasse a farne senza per quindici giorni, se stava bene ritornasse. Così, eccetto Davide, bisognerà che facciano tutti gli invalidi dopo Agosto.

C. G. Allamano

 

 

Ai missionari della Consolata.

Torino 15 Ottobre 1921.[169]

Carissimi in Nostro Signore Gesù Cristo,

Un altra grave prova colpì il nostro Istituto e le Missioni. Il Reverendo Coadiutore Michele Cavigliasso ci lasciò pel Paradiso. Ma più ci addolora la di lui morte inaspettata, avvenuta senza poter essere assistito dai suoi Confratelli. Un telegramma, e poi una lunga lettera del Padre Fassino mi notificava che il caro confratello moriva il 21 Agosto per la caduta in uno stagno. Non vi ripeto i particolari della disgrazia, che voi sapete meglio di me. Dopo la perdita di due Coadiutori: Giacomo ed Umberto, non ci aspettavamo quest’altra così presto; mentre il buon Michele era nella robustezza dei suoi 42 anni e tutto dedito alla grande opera della Fattoria.

Non ci resta che piegare il capo alla Santa Volontà di Dio, i cui decreti sono imperscrutabili, ma sempre pieni di misericordia. Il buon Dio volle premiare in Cielo i 14 anni di Missione del benedetto Coadiutore, e lasciare a noi una lezione sulla incertezza dell’ora e del modo della nostra morte. “Estote parati, quia qua hora nonputatis, Filius hominis veniet”. Il caro Michele, quando per obbedienza al Superiore uscì di casa verso le ore dieci, non s’aspettava certo di non ritornarvi che due giorni dopo, freddo cadavere... Ma buon per lui che sempre visse quale fervoroso religioso e zelante missionario; cosicché la morte non gli fu improvvisa, ma lo trovò preparato alla chiamata di Dio!

Voi lo vedevate sempre tranquillo ed allegro, intento ai lavori che l’ubbidienza gli assegnava. Talora, avvertito o corretto, neppure si scusava; e nella sua umiltà soleva dire di cuore: “Lo so che sono un miserabile e buono a niente: in peccatis concepit me mater mea!”. Dove attingeva questa virtù religiosa? Era nella devozione al Santissimo Sacramento. Passava in chiesa tutto il tempo che gli era possibile. Disse due giorni prima della morte, come mi fu scritto, che avesse avuto un giorno a sua disposizione, l’avrebbe passato tutto innanzi a Gesù in Sacramento. Ed aggiunse: “Se verrà il tempo in cui non potessi più lavorare, lo passerei tutto in adorazione al Santissimo Sacramento”.

Ecco dove si formano i Santi missionari, come San Francesco Zaverio! Qualcuno si lamenta di non trovare in Missione gli aiuti per la perfezione che vi sono in Casa Madre. Ricorrere sovente fiduciosi a Gesù, ed Egli supplirà a tutto. Vi illuminerà e conforterà: “accedite et illuminamini; venite ad me omnes qui laboratis”.

Ma la morte repentina del caro coadiutore ci deve far pensare alla nostra. Quando e come morremo? Saremo in quel punto ben preparati, o non brameremo di avere ancora un po’ di tempo per meglio disporci al giudizio di Dio? “Oh si daretur hora!”. Veramente un religioso missionario dovrebbe sempre essere disposto al gran passo. Purtroppo non è sempre così. Dopo aver fatto, colla partenza per le Missioni, i gravi sacrifici del distacco da tutti e da tutto, si lascia che il cuore si affezioni a piccole miserie, le quali c’impediscono la maggior perfezione e c’inquieteranno alla morte. Esaminatevi ogni giorno se siete in perfetta regola sui santi voti, sulle virtù della carità e dell’umiltà.

Viviamo, miei cari, di perfezione, per trovarci sempre disposti a morire. E ciò non solo per non cadere, morendo, nell’inferno: cosa orribile per un missionario; ma possibile, ma ancora per evitare quanto possiamo le pene del Purgatorio. E non basta. Conviene vivere di perfezione per avere maggior gloria in Paradiso; e, se non fosse altro, per vivere tranquilli, e per godere la pace dell’anima in punto di morte. L’indulgenza plenaria del nostro Venerabile ci sarà applicata anche nella morte repentina; ma l’acquisteremo poi per le nostre disposizioni? Voi sapete che nessun peccato, anche minimo, viene perdonato senza il dolore e proponimento. Li avremo allora, con tante miserie nostre abituali, di cui non ci emendiamo mai?

Nelle comunità talora si sente il lamento che non c’è più lo spirito della fondazione... Invece di questi inutili lamenti, ed invece di pretendere la perfezione negli altri, ognuno pensi sul serio a procurare la perfezione in se stesso. Se così tutti facessero, lo spirito ritornerebbe in tutta la Comunità.

Concludo raccomandandovi di attendere alla propria santificazione. Dovrà ognuno rendere conto di se stesso, e non degli altri. Io dovrò rispondere del mio dovere di fornirvi i mezzi di farvi santi missionari; e voi del modo con cui li avrete adoperati. Tutti, pensando al “ad quid venisti”, non perdetevi in sterili questioni, che vi faranno perdere il tempo ed impediranno il conseguimento del vostro fine che è la vostra santificazione e la conversione dei poveri infedeli.

La Santissima Consolata vi assisterà perché vi facciate molti meriti. Di qui continuo a pregare per voi la nostra cara Madre; e vi imploro lo spirito di fortezza e l’eroismo dei martiri. Abbandonatevi nelle braccia di Maria Santissima; Ella vi consolerà, e convertirà le vostre pene in gaudio. Pensatemi a voi vicino e confortatevi. Coraggio dunque, sostenuti dalle nostre preghiere; avanti in Domino, giorno per giorno, ora per ora.

Ai piedi della nostra Santissima Consolata vi benedico di gran cuore, e godo dirmi in Nostro Signore Gesù Cristo.

Aff.mo

C. G. Allamano superiore.

 

 

Monsignor Gaudenzio Barlassina a G. A.

Umbi 15 Giugno 1922.[170]

Reverendissimo Signor Rettore,

[…]. Grazie a Dio, il lavoro e tutto l’andamento qui a Umbi procedono bene, il laboratorio si sarebbe potuto inaugurare per la festa titolare del Sacro Cuore, ma causa una malattia di qualche settimana che tenne fermo il Coadiutor Damiani, ora ristabilitosi completamente, e l’indisposizione che similmente arrestò per alcuni giorni il lavoro del Coadiutor Aquilino, il funzionamento delle macchine ritarderà un poco.

La scuola d’Umbi ebbe subito un incominciamento buono ed è ben avviata; sembra anche promettente il catecumenato.

P. G. Barlassina

 

 

 

 

Il padre Maurizio Domenico Ferrero a G. A.

Sant’ Ignazio 27 Luglio 1922.[171]

Veneratissimo e amatissimo Padre,

[…]. L’altro ieri volli mandare con i Professi a prendere il pane a Lanzo anche i Coadiutori; ma Edoardo trovò che non poteva andare perché malato. Ma malato non è e lo lasciai a casa. Stamane alle reverende Suore occorreva legna per il bucato; mandai Alfonso e Edoardo a spaccarne. E Alfonso non ci voleva andare; perché, dice, non avrà poi più tempo a fare passeggiate, domani dovrà fare il vino, eccetera eccetera. Solo quando gli dissi che sarei andato io, si decise ad andare.

P. Ferrero

 

 

Monsignor Filippo Perlo a G. A.

Nyeri 29 Luglio 1922.[172]

Veneratissimo Signor Superiore Generale

[…]. b) con i due richiesti dal suo telegramma, sarebbe forse anche conveniente mandare giù il coadiutor Giovanni, che da mesi si trascina, con malattie indefinite, ma da cui non riesce a tirarsi su. Tanto più dopo essere stato messo in cura dal dottore di Moranga, il quale gli disse subito (e ogni volta che incontra Padre Rosso, glielo ripete; il quale a sua volta s’affretta a riportarglielo a Giovanni) che l’unica cura era rimpatriare e che senza questo non guarirebbe. Ora ha piantato il chiodo; per cui non si fa neppur coraggio. Siccome monsignor Cagliero desidera molto un coadiutore per quando abbia andare a Iringa, se lo potrà poi prendere seco, ristabilito.

F. Perlo

 

 

Al padre Tommaso Gays.

Torino 27 Dicembre 1922.[173]

Caro P. Gays,

Per abbondanza le ricordo di mandare domani alle ore 9 un sacerdote per cantare la Messa al Monastero di Pozzo Strada. Se stima bene mandi anche tutti mattino e sera: servirà di passeggiata.

Il Coadiutor Anselmo si fermerebbe sin dopo l’Epifania; e bene.

Pensi al Coadiutor Giovanni, che pare non faccia per noi.

Tante cose in Domino

Aff.mo

C. G. A.

 

 

Monsignor Filippo Perlo a G. A.

27 Gennaio 1923.[174]

Veneratissimo Signor Superiore,

[…]. Dal Kenya partirono a suo tempo per imbarcarsi a Mombasa per Daressalaam le due suore Consolatine accompagnate dal Coadiutor Ugo. Questi (e ora se lo goda chi gli ha scaldato la testa) sebbene la Paternità Vostra m’abbia detto avergli egli scritto di non voler più stare al Kenya, nel fatto non c’era poi modo di fargliela lasciare; e fino a un’ora precisa dalla partenza del treno, non s’era ancor deciso e non cedette che alle forti pressioni fattegli. A Mombasa, perfin cogli estranei, usava ripetere che a Iringa c’andava per forza.

F. Perlo

 

 

Il cardinale Guglielmo van Rossum a G. A.

Roma 2 Maggio 1924.[175]

Rev.mo Padre,

Il Fratello Coadiutore di cotesto Istituto, Anselmo Jeantet chiede, per la seconda volta, a questa Sacra Congregazione la dispensa dai voti emessi il 29 Agosto 1909, e riferisce che, tornato dalla missione verso la metà di dicembre, invece di recarsi a Torino, andò direttamente presso la sua famiglia, perché non intendeva di restare più a lungo nell’Istituto della Consolata.

La Propaganda che nel passato ebbe ad occuparsi del Fratello in parola e che con lettera del 27 ultimo scorso significò a Vostra Paternità Rev.ma la sua decisione circa i provvedimenti da prendersi a riguardo, non sa spiegarsi come egli, certamente accompagnato nel viaggio, abbia potuto recarsi al paese natio.

Invito pertanto la Paternità Vostra a voler dare della cosa le opportune informazioni.

Con sensi di ben distinta stima godo raffermarmi della Paternità Vostra Rev.ma

Devotissimo servo

G. M. Card v. Rossum

 

 

Monsignor Gabriele Perlo a G. A.

Mogadiscio 15 Febbraio 1925.[176]

Veneratissimo Sign Rettore,

[...] P Ferraris, P Varetto, il Ch Bisio, il Coad Guido e Carlino vanno tutti i giorni al Laboratorio della Consolata, e lavorano da falegnami, fabbro ferrai, un po’ di tutto, per provvedere di mobilio il brefotrofio, l’asilo, ed anche la nostra Chiesa che non aveva neppur un banco per inginocchiarci.

La salute è abbastanza buona, e tutti si vanno acclimatando. Ci fu un vero attacco di influenza che tenne a letto P Ferraris per sei giorni, un giorno il Coad Carlino ...

P Gabriele Perlo

 

 

A monsignor Filippo Perlo.

Torino 25 Febbraio 1925.[177]

Caro Monsignore,

Ho saputo che avete accettato come coadiutore un certo Mercandino di 18 anni, e che deve entrare oggi.

Un buon Signore venne a dirmi che i genitori sono poco di buono, ed il giovane non è poi un esemplare. So che l’ha proposto il Padre Corino. Bisognerà tenerlo d’occhio e provarlo bene.

Rettore

 

 

 

Monsignor Giuseppe Perrachon a G. A.

Nyeri 3 Luglio 1925.[178]

Ill.mo e Rev.mo Signor Superiore Generale,

Benché abbia consegnato al Rev Coad Angelo rimpatriante (credo sia partito da Mombasa il primo del corrente mese colla Vincenzina, Rev Suor Eugenia) una lettera per la Signoria Vostra Rev.ma e Ama.ta, mi permetto di scriverLe ora nuovamente per posta, per dirLe quanto mi pare bene dinnanzi a Nostro Signore riguardo ad un caso particolare.

Il Rev.do Coad Angelo prima di partire avrebbe detto a qualcuno della Fattoria, che non sarebbe più ritornato al Kenya se Vostra Signoria Rev.ma e Mons Vicario non avessero messo le cose a posto, che non v’è spirito religioso, ecc...

A me pare di poterLe assicurare dinnanzi a Nostro Signore che, per non parlare che della Fattoria, non c’è mai stato spirito religioso come al presente. I Coadiutori rimasti, cioè; Luigi Bezzone, ormai rimesso dall’operazione dell’appendicite; i Coadiutori Luigi Dellavalle, Oreste e Edoardo continuano sempre a regolarsi bene, ed anche le Suore fanno bene. E se pel passato si dovettero lamentare inconvenienti, questi purtroppo erano specialmente dovuti ai Coad Giuseppe, Davide, Domenico e allo stesso Coad Angelo, i quali tutti difettavano un po’, specie per quanto riguarda l’obbedienza. Ora essendo i suddetti, eccezion fatta pel Coad Angelo, stati impiegati in lavori di costruzione nelle varie stazioni, qui alla Fattoria, come già Le dissi, si va avanti benissimo, e giova sperare che colla benedizione di Maria Ss Consolata, per intercessione del nostro novello Beato, da tutti si farà meglio per l’avvenire. Anche la Rev Suor Giuseppina pare ora un po’ più tranquilla.

Non mi dilungo a parlarLe dei Santi Spirituali Esercizi, perché so che il Rev Sup delegato, il quale si trova ora alla Fattoria, Le scrive direttamente al riguardo.

RinnovandoLe i sensi del nostro più rispettoso ossequio e della nostra filale obbedienza, e umilmente pregandoLa a volerci tutti benedire, prostrato al bacio delle sacre mani, mi professo

Dalla S. V. R.ma ed Amat.ma umil.mo obb.mo figlio in Gesù e Maria

P G. Perrachon

 

 

Monsignor Gabriele Perlo a G. A.

Mogadiscio 28 Settembre 1925.[179]

Veneratiss.mo Sig Rettore.

[...] Il Coad Carlino, come vedrà dalla sua lettera, è venuto a dirmi che non si sente di andare avanti, la vita del missionario non è fatta per lui,... io l’ò consigliato a pregare, ed attendere pazientemente per conoscere meglio la volontà di Dio a suo riguardo... ma purtroppo temo che la grazia della vocazione l’abbia abbandonato,... perché prega poco, manca del fondo religioso, e senza questo naturalmente non può adattarsi alla nostra vita di sacrifizii.

Anche il Sig Corrado Borello, come già ne scrissi a Monsignore, dopo neppure due mesi di permanenza a Mogadiscio, ha intenzione di scindere il suo contratto con la Missione, e metter su per suo conto, un’officina da meccanico in Mogadiscio,... e penso che questo suo divisamento abbia pure influito sul morale del Coad Carlino.

P Gabriele Perlo

 

 

Al padre Domenico Gillio

Torino 3 Novembre 1925.[180]

Rev, e carissimo P Gillio,

Ringrazio V S della sua lettera in tutti i suoi particolari. Ricevute tutte le risposte, scriveremo secondo i bisogni, ed alle sue domande.

Riguardo al Coad Oreste non si crede di esaudirlo per non aprire questa porta a molte velleità. Il Consiglio ha ceduto alle istanze del Coad Angelo M, che prima dell’Africa e poi venuto a Torino insisteva sul cambio di Classe, e lo vestii della veste clericale. Si penso che ha lavorato 14 anni di vero lavoro, che il lavoro fatto lo fece più idoneo agli studi ecclesiastici, e poi si sarebbe disanimato forse sino ad uscire dall’Istituto con danno della Tipografia. Intanto il cambio di Classe è semplificato colla rinnovazione dei S Voti, per cui non abbiamo da chiedere a Roma. Lo avvertii del suo carattere duro e prepotente, e gli imposi che continuasse a tenere le redini della Tipografia, e solo fosse aiutato e supplito dal Coad Marco nel tempo che V S e Mons Perrachon gli fissarono per gli studii. Per aiutarlo in questi studi sommari V S preghi il R P Cravero o qualcuno altro.

Mi rallegro del buon spirito in generale. Risponderemo più tardi alle varie sue domande.

Facciamo ogni possibile per soccorrere al Kenya, a poco a poco sarete contenti.

Il Signore La benedica com’io di tutto cuore benedico Lei e tutti i missionari e le missionarie.

Aff. In N S G C

C G. Allamano Sup.re

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TESTIMONIANZE

 

Qui sono riportate le testimonianze sul Fondatore rilasciate dai Fratelli. Sono tutte quelle che ho potuto rinvenire nell'archivio dell'Istituto. Una ricerca più prolungata potrà riportarle tutte nella loro integrità. Aggiungo pure la testimonianza di una suora che riguarda il Fondatore e i Fratelli.

 

Fr. Balbiano Davide IMC: «L'Anno 1913 fui accettato dal Canonico Servo di Dio Allamano nell'Istituto Missioni Consolata. Dico (?) dal Servo di Dio Allamano, perché il Dottore si sarebbe dichiarato contrario per motivo di salute e sviluppo. Con poche parole, ti accetto io e così al 20 Settembre 1913 fui ricevuto quale aspirante Coad. Nel 1916 chiamato alle armi lasciai l'Istituto ancora Postulante, feci 49 mesi di servizio militare e molti di questi in zona di guerra. Le sue cure per me furono molto affettuose e paterne tanto che l'ufficiale del mio reparto voleva sapere chi era quel sacerdote che con soliti vaglia e poche ma buone parole sullo scontrino leggeva. Mi seppe ammalato a Corfù mi inviò indumenti di lana. Fui disperso con sollecitudine mi fece cercare e solo fu tranquillo quando mi vide arrivare abbracciandomi e versando qualche lacrima. Al congedamento mi presentai e le disse che volevo lasciarlo e prendere altra strada, mi fissò poi con una schiaffettino che sa di amore paterno mi disse va a casa (inteso l’Istituto) e basta. Pieno di cattiva malaria contratta in Albania stentavo tirare avanti con le febbri tutto il 1820 e parte del 1921, si interessò lui presso alti ufficiali medici per farmi curare fu tutto inutile. Disse vieni con me a S. Ignazio. Ti curerò io e vedrai che guarirai. [poi narra le cura avute a S. Ignazio].  […] mi mandò chiamare per inviarmi nelle Missioni d'Africa. Mi diede per ricordo il libro della imitazione di Cristo che conservo tutt'ora anche dopo tante peripezie colla scritta autografa

Al mio caro Coad. Davide

Affinché studi in questo libro il modo di farsi santo.

Torino 21 Novembre 1921

C. G. Allamano Sup.

 

Partii per l'Africa feci 22 anni di Missione passai in molte zone malariche anzi con dei confratelli che si presero delle terribili febbri, ed io non seppi più cosa fosse malaria ed ora dopo 44 anni che faccio parte all'Istituto Missioni Consolata chi debbo ringraziare di più per le paterne amorose cure se non il Venerabile Servo di Dio Canonico Giuseppe Allamano?

Coad. Davide Balbiano M. I. C.

e non il dottore che non mi fece idoneo per le Missioni» (Gennaio 1945).[181]

 

 

Il Fr. Alfonso Caffo IMC. Riporto qualche tratto di una lunga relazione sul Fondatore con fatterelli e ricordi personali del Coad. Alfonso Caffo.

«[Il Fondatore] era sensibilissimo, si rallegrava al più piccolo bene fatto, anche insignificante, come soffriva del più piccolo mancamento di qualunque genere fosse benché sapesse anche compatire».[182]

 

«Era un uomo tutto di Dio, tutto assorto in Dio, avendo di mira di condurre tutti a Dio. La preghiera gli era continua o mentalmente o oralmente, la preghiera l'unione con Dio era per Lui cosa abituale indispensabile come l'aria che respiriamo. Si dilungava a lungo sul coretto del Santuario aveva tanate cose da dire al Signore e alla SS. Consolata, per Lui sì ma molto per gli altri in primo luogo per i suoi missionari ecc.... Se quel coretto potesse parlare solo lui potrebbe dire il tempo che il sant'uomo se ne stava lì a pregare.

[…]. Non vidi mai nelle diverse occasioni che ebbi di vedere lasciarsi baciare la mano da donne e neanche da Suore.

Alla Consolata al convitto il suo nome era sacro il Rettore vuole il Rettore non vuole più nessuno fiatava o faceva commenti. S'intratteneva qualche volta volentieri coi domestici […]. I suoi discorsi eran sempre rivolti allo spirituale benché non tralasciasse le informazioni della salute la famiglia ecc. Il suo intento era sempre quello il bene delle anime. Una volta che ne trovò uno po' demoralizzato o che so io per la testa a gli disse che avrebbe desiderato quasi morire o anche essere morto da piccolo. Lui subito lo corresse morire sì; ma a suo tempo quando vuole il Signore non un minuto prima né uno dopo e questo me lo disse poi in quei lunghi colloqui che ebbi con Lui durante le visite che gli facevo quando ero già all'Istituto. Prima no perché non avrebbe più potuto lavorare per il Signore e farsi dei meriti, motivo per cui era sulla terra. Ma neanche dopo perché sarebbe andare contro la volontà di Dio.

Ai primi tempi che ero già all’Istituto essendo passato da Lui per necessità di ufficio che mi disse toccandomi sul braccio. Lo so che ti mandano per Torino a fare commissioni, ma se vengo a sapere che passi qui vicino e non vieni a trovarmi, la prima volta che ti trovo ti tiro le orecchie accompagnando il detto con uno schietto forte sorriso. Io non avrei osato andarlo a disturbare senza un motivo plausibile, ma questo suo espresso comando può immaginarsi come l’accolsi in cuor mio mentre tutti cercavano avvicinarlo e non era loro concesso mentre io ero dunque obbligato ad andarlo a trovare. Dico solo che non ebbi parole per ringraziarlo. Per me dunque ne fui contentissimo e dico sinceramente che ne approfittai il più possibile e sempre mi accolse non vero amore paterno. […]. Era suo ordine andare a trovarlo in camera, bussare alla porta. Licenziato quello che aveva ci riceveva. – Ci salutava ci accoglieva veramente da padre amoroso, ci faceva sedere accanto a lui e lì sembrava non avesse più altro da fare. Dico che alle volte la seduta si protraeva a lungo e quasi vergognoso di fargli perdere tanto tempo per lui sì prezioso perché a dire il vero alcune volte doveva sorpassare l’ora di molto certamente.  Allora mi alzavo per licenziarmi  e lasciarlo così ma che sempre una volta poi più delle altre mi prese la mano e forzandomi a sedere nuovamente mi disse: “Eh che, dove vuoi andare? Non stai bene qui? E tenendomi lì fermo obbliato a star seduto, con forse soggiungeva ti dirò io quando dovrai andare. Sembrava che godesse di averci vicino come una mamma un suo figlioletto. Continuava nelle sue esortazione per un bel po’ di tempo e poi si alzava dicendo ora ti do la mia benedizione mentre la sua mano stringeva la mia e inginocchiato prendevo la sa benedizione e uscivo contento e felice. Questo accadde anche quando era annunciate altre visite.

[…]. Un’altra volta la vigilia di una partenza per l’Africa di Padri Coad. E Suore. I padri e coadiutori erano saliti in camera sua e per caso ne trovo uno nel corridoio che usciva e mi dice vada a trovarlo così lo consolerà un po’. Detto fatto aspetto che tutti fossero usciti e entro io, sembra proprio che abbia fatto bene perché si sapeva che se la partenza era dura pei figli lo era molto più per Lui che ci amava di un amore molto superiore. Era cogli occhi gonfi di lacrime e mi riceve con tanta espansione che non so quasi cosa dirmi e cosa dirgli, ma le R.R. Suore partenti lo aspettavano in parlatorio. Mi intrattiene un momento poi mi dice vieni mi accompagni fino in portineria. Le R.R. Suore erano uscite dal parlatorio. Quando fummo giunti nel chiostro davanti alla portineria voleva andarmene ma Lui mi tiene fermo lì ancora un poco mentre di là le buone Suore davano qualche occhiatina con la coda dell’occhio. Cosa avranno pensato le buone Suore. Lo sapevano e Lui stesso lo diceva a tutti e anche quella volta dovetti fermarmi finché piacque a Lui e così lasciarlo libero.

Un giorno una Suora me lo disse vedi come il Fondatore loro vuol bene – Sono veramente i suoi beniamini – A dimostrare a che punto amava i Coadiutori basterebbe il fatto successo al bravo coadiutore Liberini Bartolomeo nel 1924 quando ritornato dall’Africo con Sua Ecc. Mons. Filippo Perlo vicario apostolico della missione del Kenya che essendo passati dal Fondatore insieme, appena entrati in camera, il Coad. Liberini stava aspettando che il Fondatore salutasse S. Ecc. invece se lo vede venire incontro a lui e abbracciarlo con effusione e poi dopo solo abbracciò Monsignore di modo che Coad. Liberini rimase confuso di tanta dimostrazione d’affetto.  Perché voglio più bene a voi? Volete saperlo? È perché siete posti in luoghi più umili il vostro stato è stato di rinuncia di umiltà voi non avete la soddisfazione di celebrare la Messa non avete il breviario da dire non amministrate i Sacramenti questo è di soddisfazione per un Sacerdote, invece voi avete niente di tutto questo, ma solo quello di aver faticato per Dio ‘aver fatto il vostro dovere. Che cosa ci diceva in questi lunghi trattenimenti? Ecco qualche briciola in breve. Quando sarò in Paradiso guarderò se farete bene, bene. Se farete male vi tirerò le orecchie, che io vi guarderò dal poggiolo. Quando sarò in Paradiso vi manderò io le croci.

[…]. Una volta a l’Istituto dopo la solita conferenza fui incaricato dal Superiore ad accompagnare il Fondatore dall’Istituto alla Consolata.  Uscito di casa si chiuse in lui come lo vidi altre volte per la strada. Saliti sul tram mi misi a sedere di fronte a Lui per poterlo meglio osservare. Avevo desiderato di vedere un santo ed ora l’occasione c’era ed era proprio un santo e non tralasciai i mezzi per ben osservarlo senza dare troppo nell’occhio e vidi che non doveva fare altro che pregare o meditare con una compostezza impeccabile da suscitare rispetto a qualunque ci fosse e direi soggezione. […]. I passeggeri non sembravano punto interessarlo. Anzi direi quasi certo che non abbia saputo visto chi gli era stato ai fianchi. In faccia a tanta santità mi trovai piccino piccino. Scendemmo dal tram il pezzo a piedi fu lo stesso non disse parola. Giunti alla Consolata ringraziando mi concedò.

[…]. Ero un giorno portinaio e pronto ero vicino alla porta e non fu difficile aprire prontamente. Era Lui il Fondatore. Bravo mi disse devi sempre aprire la porta come se ci fosse il Signore e la SS. Vergine come avvenne al santo portinaio S. Alfonso Rodriguez della Compagnia di Gesù. Era sensibilissimo si rallegrava del più piccolo bene fatto anche insignificante come soffriva del più piccolo mancamento di qualunque genere fosse benché sapesse anche compatire. […]. Torino, Casa S. Giuseppe 9 Dicembre 1943».[183]

 

Narra che un dei domestici del santuario disse all'Allamano che avrebbe voluto morire. L'Allamano lo corresse: «Morire sì; ma a suo tempo, quando vuole il Signore non un minuto prima né un minuto dopo». Poi spiega: «E questo me lo disse poi in quei lunghi colloqui che ebbi con lui durante le visite che gli facevo quando già ero all'Istituto. Prima no perché non avrebbe più potuto lavorare per il Signore e farsi dei meriti; motivo per cui era sulla terra. Ma anche dopo perché sarebbe andare contro la volontà di Dio».[184]

 

 

Sr. Francesca Giuseppina Tempo scrive che l'Allamano aveva una preferenza per le suore Domestiche o Torriere, come più tardi l'avrà per i fratelli coadiutori, tanto da dire: «Che una suora mi scriva dall'Africa, sono contento; che un Padre mi scriva lo sono pure; ma che un Coadiutore mi scriva, lo sono ancora più. Poveretti han già meno soddisfazioni degli altri e molta più fatica, bisogna cercare di dar loro anche delle soddisfazioni morali».[185]

 

 

Fr. Benedetto Falda IMC, parlando degli incontro con il Fondatore, afferma: «Era così grande la sua affabilità che io credevo, uscendo dal suo studio, di essere il suo beniamino, seppi poi che tale era l'idea che tutti nutrivano quando si usciva dal suo colloquio, perché tutti trattava con affabilità paterna non solo, ma con un rispetto più da inferiore che da superiore».[186]

 

«Alla domenica era poi tutto per i suoi figli […]. La sua conferenza non aveva nulla di cattedratico o di rigido, ma era il Padre che, seduto in mezzo ai suoi figli, che voleva ben vicini, specialmente i coadiutori, ci parlava alla buona. Erano consigli detti quasi all’orecchio, ma che restavano impressi nell’animo e ci imbevevano del suo spirito».[187]

 

Parlando dei suoi primi incontri con il Fondatore, il Fr. Benedetto svela questo fatto: «[Il caro sig. Rettore] sapeva parlarmi con tanta persuasione dell'amore al sacrificio e dedizione totale che dopo un po' di tempo era tale la mia venerazione per Lui che non osavo più toccargli la mano congedandomi - ma inginocchiato dopo che mi aveva benedetto - gli baciavo i piedi - cosa che non mi impedì mai di fare, e credo che lo permettesse per darmi un'idea persuasiva - del rispetto che gli dovevo come sacerdote - avendo avuto sino allora per mia disgrazia un grande disprezzo per i religiosi».[188]

 

 

Fr. Aquilino Caneparo IMC. Attesta: «Posso assicurare che l'Istituto, avendo bisogno di costruire una casa più ampia che non era la Consolatina, il Rettore incaricò mio padre a fare l'acquisto del terreno che avrebbe dovuto servire alla nuova sede, adducendo il motivo che era più facile per un secolare un prezzo più equo ed evitare eventuali inganni - e esagerazioni di prezzi - . Il proprietario del terreno era un ebreo di nome Sacerdote».[189]

 

 

Fr. Luigi Falda (ex), parlando della totale disponibilità che l'Allamano voleva, racconta: «ricordo che la mattina della nostra partenza (8 maggio 1902) andando alla stazione mi disse più o meno così: Ho pensato di fermarti per alcun poco di tempo qui, saresti disposto a rinunziare alla partenza? Alla mia risposta affermativa (non molto entusiastica, sorrise benevolmente aggiungendo: No, no, parti nel nome del Signore e sii sempre obbediente. […]. Era tanto affettuoso verso tutti, anche verso i parenti dei Missionari e, scrivendomi, accennava sovente al ricordo che dovevo tenere dei miei congiunti che si interessavano di nostre notizie. Le comunicava lui stesso quelle notizie che potevano interessarci aggiungendo qualche dolce rimprovero se trascuravamo la corrispondenza. […]. Che dal Cielo mi perdoni e continui la sua benevolenza e mantenga la promessa fattami un giorno in cui più mi mostrava afflitto e bisognoso di assistenza: Va là che quando sarò lassù, verrò a farti da secondo angelo Custode. Non mancherà certo alla sua parola».[190]

 

Dice di avere accompagnato diverse volte don Reffo alla Consolata dall'Allamano. Una delle ultime volte, forse prevedendo che non si sarebbero più incontrati, si sono salutati in modo speciale. Il racconto è molto bello e commovente: «Usciti dalla camera e presso la sacrestia, l'uno e l'altro abbracciandosi e abbassandosi per baciare la mano al più degno, andavano come prostrati l'uno all'altro in modo sì tenero e commovente da strappare le lacrime […]».[191]

 

 

 

 

 

 

 

 

DIARI

 

I “diari” scritti dai Fratelli spesso si rivolgono direttamente al Fondatore o gli riferiscono di fatti importanti accaduti in missione. Riporto quelli che ho potuto rinvenire nell'archivio generale IMC.

 

Fr. Benedetto Falda IMC. Il 30 ottobre 1903, moriva a Thuthu la Vincenzina del Cottolengo Sr. Giordana. Il Fr. Benedetto Falda scrisse sul diario: «Tra le Vincenzine del Cottolengo giunte da poco in Tuthu c’era anche sr. Giordana, che per festeggiare l’inaugurazione della segheria ci aveva preparato una bella torta di zucche dolci. Sostando attorno al fuoco a commentare gli eventi, mai come quella sera si sognava a gioiva. […]. Ma ecco: suor Maria ci chiama fuori. Affannata, tremante, piangente, ci supplica di accorrere. Suor Giordana è morente. Era vero. Padre Gays, prontamente accorso, le amministrò subito l’estrema unzione e, mentre suor Maria si affannava a riscaldare i panni e a porgere ristoro, suor Giordana ci lasciò, così, all’improvviso, senza un lamento, ad appena 32 anni. Ci sentimmo schiantati. Noi fratelli ventenni vedevamo in suor Giordana non solo una sorella, ma una mamma. Adesso lei non c’era più».[192]

 

 

Fr. Anselmi Andrea IMC. [Alla fine del giorno 11 aprile 1904 si trova questa lettera] (62) Reverendo Signor Rettore

Accolgo l’occasione propizia per inviarle due meschine parole. Come vede mi sono messo alla virtù appagando il suo desiderio che tutti i missionari e fratelli devono tenere il diario di tutto ciò che succede più importante.

Debbo dirle che e la terza volta che mi metto all’opera e finalmente riuscii a farne poche righe, che non so ancora se son fatte come Lei desidera. Pero Lei sarà tanto gentile di darmi notizia se debbo tacere o parlare di più, perché e una cosa nuova per me che non sono stato (63) nei seminari non potendo prendere quell’educazione così che sovente si manca in certe minutezze senza accorgermi, ma la volontà di far bene non mi manca, mi piacerebbe che i Superiori mi avvertissero quando vedono che erro, sarà una carità come un’altra.

Riguardo al lavoro non c’è pericolo che perda tempo anzi vedo che certe volte sarebbe meglio far meno per non inciampare in certi pericoli. Pregherei V. S. che si degnasse darmi spiegazione riguardo a quel lungo silenzio tra Lei e miei parenti verso di me e vero che sono una misera creatura che non merito tanto ma son più (64) che certo che la sua bontà verso i missionari e anche i fratelli non saprà negargli qualche superfluità insieme al resto che con tanta premura ci fornisce.

Son contento che Celeste a ottenuto il suo desiderato e che anche a me sebbene indegno non mi vorrà negare, se non mi manderà la bicicletta mi manderà un pianoforte o un armonium però sempre a mie spese, e forse studiando meglio sarà se a Lei pare meglio uno del sistema delle suore ma di un formato più grosso se si possono trovare, riguardo alla spesa sia pur anche elevata.

(65) Se non La disturba di porgere i miei più cordiali saluti al nipote Valetti e lo ringrazio degli ammonimenti fattomi nell’ultima lettera, Lascio pure l’incarico a Lei di farle una parola di conforto negli studi che con alacrità vanno arricchirsi e che questo spirito le servirà poi molto quando saranno sul campo del lavoro evangelizzatrice.

Accolga i più cordiali saluti dal più meschino dei fratelli missionari della Consolata devotissimo

Anselmetti Andrea».

 

[15 aprile 1904] Dopo orazioni rosario cena breve visita e riposo. Ricevetti la sua cara lettera con quella dei miei che a dir il vero la sua mi consolò molto di più essendo Lei Signor Rettore il mio tutore, ricevetti pure le scarpe che le calzai subito con questi tempi umidi…».

 

Martedì 6 [Settembre 1904] – Quest’oggi ricevetti la lettera di Aprile del Reverendo Rettore e una del T. Perlo che mi dice di recarmi di nuovo alla fattoria e una del mio fratello che mi manda anche £. 100 e grazie».

 

[6 settembre 1904] a mettere poi il mio buonumore (9) a posto vi era una carissima lettera del Signor Rettore corta è vero ma tanto più cara a dire il vero ero già un po’ geloso vedendo che a tutti era arrivato un suo scritto ed a me no ora poi e sono contento pensavo che la ragione era che non avevo mandato il diario ma che dire nel diario quando uno è in un paese nuovo appena arrivato vi è tanto pericolo di prendere lucciole per lanterne dare per cose certe cose semplicemente immaginarie oppure contare frottole e mi pare che non convenga […] in conclusione la lettera del signor rettore mi fece un grandissimo (12) piacere ed è certo che non mancherò di mettere in pratica i suoi consigli specialmente quello di sottomettermi in tutto al mio superiore che spero non tarderà a giungere».[193]

 

Fr. Serafino Breuza IMC. «29 Ottobre [1939]. Prima di tutto debbo dire che tra Casa S. Giuseppe e Casamadre trovai tanto affetto e tanta carità da dover rimanere e tanta carità da doverne rimanere confuso. Come avrei voluto meritarmi tutto questo! Sentii più che mai anch’io grande amore per tutti i membri dell’Istituto e pregai il Signore a voler ricompensare Lui quello che io non potevo.

Dopo cenato, chiedemmo a Gesù Eucaristico, alla Mamma, al Ven.le P. Fondatore la Loro benedizione e, con la mano destra che ci doleva per le troppe strette… c’incaminammo [sic!] verso Porta nuova. Io rimasi l’ultimo (sempre così!) (II) alla stazione più furbo di Gribuglia, mi metto a cercare mio valigione che mi aspetta a Venezia!».[194]

 

 

Fr. Alfonso Caffo IMC. «[Nella cronaca che fa dal 30-31 gennaio 1923, racconta della morte del p. Mario botta con alcuni fatti che lo riguardano] La mamma cambiò parere e prima che il figlio partisse per l’Africa essa stessa conduceva una nipote dalle Consolatine per farsi suora – All’osservazione del Signor Rettore. ma non permettevi al figlio ora conduci anche la nipote? Essa rispondeva confusa Ora vedo diversamente e son contenta».

 

«Siccome il giorno 3 Maggio 1925 nel maggior tempio della cristianità il successore di S. Pietro Sua Santità il papa delle missioni Pio XI inalzava [sic!] al titolo di Beato il [sic!] zio del Vmo Fondatore e perciò zio nostro colui che già vagheggiava nel suo spirito l’evangelizzazione dei popoli galla come lo descrive il P. Lorenzo Sales nella Vita del Canonico Allamano e che poi trasfuse il suo spirito, il suo zelo nel nipote. Così a perpetuarne la lieta memoria la nuova stazione veniva eretta in suo onore sotto la protezione del novello Beato Giuseppe Cafasso».

 

«Alla nostra partenza per l’Africa il fondatore ci disse: Andate al Kaffa là troverete un Padre non un generale.

A Maggio dello stesso anno venne in Italia e progettò col Venmo P. Fondatore l’invio delle prime Suore. Il 6 Febbraio 1924 con a capo allora P. Santa partirono le 6 prime suore Missionarie della Consolata per la prefettura Apostolica del Kaffa. Appena seppe della loro partenza ne diede tempestivamente avvisati la legazione la quale a sua volta incaricava per telegrafo il governatore dell’Eritrea pregandolo che all’arrivo delle RR suore a Massaua si fosse disposto con la coincidenza del postulino Massaua Gibuti.

Passarono per Aden ma per dirigersi subito a Gibuti. Lui stesso [Barlassina] s’incaricò di dare l’annuncio del loro prossimo arrivo a reggente (allora Ras Tafari poi Imperatore Aile Salassie).

Così scriveva al Venmo Fondatore «… Senza tanti preamboli passai a dargli notizia dell’arrivo delle nostre suore – Eravamo noi due soli, era contento per altre cose che gli avevo detto prima, veramente non aspettavo da lui molto al riguardo, sapevo che gli abissini quando una questione è un po delicata ascoltano ma non si pronunciano – Invece Ras Tafari mi rispose: «Molto bene così e le suore verranno a casa sua? [»] Gli spiegai che fino al giorno in cui non avessero potuto recarsi nell’interno avrebbero abitato nella casa procura di Addis Abeba ».[195]

 

 

Fr. Aquilino Caneparo IMC. Settimana dal 26 Giugno al 2 Luglio

Vedere lettera mandata al Sig Rettore mese Giugno.

Settimana dal 2 al 9 Aprile [1906]

A dir la verità mi ero preso un po’ di vacanza dal mio ultimo diario spedito; ma la gratissima lettera del revmo Sig Rettore, mi scosse e perciò lo ricomincio; però il lettore che avrà la pazienza di passare queste pagine lo creda pure, che avrà nulla da perdere, per la mancanza di qualche di qualche settimana, perché è sempre “Sicut erat in principio”, ad ogni modo mi compatisca.

L’orario sempre l’osservai, regolarmente dato anche lo stato sempre ottimo di salute. Ben poco ho da registrare questa settimana, anche del lavoro nella qual parte mi dilungo sempre di più non posso spiegarlo tanto dato l’oggetto che son presso a fare e cominciato sol ora».[196]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COMMEMORAZIONI

 

Vengono pubblicate le commemorazioni del Fondatore tenute da alcuni Fratelli. Da esse si comprende il loro mutuo.

 

Commemorazione del Fr. Luigi Zanni, IMC

16 febbraio 1932

 

«Sei anni sono già passati dacché il cielo ci ha rapito il nostro veneratissimo Padre Fondatore Can. Giuseppe Allamano. Celebriamo questa memorabile data, non con dolore per ricordare tanta perdita, ma con vera gioia e profonda letizia per dirci che il nostro Ven.mo Padre vive proprio vicino a noi, ed è in mezzo a noi della sua famiglia missionaria sempre, ma in modo tutto particolare lo è in questo momento.

 

Siamo riuniti per meglio ricordarcelo e far risuonare alle nostre orecchie ed al nostro cuore le sue indimenticabili parole, consigli ed esortazioni per meglio far vivere in noi il suo spirito, che lo Spirito Santo dettò per meglio raggiungere il nostro scopo e quello dell’Istituto, per cui il Signore ci ha chiamati a fare parte dei Missionari della Consolata.

 

Io mi limiterò solo ad accennare a qualche sua parola, udita durante i pochi mesi che ho avuto la fortuna, da postulante, di fermarmi qui in Casa Madre, e poi quando mi recavo da Camerletto a Rivoli, dove nei mesi di estate egli veniva a passare le vacanze nella sua villa. Mi domandava come mi trovavo e desiderava sapere di tutte le singole azioni della giornata, e si tratteneva molto volentieri, anzi desiderava che andassi da Lui tutte le volte che si presentava l’occasione. Diceva: “Voialtri coadiutori siete i miei beniamini”. Quasi ci guardava e ci trattava come le pupille stesse degli occhi suoi.

Soggiungeva: “Perché il vostro ministero è più difficile che non quello del Sacerdote, e siete stimati di fronte al mondo, ed anche dai confratelli stessi, per gente da poco, mentre avete tutti i doveri che hanno quelli che, per la loro vocazione, sono messi più in alto di voi. Perciò vi necessita maggior virtù, e bisogna essere sempre stretti al Signore, per corrispondere alla vostra vocazione. Io ammiro la vostra sorte, per cui potete farvi maggiori meriti del missionario Sacerdote. Ancora perché il vostro ministero è umile, e quando credete di fare qualche cosa che meriterebbe lode, non ricevete che ingratitudine dagli uomini. Allora bisogna sempre sprofondarsi nell’umiltà e la vostra corona sarà così più bella in Paradiso”.

E finiva dicendo: “Io sono già vecchio, non voglio biasimare la vocazione sacerdotale che è divina ed è il massimo dei doni che il Signore possa fare ad una creatura, quella di essere sacerdote, ma voialtri la uguagliate, se non nell’altezza, nella profondità. Ed ora non mi rimane che me ne vada in Paradiso. Qui sulla terra non posso più fare tanto. Ho sempre cercato di fare del mio meglio per servire il Signore. In Paradiso potrò fare molto di più per voi. E di lassù vi vedrò tutti, anche quelli dell’Africa, e se non fate bene, vi tirerò le orecchie!”.

 

Prima di andare in noviziato (che si faceva nella casa di Sanfrè), salutandolo ci raccomandò di imparare a fare bene la meditazione, dicendoci che la vocazione si conserva se si medita, aggiungendo che tutti i santi si sono fatti tali per avere imparato a fare la meditazione, ed in modo speciale: “la meditazione è fatta più per voi che per i Sacerdoti. I Sacerdoti devono meditare perché il loro ministero li porta a meditare, ma poi essi hanno la S. Messa da celebrare, il breviario e poi tante altre belle preghiere. Ma per il missionario coadiutore (la meditazione) deve essere il suo pane”.

 

In fine ci diede la sua Santa Paterna Benedizione, dicendoci di volere Lui pure venire a Sanfrè per vedere la nuova casa, che quindi ci avrebbe di nuovo veduti. “Altrimenti ci rivedremo in Paradiso”. Infatti nel mese di ottobre venne a Sanfrè ed era rimasto contento di trovarsi in mezzo ai suoi figli novizi, dicendoci che se non morrà verrà qui a passare l’estate, ed a tale proposta il Rev,mo Padre Maestro gli aveva fatto preparare un appartamentino apposta per Lui.

 

Ma purtroppo dopo pochi mesi, e precisamente sul finire del mese di gennaio si ammalò; poi sembrava che si ristabilisse di nuovo, ma ai primi di febbraio, una sera, il Rev.mo Padre Maestro ci disse di pregare per il Padre Fondatore che era gravemente ammalato, ed a tale scopo si incominciò un triduo di preghiere, e poi un secondo. Il Signore, verso la fine di questo triduo, lo volle prendere Seco e trapiantarlo nella sua aiuola eletta dei santi in Paradiso, lasciando noi tutti suoi figli orfani nel dolore.

 

Dolore che si mischiò con allegrezza, sicuri di averlo in Paradiso vicino al Cuore di Gesù ed alla SS. Consolata sua e nostra Celeste Madre, ed al suo zio Beato Giuseppe Cafasso, intercederà presso il trono di Dio e della SS. Consolata per tutte quelle grazie delle quali ciascuno di noi ed in modo speciale l’Istituto abbisognano. Beati i morti che muoiono nel Signore, perché riceveranno il premio delle loro fatiche e benedizioni sulle loro opere.

 

Come figli di tanto Padre cerchiamo di farne rivivere lo spirito col praticare quelle virtù che ci ha insegnato col suo esempio, facendo sempre la volontà di Dio riconosciuta nella voce dei Superiori. Così saremo sicuri di continuare bene l’opera sua in questa terra e di formare poi un giorno la sua più bella corona in Paradiso».

 

 

Commemorazione del Fr. Bartolomeo Liberini, IMC

16 febbraio 1935

 

È veramente per me una grande consolazione, un bisogno impellente del cuore il parlare del Ven.mo P. Fondatore. Beati, sì, gli occhi che lo videro e le orecchie che ascoltarono le sue parole tutte ispirate e sante.

 

Oh sì, io purtroppo assai poco potei godere della Sua santa compagnia, perché, dopo pochi mesi dall’entrata nel caro Istituto, partivo per l’Africa. Così pure, al mio ritorno, l’obbedienza sempre mi volle in case lontane da Casa Madre. Ma pur tuttavia, in quei momenti che potevo essergli vicino, approfittando sempre d’ogni momento libero, correvo presso il buon Padre, sempre accolto colla più grande affabilità e carità; ché dimostrava la più grande tenerezza paterna, in modo particolare coi cari coadiutori, che soleva chiamare i suoi beniamini. E lo dimostrava con i fatti, con le preferenze che ci riservava nei confronti dei Rev.di Padri e Chierici. Quanto dilezione particolare aveva per noi!

 

Mi è pur sempre presente quel giorno che, ritornato dall’Africa, andai con S.E. Mons. F. Perlo a trovarlo. Entrati nella sua camera tutti due insieme, egli corse ad abbracciare e baciare me prima di Monsignore – al che io rimasi confuso e vergognato per tale preferenza, o forse sbaglio che cosa fosse stato – il fatto però si è che fu così… E, dopo il mio ritorno dall’Africa, finché fui a Torino, se lasciavo passare un giorno senza andarlo a trovare – risiedeva sempre al Santuario della Consolata – il giorno dopo mi diceva: “E che? Ti eri dimenticato di Tuo Padre?” – Al che io, commosso per tanta bontà, non avevo più parole per scusare la mia mancata visita, se non era per motivi gravi che non avevo potuto andare.

 

Oh sì, quale consolazione per me, quando mi faceva sedere accanto a Lui e, prendendomi una mano nella Sua, mi dava tanti avvertimenti e consigli – e mi guardava con occhio di compiacenza e poi mi dava la sua benedizione, premendo la sua mano sulla testa, infondeva sempre nuovo coraggio ed energia e grande amore alla nostra santa vocazione. Queste tenerezze, come le faceva con me, le faceva con tutti i cari coadiutori i suoi beniamini!, e così tutti i dolci che gli regalavano erano in particolare per noi sempre…come veramente fa la mamma coi più piccolini.

 

Ci metteva Egli sovente la mano sulla fronte, dicendo che a Lui bastavano quattro dita di questa, intendendo dire che voleva solo la nostra volontà e questa gli bastava, che, senza volontà propria, il missionario sarebbe stato completo e santo.

 

Un motivo che lo portava ad amare di più i cari coadiutori, si era che conosceva il duro lavoro, le fatiche, i grandi sacrifici che avevano da compiere, tante volte senza le consolazioni che, invece, può avere il Sacerdote nell’esercizio del suo ministero, nell’amministrare i santi Sacramenti, ecc…Il Ven.mo Padre conosceva perfettamente tutto questo e voleva così, col suo amore più intenso per noi, supplire alla privazione di queste consolazioni. Sovente ci incoraggiava ed encomiava tutte le opere e le fatiche dei cari coadiutori, dicendo che pure essi avrebbero avuto un merito ed un premio uguale ai sacerdoti, e anche di più in proporzione dell’amore.

 

Insisteva sempre sulla grande purità d’intenzione nel compiere le nostre opere con vero spirito di fede, sempre in unione con Dio, e per Dio solo, ad imitazione di S. Giuseppe, del quale ci voleva devotissimi e che insisteva che lo avessimo per modello, per la sua unione con Dio, per il suo lavoro nascosto, in unione con Maria Santissima.

 

Non un giorno, diceva, deve passare in cui dobbiamo lamentarci di non aver fatto il nostro dovere e dover dire: oggi, non una giaculatoria, non una comunione spirituale, non mi sono sollevato un poco col pensiero in Dio! Tutto il nostro lavoro, diceva, non deve essere intento ad altro che a Dio, e bisogna che ci pensiamo, e badar bene alle cose; altrimenti che missionari saremo, come salveremo le anime?

 

Nell’ubbidienza poi, ad imitazione di S. Giuseppe, ci voleva perfetti; e abbiamo caro se il nostro P. Direttore (P. Bisio) insiste su ciò che è veramente la volontà del nostro Padre, il quale non temeva di dire sovente che l’ubbidienza perfetta vale quanto un atto di carità perfetta, cioè la vita eterna, il Paradiso…Un passo fatto per ubbidienza, diceva, è come un diamante prezioso per la nostra corona.

 

Ma poi non è mia intenzione ora narrare tutto ciò che a questo riguardo ci diceva, perché troppo bene tutte queste cose ci vengono spiegate nelle conferenze del R. P. Direttore e nelle meditazioni; basta mettere tutta l’attenzione a ciò e mettere in pratica quanto con tanto amore ci viene insegnato…e figurarci che sia il Ven.mo P. Fondatore, vivente in mezzo a noi, quando parla e ricorda le sue istruzioni, i suoi consigli, i suoi ammonimenti; e Lui teneramente dal Cielo ci benedirà, ci aiuterà ad essere fedeli, costanti, grati e generosi a tante grazie che il Signore ci fa; e saremo sempre i suoi beniamini cari, ed il suo spirito aleggerà su noi, per plasmarci quali il suo cuore ci desidera.

 

Oh sì, quante volte penso con dolore e rammarico grande di non essere quale Egli mi voleva…e di questo chiedo perdono a tutti i presenti. Ogni qualvolta andavo da Lui con qualche confratello, diceva: “ecco il vostro specchio” ed io, voltando la cosa in facezia, chinavo la testa additando lo specchio… ma Egli tra il serio e il sorridente me lo aveva detto e me lo voleva dire. Ma, perdono o Padre Venerato, se non sono sempre stato fedele ai vostri comandi e desideri e fui in mezzo ai miei confratelli uno specchio opaco, che non rifletteva i vostri consigli e insegnamenti. A Voi sì, Padre santo, sono noti i miei desideri, l’amor mio più caro per Voi. E Voi mi diceste tante volte in vita: “caro Bartolomeo, quando sarò in cielo, non mi nasconderete più niente e vedrò tutto quello che fate qui e in Africa – ed allora se non farete bene, sì che vi bastonerò! come veramente fece.

 

Vediamo sì il nostro buon e amato Padre in mezzo a noi, che ci guarda ed assiste nella preghiera, nel lavoro, in ogni nostra singola azione. Abituiamoci a vederlo sempre nell’adempimento del nostro dovere, nel sacrificio e nell’ubbidienza da compiere, quando è facile e quando ci costa, e così Egli si compiacerà di noi – e non rattristiamolo colle nostre infedeltà, col nostro poco amore.

 

Oh sì, preghiamolo che ci ottenga tante grazie, la perseveranza nella nostra santa vocazione, e ci dimostrerà che è pur sempre, anche dal Cielo, il Padre amato dei figli beniamini; e lo è veramente e tocchiamo con mano quanto Egli ci ami. Preghiamolo e sforziamolo a far grazie e miracoli in mezzo a noi, miracoli di vera santità.

 

La vista sua, anche solo in fotografia, faceva miracoli nei suoi figli quando era ancora vivente. Al riguardo vi racconto un fatto. Nei miei anni d’Africa un nostro confratello coadiutore, chissà che cosa aveva visto, si era assolutamente deciso di tornare a casa sua e lasciare la vocazione. Inutili e vane tante parole e osservazioni a persuaderlo a rimanere e starsene tranquillo. Ormai era deciso. Quando mi balenò un’idea, corsi nella mia stanza, presi una fotografia del Ven.mo Padre e, tornato al fratello, gli dico, presentandogli l’immagine: «se ha il coraggio di disgustare così il nostro buon Padre…che tanto l’ama, parta pure». Queste parole furono come un fulmine. Egli prese la fotografia, la baciò, pianse dirottamente…era conquistato, e mai più si parlò di uscire. Anche oggi si trova in Missione e fa molto bene, contento ed attivissimo nel compiere il suo dovere.

 

Imitiamo questi eroismi. Amiamo d’un amore grande e verace il nostro buon Padre e rendiamoci degni suoi figli, ed ora che dal Cielo vede ogni nostra azione ed intenzione, deh! sia mai che abbia a lamentarsi di noi e voglia Iddio che non abbia – come diceva – ad adoperare un giorno o l’altro il bastone.

 

 

Commemorazione del Fr. Alfonso Caffo

16 febbraio 1936

 

Quello che voglio commemorare oggi è il Canonico Giuseppe Allamano, Rettore del Santuario della Consolata e del Convitto Ecclesiastico dell’Archidiocesi di Torino, ecc. ecc. Fondatore e Superiore dell’Istituto Missioni Consolata e delle Suore Missionarie e per questo nostro Padre, perché nel momento che varcammo le soglie dell’Istituto per entrare nelle sue schiere noi venimmo allo stesso istante annoverati fra i suoi figli prediletti.

 

Quale festa non era quando all’improvviso arrivava all’Istituto. Cominciava dai Missionari, finiva poi dalle Suore o viceversa. Alla prima sua vista tutti accorrevamo come pulcini corrono alla voce della chioccia, e lui sempre buono e affabile, a tutti rispondeva, a tutti sorrideva, non avrebbe più voluto distaccarsi. Vi era poi sempre anche quello che aveva un cruccio, una difficoltà o qualche permesso da chiedere. Lui pazientemente ascoltava, si pendeva dal suo labbro come da un oracolo.

 

Un giorno, discorrendo con una Suora Missionaria della Consolata, mi diceva:” Quando morrà il Padre Fondatore morrò anch’io; quando lui morì essa dovette adattarsi a vivere nell’esilio, non essendo ancora giunta la sua ora, ma questo può dimostrare come lo si amava e come si temeva di perderlo.

 

Che bella ora si passava la domenica dopo i vespri alla sua consueta conferenza. “Voi sarete la mia corona in cielo e formeremo il reparto della Consolata. Quale la sua gioia di trovarsi in mezzo ai suoi figli e alle sue figlie. Oh, sì veramente beate ore; ancora oggi quanto si rimpiangono.

 

Ebbi anche la rara fortuna di accompagnarlo dall’Istituto alla Consolata, ed alle volte avevo desiderato di trovarmi davanti ad un santo, per poter vedere come si comportava, cosa faceva e come lo faceva. Uscimmo dall’Istituto e subito, appena fuori porta, si concentrò e mi parve assorto immantinente in profonda preghiera. Salimmo sul tram, mi sedetti di rimpetto a lui, così non dovetti fare alcuna fatica per osservarlo meglio. Potei così accertarmi che tutto quello che lo circondava gli era estraneo, tanto era assorto. Lo osservai attentamente dalla punta dei cappelli alla punta dei piedi. Mi dissi: ecco un santo davanti a me e tutto il suo comportamento me lo diceva. Questo sì che è un santo e non può essere che un santo».

 

La sua figura eccola davanti a noi coi suoi lineamenti, ma lui non c’è più col suo dolce mite sorriso che dava confidenza, col suo sguardo profondo e indagatore, che sapeva scandagliare nel più profondo dell’anima, ah! no non c’è più la sua parola persuasiva, incoraggiante che quasi balsamo prezioso scendeva al cuore e sanava le ferite.

 

Ah! allora si credeva impossibile e si cercava di nascondere, di rigettare distante come tentazione solo l‘idea d’un prossimo distacco. Le volte che ebbi la fortuna di avvicinarlo in sì poco tempo, due anni e mezzo appena, dei quali cinque mesi passati accanto a lui al Santuario. Che mesi furono quelli! Quanti esempi e quanti consigli! Ero addetto specialmente al mantenimento dell’altare maggiore. Quale fu la mia sorpresa fin dai primi giorni quando, incontrandolo per i corridoi, mi fermava, oppure mi accompagnava; avevo la camera poco discosto dalla sua; dopo avermi fatto il più bel sorriso, sentirlo che si interessava minutamente di tutto.

 

Una sera, finito il lavoro, mi soffermai un pochino a pregare sui gradini dell’altare. La mattina seguente, nel corridoio nuovo incontro, col suo amabile sorriso si avvicina, si ferma, poi proseguiamo lentamente mentre lui mi interroga su diverse cose, mi incoraggia ed infine a bruciapelo mi dice: sai ti ho visto ieri sera mentre pregavi ai piedi dell’altare, va bene, son contento, continua a prega. L’altare va tenuto con molta cura. Mi parlò della biancheria, di questo e di quello e venne alle genuflessioni, mezzo per dimostrare la nostra fede e di fare un gran bene col buon esempio. Dopo di che mi lasciò col suo più bel sorriso sulle labbra che sempre mi era di grande conforto. Allontanandomi mi persuasi che quell’uomo coi capelli bianchi, che cominciava a curvarsi sotto il peso degli anni e più ancora sotto l’immane lavoro, la sua più grande premura fosse quella di portarsi il più sovente possibile là sul coretto, in alto, non visto da alcuno; di là poteva controllare tutto e nello stesso tempo passare tutto il tempo disponibile in fervorose preghiere per l’incremento delle sue opere. Là forse era noto a pochi il tempo che passava in adorazione, là era nascosto, là la sua bell’anima si univa col Datore di tutte le energie, là prendeva forza e coraggio a intraprendere nuove fatiche. Questo avveniva specialmente la sera, quando tutte le porte erano chiuse e le visite terminate. Lui terminava la sua giornata ai piedi di Gesù Sacramentato e la SS. Vergine Consolata.

 

Venni all’Istituto: quali non furono le sue premure per me. Allora ero quasi commesso viaggiatore e col carretto o senza e quando capitava di recarmi alla Consolata o nelle adiacenze; sovente era non una volta al giorno, ma anche due, anche da principio ero un po’ titubante ad andarlo a trovare per timore di disturbarlo; imparai però presto dagli altri ad approfittare di tutte le occasioni per avvicinarlo, però sempre con un po’ di paura da un momento all’altro di pigliarmi qualche rimostranza.

 

Possono immaginare quale non fu la mia sorpresa e gioia quando un giorno sentii dirmi a bruciapelo: lo so che tu esci sovente per commissioni, ma ricordati che se vengo a sapere che passi qui vicino e non vieni a trovarmi qui, la prima volta che ti trovo ti tiro le orecchie, e questa sua uscita fu accompagnata da uno dei suoi più bei sorrisi, che io non avrei cambiato per chissà che cosa. Questo lo potete immaginare lo presi come un suo espresso comando. Il Fondatore lo voleva ed io lo desideravo più di lui, la colpa dunque non è mia.

 

Per noi non c’era né parlatorio né anticamera, eccetto che fosse già impegnato con qualcuno, l’udienza era pronta immediata, anzi lui stesso ci insegnò come fare. Appena entrato mi faceva sedere accanto a lui, ci pigliava la mano e la teneva alle volte a lungo, interrogava sullo stato individuale, la salute, consigliando, confortando, esortando, ed anche se necessario un po’ di dolce rimprovero, portando a l’occasione qualche bel fatterello a mo’ d’esempio, senza dimostrare la minima stanchezza o noia. Era sempre lui sorridente padrone di se stesso da sembrare che non avesse altro da fare.

 

Quando poi alle volte mi sembrava, quasi con vergogna, essergli causa di perditempo che avrebbe occupato nelle sue diversissime occupazioni, tempo a lui certamente preziosissimo che al vederlo così calmo e tranquillo, nessuno avrebbe potuto immaginare che a quell’età e debole di salute con tutte le cariche già sopra accennate, più consigliere d’una gran parte del clero torinese e anche del Piemonte, di autorità ecclesiastiche e civili, direttore spirituale e confessore di diversi monasteri, la recita quotidiana dell’ufficio divino coi canonici in cattedrale che tralasciava solo rarissimamente per impossibilità. Dopo tutte queste ed altre occupazioni ancora pareva l’uomo più tranquillo al mondo ed una volta che feci la mossa di andarmene, sentii dire con meraviglia: ma vuoi andare? Aspetta lì, stai tranquillo, te lo dirò io quando devi andare.

 

Senza tema di esagerare ma tante volte, posso dire di aver potuto godere della sua presenza, sentire la sua parola, i suoi consigli ecc. per ben mezz’ora o anche un’ora consecutiva. Cosa assai rara questo agli altri membri, benché a quei tempi fosse ancora cosa facile, e tanti un po’ ci invidiavano. Quando poi credeva opportuno diceva: ora ti do la mia benedizione e puoi andare. Così accadeva con me e credo che lo era anche per tutti gli altri Coadiutori. Non contento di averci tenuto così a lungo gli piaceva alle volte accompagnarci collo sguardo giù nella strada e questo lo seppi pure da lui stesso come tante altre cose ancora.

 

[…] Altre volte mi portava l’esempio di confratelli anziani che lavoravano nel campo dell’apostolato e specialmente di quelli già passati da questa vita. Parlava della necessità del missionario ad esser santo, devi farti santi, devi esser santo, tutti santi. Io poco m’importa il numero ma è la qualità che voglio, piuttosto pochi ma santi, non le mezze volontà, non gli indecisi ma uomini sacrificati, mortificati, zelanti per la Gloria di Dio e di Maria SS. Consolata e della propria santificazione. Abbiamo bisogno di santi, di grandi santi da mettere sotto l’altare, non ne abbiamo ancora nessuno da mettere. Metteremo lei il primo, mi venne lesto sulla punta della lingua, ma non mi azzardai a pronunziarlo. È vero, mi disse, ci sono, sì ne abbiamo santi, ma bisogna esserlo tutti, e questo lo ripeteva con forza a particolarità tutta sua propria.

 

[…] Giunse anche per me l’ora della partenza per l’Africa tanto sospirata. Rievocare quella veneranda figura la sera del 7 gennaio 1923, vigilia della partenza. Ci accolse tutti con maggior amorevole sollecitudine e con più che paterna bontà; col cuore commosso ci diede alcuni avvisi e raccomandazioni e d’incoraggiamento e poi con vera espansione di cuore e d’affetto ci salutò; poi soggiunse: noi non ci rivedremo più su questa terra. Oh! Che parole strazianti furono quelle, si fermarono alla gola e per non commuovere di più ci diede con effusione di cuore e con le lacrime agli occhi la sua ultima benedizione sulla terra e ci congedò. L’indomani mattina il treno ci portava al porto. Tra tutte le persone più care che avevamo lasciato una era quel venerando Vegliardo con la sua dolce sorridente figura che più non avremmo visto.

 

Giunse anche il settembre 1923, mese in cui Egli celebrava con entusiasmo e ringraziamento il suo giubileo Sacerdotale, 50° di Messa, in unione con tutti i suoi figli e figlie sparsi nel mondo, con tutti i cristiani delle missioni, con tutti i parenti amici, ammiratori e benefattori e beneficati; a noi in Africa ci giunse la sua bella circolare che ci riempì tutti di intensa e santa gioia. Ebbi anche un suo scritto particolarmente importante, con altri di minor entità, ma che a forza di tenerlo caro, finii per perderlo del tutto con mio grande rammarico.

 

L’anno giubilare 1925 ebbe la gioia di vedere i suoi sforzi coronati del successo. Il suo zio materno Giuseppe Cafasso saliva agli onori dell’altare, era beatificato. La causa gli procurò non poche fatiche. Ecco in questa faustissima occasione giungerci un’altra sua circolare in cui manifesta tutta la sua contentezza nell’aver potuto condurre a termine questa causa che gli stava tanto a cuore. Nelle ultime righe ci invita a pregare il nuovo Beato che lo aiuti a finire bene i suoi giorni. Quasi come il vecchio Simeone che non ha più nulla a desiderare sulla terra canta il suo “Nunc dimittis”, “Ora lascia che il tuo Servo se ne vada” … La sua opera è compiuta, lo sente, il mondo non è più fatto per lui, è maturo per il cielo. Non tarderà ad arrivare il Padrone della vigna a pagare il suo intrepido operaio, che sopportò tutto il peso della lunga a laboriosa giornata.

 

Seduti attorno ad una malferma tavola stavamo concertando il lavoro più urgente da farsi, quando d’improvviso giunse trafelato il postino con un piccolo plico. Il postino interrogato e d’ordinario tanto ciarlone quasi non parla. Il Padre apre, la prima lettera è per me, ma guardo bene credendo di veder male, ma no, non ho visto male, la lettera è mia, cioè scritta da me indirizzata però al Fondatore. L’avevo scritta per la festa di S. Giuseppe. Aspetta, sussurra l’altro Padre, può darsi che ci sia qualche cosa di nuovo. Un velo di tristezza s’impossessò di noi, tra il resto si trovava pure l’annunzio della morte avvenuta. Ci separammo muti. Il Padre il nostro Fondatore non c’era più. Ed ora che Lui non c’è più, da chi andremo noi?

 

Durante la vita, in particolare ed in pubblico aveva detto: Quando sarò in Paradiso non vi lascerò, ma uscirò fuori sul poggiolo e di là guarderò quello che fate, se farete bene vi aiuterò, se invece farete male vi tirerò le orecchie e vi manderò dei fulmini. Forse che non ne abbiamo già avuto le prove che mantiene la sua promessa!

 

Ed ora, oh! Veneratissimo Fondatore, che sacrificasti tutta la tua vita per noi, ora che godi nella beatifica visione di Dio fra gli eletti del cielo, deh degnati ricordarti ognor più di noi, ora più che mai assistici col tuo potente patrocinio. Deh ricordati di noi tuoi prediletti Fratelli Coadiutori che tanto amasti qui sulla terra. Moltiplica il numero e fa che tutti siano secondo il cuor tuo, tutti di primissima qualità. Tutti stoffa da santi. Questo era il tuo desiderio, questo il mio augurio, questa la mia preghiera, affinché tutti giungano al porto senza tradire l’inestimabile dono della loro vocazione […] e fa che degnamente lavorando nella vigna del Signore possiamo finalmente raggiungerti là nel bel Paradiso, per non separarci più, cantando l’inno di ringraziamento ai piedi di Gesù e di Maria Santissima Consolata.

 

 

Commemorazione del Fr. Natale Bosio

24 aprile 1969

 

«Nel fondo di ogni anima vi sono tesori nascosti che solo l'amore fa scoprire». La storia di tutte le vocazioni che P. Fondatore Servo di Dio Giuseppe Allamano ha valorizzato per le Missioni è storia di scoperta delle ricchezze per Noi i Coadiutori, che più di una volta ha chiamati «Beniamini» che ci sentiamo un dono fatto dal Fondatore all'Istituto, di questo gli siamo grati; di averci aiutati a scoprire le nostre ricchezze, di averci data una famiglia in cui valorizzarle, una missione in cui spenderle.

 

Siamo grati al Padre per averci dato una grande prova della sua bontà, fidandosi di noi, della nostra volontà, del nostro coraggio, della nostra possibilità di capirlo; di averci affidato compiti 'e prospettive grandi e aperte, di averci considerati indispensabili al suo Istituto in cui ci ha inseriti partecipi di un unico spirito per un'unica missione.

 

Colpisce i giovani Fratelli, l'attaccamento, il ricordo fino alla commozione, la forza con cui difendono lo spirito del Padre, i nostri Coadiutori anziani; intuiscono la profondità con cui l'amore del Padre si è radicato in loro; si sono sentiti amati.

 

In pochi mesi di contatto, unico maestro, li trasformava in autentici missionari; il segreto: l'amore; perché l'amore non governa ma educa, e questo vale di più. L'amore del Padre per i Coadiutori è indiscusso; l'averci chiamati «Beniamini», l'aver parlato forse poco di noi ma molto con noi lo conferma.

 

Questo lo sanno comprendere anche i giovani Fratelli che pur non avendolo conosciuto e sentito, apprezzano in Lui il padre buono, dalla mentalità pratica e dalle idee aperte ad ogni esigenza apostolica, premuroso' nel senso più completo della parola, fino alla delicatezza, soprattutto una buona guida che segue il Fratello, si interessa di lui aiutandolo a risolvere tutti i suoi problemi, soprattutto spirituali.

 

Una cosa è praticamente evidente nel Fondatore: evidente dalla lettura delle sue conferenze, chiara soprattutto dai contatti personali di chi fu formato da lui. Il Padre volle il suo Istituto una famiglia in cui le diversità delle mansioni non distruggesse l'unità dello spirito; ed allo stesso tempo l'obbedienza fosse l'elemento d'ordine e la forza di ogni attività.

 

Se giudica conveniente, più forse per ragioni pratiche, una certa distinzione, questa è da intendersi come diversità di ministero, d' impieghi e di lavoro, non di doveri e di responsabilità.

Se le nostre precedenti costituzioni stabilirono una formazione propria per le due classi di membri, sì che il Noviziato fatto per una classe non valga per 1'altra, ciò fu in conformità alle norme canoniche. Se il Padre fondasse ora il suo Istituto siamo certi che agirebbe in conformità alle nuove istruzioni che contemplano l'unica formazione per Coadiutori e Chierici in ordine alla vita Religioso-Missionaria e l'unico Noviziato valido per le due classi.

 

I Fratelli anziani ci confermano nella convinzione che la mente del Fondatore non era per la divisione ma per l'unità. Per tutti un solo nome di «Missionari della Consolata»; Padri e Fratelli in una famiglia, unica costituzione, un completarsi a vicenda nel raggiungimento dell'unico fine per tutti, pur tenendo presente che «nella casa del Padre ci sono molti e diversi compiti da svolgere».

 

Abbiamo notato che poche volte il Padre ha parlato espressamente dei Coadiutori; quando parlava si rivolgeva a tutti i suoi Missionari ma dalle memorie di Cd. Benedetto, dagli appunti di P. Merlo Pich, è chiaro che sempre considerò e volle il Fratello membro attivo nell'Istituto, considerando la sua presenza altrettanto necessaria di quella del Padre per 1' apostolato Missionario.

 

È nei colloqui intimi con i Fratelli che dimostrò veramente la sua paternità, il suo affetto, quanto apprezzasse il lavoro del Coadiutore ed il bene che si attendeva dalla sua generosa collaborazione.

La formazione spirituale dei fratelli per i primi anni, venne fatta personalmente in frequenti colloqui privati. Fin da allora volle che la loro preparazione all'apostolato, anche se accelerata, fosse sufficiente ed aperta. Conscio della utilità del Fratello, fa notare più volte la funzionalità della loro opera.

 

«Se i Coadiutori sono utili in tutte le religioni, sono indispensabili nelle Missioni... Essi sono i veri ausiliari dei sacerdoti, talora li eguagliano nel fare i catechismi, dare battesimi... ed anche possono superarli nel fare il bene con il loro esempio».

 

Agli inizi la vita sociale, culturale e tecnica, presentava aspetti ed esigenze diverse da quelle d'oggi. La preparazione del Fratello sul piano tecnico e umano non poteva essere perfetta; mancava il tempo a disposizione, e la semplicità della vita non esigeva ancora una preparazione qualificata; del resto i mezzi erano pochi ed avevano come miglior garanzia di successo la buona volontà e la tenacia.

 

Fin da allora, però, il padre esigeva Missionari preparati ed insisteva perché i Fratelli fossero abilitati nelle arti e mestieri e la loro preparazione dottrinale e teologica fosse sufficiente.

 

Egli volle che il Fratello fosse anche catechista, cioè si inserisse direttamente nel lavoro di piantare la Chiesa. Ci sembra di poter dire alla luce del Concilio, che il Padre fu un precursore nel pensiero e nella impostazione dell'Apostolato.

 

Oggi sarebbe all'avanguardia nei metodi di lavoro, nell'adeguarsi alle nuove tecniche; per i Fratelli non mancherebbe di dare tutto ciò che potrebbe renderli più idonei ad affrontare le nuove esigenze, soprattutto con una partecipazione più attiva e responsabile alla vita dell'Istituto.

 

Quello che sicuramente rimarrebbe immutato in lui e nel suo insegnamento sono: l'attaccamento alla Chiesa, il rispetto dell'ordine, la sottomissione devota nell'obbedienza, lo spirito di servizio, soprattutto l'affetto per il suo Istituto e lo spirito che lo fanno uno fra i tanti nella Chiesa; ma unico e grande nel suo carattere di famiglia Missionaria in cui i membri, Padri, Fratelli e Suore, si integrano nel lavoro apostolico, amandosi e, rispettandosi a vicenda, senza rompere il filo che nel1' obbedienza lega ed affratella il più piccolo al più grande nella carità di Cristo e della SS. Consolata.

 

Anziani e giovani, così abbiamo visto e vediamo il Padre: un Santo che ci ha amati, ci ha dato un posto di predilezione nel suo cuore, una famiglia in cui vivere, un apostolato da compiere in nome di Dio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INDICE

 

INTRODUZIONE                                                                           2

 

PREDILEZIONE PER I FRATELLI                                                         3

            Il Fondatore consolato dai Fratelli

 

IDENTITA’ DEL FRATELLO MISSIONARO                              3

            Bellezza della vocazione missionaria

            Missionari “messaggeri di Dio”                                            4

            Zelo per le anime                                                                  4

            Consacrati nella vita religiosa                                               4

            Veri ausiliari e coadiutori dei Sacerdoti                                5

            Gelosi della propria vocazione                                              6

            Organizzazione: le due classi                                                6

            Ammissione e preparazione                                                  6

            Abito                                                                                     7

           

VITA SPIRITUALE E SANTITÀ                                                  7

            Santità                                                                                              7

 

PREGHIERA                                                                                              8

            Preghiera Eucaristica – S. Messa                                          8

            Preghiera mariana: Ufficio e Rosario                                    9

            Obbedienza                                                                           9

            Castità                                                                                              9

            Povertà e lavoro                                                                    9

            Le virtù del Coadiutore                                                        10

            Umiltà                                                                                   10

            Difetto da evitare                                                                 10

 

SCIENZA E STUDIO                                                                     11

            Importanza della scienza in genere                                       11

            Studio della S. Scrittura                                                       11

 

LAVORO E STUDIO                                                                                 11

            Lavoro e studio per la missione                                            11

           

LAVORO                                                                                         12

            Lavorare e fuggire l’ozio                                                      12

           

ATTIVITA’ VARIE IN MISSIONE                                                13

            Si fa di tutto                                                                         13

 

DEFUNTI – MORTE DI FRATELLI                                  13

            Missionari defunti                                                                 13

            Fr. Giacomo Gaidano                                                           13

            Fr. Umberto Arossa                                                               14

            Fr. Michele Cavigliasso                                                         15

            Fratello anonimo                                                                   15

 

VARIE                                                                                              15

            Avvisi e norme disciplinari                                                   15

            Dimissione di un Fratello                                                      15

            Le suore missionarie sono collaboratrici                               16

            Il Fondatore legge lettere di Fratelli alle Suore                    16

           

LETTERE A SINGOLI FRATELLI                                                17

            Al Fr. Luigi Falda                                                                 17

            Al Fr. Benedetto Falda                                                         19

            All’ex Fr. Agostino Negro                                                    24

            A Fr. Luigi Bezzone                                                              25

            Al Fr. Cesare Piacco                                                              26

            A ignoto Fratello Coadiutore                                                26

            Al Fr. Carlo Gilardi                                                               26

            Al Fr. Giacomo Ronco                                                          26

            Al Fr. Giacomo Gaidano                                                       27

            Al Fr. Aquilino Caneparo                                                      27

            Al Fr. Anselmo Jeantet e a P. Angelo Dal Canton                27

            Al Fr. Angelo Marchina                                                        28

            Al Fr. Davide Balbiano                                                         29

            Al Fr. Giuseppe Antonio Benedetto                                     30

            Al Fr. Bartolomeo Liberini                                                    30

           

LETTERE DEI FRATELLI AL PADRE FONDATORE               31

            I Fratelli coadiutori per gli esercizi spirituali a G. A.            31

            I Fratelli coadiutori di Torino a G. A. e G. Camisassa          32

            Il Fratel Carlo Damiani a G. A.                                             33

            Il Fratello Giovanni Ponsetto a G. Allamano e aPio XI       35

            I Fratelli coadiutori del Kenya a G. A.                                 35

            Il Fratello Aquilino Caneparo a G. A.                                               36

            Il Fratello Bartolomeo Liberini a G. A.                                 38

            Il Fratello Angelo Alfonso Caffo a G. A.                             39

            Il Fratello Angelo Marchina a G. A.                                     40

            Il Fratello Tommaso Demarchi a G. A.                                 40

            Il Fratello Giuseppe Antonio Benedetto a G. A.                  40

            Il Fratello Carlo Angrisani a G.A.                                         42

            Il Fratello Domenico Ambrosio a G. A.                                42

            Il Fratello Luigi Bezzone a G. A.                                          43

            Il Fratello Eugenio Marinaro a G. A.                                    44

            Il Fratello Edoardo Caffo a G. A.                                        44

            Il Fratello Marco Mauro a G. A.                                           45

            Il Fratello Benedetto Falda a G. A.                                      45

            Il Fratello Michele Mauro a G. A.                                         46

           

LETTERE A DIVERSI                                                                    47

            Al P. Calcedonio Mancini (6 Apr 1891)                               47

            Ai primi membri della casamadre (28 Lug 1901)                 47

            A Don Tommaso Gays (4 Lug 1902)                                    47

            A Don Tommaso Gays (30 Lug 1902)                                  47

            A Don Tommaso Gays (19 Set 1902)                                   48

            A Don Tommaso Gays (6 Mar 1903)                                    48

            A Don Tommaso Gays (18 Set 1903)                                   48

            Al teologo Filippo Perlo (23 Dic 1903)                                48

            Al teologo Filippo Perlo (6 Mag 1904                                  49

            A Don Tommaso Gays (26 Gen 1905)                                  49

            Al teologo Francesco Cagliero (6 Dic 1908)                        49

            A Don Umberto Costa (4 Set 1910)                                     49

            Al canonico Giacomo Camisassa (3 Ago 1911)                    49

Il canonico Giacomo Camisassa a G. A. (11 Set 1911)         50

            Al canonico Giacomo Camisassa (22 Set 1911)                   50

            Al canonico Giacomo Camisassa (19 Dic 1911)                   50

            Il canonico Giacomo Camisassa a G. A. (4 Gen 1912)         50

            Al C. G. Camisassa (15 Gen 1912)                                      51

            Ai missionari del Kenya (21 Lug 1912)                                51

            Al padre Umberto Costa (15 Ago 1912)                              51

            Al padre Luigi Perlo (28 Ago 1912                                      51

Il padre Lorenzo Sales a G. A. (12 Set 1912)                                   52

            Il padre Angelo Dal Canton a G. A. (7 Ago 1915)               52

            Al cardinale Domenico Serafini (2 Mar 1918)                     52

            Il padre Giuseppe Prina a G. A. (28 Apr 1918)                    53

            Mons. Filippo Perlo a G. A. (28 Dic 1918)                           53

            Ai missionari d’Italia (17 Feb 1919)                                     54

            Ai missionari d’Africa (4 Mar 1919)                                    54

            A. C. Cavicchioni a G. A. (29 Giu 1919)                             54

            Al padre Giuseppe Gallea (12 Lug 1919)                             55

            Mons. Filippo Perlo a G. A. (6 Ago 1919)                            55

            Mons. Filippo Perlo a G. A. (8 Dic 1919)                             55

            Al padre Tommaso Gays (17 Ago 1921)                              55

            Ai missionari della Consolata (15 Ott 1921)                        56

            Monsignor Gaudenzio Barlassina a G. A. (15 Giu 1922)     57

            Il p. Maurizio Domenico Ferrero a G. A. (27 Lug 1922)      58

            Monsignor Filippo Perlo a G. A. (29 Lug 1922)                   58

            Al padre Tommaso Gays (27 Dic 1922)                               58

            Monsignor Filippo Perlo a G. A. (27 Gen 1923)                   58

            Il card. Guglielmo van Rossum a G. A. (2 Mag 1924)         59

            Monsignor Gabriele Perlo a G. A. (15 Feb 1925)                 59

            A monsignor Filippo Perlo (25 Feb 1925)                             59

            Monsignor Giuseppe Perrachon a G. A. (3 Lug 1925)         60

            Monsignor Gabriele Perlo a G. A. (28 Set 1925)                  60

            Al padre Domenico Gillio (3 Nov 1925)                              60

           

TESTIMONIANZE                                                                         62

            Fr. Balbiano Dvide                                                                62

            Fr. Alfonso Caffo                                                                  62

            Sr. F. Giuseppina Tempo                                                       64

            Fr. Bnedetto Falda                                                                64

            Fr. Aquilino Caneparo                                                           65

            Fr. Luigi Falda (ex)                                                               65

 

 

DIARI                                                                                                          66

            Fr. Benedetto Falda                                                              66

            Fr. Anselmi Andrea                                                               66

            Fr. Serafino Breuza                                                               67

            Fr. Alfonso Caffo                                                                  67

            Fr. Aquilino Caneparo                                                           68

 

 

COMMEMOREZIONI                                                                   69

            Fr. Luigi Zanni IMC, 16 Febbraio 1932                               69

            Fr.Bartolomeo Liberini IMC, 16 Febbraio 1935                   70

            Fr. Alfonso Caffo IMC, 16 Febbraio 1936                           72

            Fr. Natale Bosio IMC, 24 Aprile 1969                                  75

           

 

 

 

 



[1] Conf. IMC, III, 505 – 23 dicembre 1920.

[2] Conf. IMC, III, 370 – 21 dicembre 1919.

[3] Conf. IMC, III, 509 – 01 gennaio 1921.

[4] Conf. IMC, III, 563-565 – 15 aprile 1921.

[5] Conf. IMC, I, 281 – 13 dicembre 1908.

[6] Conf. IMC, I, 627 – 07 dicembre 1913.

[7] Conf. IMC, I, 304 – 29 agosto 1909.

[8] Conf. IMC, II, 19-20 – 18 gennaio 1914.

[9] Conf. IMC, II, 89-90 – 04 ottobre 1914.

[10] Conf. IMC, III, 389-390 – 25 gennaio 1920.

[11] Conf. IMC, III, 703 – 09 dicembre 1923.

[12] Conf. IMC, II, 18 – 18 gennaio 1914.

[13] Conf. IMC, III, 388 – 25 gennaio 1920.

[14] Conf. IMC, II, 29-30 – 08 febbraio 1914.

[15] Conf. IMC, II, 37 – 01 marzo 1914.

[16] Conf. IMC, III, 402-403 – 29 gennaio 1920.

[17] Conf. IMC, III, 493 – 08 dicembre 1920.

[18] Conf. IMC, I, 313 – 16 gennaio 1910.

[19] Conf. IMC, I, 501-502 – 12 febbraio 1915.

[20] Conf. IMC, II, 239 – 19 marzo 1915.

[21] Conf. IMC, II, 23 – 18 gennaio 1914.

[22] Conf. IMC, I, 423-424 – 14 febbraio 1912.

[23] Conf. IMC, I, 430 – 2 giugno 1912.

[24] Conf. IMC, II, 33 – 08 febbraio 1914.

[25] Conf. IMC, II, 64 – 14 giugno 1914.

[26] Conf. IMC, I, 212 – ottobre 1907.

[27] Conf. IMC, II, 508-509 – 28 febbraio 1916.

[28] Conf. IMC, III, 164.

[29] Conf. SMC, II, 147.

[30] Conf. IMC, I, 547-548 – 27 aprile 1913.

[31] Conf. IMC, II, 477 – 06 gennaio 1915.

[32] Conf. SC, II, 619-620 – 25 luglio 1919.

[33] Conf. IMC, I, 532 – 06 aprile 1913.

[34] Conf. IMC, I, 274 – 18 ottobre 1908.

[35] Conf. IMC, I, 519. 523 – 09 maggio 1913.

[36] Conf. IMC, II, 79 – metà settembre 1914.

[37] Conf. IMC, I, 182 – 09 maggio 1907.

[38] Conf. IMC, II, 45-46 – 15 marzo 1914.

[39] Conf. IMC, II, 131 - 06 dicembre 1914.

[40] Conf. IMC, III, 450 – 15 settembre 1920.

[41] Conf. IMC, I, 599-600 – 19 ottobre 1913.

[42] Conf. IMC, II, 89 -90 – 04 ottobre 1914.

[43] Conf. IMC, II, 210 – 28 febbraio 1915.

[44] Conf. IMC, I, 207 – 209 settembre 1907.

[45] Conf. IMC, III, 475 – 16 (?) ottobre 1920.

[46] Conf. IMC, III, 464-466 – 03 ottobre 1920.

[47] Conf. SMC, III, 520 – 22aprile 1923.

[48] Conf. IMC, II, 242 – 21 marzo 1915.

[49] Conf. IMC, II, 457 – 26 dicembre 1915.

[50] Conf. IMC, II, 580 – 21 maggio 1916 – in cortile.

[51] Conf. IMC, III, 650-651 – 07 maggio 1922.

[52] Conf. IMC, III, 715 – 19 ottobre 1924.

[53] Conf. IMC, I, 561-562 – 18 maggio 1913.

[54] Conf. IMC, III, 548 – 19 marzo 1921.

[55] Conf. IMC, III, 289 – febbraio 1919.

[56] Conf. SMC, II, 493 – 09 febbraio 1919.

[57] Conf. SMC, II, 500-501 – 16 febbraio 1019.

[58] Conf. SMC, II, 507.

[59] Conf. IMC, III, 521-522 – 23 gennaio 1921.

[60] Conf. SMC, III, 195-196 – 23 gennaio 1921.

[61] Conf. SMC, III, 288 – 09 0tt0bre 1921.

[62] Conf. SMC, III, 295 – 21 ottobre 1921.

[63] Conf. SMC, III, 355 – 01 gennaio 1922.

[64] Conf. SMC, II, 519. - 16 marzo 1919.

[65] Conf. IMC, I, 589 – 22 maggio 1921.

[66] Conf. SMC, III, 325 – 21 novembre 1921.

[67] Conf. IMC, III, 125 (cf. tutta la conferenza e p. 90) – 29 luglio 1917.

[68] Conf. SMC, III, 06 agosto 1922.

[69] Conf. SMC, II, 15 – 28 gennaio 1917.

[70] Conf. IMC, III, 703 – 09 dicembre 1923.

[71] Conf. SMC, II, 282 – 09 giugno 1918.

[72] Lettere, III, 491.

[73] Lettere, VII, 615.

[74] Lettere, VII, 671.

 

[75] Lettere, VIII, 12.

[76] Lettere, VIII, 68.

[77] Lettere, VIII, 637.

[78] Lettere, VIII, 680-681.

[79] Lettere, IX/I, 379.

[80] Lettere, X, 87.

[81] Lettere, III, 565.

[82] Lettere, IV, 30-31.

[83] Lettere, IV, 218-219.

[84] Lettere, IV,287-288.

[85] Lettere, IV, 490-491.

[86] Lettere, V, 41.

[87] Lettere, V, 80.

[88] Lettere, V, 90-91.

[89] Lettere, V, 94-95.

[90] Lettere, V, 97.

[91] Lettere, V, 156.

[92] Lettere, V, 210.

[93] Lettere, VI, 107.

[94] Lettere, VII, 381.

[95] Lettere, VI, 279.

[96] Lettere, VI, 526.

[97] Lettere, VI, 561.

[98] Lettere, VI, 678.

[99] Lettere, VII, 528-529.

[100] Lettere, VII, 588.

[101] Lettere, VII, 598.

[102] Lettere, VII, 600.

[103] Lettere, VIII, 198-199.

[104] Lettere, VIII, 380-381.

[105] Lettere, VIII, 476.

[106] Letteree, VIII, 668-669.

[107] Lettere, IX/I, 508.

[108] Lettere, IX/I, 184.

[109] Lettere, IX/2, 531.

[110] Lettere, IX/I, 352.

[111] Lettere, IX/I, 576.

[112] Lettere, IX/I, 578.

[113] Lettere, X, 119.

[114] Lettere, VI, 502-504.

[115] Lettere, VIII, 515-516.

[116] Lettere, IX/1, 9.

[117] Lettere, IX/1, 19.

[118] Lettere, X, 365-366.

[119] Lettere, X, 381-382.

[120] Lettere, IX/2, 29.

[121] Lettere, IX/2, 165-166.

[122] Lettere, X, 240-243.

[123] Lettere, X, 361-362.

[124] Lettere, X, 368-369.

[125] Lettere, X, 374-375.

[126] Lettere, X, 386.

[127] Lettere, X, 410-411.

[128] Lettere, X, 418.

[129] Lettere, X, 440-441.

[130] Lettere, X, 3925.

[131] Lettere, X, 497-498.

[132] Lettere, X, 519.

[133] Lettere, X, 521-522.

[134] Lettere, X, 548.

[135] Lettere, X, 550-551.

[136] Lettere, I, 297-298.

[137] Lettere, III, 105-106.

[138] Lettere, III, 352.

[139] Lettere, III, 384.

[140] Lettere, III, 437.

[141] Lettere, III, 543.

[142] Lettere, III, 646-648.

[143] Lettere, III, 708-710.

[144] Lettere, IV, 108-109.

[145] Lettere, IV, 285.

[146] Lettere, V, 144.

[147] Lettere, V, 402.

[148] Lettere, V, 660-661.

[149] Lettere, V, 699.

[150] Lettere, V, 703-707.

[151] Lettere, V, 770.

[152] Lettere, VI, 16.

[153] Lettere, VI, 35-36.

[154] Lettere, VI, 169.

[155] Lettere, VI, 210.

[156] Lettere, VI, 213.

[157] Lettere, VI, 6

[158] Lettere, VII, 149.

[159] Lettere, VIII, 89.

[160] Lettere, VIII, 108.

[161] Lettere, VIII, 264- 266.

[162] Lettere, VIII, 297.

[163] Lettere, VIII, 314-315.

[164] Lettere, VIII, 396.

[165] Lettere, VIII, 396.

[166] Lettere, VIII, 422-425.

[167] Lettere, VIII, 498-500.

[168] Lettere, IX/1, 129.

[169] Lettere, IX/1, 148-150.

[170] Lettere, IX/1, 374.

[171] Lettere, IX/1, 410.

[172] Lettere, IX/1, 414.

[173] Lettere, IX/1, 572.

[174] Lettere, IX/2, 35.

[175] Lettere, X, 80-81.

[176] Lettere, X, 233.

[177] Lettere, X, 245.

[178] Lettere, X, 328-329.

[179] Lettere, X, 424-425.

[180] Lettere, X, 461.

[181] Fr. Balbiano Davide, Testimonianza, 5 dicembre 1943, Archivio generale IMC.

[182] Fr. Alfonso Caffo, Testimonianza, 5 dicembre 1943, Archivio generale IMC.

[183] Fr. Alfonso Caffo, Testimonianza, 9 dicembre 1943, Archivio generale IMC.

[184] Fr. Alfonso Caffo, Testimonianza, 5 dicembre 1943, Archivio generale IMC.

[185] Sr. Giuseppina Tempo, Testimonianza, 15 febbraio 1931, Archivio generale IMC.

[186] Fr. Benedetto Falda, Testimonianza, 28 gennaio 1949, Archivio generale IMC.

[187] Fr. Benedetto Falda, Testimonianza senza data, Archivio generale IMC.

[188]Fr. Benedetto Falda, Testimonianza, 28 gennaio 1949, Archivio generale IMC.

[189] Fr. Aquilino Caneparo, Testimonianza, 3 gennaio 1944, Archivio generale IMC.

[190] Fr. Luigi Falda (ex), Testimonianza, 20 novembre 1948, Archivio generale IMC.

[191] Fr. Luigi Falda (ex), Testimonianza, 30 novembre 1948, Archivio generale IMC.

[192] Fr. Benedetto Falda, Diario, Archivio generale IMC.

[193] Fr. Anselmi Andrea, Diario, Archivio generale IMC.

[194] Fr. Serafino Breuza, Diario, Archivio generale IMC

[195] Fr. Alfonso Caffo, Diario, Archivio generale IMC.

[196] Fr. Aquilino Caneparo, Diario, Archivio generale IMC.


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