ECUMENISMO

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La Chiesa, dopo anni di disgregazione, è alla ricerca di un cammino di riconciliazione, certamente pieno di difficoltà, ma che ciò nonostante deve essere una comune aspirazione di tutti i battezzati.

Occorre premettere, prima di addentrarci nella storia del movimento ecumenico, che con ecumenismo non si vuole indicare una trattativa di pace fra le diverse Chiese per trovare un'improbabile unione - soprattutto dopo secoli di divisioni e di reciproche accuse - ma piuttosto il recupero di una forma di dialogo per una riconciliazione cooperativa, nell'ascolto e nel rispetto reciproco; questo sarebbe già un enorme passo avanti.

Il punto di partenza è la comune fede in Dio Padre, in Gesù Cristo Figlio e in Dio Spirito Santo, lacerata tuttavia da una moltitudine di tradizioni, di storie, di interpretazioni e di Chiese (diverse centinaia) che rendono il cristianesimo una delle religioni più divise al suo interno. Non si tratta di divisioni dovute soltanto a differenze teologiche; c'è purtroppo una lunga storia di persecuzioni reciproche tra cristiani la cui memoria è spesso uno dei più potenti ostacoli che devono essere superati per trovare lo spazio per sviluppare un confronto e un dialogo sincero.

Anche se non sono mai mancati elementi di contrasto, dottrinali e pratici, già nelle primissime comunità (come testimoniano gli Atti degli Apostoli e alcune lettere di San Paolo), le prime divisioni tra cristiani, i cui effetti durano ancora oggi, hanno avuto inizio circa quattrocento anni dopo la morte di Gesù, intorno alle questioni di fondo della natura di Gesù, vero Dio e vero uomo. In particolare alcune Chiese tra le quali l'armena copta, l'etiope e la siriaca rifiutarono la definizione che fu data durante il Concilio di Calcedonia, nell'anno 451, secondo la quale la natura divina e la natura umana di Gesù sono unite «senza confusione e senza separazione». Oggi queste Chiese vengono chiamate 'ortodosse orientali' o 'precalcedonesi' perché condividono con gli altri cristiani solo le decisioni dei concili precedenti a quello di Calcedonia.

Da notare come le decisioni dei Concilii sono state motivo di divisione: il Concilio di Calcedonia si conclude con lo scisma dei Giacobiti, Copti, Etiopi e Siriani; il Concilio di Trento (1545-1563) confermala rottura con Lutero e gli altri riformatori; il Concilio Vaticano I è la scintilla per la scissione dei Vecchi Cattolici; al Concilio Vaticano II segue la rottura dei Lefebvriani.

All'origine di un'altra antica grave separazione è di solito citata la scomunica reciproca che nel 1054 la Chiesa Cattolica Romana e il Patriarcato Ortodosso di Costantinopoli si scambiarono e che segna la separazione tra i cristiani cattolici e quelli greco-ortodossi. In realtà la separazione tra ortodossi e cattolici avvenne lentamente, più come conseguenza dello sviluppo di contesti politici, culturali e sociali diversi, che come effetto di atti formali specifici. Tuttavia, anche dopo questa scomunica reciproca vi furono tentativi di riavvicinamento, ma un colpo durissimo alle possibilità di incontro fu dato nel 1204 dalla conquista e dal saccheggio di Costantinopoli, durante il quale furono chiuse le Chiese ortodosse e i cristiani ortodossi furono perseguitati dai crociati (cattolici).

Al 1521 si fa di solito risalire l'inizio di un'altra grande frattura, questa volta all'interno del cristianesimo occidentale. Essa si compie intorno a quanto sostenuto dal monaco agostiniano tedesco Martin Lutero, il quale sosteneva soprattutto due tesi: l'importanza di un rapporto personale e diretto con Dio per la salvezza di ciascun cristiano, e la critica alla corruzione nella Chiesa cattolica, problema questo talmente grave da essere oggetto di discussione da alcuni decenni, anche prima della comparsa di Lutero. 

La Chiesa cattolica respinge duramente tutte le richieste di Lutero, scomunicandolo, ma questi argomenti (soprattutto quelli relativi alla corruzione) vengono sostenuti dai principi tedeschi per interessi politici, allo scopo di rendersi indipendenti dal potere politico che  la Chiesa cattolica all'epoca deteneva. Questa politicizzazione del conflitto religioso favorì la sua estensione in gran parte dell'Europa centro-settentrionale. Quando, nel 1546, muore Lutero, le sue idee sono già state riprese e sviluppate da altri, dando vita così ad altre linee di sviluppo della Riforma protestante. 

Oltre alla Chiesa luterana nascono infatti già nella seconda metà del XVI secolo le Chiese riformate o presbiteriane che si rifanno a Calvino, Zwingli, Bucero e ad altri. Un'altra linea di sviluppo all'interno della Riforma protestante è quella che vede l'origine della Chiesa anglicana in Inghilterra. Anche questa ha alla base un atto politico, con il quale il re d'Inghilterra Enrico VIII si proclama capo della Chiesa inglese, separandosi da Roma ed espropriando, di conseguenza, tutte le proprietà della Chiesa cattolica in Inghilterra. Il carattere politico della nascita della Chiesa anglicana ha fatto sì che vi siano stati pochi cambiamenti, per quanto riguarda la dottrina, rispetto al cattolicesimo. Ciò nel corso del tempo ha fatto sì che, sebbene la Chiesa anglicana abbia successivamente aderito alla Riforma protestante, modificando in parte il proprio credo, rappresenti ancora oggi una 'terza via' tra cattolicesimo e protestantesimo, molto vicina alla Chiesa cattolica.

Nei secoli che sono seguiti il mondo protestante ha prodotto moltissime nuove Chiese, per lo più da divisioni che si sono formate all'interno delle preesistenti Chiese luterana, calvinista e anglicana. In tal modo, nei secoli XVII-XVIII, dai luterani sono nati i pietisti, dai calvinisti i battisti, dagli anglicani i metodisti. Il processo di divisione all'interno del mondo protestante è continuato e continua ancora oggi, dando vita ad una grande varietà di Chiese, di gruppi e di tendenze.

Infatti, se è indubbio che nel corso dei secoli, la cultura europea (potremmo vederla nel quadro della "globalizzazione" di allora) è stata fecondata dal cristianesimo, abbiamo visto come, per contro, anche le differenze etniche e culturali hanno influito sulle Chiese. 

Nel corso dei secoli che abbiamo percorso rapidamente, le divisioni si sono radicalizzate al punto che le Chiese europee le hanno esportate negli altri continenti attraverso gli spostamenti migratori e la "Missione".

Si arriva al XX secolo con una situazione di grande divisione e frammentazione e, soprattutto, di diffusa inimicizia a causa di reciproche persecuzioni e condanne: è in questo contesto che sorgono i primi stimoli di un dialogo tra cristiani.

Il termine Ecumenismo, dalla parola greca oikouméne, che indicava l'intero mondo conosciuto nell'antichità e, quindi, sinonimo per dire tutta la terra abitata, è stato adottato dal linguaggio delle Chiese con  valenza di universalità. Basti pensare al fatto che i Concili vengono sempre denominati ecumenici, ossia universali.

All'interno della Chiesa cattolica, almeno fino al Concilio Vaticano II, si può notare una grossa reticenza all'uso del termine; nel 1950 L'enciclopedia Cattolica alla voce ecumenismo riportava: è la teoria più recente escogitata dai... protestanti... per raggiungere l'unione delle chiese cristiane... Per i cattolici sono precluse le vie dell'ecumenismo nel senso originario del termine. Quanta diffidenza; ma anche che risveglio in questi ultimi anni!

Il Concilio Vaticano II ha saputo dire, come su tanti altri argomenti, una parola nuova, illuminante superando ogni chiusura e difficoltà. Così l'Unitatis Redintegratio, decreto conciliare del 21 novembre 1964, ha indicato i principi cattolici dell'ecumenismo, dichiarando esplicitamente che uno dei principali intenti del Concilio stesso era il ristabilimento dell'unità fra tutti i cristiani.

In campo ecumenico sono fiorite notevoli personalità. Ci piace ricordare Visser't Hooft, primo segretario del Consiglio ginevrino; il card. Bea, primo responsabile del decreto conciliare Unitatis Redintegratio; il patriarca Atenagora, promotore dell'ecumenismo nell'Ortodossia; Giovanni Paolo II, autore della prima enciclica ecumenica Ut unum sint.

 

Una comune esigenza di unione dei cristiani, all'interno delle singole Chiese, si fa pressante a partire dalla fine dello scorso secolo, quasi che, come per un'improvvisa intuizione, i cristiani si rendano conto che la loro divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo di volere la Chiesa unità. In realtà non si tratta di una fulminea illuminazione: piuttosto si raccolgono solo allora i frutti di anni di silenzioso lavoro scaturito dal desiderio e dalla buona volontà di molti cuori. 

Il Movimento ecumenico moderno infatti  incomincia col grande movimento missionario europeo dei secoli 18° e 19°, e con la domanda, "Come annunziare credibilmente, restando divisi, l'evangelo della riconciliazione?"

Esperienze ecumeniche

È nel  XX secolo che si fa strada la sensibilità ecumenica, che si concretizza nella ricerca non di una unione di tutte le Chiese, ancora assai utopistica, ma nello sviluppo di un dialogo basato sul rispetto reciproco e sulla esplorazione di vie per condividere, nella preghiera, la comune fede in Cristo.

È nell'ambiente protestante, estremamente frammentato, che sorgono i primi impulsi ad un dialogo tra diverse Chiese cristiane. La sua prima manifestazione di rilievo avviene nel 1910, data alla quale si fa di solito risalire la nascita del movimento ecumenico: a Edimburgo si tenne la Conferenza delle società missionarie, una riunione di associazioni protestanti che aveva lo scopo di coordinare l'attività missionaria delle Chiese protestanti, in seguito alla constatazione dei danni causati alla missione dalla divisione tra le Chiese. A Edimburgo non erano stati invitati né cattolici né ortodossi, tuttavia durante la seduta conclusiva un metodista inglese disse: «Aspetto con impazienza il giorno in cui avremo una conferenza nella quale ortodossi e cattolici romani potranno discutere con noi le questioni che riguardano il servizio di Cristo». Un'affermazione rivoluzionaria per l'epoca.

Un contributo importante è stato dato dalla Federazione universale delle associazioni cristiane di studenti (protestanti) che, oltre a rapporti con le Chiese protestanti aveva anche relazioni con le Chiese ortodosse: nel 1911, ad esempio, tenne una conferenza a Costantinopoli con la benedizione del Patriarca. Nella conferenza di Edimburgo fu deciso di dar vita ad una organizzazione che permettesse una permanente attività di scambio e di confronto nell'attività missionaria delle diverse Chiese protestanti, per lo meno di quelle che avrebbero aderito. La costituzione di questa organizzazione, che prese il nome di Consiglio Internazionale delle Missioni avvenne nel 1920, un anno fatidico per la storia del movimento ecumenico.

La prima guerra mondiale ebbe tra le sue molteplici conseguenze anche quella di favorire una ricerca di maggiore unità tra i cristiani, già durante il conflitto. Un nuovo movimento,Fede e Costituzione, di grande importanza per lo sviluppo dell'ecumenismo, fu fondato proprio subito dopo la guerra dal vescovo episcopaliano americano Charles Brent. Il vescovo Brent, uno dei partecipanti alla conferenza di Edimburgo, riteneva che per favorire il dialogo tra i cristiani fosse necessario prima di tutto creare delle occasioni di dialogo sulle differenze teologiche e dottrinarie. Nel 1919 egli scriveva: «è necessario creare tra le Chiese cristiane stima e amore. In un clima simile si potrà lavorare a risolvere le divergenze». È fondamentale l'intuizione e quindi la consapevolezza che, per fare questo, le Chiese non dovranno rinnegare la loro tradizione, dovranno invece cercare di spiegarla alle altre, in modo che cattolici, ortodossi e protestanti si sforzino di partecipare gli uni agli altri la rispettiva esperienza di fede. La prima riunione di Fede e Costituzione avviene a Ginevra nel 1920, con la partecipazione di alcune Chiese protestanti, come l'anglicana, e alcune Chiese ortodosse. La Chiesa cattolica, pur invitata, declina l'invito: i tempi non erano ancora maturi.

Vita e Azione è un altro movimento, il cui è animatore e iniziatore Nathan Soderblom, arcivescovo luterano in Svezia, le cui origini si rifanno ad alcuni contatti tra i cristiani dei paesi in conflitto durante la prima guerra mondiale. Caratteristica di questo movimento: tentare di realizzare una sorta di ecumenismo pratico, cioè mettere insieme, al lavoro su obiettivi comuni, cristiani di diversa provenienza, al fine di testimoniare la comune fede in Cristo in attività di assistenza sociale (dalla disoccupazione al sostegno alla famiglia, all'aiuto ai bambini e ai giovani bisognosi, al problema dell'alcolismo, fino alla promozione della pace). L'idea di Soderblom era di agire come se le divisioni dottrinali fossero già state superate. Anche Vita e Azione ebbe la sua prima riunione a Ginevra nel 1920, alla quale parteciparono però solo protestanti. Cinque anni dopo, nell'agosto del 1925, si tenne a Stoccolma la prima Conferenza organizzata da Vita e Azione, alla quale presero parte 600 delegati di 57 nazioni diverse in rappresentanza di 31 differenti Confessioni. Fu in questa occasione che, per la prima volta, così tanti cristiani di così diverse tradizioni poterono pregare insieme nel medesimo luogo, la cattedrale di Uppsala.

Ancora nell'estate del 1920 videro la luce altri due documenti importanti per la storia dell'ecumenismoIl primo fu una enciclica del patriarcato di Costantinopoli rivolta a tutte le Chiese cristiane del mondo. In questa enciclica il patriarcato formulava alcune proposte per favorire il dialogo nel reciproco rispetto, come, ad esempio, l'adozione di un calendario comune al fine di celebrare il Natale e la Pasqua nel medesimo momento (gli ortodossi celebrano infatti il Natale 12 giorni dopo il 25 dicembre), lo sviluppo di uno studio imparziale delle reciproche teologie nei seminari e nei libri, il rispetto delle usanze delle diverse Chiese, la regolazione del problema dei matrimoni misti e lo sviluppo di forme di mutua assistenza tra le Chiese nelle attività che hanno per oggetto il progresso religioso e la solidarietà sociale.

Il secondo importante documento è una lettera che i vescovi della Chiesa anglicana indirizzarono 'a tutto il popolo cristiano', nella quale si affermava la necessità e l'impegno a lavorare per superare le divisioni tra i cristiani. «Noi riconosciamo - si legge nel documento - che tutti coloro che credono in Nostro Signore Gesù Cristo e che sono stati battezzati nel nome della Santa Trinità possiedono assieme a noi la qualità di membri della Chiesa universale del Cristo, la quale è il suo Corpo». Per testimoniare in modo visibile questa unità fondamentale i vescovi anglicani incavano la condivisione di quattro punti fondamentali, che costituivano da sempre l'elemento di unione delle Chiese anglicane:

  1. La Bibbia come regola e criterio ultimo della fede.
  2. Il Credo niceno-costantinopolitano come professione della fede.
  3. I sacramenti del battesimo e dell' Eucarestia come espressione della comune vita in Cristo.
  4. Un ministero riconosciuto da ciascuna parte della Chiesa, che ha in sé la chiamata interiore dello Spirito Santo, ma anche la missione del Cristo e l'autorità su tutto il corpo.

Purtroppo il documento anglicano e l'enciclica ortodossa non sono riusciti a suscitare l'entusiasmo del mondo cristiano per il dialogo ecumenico. Tuttavia, una prima tappa deve essere registrata: nel 1920, sebbene in modo ancora molto minoritario, e con ancora forti resistenze da parte cattolica, una pluralità di iniziative e di movimenti evidenzia lo sviluppo di una sensibilità ecumenica che dopo la seconda guerra mondiale e, ancor più dopo i profondi cambiamenti introdotti nella cattolicità dal Concilio Vaticano II, dimostrerà una crescita straordinaria.

Il Concilio Vaticano II (1962-1965) ha segnato una svolta epocale in molte cose, tra queste c'è senz'altro l'ecumenismo. A partire dal Concilio la gerarchia della Chiesa cattolica ha abbandonato la sua tradizionale posizione passiva, di attesa, limitata ad appelli rivolti ai non cattolici di ritornare all'interno della Chiesa cattolica e intraprende, invece, il cammino verso un incontro responsabile e rispettoso con gli altri fratelli cristiani. Prima del Concilio la dottrina della Chiesa affermava che «la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica», in tal modo non vi era alcuna possibilità di dialogo con i non cattolici, ai quali infatti erano rivolti soltanto inviti a ritornare nella Chiesa cattolica. Nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium, il Concilio ha ridefinito in modo radicalmente nuovo la Chiesa di Cristo, affermando che questa «sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui, ancorché al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità». La Chiesa di Cristo, quindi, è sì presente nella Chiesa cattolica, ma anche nelle altre Chiese cristiane, questo riconoscimento della dignità cristiana dei non cattolici è il presupposto fondamentale per lo sviluppo di ogni dialogo ecumenico.

Ma l'atto ufficiale con il quale inizia l'impegno ecumenico della Chiesa cattolica è il decreto sull'ecumenismo, Unitatis Redintegratio. Per prima cosa si riconosce la validità del movimento ecumenico già esistente al di fuori della Chiesa cattolica, ma la cosa più importante è che l'ecumenismo viene considerato come un bisogno vitale in seno alla Chiesa cattolica e come il frutto di una vera conversione e di un vero rinnovamento della Chiesa: «Ecumenismo vero non c'è senza interiore conversione, poiché il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall'abnegazione di se stessi e dal pieno esercizio della carità», in questo spirito diviene importante la preghiera per l'unità, «questa conversione del cuore e questa santità di vita - prosegue infatti il documento - insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei Cristiani, si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico». Ma impegno dei cattolici è anche lo studio per la conoscenza e il dialogo con i non cattolici: «Bisogna conoscere l'animo dei fratelli separati. A questo scopo è necessario lo studio, il quale deve essere condotto secondo la verità e con animo ben disposto. I cattolici debitamente preparati devono acquistare una migliore conoscenza della dottrina e della storia, della vita spirituale e liturgica, della psicologia religiosa e della cultura, propria dei fratelli. A questo scopo molto giovano i congressi, con la partecipazione di entrambe le parti (...) dove ognuno tratti da pari a pari (...). In questo modo si verrà a conoscere meglio il pensiero dei fratelli separati e a loro verrà esposta con maggiore precisione la nostra fede».

 

La comunione tra le Chiese d'Oriente e d'Occidente è stata approfondita da numerosi incontri e dialoghi, tanto tra la Chiesa cattolica romana e le Chiese ortodosse quanto con le Chiese riformate e le antiche Chiese orientali.

Dal punto di vista ecumenico, la Dichiarazione sulle diverse cristologie (1993) tra le Chiese ortodosse e le Chiese precalcedonesi è molto significativa.

Le Chiese Ortodosse e quelle evangeliche sorte dalla Riforma hanno fondato nel 1959 La Conferenza delle Chiese Europee con l'intento di favorire la testimonianza ed il servizio comuni all'interno della società europea. Ed è appunto in Europa che è stato fondato ilConsiglio Ecumenico delle Chiese.

Per fornire la Chiesa di uno strumento efficace per lo sviluppo dell'ecumenismo il Concilio istituì il Segretariato per l'Unione dei Cristiani, poi trasformato in Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, al fine di sviluppare un'attività permanente di conoscenza, di dialogo e di scambio con tutti i cristiani non cattolici interessati all'ecumenismo. Oggi il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani è sicuramente uno dei mezzi più importanti e più sensibili del movimento ecumenico, la Chiesa cattolica, infatti, ha scelto la via dei dialoghi diretti con le altre Chiese cristiane, attraverso la formazione di commissioni bilaterali, mentre altri, come nel caso del dialogo tra protestanti e tra protestanti e ortodossi, hanno preferito la formazione di organismi collegiali, come il Consiglio Ecumenico delle Chiese.


Il Consiglio Ecumenico delle Chiese

Al di fuori della Chiesa cattolica, il cammino del movimento ecumenico ebbe una forte ripresa fin dalla fine della seconda guerra mondiale. Ad Amsterdam, nel 1948, 147 tra le Chiese protestanti, anglicane e ortodosse dettero vita al Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), «un'associazione fraterna di Chiese che accettano Nostro Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore», come dichiara la base da tutti condivisa. Il CEC non è e non intende essere una super-Chiesa o comunque una struttura ecclesiastica unificata indipendente dalle Chiese, le Chiese appartenenti al CEC mantengono ciascuna la propria identità religiosa, di tradizione e di dottrina. Il CEC non esprime una posizione specifica su temi particolari, come fanno invece singolarmente le diverse Chiese, allo stesso modo il CEC non elabora una teologia della Chiesa. Il CEC intende essere una risposta provvisoria alle divisioni che separano le Chiese. In questo spirito le Chiese ortodosse, anglicane e protestanti che sono riunite nel CEC si impegnano a ricercare i punti di contatto con i fratelli separati, rivolgendo una attenzione particolare alla Bibbia. Il CEC è un luogo di incontro nel quale possono essere organizzati scambi tra le Chiese e anche forme di collaborazione in attività sociali particolari. Scopo del CEC è di favorire il più possibile la crescita della spiritualità ecumenica in ciascuna Chiesa aderente, senza imporre linee di sviluppo e soluzioni omogenee alle difficoltà della reciproca comprensione.

Nel CEC sono confluiti i movimenti che abbiamo visto essere alle origini dell'ecumenismo,Vita e AzioneFede e Costituzione e, dal 1961 anche il Consiglio Internazionale delle Missioni. Sempre nel 1961 la base dottrinale che è necessario condividere per entrare a far parte del CEC fu ampliata per inserire, accanto alla professione di fede in Gesù Cristo come Dio e Salvatore anche quella nella Trinità e la fedeltà alla Bibbia: «Il Consiglio Ecumenico delle Chiese è una comunità di Chiese che, fedeli alla Scrittura, riconoscono nostro Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore e, di conseguenza, mirano a compiere la missione per cui sono state chiamate, per la gloria di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo». Oggi fanno parte del CEC oltre 300 Chiese.

Nel 1969 papa Paolo VI andò in visita alla sede del CEC a Ginevra. Questo atto di apertura, a pochissimi anni dalla fine del Concilio, fece pensare a molti che anche la Chiesa Cattolica sarebbe entrata in breve tempo nel CEC, cosa però che non avvenne e non è ancora avvenuta. Tuttavia le relazioni tra la Chiesa Cattolica e il CEC sono andate sempre più sviluppandosi, principalmente con la Costituzione di commissioni comuni impegnate nello studio di aspetti specifici dell'ecumenismo. La più vecchia è il Gruppo Misto di Lavoro, formato nel 1965 per coordinare, promuovere e valutare i rapporti tra CEC e Chiesa Cattolica. Teologi rappresentanti della Chiesa cattolica fanno parte a pieno titolo anche della Commissione Fede e Costituzione, impegnata all'interno del CEC nello studio delle questioni dottrinali. In altre commissioni vi sono alcuni cattolici che hanno un ruolo di consultori e non di membri effettivi. Insomma, anche se la Chiesa Cattolica non è ancora membro a tutti gli effetti del CEC ha sviluppato e continua a sviluppare relazioni importanti con alcuni organismi del CEC.




Prima della Carta Œcumenica  e dei più recenti eventi riportati, bisogna particolarmente ricordare la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione tra la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale - rivisitata nel 2004 in occasione del V anniversario (Lettera a firma di S.E. il Cardinale Kasper e del Segretario Generale della Federazione Luterana Mondiale). Si tratta di un importante riavvicinamento bilaterale, su uno dei temi dottrinali che più hanno pesato nei rapporti tra riforma e ortodossia cattolica. Pur non risolvendo definitivamente la dialettica dottrinale su tale argomento, la dichiarazione ha il significato di un forte avvicinamento sul tema della Grazia di Dio nei confronti dell'uomo peccatore ed è premessa per ulteriori, importanti approfondimenti su tale problematica. Siamo comunque arrivati ad una consapevolezza ecumenica sul fatto che nucleo fondamentale della fede cristiana, non è una determinata formulazione dottrinale, ma l'evento Gesù Cristo come vera iniziativa divina di grazia, di perdono e di rinnovamento di vita.

Oggi circa trecento Chiese e Comunità ortodosse, cattoliche, protestanti e anglicane si riconoscono come una associazione fraterna di Chiese che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le Scritture e che si sforzano di rispondere insieme alla loro comune vocazione a gloria dell'unico Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. 

Nel corso degli anni il CEC ha elaborato in sede di commissioni una continua riflessione dottrinale atta a creare una conciliarità fra le diverse chiese in vista della convocazione di un Concilio al quale tutte le Chiese possano partecipare. In particolare nel 1982, il dipartimento Fede e Costituzione, al quale appartiene anche una nutrita delegazione cattolica, ha pubblicato un importantissimo documento sui Sacramenti del Battesimo, dell' Eucarestia e del Ministero.

 

Sebbene i primi passi per un movimento ecumenico siano stati mossi fin dagli inizi del secolo XX, la Chiesa Cattolica, entra a far parte di organismi ecumenici solo all'indomani del Concilio Vaticano II: è stato necessario un preliminare e lungo camino di conversione all'interno.

Già durante lo scorso secolo sono in molti a credere nell'ecumenismo, ma - secondo la mentalità ricorrente all'epoca - si pensa che tutto ciò si debba concretizzare non tanto attraverso il dialogo quanto con vaste attività apologetiche che ben presto si trasformano  nel tentativo, ovviamente fallito, di ricondurre sulla retta via tutti i fratelli separati, riportandoli all'interno della Chiesa Cattolica. Come già detto è il Vaticano II a dare una svolta decisiva e corretta all'interpretazione dell'ecumenismo all'interno del cattolicesimo. A termini come apologia, unionismo è ben presto preferita la parola dialogo

Oggi la Chiesa di Roma partecipa attivamente a molte Commissioni al livello internazionale, come il CEC, che in questi anni hanno pubblicato molti documenti, alcuni di grandissimo valore, destinati alla riflessione delle singole chiese, perché, sulla base delle differenze dottrinali rilevate, possano essere superate le divergenze che tutt'oggi separano l'Unica Chiesa di Cristo.

Il movimento ecumenico necessita non solo dell'impegno delle Chiese in ordine allo loro gerarchia, ma è anche e soprattutto attraverso l'impegno di ogni singolo credente che si realizza un cammino ecumenico. Ciò è apparso ben chiaro a Strasburgo, nel 2001, ove ha visto la luce la Charta Oecumenica, seguita da ulteriori esperienze: Ottmaring 2002, Berlino 2003. (v. relativa Sezione) e gli eventi tra i più significativi sopra riportati.

Occorre saper dialogare e quindi ascoltare, apprezzando i valori autenticamente cristiani presenti nelle altre chiese e nelle loro tradizioni. Il Concilio Vaticano II ha esortato tutti noi cattolici a correggere i pregiudizi ancora esistenti nei loro confronti (UR 4; 9-11).

L'ecumenismo apre dunque un vasto orizzonte di riconciliazione, di unità e di cattolicità fra le chiese scandalizzate dalla loro separazione. La divisione oscura la credibilità della testimonianza evangelica e ne ostacola la divulgazione, contraddicendo la stessa preghiera di Gesù: perché tutti siano una sola cosa, perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17,21).

 

 

 

 


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